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PSYCHOMEDIA
Telematic Review
Sezione: Progetto PIT - PSICHIATRIA
INFORMATICA E TELEMATICA


Area: Psicoterapia in rete

Psicoterapia online: un vestito su misura (1)

di Silvio A. Merciai


Silvio A. Merciai è professore a contratto presso l'Università degli Studi di Torino e membro della Società Psicoanalitica Italiana e dell'International Psychoanalytic Association; è inoltre webmaster di vari siti Internet (tra cui quello della SPI e del Bion Project) nonché co-responsabile del gruppo di studio Online Therapy Study Group organizzato nell'ambito di Psychomedia.

 

Mi chiedo, ma se due persone sono collegate audio-video e stanno in due stanze diverse e si parlano che cosa succede? Perché mai la funzione analitica, virtuale appunto, non dovrebbe poter funzionare, a certe condizioni? ... dunque un setting da pensare e pazienti da scegliere ... ma non lo facciamo sempre, non è in fondo un vestito su misura l'analisi? Usando il computer ... penso che si aprirebbero tante questioni ... Dobbiamo confrontarci con tali e tanti mutamenti, ... e non possiamo restare ancorati alle mitologie psicoanalitiche ..., che senso ha che quello che io ancora penso sia il modello migliore, pur con tutte le contaminazioni, cioè il modello psicoanalitico, resti fuori? Anche se sono sicura che c'è già chi lo fa perché nel bene e nel male le persone fanno più cose di quello che dichiarano di fare ... [Maria Chiara Risoldi (2)]

"Ora Le sembrerà che posso parlarLe di questo argomento come se nulla fosse, ma ci ho messo un'ora a scrivere questa lettera e ci sono parole che ho scritto che mi hanno fatto tremare le mani e rimbombano nella mente, forse a voce non sarei riuscita a tirare fuori il suono. " - Come si passa tutto questo da una tastiera? Come allora è possibile fare una terapia via internet? Le emozioni non passano solo attraverso le parole o il contatto. Sai, sto pensando che sarà molto difficile che riusciremo a trasmettere il tempo. Il tempo è un dato importante: quanto tempo ci mette un paziente a dire una parola, con che ritmo, con che respiro, oltre che il tono e la chiarezza o meno della voce. Come faremo a sapere se la parola si è spezzata nel suo esprimersi, se al primo tentativo si è rotta in gola e ha dovuto essere ripetuta ... [Beatrice Cannella (3)]

 

Premessa - Un itinerario...

Tre anni fa, nel luglio del 1997, organizzavo a Torino, insieme con la dr.ssa Harriet W. Meek di Chicago, un side panel dell'International Centennial Conference on the Work of Wilfred R. Bion dedicato a Psicoanalisi e Internet (Towards the Future: the Internet and Psychoanalysis). Durante i lavori di quella giornata - c'erano in sala una cinquantina di colleghi (il convegno prevedeva molti panels in contemporanea), quasi tutti stranieri (tre italiani, in tutto, se ben ricordo ...) - furono presentati dei lavori (alcuni dei quali tuttora consultabili sul sito della Conference: di Diane Cano, di Chris Evans, di Arnaldo Cluster, di Paulo Roberto Sandler, di Roberto Oelsner, di Robert B. Nicodemus, di Marco Longo, ed altri), fu proiettato un servizio televisivo girato dalla MSNBC-TV (Cyber Shrink) che discuteva della psicoterapia in rete (intervistando i protagonisti di quelle esperienze) e fu fatta un'esperienza di chat in collegamento con colleghi attivi in Gran Bretagna ed in Germania, tra i quali Michael Pavlovic:

La psicoanalisi ha a che fare con l'inconscio, con le motivazioni inconsce delle persone. E' per questo che c'è il rischio che gli psicoanalisti tendano a saper già "di che cosa si tratta ", anche se non hanno dimestichezza particolare con un certo argomento. -

D'altra parte la psicoanalisi è molto conservativa. - Ho l'impressione che nell'ambito della comunità psicoanalitica si coltivi ampiamente il rifiuto della cosiddetta "età del computer". -

Penso non sia affatto una pura coincidenza se Internet viene usata in modo nuovo all'interno del nostro ambito nella conferenza internazionale destinata a celebrare il centenario di Wilfred R. Bion. Egli fu uno dei grandi pensatori di nuovi pensieri e ci insegnò quanto sia importante pensare pensieri nuovi ed affidarci al sentimento di insicurezza che sopravviene quando lasciamo i sentieri tradizionalmente battuti. E' questo è quello che succede nella stanza d'analisi, dove siamo in grado di trovare il nuovo solo se siamo disposti a correre il rischio di liberare la nostra mente da quello che già sappiamo. [dalla trascrizione del testo inglese della seduta; la traduzione in italiano è mia]

Fu per me un'esperienza di grande intensità e di grande trepidazione (per qualche mese mi ci ero preparato collegandomi in NetMeeting ad ore assurde della notte, per via della differenza di fuso orario, con Marlene Maheu a San Diego, e con altri celebri colleghi statunitensi): per i partecipanti, credo, un insieme di stimoli un po' sconcertante (l'audience era di provenienza psicoanalitica, ovviamente); per molti una stranezza un po' bizzarra da dimenticare.

Non era il caso di farlo. La terapia on-line è diventata rapidamente, nel volgere di questi pochissimi anni, una realtà, non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa ed in Italia; non solo come oggetto di astratte discussioni nell'accademia (pochissime, per la verità), ma anche come esperienza diretta di molti di noi. E come esperienza ufficialmente discussa e presentata di pochissimi di noi, secondo il vezzo di ipocrisia culturale che spesso ha contraddistinto la peraltro indubbia creatività del nostro pensiero ...

Il panel di cui parlavo era articolato in due discussioni complementari, vertenti l'una sul che cosa la psicoanalisi avesse da offrire ad Internet e l'altra sul che cosa Internet avesse da offrire alla psicoanalisi. Uno schema certamente alquanto banale, ma che rimane ancora oggi la cornice del lavoro teorico di chi, come me, è "innamorato " della psicoanalisi e di Internet e cerca quindi di "sposare" questi due interessi apparentemente divergenti. Affrontare il tema della psicoterapia on-line oggi - sia pure a distanza di soli tre anni - significa infatti rivisitare un itinerario di conoscenze che si sono accumulate in maniera anche confusa, secondo le tipiche modalità ipertestuali (e l'abbondanza di rumore -) cui Internet ci ha abituato, alla ricerca di una prima, faticosa, provvisoria dimensione di sintesi. Significa, in altre parole, affrontare i capitoli della psicodinamica delle relazioni interpersonali su Internet, da un lato, e delle applicazioni psicologiche su Internet, dall'altro, ricercando i nessi di una continuità e di un percorso che l'intelligenza collettiva e la passione di molti Autori hanno disseminato ed offerto; ma significa anche cercare di mettere ordine in una congerie di fatti e di teorie che la crescente convergenza delle discipline impone di integrare e che, peraltro, necessita anche di distinzioni e di separazioni. Così, per esempio, si tratta ormai di uscire dall'anonimato di un discorso su "Internetâ per scendere nello specifico delle semiotiche e delle semantiche dei vari ambienti e dei vari strumenti che nella rete si intersecano e che nella rete fanno "comunità"; analizzare e confrontare modalità di relazione che mezzi differenziati articolano in esperienze diverse, il cui comune denominatore - Internet - appare ormai come scontato e quasi privo di significazione.

Vuol dire ancora - e fondamentalmente - che la domanda "se " è ormai superata, a vantaggio dell'intrigante questione del "come ": non se ci si può innamorare su Internet, se si possono provare emozioni su Internet, se si può fare terapia su Internet - ma come, in quali contesti, con quali specifiche, con quali fenomenologie tutto ciò avviene. Perché che avvenga ce ne siamo certamente accorti tutti (o almeno avremmo dovuto) -

E vuol dire infine - mi pare - un atteggiamento di consapevole umiltà, per il quale la discussione sulla fenomenologia e le problematiche poste dalla comunicazione di Internet richiede una cittadinanza ed una disponibile curiosità: richiede cioè che questo discorso teorico sia parlato da chi su Internet ha abitato (ci si è innamorato, ci si è emozionato, e così via) e tuttora abita - magari scomodamente e con difficoltà, ma ci abita - e da chi ha imparato che con Internet tutto non è più come prima, a cominciare dalle rassicuranti - perdute - certezze cui la psicologia o una certa psicoanalisi ci avevano abituato. Come scrive Ron Huxley, nel numero di settembre-ottobre 2000 di Perspectives:

Per quanto ci provino, i ricercatori e gli studiosi alla moda non scopriranno mai il futuro della terapia e del counseling online nella loro testa: la vera direzione che esse assumeranno ci sarà percepibile solo se ascolteremo il nostro cuore o, più precisamente, il cuore dei nostri clienti online. - Sta solo a noi, con la conoscenza e le capacità che abbiamo offline, di offrire counseling, sostegno e guida alle persone ferite, ai margini della super-autostrada informatica, raggiungendole così là dove si trovano! Ma dobbiamo agire ora, finché abbiamo la possibilità di modellare gli standards per il counseling online. - Unisciti a noi, nel nostro sforzo di progredire nel mettere a disposizione di questa crescente fetta della popolazione umana le nostre conoscenze, le nostre abilità e le nostre risorse. [la traduzione è mia]

In fondo basterebbe, per tornare a Bion, sapersi accostare anche alla fenomenologia di Internet senza memoria né desiderio -

 

La psicodinamica delle relazioni interpersonali su Internet

Il ciberspazio

Proporre considerazioni critiche sul tema della psicoterapia online per chi, come me, proviene ed abita il mondo della psicoanalisi, significa naturalmente partire da qualche cenno all'argomento dello studio psicodinamico di Internet. Lo spazio a mia disposizione me ne consentirà naturalmente solo un rapidissimo excursus mirato(4) .

Il concetto di ciberspazio (introdotto nell'uso, com'è noto, dal Neuromancer di William Gibson) è il punto di partenza di qualsiasi discorso sulla psicodinamica dei fenomeni che occorrono sulla o che si verificano attraverso la rete: il ciberspazio è, in altre parole, l'ambito di riferimento univoco delle varie discipline (psicologiche, sociologiche, antropologiche, linguistiche, etnografiche, etc.) che studiano la vita quale si appalesa quando siamo connessi -(5). Come scrive John Suler:

Con lo sviluppo dei computers e delle reti online - ed in particolare di Internet - si è rapidamente imposta una nuova dimensione dell'esperienza umana: il termine di ciberspazio è stato a tal proposito menzionato così spesso da farlo già sembrare piuttosto scontato e ovvio. In ogni caso, l'esperienza creata dai computers e dalle loro connessioni in rete può essere intesa complessivamente come uno spazio psicologico. Quando accendiamo il computer o lanciamo un programma o scriviamo un'e-mail o ci connettiamo con i nostri servizi online spesso sentiamo che stiamo entrando in un luogo o in uno spazio pieno di una serie di significati e di scopi. - Le metafore spaziali - mondi, domini, stanze, etc. - sono consuete nell'articolazione delle nostre attività online. -(6) In termini psicoanalitici, il computer e il ciberspazio possono diventare una sorta di spazio transizionale che si configura come un'estensione del mondo intrapsichico della persona e può essere sperimentato come un'area intermedia tra il self e l'altro, che è in parte self e in parte altro. Leggendo sul loro schermo il testo di un'e-mail o di un messaggio su un newsgroup o in una chat scritto da un corrispondente su Internet si può avere la sensazione che la nostra mente si fonda o si confonda con quella dell'autore. - uno spazio psicologico che diventa un'estensione della nostra mente conscia e inconscia.

Gli esseri umani hanno un bisogno intrinseco di alterare la loro coscienza, di sperimentare la realtà da differenti prospettive. Perseguiamo questo bisogno attraverso una grande varietà di attività: la meditazione, le droghe, la ginnastica, la sessualità, l'arte. - I sogni rappresentano un meccanismo indispensabile - genetico - per raggiungere questa alterata esperienza del self e dell'altro e del mondo su base giornaliera (anzi, meglio, notturna), consentendo l'espressione di stili di pensiero del processo primario normalmente inconscio, e ci offrono così una differente prospettiva della realtà.

Il ciberspazio può essere un elemento importante da aggiungere a questa lista. Spesso ci si lamenta del fatto che il computer e Internet siano diventati, per alcuni, una dipendenza che funziona da sostituto per la vita: questo può essere vero per alcuni, ma dovremmo anche considerare la possibilità che il ciberspazio possa costituire un supplemento estremamente adattativo alla vita reale. [la traduzione è mia]

Unâosservazione generale da tener presente è che, pur prendendo in seria considerazione i rischi e le patologie del ciberspazio, gli autori che si sono occupati della psicologia del ciberspazio (come la citazione precedente esemplifica) mantengono genericamente un atteggiamento positivo nei confronti delle sue caratteristiche, complessivamente viste come un ampliamento - per lo meno potenziale - delle possibilità della persona.

I riferimenti storici essenziali per lo studio della psicologia del ciberspazio sono gli scritti di Sherry Turkle, Rosanne Allucquère Stone e Pierre Lévy, ma il tema del ciberspazio è rapidamente divenuto una sorta di concetto cruciale all'incontro dello sforzo multidisciplinare di antropologi, etnologi, sociologi, filosofi, etc. - del cui contributo, ovviamente, non potrò far cenno in questa sede per motivi di spazio e di pertinenza stretta al mio tema(7). Molti autori hanno fatto del ciberspazio (come già suggeriva la Turkle) uno dei concetti-cardine della cultura della post-modernità; così, per esempio, Jean Baudrillard, che, in un'intervista a MediaMente, afferma:

Ciò che viene chiamata la realtà virtuale ha senza dubbio un carattere generale e in qualche modo ha assorbito, si è sostituita, alla realtà nella misura in cui nella virtualità tutto è risultato di un intervento, è oggetto di varie operazioni. Insomma tutto si può realizzare di fatto, anche cose che in precedenza si opponevano l'una all'altra: da una parte c'era il mondo reale, e dall'altra l'irrealtà, l'immaginario, il sogno, eccetera. Nella dimensione virtuale tutto questo viene assorbito in eguale misura, tutto quanto viene realizzato, iper-realizzato. A questo punto la realtà in quanto tale viene a perdere ogni fondamento, davvero si può dire che non vi siano più riferimenti al mondo reale. - Lo schermo è un luogo di immersione, ed ovviamente di interattività, poiché al suo interno si può fare quel che si vuole; ma in esso ci si immerge, non si ha più la distanza dello sguardo, della contraddizione che è propria della realtà. In fondo tutto ciò che esisteva nel reale si situava all'interno di un universo differenziato, mentre quello virtuale è un universo integrato. Di certo qui le care vecchie contraddizioni fra realtà e immaginazione, vero e falso, e via dicendo, vengono in certo modo sublimate dentro uno spazio di iper-realtà che ingloba tutto, ivi compreso un qualcosa che sembrava essenziale come il rapporto fra soggetto e oggetto. Voglio dire che nella dimensione virtuale non c'è più né soggetto né oggetto, ma entrambi, in via di principio, sono elementi interattivi. - In relazione allo spazio si ha l'impressione che esso si moltiplichi nel mondo virtuale, che si abbia la capacità di abbracciare tutti gli spazi possibili; per quanto riguarda il tempo, al contrario, si percepisce una contrazione straordinaria, la quale fa sì che tutto si riduca all'istante dell'operazione che avviene in quel momento particolare, e che subito dopo non vi sia più ricordo. - In Internet, al limite, c'è un'interazione, che non è in alcun modo una relazione duale poiché non è fondata sull'alterità, e non è nemmeno una relazione di confronto, di sfida, eccetera. Abbiamo invece un rapporto di immersione, di interazione: là dentro non esiste seduzione, al massimo si produce, evidentemente a livello collettivo, una reazione di fascinazione, ma come avviene al cospetto di un universo feticcio, di un oggetto d'adorazione. - Internet stesso si trova già sdoppiato nel commento mediatico che se ne fa e nel suo consumo globale, e pertanto Internet stesso non è già più Internet, ma è stato attirato nel sistema della simulazione, e in fondo è già stato trasformato. Si entra nella cultura del Web, del Net, e al contempo si è già nell'iper-realtà di queste stesse entità, perché in quel senso non ci si ferma, ed è un bene: voglio dire che altrimenti si potrebbe credere che Internet sia la rivoluzione tecnica, l'ultima, quella definitiva, e si potrebbe pensare "Siamo arrivati, ci siamo, questo è veramente il progresso assoluto, e si è completato". Ebbene, questo sarebbe la morte, in un certo senso, ma fortunatamente Internet sta ridiventando l'oggetto di un gioco, e in fin dei conti si consuma un po' al modo in cui certe persone pagano per un telefonino cellulare solo per far vedere di averlo.

e Kevin Robins, che nel suo saggio Il ciberspazio e il mondo in cui viviamo, attacca pesantemente l'utopia del ciberspazio e la pretesa-speranza di molti dei suoi fautori che esso rappresenti un'innovazione con valenze libertarie:

È troppo facile pensare al ciberspazio e alla realtà virtuale come uno spazio e una realtà alternativi. Come se fosse possibile creare una nuova realtà non più aperta ai conflitti come quella che ci si è lasciata alle spalle. Come se potessimo sostituire una realtà più conforme ai nostri desideri a quella vera e insoddisfacente. Le nuove tecnologie sembrano offrire delle possibilità per ricreare il mondo da zero. Possiamo dunque vedere la cultura virtuale nei termini di un'utopia: come un'espressione della speranza e della fede in un mondo migliore. È la risposta più ovvia. È l'immagine che il marketing e la promozione del virtuale cercano sempre di vendere. Ma possiamo anche guardare la cultura virtuale da una prospettiva opposta: invece che speranze per un mondo nuovo, vedremmo allora la delusione, e il rifiuto, di quello vecchio. Io tendo a veder la cultura virtuale in questo modo. Perché c'è qualcosa di banale e di poco convincente a proposito del suo ideale utopico. Perché ciò che più mi sorprende è la sua aura regressiva e le sensazioni ad essa collegate (infantili, da Eden). - La mitologia del ciberspazio è preferita rispetto alla sua sociologia. Ho sostenuto che è tempo di ricollocare la cultura virtuale nel mondo reale (quel mondo reale che i teorici della cultura virtuale, sedotti dalle loro stesse metafore, proclamano morto o morente). Attraverso lo sviluppo di nuove tecnologie, siamo, davvero, sempre più aperti ad esperienze di de-fisicizzazione e de-localizzazione. Però continuiamo ad avere delle esistenze fisiche e localizzate. Dobbiamo considerare il nostro stato di sospensione tra queste condizioni. Dobbiamo smitizzare la cultura virtuale per poter valutare le serie implicazioni che ha per le nostre vite personali e collettive. Lungi dall'essere una soluzione per i problemi del mondo (potrebbe mai esserci una "soluzione "?) la svolta virtuale semplicemente si aggiunge alle sue complessità.

David Silver, in un suo recentissimo messaggio e-mail, ci offre una buona sintesi del problema delle ricerche sul ciberspazio (A Field Matures: Cyberculture Studies at the Turn of the Century) presentando una breve review della conferenza Internet Research 1.0: The State of the Interdiscipline tenutasi alla University of Kansas dal 14 al 17 settembre 2000 (8):

Dieci anni fa ebbe luogo la prima Conference in Cyberspace all'Università del Texas ad Austin. - Ne derivò un volume Cyberspace: First Steps (MIT, 1991), a cura di Michael Benedikt. - Nel corso di questi dieci anni, ci sono stati molti passi avanti. Mentre The Virtual Community di Howard Rheingold (Addison-Wesley, 1993) studiava le comunità nel ciberspazio, Life on the Screen di Sherry Turkle (Simon & Schuster, 1995), insieme con il lavoro di Amy Bruckman, Elizabeth Reid, e Rosanne Stone, si dedicavano all'esplorazione della formazione dell'identità negli ambienti online. Verso la metà degli anni '90, i primi passi di un campo emergente diventarono un grosso lavoro, variamente denominato come studi di cibercultura o studio della comunicazione mediata dal computer (CMC) o studi di Internet o informatica sociale, e sono stati pubblicati libri importanti come CyberSociety (Sage, 1995) e Virtual Culture (Sage, 1997) a cura di Steve Jones, Internet Culture (Routledge, 1997) a cura di David Porter, e Network & Netplay (MIT, 1998) a cura di Fay Sudweeks, Margaret McLaughlin, e Sheizaf Rafaeli. Sulle soglie del nuovo millennio, il grosso lavoro è diventato una specie di maratona, con la pubblicazione dello studio di casi quali Tune In, Log On di Nancy Baym (Sage, 2000), Cyberselfish di Paulina Borsook (Public Affairs, 2000), Conversation and Community di Lynn Cherny (Center for the Study of Language and Social Information Publications, 1999) e Virtual Ethnography di Christine Hine (Sage, 2000) o dell'analisi di settori specifici all'interno della disciplina come Race in Cyberspace (Routledge, 2000) a cura di Beth Kolko, Lisa Nakamura, e Gilbert Rodman, CyberFeminism (Spinifex Press, 1999), e CyberSexualities (Edinburgh University Press, 2000) a cura di Jenny Wolmark. -

In un certo senso la conferenza ha rappresentato una sorta di agenda dei contributi attuali e prossimi di quella che potrebbe essere chiamata la terza era degli studi sulla cibercultura. - Il primo stadio, la cibercultura popolare, era caratterizzata dalle sue origini giornalistiche e dalla sua natura descrittiva, da un certo dualismo e dall'uso di una tematica del tipo Internet-come-frontiera Il secondo stadio, gli studi sulla cibercultura, si è concentrato per lo più sulle comunità virtuali e sul problema dell'identità online, sviluppando complesse tessiture multidisciplinari. - gli [attuali] studi critici sulla cibercultura affrontano le comunità e l'identità online all'interno e con la dovuta considerazione dei multipli contesti che le circondano e le informano. Tali contesti comprendono (ma non si limitano a) la storia culturale di altre nuove o già-nuove tecnologie della comunicazione, le barriere economiche e sociali dei panorami online, i vari e diversi tipi di ambienti tecnologici che rendono possibili le interazioni online e la discussione sul ciberspazio quale emerge sui media popolari, nella pubblicità, nella retorica politica e nella vita di tutti i giorni. [la traduzione è mia]

Vorrei ancora ricordare i contributi, estremamente lucidi ed interessanti, che sono stati forniti alla sociologia del ciberspazio ed all'analisi delle nuove comunità (di Networked Individualism) da Barry Wellman.

La relazione interpersonale nel ciberspazio

Ho conosciuto più persone nuove attraverso la rete, da qualche anno in qua, che in qualsiasi altro modo. Alcuni di questi incontri si sono trasformati in vere amicizie. Non tutti direttamente. - il cammino è al contrario di quello abituale: conosciamo prima l'anima, poi il corpo. - Spesso l'incontro fisico è deviante; nasconde o rallenta l'incontro con l'anima e con la mente. Ci sono persone che si vedono da ventâanni, magari condividono lo stesso letto, e non si conoscono bene. - La vicinanza fisica non è necessariamente dialogo e comprensione; può addirittura diventare un ostacolo. - Câè una specie di magia in questo incontro di anime libere, che solo dopo si incarnano. Quando incontriamo fisicamente la persona ne abbiamo già un'immagine interiore; il nostro modo di percepirla è diverso, perché nel momento in cui vediamo il "fuori " sappiamo già qualcosa del "dentro ". - non è un modo debole o poco umano di incontrarsi, come pensa chi non ha pratica della rete. - Forse un giorno la rete perderà la sua magia. Forse quando avremo larghezze di banda infinitamente superiori a quelle di oggi ci vedremo in video; l'apparenza riprenderà il dominio, in forma anche più perversa, perché un'immagine trasmessa è necessariamente qualcosa di più costruito di una presenza fisica tangibile. [Gianfranco Livraghi, febbraio 1997].

E' inutile avere nostalgie. Ormai è finito il tempo delle origini, che aveva il fascino del nuovo e dell'inesplorato. Stiamo andando verso un mondo in cui la rete dovrà essere un elemento come tanti della vita quotidiana, come il telefono o il giornale. Ma il rischio è che se ne faccia un uso troppo limitato e banale; che troppe persone (come tante che conosco) si assestino in un cerchio ristretto di abitudini e perdano di vista le possibilità di scambio, di incontro, di esplorazione che la rete offre. - Mi piacerebbe che tutte le persone nuove fossero molto curiose e avessero voglia di scoprire ciò che è meno evidente (cioè non limitarsi a guardare un po' di siti qua e là ma cercare scambio e dialogo). [Gianfranco Livraghi, giugno 1998].

Una lettrice mi ha mandato (-) una citazione classica: "Non è necessario vivere. Navigare è necessario!" e mi ha scritto "Che ne dici? E' così?". Non so. Ma paradossalmente, qui, in giro per gli Stati Uniti come in giro per la rete, mi torna in mente il mito di Odisseo, il suo lungo viaggio da Nausicaa ai Proci e la perenne ansia di ricerca e conoscenza che, se abbiamo abbastanza coraggio, parla dentro di noi. [Silvio A. Merciai, 1995].

La fenomenologia e la psicodinamica delle relazioni interpersonali mediate da Internet (9) sono la questione di snodo da cui ovviamente partire per poi studiare la psicodinamica di quel particolare tipo di relazione online che è la relazione psicoterapeutica. Ed è qua, direi, che comincia ad appalesarsi uno strano fenomeno: e cioè che nonostante siano stati scritti numerosi saggi ed articoli in argomento, in realtà il tasso di ripetitività è estremamente elevato e, di fatto, i vari Autori non fanno che ripetere più o meno le stesse cose. La realtà è, mi pare, che è entrata in gioco finora una superficiale psicologia descrittiva, che si limita per lo più ad asseverare la possibilità e l'intensità della relazione interpersonale online (un fenomeno del resto di immediata esperienza per chiunque "abiti " Internet e che trova ormai ostacoli e resistenze solo in chi, al contrario, ne è per ora rimasto fuori), senza che sia invece ancora iniziata una riflessione più coraggiosa ed approfondita atta a fondare la nuova psicologia e la nuova psicodinamica di cui la relazione telematica ha bisogno. A mio avviso, determinante in questo ritardo culturale sono la latenza di interesse da parte dell'accademia - psicoanalitica e non - e delle varie scuole e l'inevitabile revisione (e potatura) di paradigmi che la nuova realtà di Internet inevitabilmente pretende -

Un vecchio articolo - del 1994! - di Thomas Barrett e di Carol Wallace (Virtual Encounters), per esempio, segnalava già lucidamente tutte le caratteristiche evidenti della relazione online:

- molti membri della comunità online si sono trovati intrigati in scambi di natura intima, di amore o di odio - sono relazioni che tendono a svilupparsi più rapidamente di quelle del mondo reale - consentono di comunicare con gli altri restando fisicamente soli - , di comunicare cioè in isolamento - l'emotività si è ridotta agli emoticons - possiamo nasconderci dietro al terminale - siamo perciò liberi dalle distrazioni non-verbali che spesso interferiscono con lo scambio di messaggi -diventiamo i nostri messaggi, puramente e semplicemente - la protezione offerta dal nasconderci dietro ad un terminale può facilitare l'espressione delle emozioni reali - la comunicazione su Internet ci scherma attraverso il controllo che ci offre sul nostro comportamento - possiamo sempre scappar via - [abbiamo, d'altra parte] la possibilità di pensare, di riflettere e di formulare con calma la risposta migliore ad ogni comunicazione - scambiare opinioni con una libertà ed una franchezza di cui raramente si gode nell'incontro vis-à-vis - la mancanza di segni mimici e posturali (visual cues) fa sì che le emozioni si intensifichino facilmente -

Perciò la relazione interpersonale su Internet può raggiungere lo stesso livello alto di comunicazione dell'incontro vis-à-vis. [la traduzione è mia]

Non abbiamo fatto molta strada da allora - dicevo - ma converrà almeno ricordare il tentativo di sistematizzazione del problema operato da John Suler, che nel suo articolo del 1997 (In-Person Versus Cyberspace Relationships), propone di evitare l'ambiguo e confusivo termine di relazioni virtuali e di distinguere relazioni di persona (in-person) e relazioni nel ciberspazio (cyberspace) e tenta di chiarire i rispettivi termini ontologici delle due tipologie di relazione. Per fare questo, Suler sceglie di analizzare le modalità sensoriali classiche attraverso le quali la relazione si stabilisce e si mantiene - l'udito, la vista, il tatto, l' odorato ed il gusto, oltre che l'integrazione sensoriale e l' intuizione (10)- e conclude in maniera piana ed equilibrata così:

Così come rispetto e vivo con piacere le mie relazioni nel ciberspazio, sarei però molto infelice se potessi mettermi in relazione con la mia famiglia e con i miei amici solo via Internet, anche se avessi a disposizione sofisticate tecnologie audio-visive. La possibilità di mettersi in relazione nel ciberspazio è un meraviglioso supplemento delle relazioni di persona, ma non ne è in ultima analisi un sostituto, specie quando si tratta delle nostre relazioni più intime. - In un mondo ideale, potremmo disporre di tutt'e due le possibilità. Potremmo sviluppare le nostre relazioni sia di persona sia nel ciberspazio e trarre vantaggio da entrambe le possibilità. Ma non possiamo sempre godere del lusso delle circostanze ottimali. Ci saranno così sempre delle persone che potremo incontrare solo o prevalentemente di persona ed altre che potremo incontrare solo o prevalentemente nel ciberspazio.

Motivazioni inconsce connesse al transfert influenzano il processo di "filtro " che determina le scelte che l' utente online fa nello stabilire relazioni. Si potrà rimanere stupiti dal trovare che gli amici stretti che ci facciamo online sembrano tutti appartenere allo stesso tipo di persone, anche se questo non era immediatamente evidente all'atto di iniziare la relazione. Questo strumento inconscio che ci riporta sempre "a casa " deve essere davvero molto sensibile. Anche quando comunichiamo solo via testo ed in ambienti online confusi o distraesti, nondimeno finiamo con il metterci in relazioni che toccano bisogni interni profondi e nascosti. [la traduzione è mia]

Si può osservare che l'analisi di Suler è un po' datata, in quanto riferita essenzialmente al mondo testuale dell'e-mail e degli altri strumenti classici della rete, ma nondimeno sembra molto significativa sia l'implicita affermazione dell'assoluta intensità delle relazioni ciberspaziali (e della loro potenziale libertà ed assenza da viluppi) sia la lucida chiarificazione dell'inutilità di un dibattito che paragoni le due modalità - così diverse tra di loro - alla ricerca della migliore invece che coglierne l'importante aspetto complementare - Ciò non toglie che, anche in questa formulazione (ne ho, ovviamente, riportato solo qualche passaggio) non si esca da una generica ed ingenua descrizione di buon senso di ovvie e scontate dinamiche di base della relazione interpersonale -

Affiora solo, qua e là nei vari saggi, la questione della possibilità/necessità per una relazione nel ciberspazio di non permanere confinata all'interno del ciberspazio stesso e, in caso questo non avvenga, dell'interpretazione - fisiologica o patologica - da dare a questo fatto. Dice Sherry Turkle, in un'intervista su Panorama del 23 ottobre 1997 a cura di Sandra Cecchi:

Eâ ovvio che la relazione online è a tutti gli effetti una vera relazione. - bisogna evitare l'errore di tenere a lungo tutto sospeso nel ciberspazio. Non bisogna dilazionare troppo a lungo il faccia a faccia - il divario tra fantasia e realtà può diventare troppo profondo. Aspettando - c'è il pericolo di non capire più chi è in realtà l'oggetto dei propri sentimenti. - Ci sarà una maggiore integrazione tra le relazioni che oggi consideriamo virtuali e quelle che definiamo reali. La distinzione si assottiglierà e si parlerà sempre meno di ciber- opposto a concreto, ma semplicemente di amore. Succederà che si incontri qualcuno online e, se c'è interesse reciproco, ci si darà un appuntamento dopo pochi giorni. Diventerà così normale che nessuno ci farà più caso -

e John Suler:

Quando ci si scambia fotografie online o ci si telefona o infine ci si incontra di persona, ci si sorprende di quanto la persona reale non corrisponda esattamente all'immagine che ce ne eravamo fatta nella nostra mente. Lâincontro diretto vis-à-vis cimenta e rimodella la reazione transferale. [la traduzione è mia]

E sono, ancora una volta, osservazioni molto condivisibili, ma - mi pare - genericamente di buon senso. Forse sono le caratteristiche di Internet stessa - qualcuno suggerisce - ad incoraggiare uno stile ingenuo e generalistico rispetto ad un approfondimento più tormentato e meno facilmente di accessibile presa al grande pubblico -

Occorre d'altra parte tenere in considerazione che l'elaborazione teorica della questione delle relazioni interpersonali nel ciberspazio è inizialmente partita, al principio degli anni '90, da una posizione di relativo rifiuto e dispregio. Le teorie dominanti circa la costruzione e lo sviluppo di una relazione interpersonale portavano a concludere che il ciberspazio mancasse di troppi elementi essenziali, come ben ricorda Malcolm R. Parks nel suo studio Making Friends in Cyberspace pubblicato sul Journal of Computer Mediated Communications (1996) e presto diventato un classico di riferimento per la ricchezza e solidità delle sue documentazioni ed analisi statistiche:

La questione più importante - è se queste condizioni siano davvero indipensabili allo stabilirsi di una relazione interpersonale. La sottolineatura della rilevanza attribuita a fattori come la presenza fisica o la prossimità spaziale può riflettere non tanto una necessità teoretica quanto la conseguenza che tutte le teorie di cui disponiamo a proposito dello sviluppo della relazione interpersonale sono precedenti all'esplosione delle comunicazioni mediate dal computer. [la traduzione è mia]

Infatti, le cose stavano così, verrebbe da commentare. Ma il problema è, direi, che ancora così stanno: molte affermazioni di principio circa la necessità di una nuova psicologia non sembrano aver fin qui prodotto o sedimentato nessun significativo nuovo approccio; forse perché, in realtà, ne è mancata una massa critica di studiosi che vi si applicassero -

Quello di cui abbiamo bisogno è di un sistematico sforzo di ricerca per quantificare e descrivere in dettaglio la prevalenza delle relazioni interpersonali negli ambienti online, la demografia fondamentale degli attori di queste relazioni, i livelli di sviluppo raggiunti in queste relazioni online ed I legami tra gli ambienti online e quelli offline. [la traduzione è mia]

Lo studio di Parks è un tentativo di cominciare questo lavoro e servì a documentare la consistenza e l'intensità delle relazioni online ed insieme a sottolinearne la novità.

In un suo contributo recente, presentato al congresso Internet: Benessere, Inquietudini e Disagio. Psicoterapia e Gruppalità nella Grande Rete di Brescia (4 marzo 2000), Luca Pezzullo ha cercato di inquadrare il problema delle varie teorie che cercano di descrivere il costruirsi dell'identità sociale nelle comunicazioni telematiche, proponendone un uso integrato e sincretico:

- la SIT [Social Identity Theory, sostenuta in diversi lavori da Lea e Spears] sembra più adatta per comprendere e studiare gli ordini di fenomeni comunicativi ed identificatori che si generano nei setting sociali altamente prestrutturati, come nei gruppi di lavoro di un'Intranet aziendale. - Si può notare un'analogia tra questa impostazione della SIT e l'interpretazione della relazione tra sistema sociale e sistema tecnologico che è alla base dell'approccio Tavistock dei Sistemi Socio-Tecnici (Trist, 1981).

Ma per comprendere le dinamiche interindividuali in un ambiente meno strutturato, nel quale il gruppo dei comunicanti è più autocentrato e meno eterodiretto verso scopi funzionali, quale può essere un MUD od anche una mailing list "ludico-sociale" (dove comunque c'è una certa continuità relazionale interindividuale nel corso del tempo), sembra più adeguata la teoria della Social Presence [Sproull e Kiesler]. - La definizione di un ordine simbolico di riferimento, attraverso complessi processi di negoziazione sociale, prima di tipo interindividuale ed in seguito, col sorgere dei primi processi protoidentificativi plurali, di tipo gruppale, sembra rievocare un fenomeno analogo, per certi aspetti, a quello dello svilupparsi della matrice dinamica in un gruppo analitico (Lo Verso, 1995). -

La comunicazione e la costruzione di identità sociali, che nei primi stadi di un MUD è essenzialmente basata su un "vuoto" relazionale e di presenza, una carenza definitoria che stimola proiezioni e regressioni psicodinamiche, nel corso del sofferto processo di costruzione di un ordine simbolico condiviso evolve verso forme più definite ed articolate; forme più evolute che permettono l'estrinsecazione, all'interno dello spazio psicologico collettivo così creato, di dinamiche identificatorie, attributive e categoriali più avanzate, che permettono la focalizzazione delle identità individuali nel contesto sociosimbolico, e che risultano più adeguatamente studiabili, a questo punto, tramite le ottiche osservative proprie della SIT. -

In sintesi, nei gruppi telematici meno strutturati emergono dinamiche euristicamente meglio comprensibili attraverso lenti osservative di ambito psicodinamico; nei gruppi semistrutturati l'intepretazione della Social Presence diviene preziosa per comprendere i processi psicosociali che vi prendono luogo, mentre quando un gruppo è già altamente strutturato ed eterocentrato, i fenomeni che vi hanno luogo sono meglio inquadrabili attraverso l'ottica della Social Identity Theory.

I vari approcci forse sbagliano nel volersi proporre come soluzioni universali, essendo ciascuno uno strumento teorico in grado di illuminare al meglio una specifica area del problema. In questo campo di studi, la futura, necessaria, convergenza dei modelli psicosociali di tipo sociocognitivo e sociocostruzionista con i modelli psicodinamici gruppali potrà rivelarsi di fondamentale importanza.

Posizioni consimili a quelle sostenute da Parks emergeranno anche da studi più recenti, come l'analisi comportamentale - e la successiva computazione statistica - di Katelyn McKenna in Can You See the Real Me? Can You? Can You?. Lo studio, condotto su una popolazione di utenti dei newsgroups, conclude che

Quelli che localizzano il loro vero self su Internet svelano ai loro amici di Internet parti intime di se stessi che tengono nascoste ai loro amici e parenti nel "mondo realeâ - questi soggetti trovano di formare relazioni su Internet molto più rapidamente di quanto non accada per le loro relazioni offline .. l'intimità raggiunta rapidamente è un buon indice di predizione di relazioni che dureranno più a lungo e saranno più soddisfacenti. [la traduzione è mia]

In questo modo, la ricerca ufficiale si ritrova allineata con le attestazioni dirette di molti dei protagonisti della storia del ciberspazio, che avevano raccontato le loro - spesso toccanti - esperienze di incontro nelle varie mailing lists dedicate all'argomento(11) .

 

La psicodinamica del ciberspazio

In realtà, la sollecitazione a pensare in termini psicoanalitici al ciberspazio è, in un certo senso, nella natura stessa delle cose. Come ben scrive Aldo Carotenuto:

Quando si parla di realtà del virtuale, non posso fare a meno di richiamare alla mente quanto di illusorio, indefinito e ambiguo aleggia nella relazione analitica e, più in generale, nella vita psichica di ciascun individuo. Si parla di fantasmi, proiezioni e identificazioni per cercare di ridare forma a quel mondo di ombre, dai contorni mai troppo chiari, che anima la nostra vita affettiva; ma più si procede nel cammino analitico più ci si rende conto che il concetto di "realtà" necessita di una nuova definizione, giacche anche queste percezioni psichiche rientrano a pieno diritto nella sfera di ciò che è sentito come reale e incombente. -

Il giorno che Freud coniò - prendendo a prestito per la verità da altri suoi precursori meno determinati di lui - la parola inconscio, scrivendone lo statuto "dei diritti e delle pene" e pretendendo di farne materia di studio e argomentazioni scientifica ... ebbene, quel giorno egli cominciò a iscrivere (inconsciamente, appunto) nell'animo umano la realtà del virtuale, esattamente come la tecnica sta facendo con la materia vile. Lavorare su proiezioni, complessi, affetti, identificazioni, sogni o lapsus potrebbe far pensare a una professione "fatta di nulla"- o almeno di nulla che sia reale, definito e cosciente - ma cosa succede se si prende consapevolezza del fatto che sono queste le cose che determinano il corso della nostra vita? - Non possiamo esprimere, dunque, che in termini personalistici il mondo: ogni mondo è a immagine e somiglianza di colui che lo crea, e ognuno crea un mondo a sé dove l'unica oggettività possibile è quell'illusione che diventa realtà attraverso la personificazione delle ombre dei fantasmi inconsci. Quello che la fantascienza descrive come il virtuale dei diversi possibili, la psiche lo vive quotidianamente nelle relazioni - Potremmo dire che reale è solo ciò che trasfigura, che toglie i veli della finzione per attingere all'essenziale, al vero. E in questo il virtuale è più "vero" del reale, che anzi a questo punto dovremmo ribattezzare finzione. - Tra ciò che apersonalisticamente appartiene alle cose (reale) - ammesso che possa esistere qualcosa di assolutamente svincolato dallo sguardo di che osserva - e ciò che "forza" il velo delle appartenenze per portare alla superficie nuove immagini del "vero" (virtuale), come uomo e come analista, sono più propenso a credere all'avvicendamento delle verità, piuttosto che al perdurare di un'unica e ineludibile realtà(12).

Ma, nonostante questo, la psicoanalisi e la psicologia psicodinamica hanno mostrato - e mostrano tuttora, in verità - un considerevole ritardo nell'avvicinarsi al problema del ciberspazio. Lâaristocratico disdegno (e la grande paura, io direi) di gran parte degli Autori nei confronti del fenomeno Internet ha fatto sì che pochissimi siano i saggi teorici o clinici veramente e genuinamente psicoanalitici dedicati in modo aperto alla Rete - Così, mentre il mondo accademico resta incredibilmente fermo e disattento, proliferano le riflessioni della psicologia spicciola dei nuovi media: si pensi ai numerosi films in argomento, il più celebre dei quali è probabilmente Youâve Got Mail. Servirebbero modelli interpretativi e costruzioni teoretiche adeguate, ma il primo riflesso è o verso una considerazione ingenua delle cose o verso la riaffermazione conservatrice dei vecchi schemi - Come scrive Brittney G. Chenault in Developing Personal and Emotional Relationships Via Computer-Mediated Communication:

Gli studiosi dovrebbero affrontare il "come " e il "perché " al di là del semplice "se " [delle relazioni interpersonali online]. Un argomento che ha ricevuto ben più attenzione nella stampa popolare che negli ambienti degli studiosi della comunicazione, della sociologia, della psicologia e delle discipline correlate. Forse gli studiosi non ritengono si tratti di un'area degna di studio: non sono assolutamente d'accordo e trovo sia una vergogna che i migliori dettagli sulle relazioni mediate dal computer si trovino su riviste pettegole invece che essere studiate e discusse in riviste scientifiche prestigiose, affermate e peer-reviewed. - Ulteriori ricerche devono essere condotte su molteplici aspetti della comunicazione mediata dal computer e sulle relazioni interpersonali online. In primo luogo, dobbiamo colmare l'attuale scarsezza di dati. In secondo luogo, dobbiamo superare il pregiudizio che la comunicazione vis-à-vis sia la sola forma reale ed auspicabile di relazione interpersonale. [la traduzione è mia]

Non si sfugge, qualche volta, nello sforzo di teorizzare le novità della psicologia dinamica (?) del ciberspazio, ad un entusiasmo che rischia di sfociare nell'esaltazione e nel sospetto di ciarlataneria, come sembrerebbe nel caso della dr.ssa Jeri Fink - singolare figura di psicoterapeuta, giornalista e viaggiatrice - che così presenta il suo libro Cyberseduction: Reality in the Age of Psychotechnology sul sito di Psychotechnology Online:

- la realtà virtuale non è una rivoluzione, ma un'evoluzione, uno spazio che gli esseri umani hanno occupato sin dal momento in cui hanno preso consapevolezza di una differenza qualitativa tra la mente e il corpo. Uno degli obiettivi della tecnologia lungo tutta la storia è stato quello di incrementare la realtà virtuale rendendola sempre meglio accessibile - lo sviluppo della scrittura e le successive esperienze virtuali della narrativa, della poesia e della rappresentazione teatrale, gli strumenti musicali fatti per trasportare l'ascoltatore da qualche altra parte, etc. - la lista è infinita. - Chiaramente sta emergendo una nuova psicologia dal nostro crescente coinvolgimento negli ambienti virtuali dell'elettronica, così come sta evolvendo un nuovo stile di comportamento a partire da concetti sociali resi possibili solo da una realtà virtuale. - La realtà dell'era della psicotecnologia non è un inizio o una fine, ma un fattore che fa parte della storia umana: la psicotecnologia unisce il vecchio e il nuovo e sarà la forza che pervaderà il terzo millennio. - Lâesperienza umana del self, della comunità e dell'identità acquisisce nuovi significati negli ambienti virtuali. I nostri ruoli cambiano enormemente. Quello che succede nel ciberspazio sembra, suona e da la sensazione di essere molto diverso da quello che succede nelle strade di fronte a casa nostra.

Perché mescolare psicologia e tecnologia? La storia ha mostrato che cambiamenti significativi della tecnologia hanno cambiato l'adattamento umano. - Lâimpatto della tecnologia sul nostro comportamento è indiscutibile. - Psicologia e tecnologia sono diventati partners naturali e ci hanno immerso in un futuro nel quale la loro complicità avrà un effetto ancor maggiore sul come percepiamo noi stessi e il mondo. La realtà nell'era della psicotecnologia è una commistione dell'ieri, dell'oggi e del domani. [la traduzione è mia]

Dobbiamo perciò concludere che la psicodinamica del ciberspazio è per ora solo una collezione alquanto frammentaria di temi emergenti, la cui delineazione teoretica è a tratti solo abbozzata: sono questi essenzialmente le questioni dell'identità, del transfert, della regressione e del gender-switching(13) .

 

Sherry Turkle e l'identità nel ciberspazio

Il lavoro della Turkle - con particolare riferimento al suo ultimo libro Life on the Screen - è stato molto di moda un paio di anni fa, ma - ancora una volta - più sui mass media che nell'ambito della riflessione psicologica e psicoanalitica: un errore grave, a mio avviso, perché si tratta di un'opera teoricamente ben fondata (praticamente l'unico volume di ispirazione psicoanalitica diffusosi nella comunità scientifica allargata), ricca di implicanze teoretiche e di suggerimenti di possibili percorsi di serio approfondimento. Neppure ha giovato alla Turkle la sua matrice chiaramente psicoanalitica (e, per giunta, di origine europea) così ben presente e ben espressa nella sua elaborazione concettuale e che l'Autrice così ricorda nell'introduzione al libro (pag. XVI):

Verso la fine degli anni Sessanta, ho vissuto in una cultura che insegnava come il sé fosse costituito da e attraverso il linguaggio, che l'incontro sessuale è lo scambio di significanti, e che ciascuno di noi è composto da una molteplicità di parti, frammenti, e collegamenti di desideri. Questa era la fucina della cultura intellettuale parigina, tra i cui guru c'erano Jacques Lacan, Michel Foucault, Gilles Deleuze e Félix Guattari. Ma nonostante simili condizioni ideali per imparare, le mie "lezioni francesi " rimasero puri esercizi di astrattismo. Questi teorici del post-strutturalismo e di quella che venne poi chimata postmodernità si riferivano esplicitamente alle relazioni tra mente e corpo, ma, dal mio punto di vista, avevano poco o niente a che fare con me stessa.

In tutte le sue opere, la Turkle ha sottolineato il ruolo centrale del ciberspazio come strumento di auto-espressione e relazionalità, congruente con le esigenze della nostra vita post-moderna, in particolare in quella che ha definito l'era della simulazione:

Il computer è una macchina per simulazioni. Il mondo della simulazione è il nuovo palcoscenico su cui mettere in scena le nostre fantasie, emotive ed intellettuali; il computer da passeggio ne è il suo teatro, l'icona perfetta . - Noi costruiamo le nostre tecnologie ed i nostri oggetti, ma poi, a loro volta, gli oggetti della nostra vita ci plasmano. I nostri nuovi oggetti hanno superfici scintillanti e pulsanti, ci invitano ad un'esplorazione di gioco, sono dinamici, seduttivi, elusivi. Ci incoraggiano ad uscire dall'analisi riduttiva come modello di comprensione del mondo. [Seeing Through Computers - la traduzione è mia]

Il punto fondamentale della proposta concettuale di Sherry Turkle è stato comunque la definizione del self come

un ambito di discorso piuttosto che come una cosa reale o una struttura permanente della mente. - In pratica [la metafora delle finestre, windows, è diventato un potente mezzo] per pensare al self come ad un sistema multiplo e differenziato. Il self non sta più semplicemente giocando ruoli differenti in ambienti differenti, che è quello che le persone sperimentano quando, per esempio, si svegliano come amanti, preparano la colazione come madri e vanno al lavoro come avvocati. La pratica esistenziale delle finestre è di un self distribuito che esiste contemporaneamente in molti mondi e che contemporaneamente gioca molti ruoli. - Il nostro bisogno di una filosofia pratica della conoscenza del self che non rifugga dai temi della molteplicità, della complessità e dell'ambivalenza non è mai stato così intenso come oggi. E' tempo di ripensare alla nostra relazione con la cultura informatica e con la cultura psicoanalitica come ad una doppia cittadinanza di cui essere orgogliosi. [What Are We Thinking About When We Are Thinking About Computers? - la traduzione è mia].

Come scrive in una delle sue risposte all'intervista di Howard Rheingold (Mind to Mind with Sherry Turkle):

Nelle conclusioni del mio libro parlo del sentimento che molti hanno che noi si sia alla fine del secolo freudiano, che insomma non abbiamo più bisogno dei materiali di interrogazione sui noi stessi che l'impresa psicoanalitica rappresentava. - Io la penso al contrario, che cioè abbiamo bisogno più che mai di discipline per interrogarci su noi stessi, e delle discipline di origine freudiana in particolare. - Le mappe interne delle nuove psicologie della vita nel ciberspazio saranno mappe che ci consentiranno di meglio riflettere su noi stessi. - La vita nel ciberspazio sembra rendere sempre più urgente una riflessione su noi stessi. [la traduzione è mia]

In questo modo, la Turkle ha potuto riconnettere il senso positivo ed evolutivo del concetto di self al concetto di spazio transizionale elaborato da Winnicott (non a caso esso stesso strettamente connesso con la tematica del gioco: il lavoro della Turkle si riferisce essenzialmente ai MUDs, che sono, in un certo senso, ambiti di gioco) e discutere il senso di un'identità personale non più monolitica o necessariamente unificata, ma invece multipla e decentrata:

Internet è diventata un significativo laboratorio sociale per sperimentare le costruzioni e le ricostruzioni del self che caratterizzano la vita postmoderna. Nella sua realtà virtuale, noi ci auto-plasmiamo e ci auto-creiamo. [la traduzione è mia]

La posizione della Turkle ha, ovviamente suscitato reazioni di vario tipo, ma alcune obiezioni assai pesanti le sono state mosse dai sostenitori di posizioni psicoanalitiche classiche. Robert Maxwell Young, per esempio, ha scritto (in Primitive Processes on the Internet):

Il tema fondamentale del nuovo libro della Turkle è la rilevanza con la quale le rappresentazioni del self su Internet riflettono la perdita di coerenza e di un senso di identità integrata che sono cruciali all'attuale teoria - molto di moda - del post-modernismo. - Capisco il suo interesse per queste questioni e il parallelismo che traccia tra la cultura della rete ed il mondo dipinto dai post-modernisti, ma resto un modernista non-ricostruito convinto che la relazione d'oggetto in psicoanalisi sia totalmente in opposizione ad ogni idea di un nostro partire alla volta di relazioni parziali d'oggetto, indipendentemente da quanto profondamente la coerenza delle relazioni d'oggetto nel nostro mondo interno sia messa a dura prova da varie forme di disagi, superficialità o alienazioni (-). Sono anche d'accordo sull'utilità di alcune delle esplorazioni di identità che l'Autrice intraprende, ma ugualmente resto molto cauto a proposito degli aspetti della vita su Internet che sono evasivi, di fuga e talvolta francamente perversi. [la traduzione è mia]

La Turkle stessa così difende le sue posizioni in un'intervista a MediaMente:

Eâ vero che in passato al termine frammentazione abbiamo quasi sempre dato valenze negative. Ma stiamo imparando che non è così, che la salute e la molteplicità non si escludono a vicenda. Si comincia ad intravedere una molteplicità normale che è tutt'altra cosa dal disturbo di una personalità multipla. - Chi assume diverse identità nel ciberspazio - è del tutto consapevole delle maschere che indossa sullo schermo, e fra queste identità si muove in maniera fluida e salutare, perché realizzando ciò che nella vita reale gli è precluso sconfigge delle frustrazioni. - [il ciberspazio] ci consente di sperimentare in condizioni di sicurezza, con margini di rischio più controllati che nella realtà. - Nel migliore dei casi, delle esperienze positive on-line lasciano un segno sia nel reale sia nel virtuale e rendono più disponibili alla socialità. - Quando scegliamo un determinato nome, compiamo il primo passo verso la creazione di un'identità grazie alla quale potremo esplorare diversi aspetti di noi stessi. Non è vero, dunque, che in Rete si sviluppino identità molteplici o disturbi della personalità; piuttosto ci si accorge di poter attraversare le varie componenti della propria natura e credo che in questo modo si arrivi ad apprezzare meglio il fatto che dentro a ognuno di noi c'è una molteplicità di componenti. Siamo stati abituati a concepire l'identità come una specie di unità: io sono "uno". Oggi si guarda all'identità come a una realtà molto più fluida, che risulta dall'insieme dei tanti sé che coesistono all'interno dell'"uno". Perciò credo che il nostro concetto di identità stia davvero cambiando man mano che approfondiamo la conoscenza di noi stessi mediante questo nuovo mezzo di comunicazione.

Critica è anche la posizione di Barton Kunstler, uno degli Autori più rappresentativi della nuova disciplina della futurologia del Sé, che, in un'intervista a MediaMente, afferma:

Sono scettico sulle valenze liberatorie [dell'assumere un'identità in Rete diversa da quella reale]. Credo inoltre che ci sia molta retorica sulla possibilità di sperimentare nuove identità, ipotesi che contrasta con i limiti effettivi dell'identità in Rete. Chi assume un'altra identità in Rete mette in atto un esercizio di pensiero e di scrittura, che di per sé è interessante, ma lo è ancor più chiedersi quale sia l'ambiente di partenza di chi cambia identità in Rete. Credo che si sia sempre legati all'identità di partenza, quella reale. Anche se si può provare il piacere del segreto e dell'avventura di un'identità virtuale, si tratterà sempre di una proiezione determinata dai presupposti reali dello specifico soggetto. - Senzâaltro la coscienza umana è cambiata, ma non credo ci sia alcuna prova di una evoluzione verso una coscienza collettiva e planetaria. Con ciò non voglio affermare che non possa esistere una simile consapevolezza, ma non vedo un movimento lineare e progressivo. Forse procediamo a balzi, anche laterali, con dei mutamenti di consapevolezza o forse stiamo addirittura devolvendo. Credo che il parlare di evoluzione esprima un desiderio molto positivo e importante di movimento verso un fine, ma credo anche che si tratti di un discorso basato sulla fede e su un desiderio puramente emotivo. È possibile che il ricorso ad un modello evolutivo sia utile e che produca buoni risultati frutto proprio dall'ottimismo di un tale modello. Al contempo ritengo sia importante non fare diventare questo ottimismo una forma di inganno verso se stessi. Bisogna guardare anche alle zone d'ombra, gli aspetti negativi della direzione in cui andiamo, se non altro per prepararci ad affrontarne la negatività. Se assumiamo un modello evolutivo acritico rischiamo di giustificare ogni disastro leggendolo come un passaggio necessario, secondo un ragionamento che ho spesso sentito fare in passato. Dobbiamo fondare i nostri modelli sulla realtà, e penso che le zone d'ombra ci aiutano a riportarci alle realtà in cui siamo e da cui ci muoviamo verso il futuro.

Forse potremmo per il momento accontentarci di una conclusione più sommessa e modesta, come questa (Identity and the Net):

Alcuni analisti del comportamento sul Web sostengono che il nostro uso della Rete è diventato, in qualche caso, una forma di psicoterapia auto-somministrata, e che questo può rappresentare un grosso valore. Altri sostengono che un uso eccessivo costituisce il punto di partenza di una potenziale dipendenza. Ma l'argomento rimane estremamente controverso. Quello che è chiaro è che Internet diventa facilmente un'estensione del self e che può svolgere un ruolo importante nella ridefinizione della nostra identità.

Al tema dell'identità in rete si riconnette lo studio - appena abbozzato - di due fenomeni che, essi pure, ci hanno colto di sorpresa per la loro impressionante e rapida diffusione: mi riferisco al proliferare delle HomePages personali (e, spesso, dei diari intimi che esse rappresentano) e delle WebCams (diventate ancor più di moda ai giorni nostri con i programmi tipo Il grande fratello)(14) .

Difficile valutare il senso profondo del fenomeno, che probabilmente non è neppure univoco: giocano certo un ruolo di rilievo le necessità dell'esibizionismo in una società ed in una cultura in cui si "valeâ e si "contaâ solo se e nella misura in cui si "compareâ e si "appareâ (e certo nessuna platea è più sterminata della potenziale audience di Internet): ma anche, direi, il senso di una privatezza che sconfina spesso nella piattezza e nella solitudine. Certo fa riflettere il bisogno di mostrarsi ad uno spettatore ignoto, anonimo, indeterminato - [Silvio A. Merciai, in corso di stampa]

Tutto questo si inquadra, certo, in una ben nota logica di consumo immediato e di esibito bisogno di sentirsi vedette di un proprio show: ma bastano le nostre teorizzazioni sul narcisismo per dar conto di questi fenomeni?

 

Il transfert e la regressione (15)

Lo studio del problema del transfert nella tradizione della psicodinamica di Internet inizia - per così dire, prima di Internet - con la considerazione dei problemi transferali connessi con l'uso del computer (e comunque con molto ritardo, siamo nel 1995!), con il classico studio di Norman Holland, uno psicoanalista americano, il cui lavoro The Internet Regression viene in genere considerato come il primo lavoro psicoanalitico sul fenomeno informatico in generale. Nel suo studio, Holland sottolineava la costante antropomorfizzazione del computer, generalmente trattato come un interlocutore (maschio), su cui proiettare istanze transferali a tratti anche potenti (si pensi, per fare un esempio, agli esempi tecnofobici sempre più evidenti nella relazione con il calcolatore). Lâentrata in gioco di Internet complica ed articola, secondo questo schema, la problematica del transfert, giustapponendo alla relazione con il computer quella con il ciberspazio:

- le persone usano metafore dell'attività somatica per descrivere la loro mente al lavoro sul computer - in questa pseudo-fisicità i maschi finiscono spesso con il fare il giochino de il-mio-è-più-lungo-del-tuo - Non dovrebbe poi sorprenderci che le persone diventino facilmente ansiose nei confronti di questi computer fallici -

D'altra parte spesso il computer gioca il ruolo del genitore, che premia il nostro comportarci bene - il programma funziona - e che non ci punisce e non ci giudica come inadeguati. - Se il computer è spesso un genitore esigente, è anche un genitore molto permissivo - anche perché è totalmente anonimo. - molti ricercatori sono giunti alla medesima conclusione: si pensa quasi istintivamente al computer come ad un'altra persona. - Abbiamo una relazione umanizzata con il computer come se fosse un compagno che ci aiuta, un vero amico, un genitore permissivo, un oggetto sessuale, un partner sessuale. E tutte queste fantasie entrano in gioco quando comunichiamo via Internet. -

Parlando su Internet, le persone regrediscono - ed esprimono sessualità ed aggressione come mai farebbero in un contatto vis-à-vis.

Ci sono tre segni fondamentali di questa regressione, o tre sintomi principali, se volete. - il flaming - il sexual harassment - e la straordinaria generosità - Il commento che sentite continuamente ripetuto a proposito della comunicazione online è la sua apertura, il senso di condivisione e, soprattutto, la tolleranza. Persone completamente sconosciute dedicheranno ore del loro tempo a scambiarsi dati delle loro ricerche o addirittura oggetti o beni - Allo stesso modo, questa apertura implica un aumento della vulnerabilità. - Insomma, la comunicazione via Internet ha i suoi vantaggi ed i suoi svantaggi. I vantaggi sono la generosità e l'apertura. Gli svantaggi sono il flaming aggressivo, l'attacco sessuale e l'aumento della vulnerabilità. Secondo me sono le due facce della stessa medaglia - entrambe dovute ad una mancanza di inibizione, quindi una regressione.

Che cosa determina la regressione su Internet?

La risposta più semplice è: il computer stesso. - Su Internet, si confondono le modalità sensoriali tra vedere e sentire, tra leggere e ascoltare, tra scrivere e parlare, e questo fa parte di una generica perdita di confini - un altro confine che si perde su Internet è lo status sociale - Insomma, quando comunichiamo via Internet, instauriamo una relazione con altre persone in cui l'altro diventa un po' meno umano e la macchina diventa un po' più umana. - I nostri sentimenti nei confronti del computer in quanto tale diventano i nostri sentimenti nei confronti delle persone a cui inviamo i nostri messaggi. - Il risultato netto di tutto questo è la mancanza di inibizioni - una regressione, sì, ma di un tipo particolare che espande la mente dalle sue funzioni più elevate a quelle più primitive - la macchina diventa noi e noi diventiamo la macchina - Mi piace questa regressione di Internet. La trovo un affascinante matrimonio fra le tecnologie umane più sofisticate e la nostra psiche, mezza selvaggia e mezza animale. Mi pare qualcosa di nuovo e di stupefacente e di meraviglioso nell'ambito delle relazioni umane. [la traduzione è mia]

Va ricordato che il lavoro di Holland è anche tra i primi a stabilire in modo diretto un parallelismo tra la relazione su Internet e la condizione del setting psicoanalitico:

Penso al confessionale - penso al divano dello psicoanalista, da dove il paziente parla, e parla ad un analista invisibile dietro la sua testa dal quale - (in genere) riceve in cambio una brevissima risposta, qualche minuto o qualche giorno dopo. Entrambe queste modalità incoraggiano la regressione verso la dipendenza e la fantasia, proprio come fa Internet. Ed entrambe ci portano a dire cose che non diremmo in un rapporto vis-à-vis, proprio come su Internet. [la traduzione è mia] (16)

Prima di Holland, aveva scritto sul rapporto con il computer ed il ciberpsazio (da una prospettiva più filosofica che psicologica) Richard Heim (The Metaphysics of Virtual Reality), che si era soffermato, nel capitolo The Erotic Ontology of Cyberspace, su un'interpretazione delle posizioni di Gibson secondo i lineamenti della filosofia di Platone e di Leibniz:

La nostra storia d'amore per il computer, per la computer graphics e per le reti di computer è più profonda che non la semplice fascinazione estetica o il semplice gioco dei sensi. In realtà cerchiamo una casa per la nostra mente e per il nostro cuore. La nostra fascinazione per i computers è più erotica che sensuale, più spirituale che utilitaristica - [e] preannuncia una relazione simbiotica ed in ultima analisi un matrimonio mentale con la tecnologia. - Il mondo reso pura informazione non solo affascina l'occhio e la mente, ma anche cattura il cuore. - [ma] in assenza dell'incontro diretto e fisico con l'altro, l'etica langue - senza l'esperienza diretta del viso umano, la consapevolezza etica si riduce e subentra il rischio dell'insensibilità. [la traduzione è mia]

All'argomento del transfert Robert Maxwell Young - uno degli studiosi di matrice psicoanalitica che maggiormente hanno contribuito in questi anni alla psicodinamica di Internet - ha dedicato uno dei suoi primi e più significativi saggi psicoanalitici Psychoanalysis and/of the Internet, che inizia ricordando i contributi sia di Sherry Turkle sia di Holland, per poi trattare direttamente la questione dei processi psicologici convocati dalle esperienze di comunicazione, di immediatezza e di coinvolgimento su Internet:

Legami molto forti si costituiscono sulla rete e noi poi li confermiamo nei nostri incontri di persona.

 

La patologizzazione della relazione interpersonale online -

Eâ studiando il transfert e la regressione che comincia ad affacciarsi - da parte del mondo psicoanalitico (o meglio, di quei pochi autori di formazione analitica che degnano di attenzione il fenomeno Internet) - una sottolineatura importante e ripetuta dei fenomeni patologici della relazione nel ciberspazio(17) . In Psychoanalysis and/of the Internet Robert Maxwell Young, per esempio, scrive:

Questo modo di comunicare, mi sembra sia una attrattiva peculiare per coloro che separano la propria componente affettiva da quella intellettuale ed immaginativa, per esempio le persone con atteggiamenti maniacali. Si possono costruire grandi castelli nel Ciberspazio senza la refrattarietà di qualche forma di realtà concreta (o anche economica) e quindi disturbante. Per di più se si vogliono condividere delle fantasie con altre persone, è possibile anche coinvolgerle in "progetti di successo". Come questo, costituire un rivista o fare consulenze per affari e vendite di vario genere, oppure supervisioni, o istituire dei forum per una rete, e se le persone si divertono e comprano tutto ciò, non c'è da stupirsi perché è reale. La cosa che distingue questo dal mondo degli affari e dalla mondanità è che gli acquisti in rete si fanno limitando il parlare diretto, una volta che si ha il computer, un modem, un software (di solito gratuito), una connessione in rete e l'occorrente per pagare la propria bolletta telefonica. (Dovrei ricordare che in America le telefonate locali sono gratuite, perciò il tempo in linea è illimitato). Penso che questo modo di fare acquisti generi fantasie per coloro che sono infermi rendendogli più agevoli gli incontri con gli altri. - Ci sono problemi concernenti la struttura ed i confini che non abbiamo neppure iniziato a comprendere. Ci si può muovere in un luogo a volte vasto e grandioso, a volte claustrofobico, tra agorafobia e la sfera intima degli oggetti transizionali. C'è anche il fenomeno della dipendenza dalla rete -- e non è un paradosso. Si parla di qualcosa di reale. Penso di soffrirne in forma leggera.

John Suler, invece, affronta la questione in termini molto più sfumati e possibilistici:

Se mai ci sono principi universalmente validi in psicologia, uno di questi deve essere l'importanza dell'integrazione - Ci sono due modi principali attraverso i quali Internet tende a creare divisione nella nostra vita ed identità. In primo luogo, le persone tendono a separare la loro vita online dalla loro vita offline - In secondo luogo - si finisce con il far parte di un gran numero [di gruppi o ambienti online] - tutti luoghi separati l'uno dall'altro, tutti comprendenti persone che possono sapere poco o nulla degli altri pezzi della nostra identità. - [D'altra parte] questo splitting tra vita online e vita offline e questa compartimentalizzazione delle nostre identità non sono necessariamente una brutta cosa - La dissociazione può anche essere un modo efficace per gestire la complessità del nostro stile di vita e della nostra identità, specialmente quando i ruoli sociali che ricopriamo non sono facilmente compatibili tra di loro. - [ma], come regola generale, sarebbe una buona idea tentare di integrare la nostra vita online e quella offline come pure i vari settori delle nostre attività su Internet. [la traduzione è mia]

Il contributo più significativo nella direzione della patologizzazione viene comunque ancora da Robert Maxwell Young, il cui saggio Primitive Processes on the Internet propone in modo esplicito la nozione (impregnata di origini kleiniane) che le relazioni interpersonali via Internet - deprivate come sono di una dimensione fisica - siano essenzialmente relazioni parziali d'oggetto:

Internet è immensamente facilitante, ma la sua istantaneità ed il suo basarsi sulla tastiera pongono altrettanti problemi di quanti le sue caratteristiche attenuino o risolvano - Unâarea che illustra le conseguenze pericolose del volgersi alle relazioni parziali d'oggetto è quella assai nota della pornografia - La pornografia è la quintessenza della relazione pre-genitale di oggetto parziale. [la traduzione è mia]

Anche Michael Civin, nel suo recente e molto acclamato libro Male Female e-Mail offre un'immagine alquanto svalutata e patologizzante delle relazioni nel ciberspazio.

Il pregio migliore del libro di Civin è sicuramente il titolo, bellissimo, accattivante e allusivo (anche se, come tutti i bei messaggi pubblicitari, alquanto ingannevole: nel libro si parla abbastanza poco di maschi e femmine e non sempre di e-mail -); pregevoli inoltre, anche se alquanto romanzesche, le sue descrizioni cliniche. Per il resto, francamente, non condivido l'enfasi con cui questo libro viene in genere valutato, considerando che espone una cultura psicoanalitica assai frammentaria (Winnicott, Klein, Matte-Blanco) ed in certo modo attaccaticcia e non priva di "perleâ come questa:

Estrapolando dalle integrazioni bioniane delle teorie filosofica di Kant e psicoanalitica di Klein al nostro argomento, si potrebbe dire che quelli che Bion chiama elementi-beta sono i bytes di dati in un computer (p. 144)

o di sconcertanti luoghi comuni, come la riscoperta del principio di ripetizione

- Internet una tecnologia che facilita un nuovo modo di ripetere vecchi schemi di esperienza (p. 114)

Inoltre, il libro si rifà ad una documentazione sui fatti di Internet estremamente lacunosa e carente (tre sole citazioni di lavori su Internet e non recenti; completa assenza di qualsiasi riferimento, per esempio, a Maxwell Young o a Suler). Le stesse descrizioni dei casi sono spesso inconcludenti e talvolta ci si domanda se la connessione ad Internet non sia completamente accidentale o del tutto inconferente (si veda, per esempio, il caso di Andrew alle pagg. 153-159).

Deludente infine, a mio avviso, il contenuto in generale che, oltre a spaziare in maniera poco comprensibile tra situazioni estremamente diverse (dai MUDs ad una riorganizzazione industriale!), pare poi poverissimo sul livello delle conclusioni teoriche, non uscendo mai da un clima allusivo e ripetitivo, ma sostanzialmente generico ed elusivo (come il concetto stesso di relatedness, a cui Civin fa continuo riferimento). Da ultimo, lascia alquanto perplessi l'assunto di partenza, che l'Autore non si cura molto di attestare né di assumere come semplice ipotesi di lavoro, e che cioè la nostra sia ormai esplicitamente una società paranoide (il sottotitolo del volume è: The Struggle for Relatedness in a Paranoid Society):

Questo libro riguarda anche gli adattamenti ed i disadattamenti dell'individuo ad un ambiente sociale nel quale l'angoscia persecutoria è diventata così comune che non ci si accorge più né dell'angoscia né delle reazioni delle persone. -

Prendo a prestito dalla teoria psicoanalitica delle relazioni d'oggetto il concetto che, di fronte ad angosce persecutorie profonde, le persone si sforzano di tenere separate, e così di tenere al sicuro, aspetti della loro esperienza che, se fossero visti nel loro insieme, sarebbero totalmente contaminati. Per quanto sicuro sia questo splitting, tuttavia molte persone mantengono un contemporaneo desiderio di totalità che contraddice il desiderio di sicurezza. Lâuso della tecnologia facilita lo sforzo verso la separazione ed il desiderio verso la totalità in modi unici, rilevanti e profondamente ambigui. [la traduzione è mia]

Che su Internet si giochino anche aspetti patologici della relazionalità non è, ovviamente, questione in discussione. Il punto, invece, è perché questi siano prevalentemente espressi e messi avanti in molte trattazioni (si confronti, per esempio, l'impostazione generale della trattazione di Suler con quella di Young o di Civin): a me pare che questa modalità sia diretta conseguenza di un atteggiamento mentale per il quale Internet viene inquadrata nei termini e con le concettualizzazioni della tradizione di pensiero pre-esistente, senza sforzarsi cioè di coglierne la novità, e la conseguente necessità della creazione di nuovi paradigmi di pensiero -

Recentemente, peraltro, Robert Maxwell Young ha un po' aggiustato il tiro ed assunto una posizione più possibilistica (in Sexuality and the Internet):

- inevitabilmente le persone rispondono al ciberspazio con modalità che sono ancora in relazione dialettica con le loro relazioni d'oggetto - i computers sulla rete sono già ricchi di possibilità immaginative e vanno incontro a molteplici fantasie consce ed inconsce [la traduzione è mia]

che è anche la posizione espressa da Sherry Turkle nell'intervista di Katie Hefner sul New York Times del 18 giugno 1998:

Ci sono persone che usano la Rete per i loro agiti: in altre parole, usano questo nuovo mezzo per esprimere conflitti irrisolti della loro esistenza, per suonare la solita musica nel solito modo sterile. Ma ci sono anche persone che sono in grado di usare questo nuovo mezzo per elaborare proprie problematiche e quindi per cambiare veramente la loro esistenza. - [la traduzione è mia]

Come scrive Marco Longo

-.[possiamo parlare] -.della situazione di profonda solitudine e di video-passività, in cui il bambino (ma così spesso anche l'adolescente e l'adulto) può trovarsi ad essere risucchiato, ritualmente e ripetitivamente, per lo più dalla televisione, ma anche da certi mini-video-games portatili, da certi CD-Rom o dal lato oscuro della Grande Rete. - [viceversa possiamo trovare] l'adolescente (ma non solo) che ha imparato a gestire in modo creativo una situazione veramente gioiosa e pienamente soddisfacente, di video-attività informatica e telematica, ad operare creativamente in prima persona - esprimendo quindi al meglio, come direbbe Negroponte, la propria caratteristica positiva di 'essere digitale'; ovvero di un essere umano, giovane o adulto, che come un cigno riesce a mettere le ali della fantasia alla propria creatività anche attraverso l'utilizzazione delle nuove tecnologie digitali.

 

Una prima conclusione -

Il mio excursus sulla psicodinamica delle relazioni interpersonali su Internet termina qui, e si presenta più come il preoccupante manifesto di una grave povertà che come la selettiva compilazione di alcuni lavori ritenuti più significativi. Si rimane perplessi di fronte a questa scarsità di contributi (e di nomi), paragonandola, per esempio, con l'estrema ricchezza dei contributi di psicologia sociale dedicati allo studio degli aspetti di comunità su Internet. Câè davvero molto poco, in argomento: o, detto in altro modo, c'è molto da fare, in ambito psicodinamico - Come avevo già scritto quattro anni fa

Tutto questo va situato in un preciso contesto storico, la cui ovvietà - per noi - spesso ci fa perdere di vista che si tratta di adattamenti assai recenti sul piano della storia dell'evoluzione della specie: e che cioè in quest'ultimo secolo lo sviluppo dei mezzi di trasporto e delle telecomunicazioni ha via via consentito e facilitato il (tele)rapporto, ossia la possibilità di incontrarsi e di intessere relazioni interpersonali di varia intensità e portata indipendentemente dalla contiguità e vicinanza geografica: caratteristiche, queste, che fino ad un centinaio di anni fa erano invece indispensabili. Ora, questa nuova situazione mette prepotentemente in gioco nuovi elementi della nostra organizzazione mentale o - in altri termini - ne accentua la psichizzazione, perché la parziale deprivazione sensoriale di queste nostre relazioni implica un maggior ruolo de

- la suggestione;

- l'immaginazione (più che la sensorialità);

- la proiezione;

- il transfert;

- la fantasia illimitata ed incontrollata;

- la creatività ed il simbolismo (il ruolo dell'assenza e dell'illusione).

Tanto più che, a mio parere, la quasi totalità degli studi che ho ricordato soffre (come ho ricordato all'inizio) di un difetto metodologico di fondo: quello, cioè, di trattare il fenomeno Internet come un tutt'uno relativamente omogeneo, al quale si applichino pressappoco le medesime regole o teorizzazioni. Non è così: sia perché gli strumenti sono differenziati sia perché lo sono gli ambienti.

Câè innanzi tutto una dimensione di fondo, a mio parere, di cui non si può non tenere conto: la progressiva transizione da un mondo testuale ad un mondo in cui moderne tecnologie audio-visive consentono la presenza di molti degli aspetti sensoriali costitutivi la cosiddetta realtà dell'interazione umana. Il transfert o la proiezione verso il mio corrispondente e-mail non sono e non possono essere la stessa cosa che il transfert e la proiezione verso il mio interlocutore in una chat multimediale e neppure la stessa cosa che il transfert e la proiezione verso il mio corrispondente in videoconferenza. Tutti strumenti di Internet, ma la cui psicodinamica deve essere studiata a parte, quanto meno perché assai diversa è nei vari casi la dialettica o la differenziazione tra una relazione di persona ed una relazione nel ciberspazio.

E, d'altra parte, c'è una differenza enorme tra la modalità ed il bisogno che mi spinge verso una chat (testuale o multimediale) o verso un newsgroup o una mailing list o una corrispondenza e-mail uno-a-uno. Aspetti di una dimensione di gioco o di sperimentazione di sé dominano la prima e sono assenti nelle seconde; il ricorso alla dualità struttura la comunicazione in posta elettronica e manca totalmente nelle altre e così via.

Dobbiamo essere consapevoli, mi pare, che affrontiamo il tema della psicoterapia on-line con le spalle scoperte, senza un preciso quadro teoretico di riferimento: e con l'inquietante certezza, invece, che ci avventuriamo in un mondo che ci convoca all'elaborazione di nuovi paradigmi - e ci richiede, quindi, nuove esperienze in prima persona - scontando inevitabilmente le nostre resistenze, la nostra paura, la nostra inerzia -

 

Internet per lo studioso e il professionista di psicologia

Azy Barak ha recentemente (1999) dedicato un saggio assai completo alle Psychological Applications on the Internet: A Discipline on the Threshold of a New Millennium. Lo studio articola vari servizi offerti alla psicologia da parte di Internet:

    1. Risorse informative su temi e concetti di psicologia

    1. Guide di Self-Help

    1. Test e valutazione psicologica
    2. Aiuto alla decisione di entrare in terapia
    3. Informazioni su specifici servizi psicologici
    4. Consulti psicologici a sessione unica attraverso la posta elettronica o i newsgroups
    5. Consulti e terapie personali attraverso la posta elettronica
    6. Consulti in tempo reale attraverso il chat, e la tele- e video-conferenza
    7. Gruppi di supporto sincroni e asincroni, gruppi di discussione e counseling di gruppo
    8. Ricerca psicologica e sociale

Sempre Azy Barak ha recentemente (29 ottobre 2000) pubblicato su Internet un indice delle References Related to the Internet & Mental Health (dedicato alle risorse "cartaceeâ ed articolato nelle seguenti sezioni: Net Behavior, Usage & Addiction, Internet-Assisted Therapy & Counseling, Online Support Groups & Self-Help, Online Testing & Assessment, The Internet & Sexuality, The Internet & Career Behavior, Online Learning, Internet Social Research Methodology, Other Publications), che verrà regolarmente aggiornato nel tempo.

Un panorama specificamente dedicato alle risorse disponibili allo studioso o al professionista italiano è il volume Psichiatria Online, edito a cura di Francesco Bollorino, ed in particolare il suo primo capitolo (La Psichiatria e la Rete) di Andrea Angelozzi e Gerardo Favaretto.

Il tema della supervisione via Internet - oltre ad altri interessanti contributi, orientati all'impiego delle tecniche più moderne di videoconferenza - è discusso in particolare sul sito di Cybercounseling attraverso una serie di Manuscripts e di Presentations disponibili.

 

 

La psicoterapia on-line

Generalità

Comincia a profilarsi un corpus di teorie e di teoria della tecnica della psicoterapia on-line, che sembra superare - per lo meno negli Stati Uniti, con molta maggiore lentezza in Italia - la questione, a mio avviso alquanto assurda, della fattibilità di una terapia on-line. Assurda, direi brevemente, per il semplice fatto che esperienze di terapia on-line esistono da molto tempo e che quindi mi pare alquanto ozioso fingere che il problema debba ancora essere nei termini di un se - .(18)

Facciamo nostra la definizione di Cantelmi e del suo gruppo di lavoro: La psicoterapia online può essere definita come quel trattamento e cura non farmacologia dei disturbi della psiche conseguibile all'interno di una relazione terapeutica priva della presenza fisica dei due partners.

Martha Ainsworth ha brevemente tratteggiato la storia della psicoterapia online:

Il primo esempio di terapia online di cui si sia a conoscenza è "Ask Uncle Ezra" alla Cornell University, che è stato operativo fin dal 1986. Se visitate il sito a http://cuinfo.cornell.edu/Dialogs/EZRA/ potete scorrere l'archivio delle domande degli studenti e di altri utenti fino al settembre 1986.

La storia della terapia on-line è ben ricordata anche da Leonard G. Holmes, nel suo lavoro You Canât Do Psychotherapy On The Net, Yet.

Secondo la schematizzazione riportata da Mancini e Coll. in La mente in Internet, gli strumenti della psicoterapia online sono essenzialmente:

    1. la posta elettronica;

    1. i newsgroups;
    2. la chat;
    3. il role playing attraverso i MUDs, i MOOs, e simili.

Aggiungerei, a questo elenco, le possibilità psicoterapeutiche offerte dagli strumenti della video-telefonia via Internet e della videoconferenza.

Come ho ricordato in precedenza, la questione degli strumenti è importante perché, nel continuum tra modalità fortemente proiettive ed immaginative (come la testualità) fino a modalità praticamente realistiche (la videoconferenza) è verosimile cambi completamente la struttura psicodinamica della relazione e questo viene perduto se si rimane al livello di studi complessivi che riaggregano i dati senza tener conto della loro provenienza.

 

Psicodinamica e clinica della psicoterapia online

Non sorprendentemente, anche per la psicoterapia online valgono le considerazioni già offerte a proposito dello studio psicodinamico della relazione interpersonale online: anche qui, nonostante il numero non piccolo di studi disponibili, si finisce con il ritrovare sempre le medesime osservazioni, più o meno ripetute, ed una generica superficialità ed ovvietà di analisi. Câè innanzi tutto da tenere in conto il ritardo dell'accademia e della comunità psicoanalitica in particolare nell'accostarsi allo studio del problema (19) ma anche, e soprattutto, la prudenza imposta da una serie di considerazioni, diverse, a mio avviso, da paese a paese. Negli Stati Uniti gioca l'enorme preoccupazione etico-deontologica connessa alla mancanza di standards ufficiali per l'erogazione della terapia on-line, e quindi la grossa paura di finire nelle maglie di un'accusa di malpractice (anche in relazione ad una diffusa cultura di attenta protezione del cliente-consumatore): molti dei miei amici analisti statunitensi mi hanno confessato di rifiutare di svolgere esperienze di terapia online o di condurle nella massima segretezza proprio per tema delle possibili conseguenze legali di una tale iniziativa e quasi tutti i siti che offrono terapia in genere ricorrono all'artificio di definirla counseling (20) . In Europa, e specialmente in Italia, prevale invece una sorta di ipocrisia teorica, per la quale l'adesione - un po' timorata - agli schemi dell'ortodossia fa sì che delle esperienze di terapia online non si parli e non si scriva -, si fa ma non si dice, insomma! [e, chi si espone, proponendo espressamente interventi di terapia online, viene - spesso a ragione, qualche volta a torto - tacciato di selvaggio o di ciarlatano](21) .

La conseguenza di tutto ciò è ovviamente che non sono praticamente disponibili casistiche o descrizioni di situazioni cliniche specifiche né studi documentati ed approfonditi dei vari problemi implicati. E' per questo motivo che, mentre avrei voluto articolare questo capitolo nelle sue ovvie componenti - la teoria della terapia online, con una sua specifica psicodinamica; la teoria della tecnica; alcuni esempi clinici; le indicazioni e le controindicazioni specifiche; la formazione speciale - non potrò invece che limitarmi ad una esposizione dell'esistente ed alla constatazione di quanto poco si sia fin qui socializzato e diffuso all'interno della comunità scientifica -

E anche in questo caso si potrebbe notare che ben poche novità sono comparse dall'epoca dei due primi studi precursori in argomento, e cioè Virtual Psychotherapy? di Fred Cutter (1996) e Cybertherapy: Pariah With Promise? di John A. Ingram (1995) -

Vediamo allora di illustrare, con il massimo ordine logico che mi sia possibile, quello che è stato prodotto, tenendo in considerazione che la maggior parte degli studi di cui riferirò non si riferisce ad uno specifico indirizzo psicoterapico, ma che l'angolo visuale dal quale io cercherò di illustrarli ed utilizzarli è quello della psicoterapia psicodinamica di matrice psicoanalitica -

Eâ possible una psicoterapia online?

La prima questione riguarda ovviamente la liceità stessa di una psicoterapia online: un tema sul quale si sono esercitati numerosi autori italiani ed al quale ha dato elegante risposta Paolo Migone in La psicoterapia in rete: un setting terapeutico come un altro? Riflessioni da un punto di vista psicoanalitico. Partendo dalla rievocazione del celebre articolo di Eissler sul parametro, e utilizzando come retroterra teorico la riformulazione dell'analisi del transfert fatta da Gill, Migone scrive:

Ci si può chiedere a questo punto come mai ho iniziato queste mie riflessioni teoriche sulla psicoterapia in rete accennando alla concezione del parametro di Eissler. Il motivo è che, ironicamente, e contrariamente alla comprensibile opinione dei tanti colleghi che guardano con scetticismo alla psicoterapia in rete, seguendo la teoria classica di Eissler (-) parrebbe che una psicoterapia come quella in rete, basata essenzialmente sulla comunicazione verbale e per certi versi "impersonale" tra paziente e terapeuta, risponda ai criteri addirittura di una psicoanalisi, da molti ritenuta superiore o più "profonda" delle altre psicoterapie. - E' possibile che la cautela nei confronti della psicoterapia in rete sia spiegabile col fatto che vi è stata una crescente presa di distanza, più o meno esplicita, nei confronti di un certo modo di intendere il modello classico, basato sulla anonimità del terapeuta e su quella che potremmo chiamare una "personectomia" dell'analista, modello che pare estremizzato in modo quasi caricaturale appunto dalla psicoterapia in rete. Il fenomeno diffuso della psicoterapia in rete, insomma, tra le altre cose ripropone questa problematica interna al dibattito psicoanalitico e ci dà qui l'occasione di riprenderla brevemente in esame. - Se accettiamo che non vi sia più, per così dire, un "gold standard" per la psicoanalisi (inteso in termini di criteri estrinseci, cioè legato ad un tipo specifico di setting), ne consegue a rigor di logica che anche in rete possa essere condotto un trattamento che risponde ai requisiti della psicoanalisi: attenta analisi delle manifestazioni transferali a partire dal tipo di contesto in cui avviene l'incontro paziente-terapeuta (in questo caso, la rete, nelle sue varie possibili modalità), ben consapevoli che questo contesto avrà sempre una pesante influenza sul transfert stesso, influenza che comunque dovrà essere attentamente analizzata. - La psicoterapia in rete può essere indicata non solo nei casi di grande distanza geografica tra paziente e terapeuta (la rete in questo senso è un grande vantaggio, perché faciliterebbe molto in termini di spesa e di tempo), ma anche, proprio secondo la teoria del parametro di Eissler, può essere indicata nei casi in cui un determinato paziente (un esempio estremo sono certe problematiche schizoidi, o anche agorafobiche) non riesca ad affrontare il contatto diretto col terapeuta, e invece riesca ad aprirsi meglio mantenendo una certa distanza emotiva che per lui è simbolizzata dalla distanza fisica della rete (cioè, usando i termini di Eissler, nel caso di determinati "deficit dell'Io"). - Ritengo che la psicoterapia in rete possa avere una sua dignità come terapia, proprio allo stesso modo con cui altre tecniche terapeutiche hanno una loro dignità (terapia di gruppo, terapia familiare, ecc.). Alcuni dei problemi teorici e clinici sono simili a quelli della "psicoterapia al telefono", che viene già praticata da decenni da molti analisti, soprattutto negli Stati Uniti dove vi sono grandi distanze geografiche (le prime pubblicazioni sulla "telephone analysis" risalgono agli anni '50). - Per finire, va ricordato che vi è un aspetto indubbiamente assente nella psicoterapia in rete rispetto a quella non in rete: il corpo "fisico" del paziente. Questa assenza può essere un fattore fondamentale per le cosiddette terapie corporee, che nel loro armamentario appunto utilizzano il corpo in quanto tale all'interno della terapia, e non soltanto le fantasie o le emozioni su di esso. Sotto questo punto di vista, la psicoterapia in rete è sicuramente "inferiore" a quella tradizionale. Ma, se abbiamo ben compreso le riflessioni fatte finora, non possiamo non ammettere che anche la psicoterapia tradizionale, a rigor di logica, è inferiore a quella in rete, in quanto è deprivata di una serie di dati importanti, quelli della sola presenza del corpo "virtuale". La realtà "virtuale" e quella "reale" (ammesso che quest'ultima possa mai essere conosciuta in quanto tale - ovviamente non è possibile in questa sede affrontare al questione filosofica della natura della realtà) non sono l'una superiore o inferiore all'altra, ma due diversi tipi di esperienza, ciascuna meritevole di essere indagata e rispettata, e ciascuna capace di fornirci preziose informazioni sulla natura umana.

Su quest'ultimo aspetto - l'assenza del corpo - diversa e molto meno possibilistica è invece la posizione di Albertina Seta nel suo contributo Il corpo è necessario alla psicoterapia?:

Lâargomento della psicoterapia online, rafforzato dall'osservazione del largo diffondersi, per esempio negli Stati Uniti, della psicoterapia via telefono, sembra - stimolare riflessioni su un piano più ampio, che può trovare riscontro nell'esperienza pratica della psicoterapia in genere: il problema rimanda infatti al quesito di quale ruolo assegnare alla presenza fisica dei partner nel processo (psico)terapeutico. Viene da chiedersi se la realtà fisica dell'analista e del paziente - sia pure messa tra parentesi in funzione di un'attenzione che privilegia la realtà psichica - non debba nonostante tutto essere considerata importante, o addirittura determinante, ai fini della cura.

La risposta è sostanzialmente che il corpo fisico è un requisito ineliminabile: rifacendosi alla questione del "corpo dell'isterica " nella tradizione psicoanalitica freudiana ed ai contributi di pensiero di Massimo Fagioli, l'Autrice afferma che

Sembrerebbe - che con la virtualizzazione del corpo la psicoterapia si trovi ad una nuova frontiera: questo fenomeno potrebbe rappresentare per il dibattito attuale qualcosa di analogo a ciò che l'isteria rappresentò sul finire dell'ottocento. Forse non è esagerato dire che le questioni da esso sollevate potrebbero portare ben oltre il problema della legittimità di una pratica di psicoterapia online, e finire con il toccare quello della legittimazione della psicoterapia tout court. [Nella tradizione psicoanalitica] o la relazione psicoterapeutica comprende la fisicità e dunque è violenta, suggestiva, prevaricante, o essa è solo psichica, ma nel senso che esclude, annulla il corpo, quindi astratta. Delle due possibilità quella che viene proposta come terapeutica è naturalmente la seconda, considerata in definitiva la meno pericolosa, e la più adatta allo svolgimento di un processo terapeutico inteso come progressivo affrancamento intellettuale da una realtà inconscia dominata da una originaria situazione di bisogno di soddisfazione di pulsioni parziali. - si potrebbe [invece] ipotizzare che il processo terapeutico sia operante su tutti i livelli di rapporto che passano attraverso la percezione sensoriale dell'altro. Per esempio l'odorato può avere un ruolo importante e spesso ignorato, così come può contare il particolare tono della voce, e alcune qualità della percezione - talvolta espresse in metafore - come quando un paziente definisce le nostre parole "calde" o "taglienti". Il pensiero che la parola possa/debba sostituirsi a un mondo di relazioni materiali, cancellandole, si rivela dunque come estremamente violento e addirittura omicida del fatto che spesso è il senso nascosto delle nostre comunicazioni e non la lettera delle parole a determinare le nostre relazioni. - siamo portati a propendere per il fatto che lo specifico della relazione terapeutica richieda una situazione di vicinanza fisica. - ci chiediamo se non si debba arrivare addirittura a concludere che la vicinanza fisica, materiale, sia un requisito fondamentale per parlare di relazione psicoterapeutica, e forse di un certo particolare rapporto con l'inconscio indispensabile ai fini della cura.

Del resto, come scrive Beatrice Cannella in un suo lavoro in corso di pubblicazione (Appunti sulla psicoterapia online):

Dunque in una terapia on line, c'è presenza o meglio telepresenza. Ci troviamo in un luogo virtuale, ma non lo è anche una stanza d'analisi che sta così attenta al setting appunto di modo che sia possibile la proiezione? In una stanza d'analisi sono presenti oggetti reali (il più possibile neutri?) e oggetti virtuali (le proiezioni del paziente?). E' un luogo in parte reale in parte fantasticato e riempito di cose immaginate. In una terapia online si è presenti contemporaneamente in due luoghi: la stanza dalla quale ci si collega e il luogo virtuale nel quale ci si trova, Ma, quanto incidono o sono necessari gli oggetti reali intorno all'incontro, dal momento che sono carichi di proiezioni e fantasie e di tutto facciamo perché lo possano essere? -

Nei vari convegni sulla questione spesso aleggia la domanda se è possibile la psicoterapia attraverso lo strumento comunicativo Internet. Forse questa domanda non deriva solo dal fatto che Internet è diventata una realtà presente nella vita di tutti i giorni, e forse nemmeno solo che qualcuno ci intravede un nuovo mercato, ma che il dilagare del disagio e il numero sempre crescente di persone che cercano aiuto non è affrontabile nei modi e con gli strumenti di sempre. Non è solo una questione di numeri, ma anche di caratteristiche delle patologie o dei malesseri che arrivano a noi. Per altro si parla di crisi della psicoanalisi che sempre più finisce per non poter stare al riparo dalle emergenze sociali e chiusa negli studi degli psicoanalisti. Sempre più mi pare evidente che non sia tanto in crisi la psicoanalisi come corpus teorico, ma come tecnica pratica. Troppo è sganciata dalle caratteristiche della vita sociale attuale. Per altro, io credo che sul piano sociale il modello psicoanalitico abbia molto da dire e da dare e troppo poco lo abbia fatto -

Internet può contemporaneamente permettere una maggior razionalizzazione e al contempo favorire l'esplosione di emozioni allo stato puro, dunque può nascondere o esaltare le emozioni. -

Credo che le affermazioni sul fatto che la psicoterapia online dovrebbe andare verso la direzione di chi sostiene l'asetticità o anonimità del terapeuta e che ha atteggiamenti fobici rispetto a qualunque contatto col paziente non siano condivisibili. Ma per la verità non trovo che sia vero in nessun caso, dal momento che non appena due interlocutori si percepiscono, comincia una comunicazione circolare, che lo si voglia o no. E non possiamo dire che la percezione in rete non ci sia. Se solo si ha la minima esperienza di partecipazione a una delle situazioni comunicazionali di rete (una chat ad esempio) ci si accorge subito, come si sia attratti o respinti da alcuni personaggi, per le sensazioni e percezioni che ne abbiamo. I sentimenti che si animano sono intensi e per nulla asettici, bastano poche parole. Insomma, come è possibile che qualcuno pensi che sia possibile non comunicare essendo percepiti? Ora sto diventando sistemica -. Se il setting influenza il transfert, io credo che sia però molto difficile il suo controllo, c'è sempre un imprevisto. Forse più che di asetticità, c'è bisogno di silenzio, voglio dire il silenzio derivante dall'ascolto, dalla voglia di comprendere, dall'ascolto delle emozioni interne, il silenzio dovuto al lasciare che il tempo ci aiuti a essere in contatto soprattutto col nostro mondo interno che probabilmente molto può spiegarci di quello del nostro paziente. - è possibile attraverso la comunicazione scritta, 'sentire il silenzio'? E ancora: è possibile creare un ambiente tramite computer che permetta un attaccamento come quello che indubbiamente i pazienti sviluppano per la stanza d'analisi e gli oggetti inanimati in essa presenti? E' Internet un 'luogo', 'un ambiente' di cui è possibile appropriarsi attraverso il proprio sistema percettivo e sensoriale e sviluppare attaccamento ad esso? E' possibile le 'presenza', cioè la sensazione di essere in un ambiente? Dobbiamo forse creare la possibilità che sia percepito un ambiente reale, anche se distante, che possa far fare l'esperienza di 'essere là' e dunque sperimentare la 'presenza mentale'; come quando leggiamo un libro o vediamo un film - sono molti gli aspetti che dobbiamo ancora prendere in considerazione-

La posizione di Andrea Angelozzi, nel suo contributo Forme della relazione: la psicoterapia in rete, è non dissimile nelle conclusioni da quella di Paolo Migone, pur affrontando la questione da tutt'altra angolatura e metodologia::

Anche in psicoterapia le forme abituali - finiscono alla fine per reclamare un loro diritto di necessaria esistenza. Non si tratta solo degli aspetti "ritualistici" della terapia, che prendono il sopravvento sul senso della loro origine, facendolo smarrire e sostituendo gli aspetti tecnici e pragmatici alla natura effettiva del procedere. Si tratta anche di una legittimazione dell'abitudine, per cui smettiamo di interrogarci su tutta una serie di aspetti che diamo per assodati e che invece sono tutt'altro che ovvi. - [La psicoterapia online, invece, sembra] accreditare l'idea che una persona possa essere ricondotta ai suoi pensieri o alla sua immagine, e che una relazione fra persone possa prescindere da un loro effettivo "reale" incontrarsi.

Dopo aver discusso della psicoterapia che si svolge sui sistemi informatici attraverso l'impiego di software specifico (come nel caso celebre di Eliza) ed aver definito e descritto gli strumenti attraverso i quali una terapia online può svolgersi, Angelozzi tratta della relazione terapeutica, classicamente articolata in un'alleanza di lavoro ed in una serie di fenomeni transferali. Circa l'alleanza di lavoro:

Può esistere questa parte in una psicoterapia in Rete? La conferma in questa direzione viene dalla natura di tale componente attivabile sulla base del lavoro comune che, proprio per il suo legame con aspetti razionali e motivazionali, appare ampiamente indipendente dal mezzo. Così come lo è la percezione dell'impegno, dell'importanza e della responsabilità comune di un tale lavoro. E l'obiezione, mutuata dal nostro pensare abituale, che tali investimenti chiedano di essere testimoniati da un oggettivo sforzo e sacrificio da parte del paziente, che verrebbe di fatto un po' impoverito da qualcosa comunque facilmente disponibile, ciccando con il mouse, si svela come un pregiudizio che urta contro la realtà infinitamente variabile delle varie situazioni. Non solo, ma la dissociazione terapeutica fra l'osservatore e lo sperimentante può venire ad essere anche privilegiata, facilitata da un meccanismo come lo scrivere, che talvolta stempera la parte emotiva e ci permette di distanziarci da essa, e con il rileggere, che crea ulteriori piani di dissociazione e di autotrascendenza riflessiva sui nostri contenuti mentali. - [Se riflettiamo anche su altre componenti dell'alleanza terapeutica] come il metodico e regolare ritmo di lavoro, una "procedura prevedibile" che produce un certo senso di sicurezza e di fiducia, il mezzo appare del tutto indifferente e una analoga ritualità può svilupparsi sia con il computer sia di persona. Anche il coinvolgimento emotivo innescato dall'incontrarsi ripetuto di due persone da sole per un lungo periodo, privilegiando poi un tipo di comunicazione particolareggiato e intimo, favorito anche dal rilassamento (il divano) e dal silenzio, non costituisce certo un elemento escluso dall'incontro in Rete. - Così è per l'accettazione del paziente, di tutto il suo materiale e di tutti gli sforzi da cui deriva, nel quotidiano lavoro con lui, il fatto che niente sia tanto insignificante o oscuro o tanto brutto o sublime da sfuggire al tentativo di essere capito.

Qualcosa di assolutamente analogo vale per il concetto di empatia:

La presenza fisica non mi garantisce l'empatia, così come la "lontananza" non è un ostacolo in via di principio. Né più e non meno della voce e degli aspetti non verbali, gli strumenti mediatici offrono qualcosa che solo la pienezza del singolo sa di fatto riempire.

Considerazioni infine non dissimili valgono per gli aspetti transferali, rispetto ai quali

Il tema della psicoterapia in Rete è estremamente interessante, costringendo a riflettere, qualora abbia comunque una qualche efficacia, sulla questione dei meccanismi terapeutici.

Nel merito Angelozzi discute in particolare il ruolo del silenzio e l'aspetto destrutturante dell'esperienza online:

La condizione di Rete proprio attraverso lo svincolarsi dal corpo fisico svincola la persona da uno degli elementi che maggiormente costituiscono la trama della propria identità. Tutto ciò che uno è viene, per così dire, rarefatto, trasformato in pensieri.

Posizione critica e tradizionale, invece, è quella di Antonio Imbasciati:

Una perplessità comunque generale, di fronte alle applicazioni in rete, è data dal fatto che la stragrande maggioranza delle varie psicoterapie poggia sulla comunicazione non verbale: il rapporto terapeuta-paziente risulta efficace non tanto per quello che i due si dicono, ma per quanto dall'uno all'altro passa, al di là delle parole. E' qui che risiede il fattore "efficacia" di qualunque psicoterapia. In rete si comunica soltanto attraverso la parola scritta! E questa costituisce un canale ancor più ristretto di quello verbale: qui infatti accanto al messaggio denotativo (il contenuto dei discorsi), viaggia quello connotativo, l'intonazione, la prosodia, quei fattori definiti paraverbali e metaverbali, che danno il colore alla parola viva; e che inoltre si colorano della comunicazione più propriamente non verbale (visiva, espressiva, motoria, interattiva, auditivo-sonora, olfattiva, ecc.).

La parola scritta è allora "morta"? Definirla tale è senz'altro esagerato: basti pensare a quanto passa, di affettivo e di incisivo, attraverso l'opera letteraria. Ma allora, dalla scienza non ci si dirige forse verso gli imponderabili effetti terapeutici dell'arte?

O forse, più semplicemente, una psicoterapia attraverso la parola scritta attende ancora sia la sua tecnica che la sua teoria: siamo solo in fase sperimentale. Ma chi la sperimenta? Quali gli sperimentatori e quali le "cavie"?

Personalmente credo che la rete possa costituire uno "sfogo" a persone affrante che non trovano al momento altro mezzo: ma quanto, invece, esse ricorrono alla rete perché non hanno il coraggio di cercare una vera psicoterapia? Uno "sfogo" può anche avere un effetto psicoterapeutico: siamo però nell'ambito degli "effetti psicoterapeutici", come sopra definiti, anziché in quello delle effettive psicoterapie.

Credo inoltre che possa non infrequentemente accadere che una cosiddetta psicoterapia per via rete possa illudere i pazienti, possa dare altra forma alla loro patologia, piuttosto che aiutarli ad eliminarla. A parte inoltre il fatto che con la rete è molto più facile la proliferazione di quell'arcipelago selvaggio dove operatori e pazienti si confondono; dove non si sa, in fondo, chi sia il più matto, se l'operatore che si picca di "salvare" i pazienti, o il paziente che si illude di guarire e che più facilmente invece si patologizza.

Credo in conclusione che occorra andar molto cauti, in questo campo e che ciò valga sia per gli sperimentatori, sia, ancor più, per i pazienti. D'altra parte la scienza è sempre qualcosa che è ognora da costruire. Una psicoterapia su basi scientifiche, da attuarsi in rete, è allora campo aperto.

Attilio De Angelis (Il paziente digitato) ricorda che un precedente di terapia on-line è, in un certo senso, offerto dallo stesso Freud:

C'è da dire al riguardo che lo stesso Freud sperimentò una situazione, per certi versi analoga, nel periodo in cui portava avanti la sua autoanalisi: la corrispondenza epistolare con Fliess (-). Sebbene tale relazione avesse un significato particolare, sotteso a psicodinamiche che sono state inserite da Ellenberger in un contesto di malattia creativa e che hanno portato lo stesso Freud all'approfondimento della sua teoria, non si può ignorare che ciò sia avvenuto attraverso una fitta corrispondenza scritta, cosa che ha costituito un supporto estremamente funzionale - Bisogna tener conto che Freud e Fliess si conoscevano già personalmente, ed in questo senso cade già una componente che in Internet ha sicuramente un valore importante cioè l'anonimato. La sicurezza di un sostegno psicologico affidato ad una persona oltre lo schermo del monitor di un computer, con la garanzia di anonimato per l'appunto, che offre una situazione di questo tipo e, se vogliamo, la libertà di poter creare attorno a sé un ambiente funzionale ai propri bisogni espressivi, sono caratteristiche che vengono inevitabilmente tratte in causa in questo frangente. Che poi tale corrispondenza abbia come modalità di comunicazione la posta elettronica o un sistema più diretto, quale ad esempio una chat-line, è un discorso che va a confluire con una serie di fattori che riguardano in modo specifico elementi come il setting e situazioni di ordine "relativamente" pratico, ma comunque molto importanti in un contesto di questo tipo.

 

Caratteristiche specifiche della psicoterapia online

In un capitolo del suo libro online (A 5-Dimension Model of Online and Computer-Mediated Psychotherapy) recentemente ampliato e revisionato (luglio 2000), John Suler affronta il problema della terapia on-line cercando di fare chiarezza e di proporre sistematicità nelle varie dimensioni (ne differenzia cinque) implicate nello scambio psicoterapico online e tentando di individuare vantaggi e svantaggi delle varie posizioni. Distingue pertanto comunicazioni:

    1. sincrone (text-driven chat e multimedia chat, internet conferencing) o asincrone (essenzialmente l'e-mail, ma anche i messaggi sui newsgroup, e la fruizione differita di registrazioni audio o audio-video);

    1. puramente testuali o plurisensoriali;
    2. immaginarie (MOOs, MUDs, multimedia chat) o reali;
    3. automatiche (come nel famoso esempio di Eliza) o interpersonali;
    4. tra interlocutori invisibili (controllo di un computer o osservatore nascosto, partecipante silenzioso di un gruppo di counselling) o presenti.

Lâindagine delle varie dimensioni (per le quali si rimanda all'articolo, assai chiaro ed illustrativo) enuclea le seguenti caratteristiche determinanti e tipiche, variamente presenti o assenti negli assi delle dimensioni sopra-elencate:

    1. la definizione di un ben preciso appuntamento nel tempo, con le peculiarità di setting e di intimità che esso implica;
    2. la spontaneità o la possibilità di una maggiore elaborazione cognitiva (zone for reflection) delle varie fasi dell'interazione;
    3. la presenza più o meno fisica del terapista;
    4. la completezza o meno nella raccolta ed osservazione delle presenze/assenze, dei silenzi, dei ritardi, degli agiti in generale, delle modalità mimiche e posturali, del tono della voce, ecc. durante l'interazione;
    5. la facilità o difficoltà (e costo) di realizzazione ed impiego del mezzo elettronico di comunicazione;
    6. la possibilità o meno di mantenere una registrazione completa di tutte le sedute del trattamento;
    7. l'effetto disinibente legato alle condizioni di maggiore o minore anonimato (anche solo fisico), ma anche variazioni nell'intensità della proiezione transferale e possibili condizioni massicciamente regressive;
    8. la maggiore o minore riservatezza, confidenzialità e protezione da intrusioni.

Si tratta di un approccio ancora incompleto e solamente agli inizi, ma di grande rilevanza, perché consente di creare una sorta di griglia concettuale secondo la quale esaminare i protocolli della terapia on-line sia a seconda dello strumento e dell'ambiente considerato sia in relazione alle possibilità e caratteristiche peculiari che ciascuno di essi consente sia in relazione allo specifico indirizzo di scuola dei vari proponenti. Il problema degli studi sull'argomento è infatti che, trattandosi di esperienze ancora molto frammentarie (e generalmente poco documentate) non viene quasi mai prestata sufficiente attenzione alle caratteristiche analitiche dei singoli resoconti, ma solo enunciata una prospettiva sintetica - che quindi perde o appiattisce molte delle specifiche peculiarità.

Lâelenco delle varie caratteristiche presentato è per questa ragione ancora assai confuso, dipendendo in larga parte dalla teoria di riferimento del terapeuta e dallo strumento/i effettivamente utilizzato per il suo svolgimento:

Gli psicoterapeuti possono valutare in modo assai differente queste dimensioni della ciberterapia, a seconda delle loro differenti impostazioni teoriche. Quelli che usano modelli di trattamento più orientati alla procedura che alla relazione - come in certi approcci comportamentali - possono trovare di grande utilità gli interventi automatizzati. Gli psicoanalisti ed i comportamentismi che lavorano su materiale della fantasia - o su ruoli inventati possono sentirsi stimolati dalla dimensione immaginaria della terapia mediata dal computer. La comunicazione testuale asincrona può risultare utile agli psicoterapeuti che sottolineano l'importanza di una narrativa personale, come in certi approcci psicoanalitici o nelle varie forme di biblioterapia. Alcuni psicoanalisti saranno intrigati dall'intensificazione del transfert e del controtransfert che si verifica nelle interazioni puramente testuali. D'altra parte, quei terapeuti - che tengono in massima considerazione l'autenticità della relazione vis-à-vis potranno semplicemente rifiutare ogni tipo di intervento terapeutico mediato dal computer. - Di certo, i clinici che lavorano a stretto contatto con il corpo - troveranno il ciberspazio estremamente limitante, forsâanche del tutto inutilizzabile. Da un punto di vista pratico, tuttavia, è difficile immaginare oggi un qualunque terapeuta che non pensi che la dimensione asincrona delle comunicazioni via Internet (specialmente la posta elettronica) sia un utile strumento per tenersi in contatto con il suo paziente . [la traduzione è mia](22)

[mi piacerebbe molto pensare che questa osservazione abbia la sua validità ben presto anche qui da noi -]

Il problema che ci si deve porre immediatamente - in stretto parallelismo a quello che abbiamo visto a proposito della psicodinamica della relazione interpersonale nel ciberspazio - riguarda il dubbio di fondo se la teoria e la tecnica di una terapia online debbano ispirarsi da vicino - ripetere, in un certo senso - le caratteristiche di una determinata teoria e tecnica psicoterapica di persona o se, invece, si tratti anche qui di aggiungere una possibilità nuova, consentita dal nuovo mezzo, e di teorizzarne e sperimentarne quindi le specifiche, la teoria, la tecnica. Suler sembra orientarsi verso questa seconda dimensione - una posizione che mi sento di condividere.

Ci sono almeno tre modi di concettualizzare la psicoterapia mediata dal computer:

    1. Possiamo pensare ai computers come strumenti a nostra disposizione da incorporare nei nostri pre-esistenti approcci.

    1. Possiamo definire e sviluppare una nuova tipologia di terapia mediata dal computer, tipo "terapia e-mail' o "terapia chatâ.

    1. Oppure possiamo concettualizzare la ciberterapia come un'interazione psicoterapica singola a molte sfaccettature, comprendente le cinque caratteristiche dimensionali di cui ho parlato in precedenza - caratteristiche che possono essere controllate, combinate e modificate in un gran numero di modalità per venire incontro ai differenti bisogni dei vari clienti come pure ai mutevoli bisogni di un singolo cliente -

In un certo senso, la comunicazione mediata dal computer decostruisce la psicoterapia, così come decostruisce la relazione interpersonale in generale, non solo rivelandone le qualità elementary, ma anche offrendo l'opportunità di mettere sotto controllo queste qualità. Le cose più rilevanti sono la capacità di regolare:

- i limiti temporali ed il ritmo dell'interazione terapeutica, incluso il suo grado di spontaneità e la "zona di riflessione";

- quanta parte dell'incontro terapeutico può essere conservata e rivista;

- le componenti visiva, uditiva e testuale dell'interazione, compresi i livelli di anonimato, intimità, disinibizione e transfert che ne risultano, come pure la risultante evidenziazione dei processi cognitivi (testuali) ed emozionali (sensoriali);

- gli aspetti immaginario e fantasmatico dell'incontro terapeutico, compresa la capacità di cogliere le dinamiche inconsce associate con questi aspetti;

- il grado di presenza e di invisibilità umana, compresa la possibilità di automatizzare parte o tutta l'interazione terapeutica -

Una ciberterapia integrata che combini tutte le dimensioni - una ciberterapia multimediale - può essere la strategia di scelta per alcuni clienti. Incoraggiare questi clienti a sperimentare una serie di canali di comunicazione, sia quelli che preferiscono sia quelli che sembrano loro alieni, può essere di aiuto nel valutare con precisione le loro risorse e le loro debolezze cognitive e sociali. Esaminare la transizione tra questi differenti canali insieme con un lavoro continuo nell'ambito di un canale non preferito può portare ad una importante introspezione di sé ed allo sviluppo di nuove abilità psicologiche. [la traduzione è mia]

Le preoccupazioni sopra indicate sono condivise anche in Italia da vari Autori. Luca Pezzullo (Psicologia clinica "attraverso la rete") ha sottolineato perplessità e necessità di nuove teorizzazioni fin dal suo lavoro del 1997:

Purtroppo, le analisi relative alla specificità del setting terapeutico virtuale non sembrano essere molte. Questa lacuna potrebbe inficiare i presupposti di molto del lavoro clinico svolto attualmente via Rete. Il rischio principale consiste nel ritenere non necessarie modificazioni al setting ed alle modalità relazionali e comunicative tradizionali. Ignorare in maniera così "spudorata" una variabile di tale rilevanza fa risaltare, purtroppo, l'approssimazione metodologica di molti clinici, accecati dalla novità e dallo scintillio dello strumento. Altri, invece, si occupano con molta serietà degli aspetti metodologici e dei possibili biases derivanti dall'immersione in un simile contesto. I primi studi sul problema della specificità della relazione comunicativa attraverso Internet, degli aspetti psicosociali relativi alla gruppalità, all'immagine del sé, alla valutazione degli atteggiamenti, alla costruzione narrativa della realtà ed alla definizione dell'Identità personale negli ambienti virtuali iniziano a delineare un quadro complesso e difficilmente interpretabile, in cui però si possono delineare alcune linee di tendenza. - il clinico la maggior parte delle volte può fornire, ovviamente, solo pochi consigli, necessariamente generici ed imprecisi, pesantemente inficiati dalla non veridicità od imprecisione delle affermazioni del cliente, che il clinico deve accettare "così come sono", data l'impossibilità o l'estrema difficoltà di una loro verifica o contestualizzazione. Il valore clinico o terapeutico di un simile intervento è, quanto meno... dubbio (!).

Il progetto delineato da John Suler mi sembra ben impostato e chiarificatore: rifondare la ciberterapia in questo modo (che mi pare assolutamente sintono al progetto metodologico più sopra citato di Paolo Migone) potrebbe infatti consentirci di studiare l'influenza e la psicodinamica delle varie dimensioni in gioco, riutilizzando le nostre cognizioni di base ma sentendoci anche continuamente cimentati a decostruirle, nel senso di interrogarci continuamente sul reale significato e sulla reale rilevanza di ciascuna di esse.

Lo stesso Suler, per esempio, ha iniziato uno studio sulle relazioni testuali online ed anche Michael Fenichel ha riferito, in un suo recente messaggio e-mail, di una serie di studi attinenti la questione della testualità:

- trovo molto interessante una ricerca della Harvard University, che ha messo a confronto gli stili di negoziazione e di comunicazione delle tre principali modalità a nostra disposizione: il vis-à-vis, il telefono, la posta elettronica. Quello che è risultato è che la maggior parte delle negoziazioni vis-à-vis hanno dato luogo a compromessi soddisfacenti, la maggior parte delle comunicazioni telefoniche ha portato alla situazione per cui una delle due parti era lievemente "vincente" sull'altra in termini di concessioni, e - quando veniva usata solo la posta elettronica - la maggior parte delle negoziazioni sono arrivate ad un impasse. [la traduzione è mia]

Altri studi indagano, invece, altre dimensioni: sul recente sviluppo di oggetti in grado di costruire un rapporto "tattile " con il computer (di cui si occupa la disciplina dell'aptica), si veda, per esempio, il recente articolo di Russell Kay The Sensuous Computer o l'articolo di Andrea Albini Internet in ogni senso.

Unâaltra dimensione rilevante (ed affascinante) studia la possibilità di rendere i computers affettivi: questo è il senso delle ricerche condotte al MIT dal gruppo di Rosalind W. Picard (Affective Computing Home Page) [ne riferisce dettagliatamente Andrea Albini nell'articolo Un computer per amico]

Eâ relativamente facile trovare esempi di agenti software interattivi o di creature animate in grado di esprimere affetti: [la nostra ricerca mira] a dar loro la capacità di riconoscere l'emozione. La capacità di riconoscere le emozioni di una persona è un aspetto chiave dell'intelligenza emozionale umana, che è stata descritta da un gran numero di scienziati [tra questi Antonio Damasio] come più importante per funzionare bene che non le tradizionali forme di intelligenza matematica e verbale. [la traduzione è mia] (23)

Lâesempio migliore e l'applicazione più diretta del progetto esposto da John Suler è l'Online Clinical Case Study Group of the International Society for Mental Health Online.

 

The Online Clinical Case Study Group of the International Society for Mental Health Online

Coordinato da Suler stesso e da Michael Fenichel è questo, per molti versi, il tentativo più recente di mettere a punto in modo chiaro e confrontabile la matassa intricata delle varie questioni del problema. Si tratta di uno studio interdisciplinare, in un gruppo chiuso di specialisti (praticamente tutti i più noti ed attivi nel settore), dedicato a discutere casi di psicoterapia (in senso lato) su Internet, secondo orientamenti di scuola assai eterogenei e non predeterminati. Il Millennium Group, che cominciò a lavorare nell'autunno del 1999, era composto da 16 professionisti della salute mentale: Azy Barak, Peter Chechele, Tom Crain, Michael Fenichel, Betsy Frier Walker, Robert Hsiung, Jim Jarvis, Gayla Novitsky, Pamela Rudat, Gary Stofle, John Suler, Willadene Walker-Schmucker.

Rimando, ovviamente allo studio in questione, ma ne ricordo qui alcune conclusioni:

La filosofia del gruppo è che il lavoro clinico che implica il ciberspazio qualche volta ricorda la psicoterapia tradizionale di persona, ma anche che il ciberspazio ha prodotto alcune tematiche cliniche e tipologie di intervento assolutamente nuove - Come è difficile generalizzare sulla psicoterapia che si svolge nello studio del terapeuta, chiaramente è infinitamente più problematico pervenire ad affermazioni conclusive circa i processi o il risultato finale del trattamento online assunto in termini generici. Tuttavia, a quelli di noi che si sono impegnati in un'attenta riflessione su questi casi clinici è risultato evidente che ci sono molti risultati positivi, tra cui in certi casi un'attenuazione dei sintomi riferita dal cliente, un'aumentata gamma di funzionamenti sociali (online e offline), una più motivata partecipazione agli approcci di trattamento sia in vis-à-vis sia online (talvolta nell'ambito del medesimo trattamento integrato); in altri casi, che hanno avuto evoluzioni meno spettacolari (per ora), si sono comunque raggiunti sottili benefici, come un aumento dell'autostima e dell'autoconsapevolezza, consigli utili a riguardo della carriera o del comportamento online o l'accettazione di una ferma raccomandazione ad iniziare una terapia in sede locale quando questo pareva necessario. - Conosciamo solo la punta dell'iceberg, e l'emergere della società su Internet porterà certamente ad una richiesta sempre maggiore di sviluppare una società di servizi di salute mentale online - I casi presentati suggeriscono non solo che il ruolo e la modalità di intervento del terapeuta online si devono ispirare alle tradizionali teorie e teorie della tecnica, ma anche che esse devono evolversi in forme innovative assai differenti dagli approcci consueti di tipo personale. [la traduzione è mia]

Il gruppo di studio continua a lavorare ed ha enunciato una serie di tematiche ed ipotesi di lavoro [Hypotheses about Online Psychotherapy and Clinical Work] concernenti l'esperienza (da parte del cliente) della comunicazione testuale, gli effetti dell'assenza dei segni tipici della relazione vis-à-vis, gli effetti di poter conservare una registrazione scritta dell'intero trattamento, il confronto tra le comunicazioni sincrone e quelle asincrone, l'espressione dell'identità da parte del cliente e il suo stile di vita nel ciberspazio, la relazione tra la terapia di persona e quella nel ciberspazio, il lavoro terapeutico con le coppie e le famiglie, il lavoro nei gruppi online ed infine una serie di questioni e di problematiche legate ai terapeuti. - Sarà certamente interessante seguire gli sviluppi di questo gruppo di studio, man mano che ne verranno pubblicati i risultati preliminari (anche se occorre tener presente che nessuno dei componenti ha, a mia conoscenza, una specifica preparazione psicodinamica di matrice psicoanalitica).

 

Studi clinici

Vorrei ora cercare di dar brevemente conto dei più importanti studi clinici sul tema della terapia online che sono stati pubblicati in questi ultimissimi anni (anche per agevolare lo studioso che abbia qualche difficoltà a consultare la letteratura anglofona) -(24)

Un lavoro spesso citato (a proposito della terapia di gruppo, ma con estensioni teoriche al campo della psicoterapia tout court) è Chatter(Er)Ing Through The Fingertips: Doing Group Therapy Online di Yvette Colón:

Sulla base di queste esperienze, cambiano alcuni assunti ritenuti cruciali nel fare psicoterapia. - Poiché i membri del gruppo ed io non ci vedevamo, era molto facile per i membri del gruppo proiettare le loro fantasie ed i loro desideri su di me: essendo io non vista e "misteriosa", fu molto più facile spostare su di me rabbia e frustrazione. Per contro, altrettanto difficile era per me idealizzare e proiettare sui miei clienti: poiché spesso non sapevo comâerano i membri del gruppo, divenne facile per me accettare i personaggi che andavano creando man mano che il gruppo si sviluppava.

Per di più, gli spazi pubblici e quelli privati si intersecano online in modo diverso da come succede offline. - In un ambiente testuale, le mie parole di utente attivo sono permanenti a meno che io decida di rimuoverle in modo definitivo; qualunque cliente può intenzionalmente o inavvertitamente leggere vecchi o nuovi messaggi che rivelano di me - personalmente, intellettualmente ed emotivamente - molto di più di quanto i clienti in genere sappiano dei loro terapeuti. -

Ho avuto una formazione piuttosto tradizionale e uso nel mio lavoro modelli psicoterapeutici di matrice psicoanalitica. E' stata una sfida assai ardua quella di prendere quello che sapevo e di tentare di applicarlo a quest'altro mezzo di comunicazione. - Sarei molto cauta nel proporre - una qualsiasi psicoterapia online come unica forma di terapia per un cliente. - Dobbiamo trovare il modo di esplorare la psicoterapia online in modo responsabile. -

La sfida più grossa per un terapeuta che lavori online è la mancanza sia del contatto vis-à-vis sia della comunicazione non verbale su cui in genere mi baso - come interpretare il silenzio quando tutto tace? - i membri del gruppo impararono a fidarsi l'uno dell'altro ed erano ben disposti ad aprirsi rendendo la terapia sempre più profonda. -

Nella terapia online, nessuno viene davvero in ritardo alla seduta o non paga. Ma la resistenza può manifestarsi in molti modi, mediante l'aggressione testuale o la presa in giro o il silenzio. Gli psicoterapeuti possono imparare molto studiando le dinamiche della vita online: ripetizione, ricordo, transfert, resistenza, conflitto e acting-out, si ritrova tutto. Forse la cosa più grossa che la vita online può insegnarci nel mondo offline è che il linguaggio può essere più significativo dell'azione. Nella terapia online, così come forse nella seduta psicoanalitica, il linguaggio è azione: non "succedeâ niente online, così come in terapia; e non c'è nessun modo di quantificare quello che succede in un gruppo online. Però la vita può cambiare.

La necessità deontologica (oltre che teoretica) di chiarire alla comunità scientifica, oltre che ai potenziali clienti, i pro e i contro della terapia on-line (con riferimento particolare all'uso dell'e-mail ed agli Stati Uniti) è ben indicata da un articolo del 1998 di Craig Childress: Potential Risks and Benefits of Online Psychotherapeutic Interventions.

Un tema spesso discusso e dai più considerato come una delle limitazioni più gravi dell'intervento psicoterapico in rete è la gestione del rischio di suicidio. Ne ha scritto Leonard G. Holmes nel suo lavoro (del 2000) You Canât Do Psychotherapy On The Net, Yet:

Ovviamente le persone a rischio omicida o suicida non sono la popolazione ideale per un qualsiasi tipo di contatto terapeutico sulla rete. Però è per lo più difficile distinguerli e scartarli, il che solleva tutta una serie di grossi problemi.

Lo studio più recente e più comprensivo sulla terapia online è verosimilmente quello di Azy Barak, Psychological Applications on the Internet: A Discipline on the Threshold of a New Millennium, del 1999.

Una survey sui vari siti che offrono psicoterapia on-line è stata condotta nel maggio del 1998 da Terri Powell, per mezzo di un questionario inviato ai siti regolarmente censiti in quel momento sulla directory di Metanoia (Online Counseling: A Profile and Descriptive Analysis) giungendo a queste conclusioni (tra l'altro):

Il futuro dei servizi di salute mentale comprende verosimilmente il ciberspazio. Gli incontri e le relazioni terapeutiche vis-à-vis sono costose - A 20 dollari per seduta, la gente può permettersi di restare a lungo in rapporto con un terapeuta online. Non dimentichiamo che sta andando avanti la ricerca sulle peculiarità della comunicazione online: e su quali tipi di interventi funzionino meglio con quali tipi di problemi in questo nuovo medium. Se l'avanzamento della ricerca dovesse mostrare che i servizi online sono efficaci oltre che convenienti, possiamo aspettarci di vedere lo sviluppo di centri di salute mentale online.

Inutile dire che la previsione di Terri Powell si è già realizzata dagli inizi del corrente anno -.

Un altro lavoro assai comprensivo che cerca di fare il punto sulla terapia on-line è Therapy over the Internet? Theory, Research and Finances di J.V. Laszlo, G. Esterman, & S. Zabko (1999). Dopo aver ricordato la larga diffusione ed applicabilità della terapia on-line, gli Autori citano i principali modelli teorici riportati in letteratura come applicabili a questa forma di intervento: la Crisis Intervention Theory (teorizzata in particolare da Joseph C. Polauf), la terapia cognitivo-comportamentale, la narrative therapy, le terapie brevi focali, il task-centered approach, la biblioterapia, la stesura di diari, gli approcci psicodinamici (25). Ricordano altresì i principali argomenti di teoria sviluppati, e cioè lo studio del transfert (e della proiezione, in particolare della proiezione narcisistica) e della regressione, oltre che dell'intensificazione iperpersonale descritta da Walther (1996)

- cioè andare al di là della comunicazione vis-à-vis - una intensification loop che si autoalimenta ed autointensifica, a partire da una selettiva autopresentazione, idealizzazione e reciprocazione

Gli Autori passano quindi ad una revisione della letteratura esistente, con particolare riferimento a quella relativa all'efficacia dei gruppi computer-mediated, concludendo che

Questa revisione degli studi esistenti sembra fare continuo riferimento alla teoria della terapia vis-à-vis come al canone dal quale valutare la terapia online. Pochi sono gli studiosi che hanno posto il problema della necessità di sviluppare un nuovo quadro teorico che si basi sulle caratteristiche specifiche del ciberspazio. Se è vero che le persone tendono ad aprirsi di più in rete, come far uso di questo? Vuol dire che queste persone sono più facilmente recettive alla confrontazione ed all'interpretazione? - Linee-guida pratiche che contemplino la complessità e la varietà dei bisogni dei clienti-pazienti sarebbero un importante punto di partenza per determinare se le loro modalità di offrire servizio sono appropriate.

Ricordo infine, anche se la casistica di riferimento è davvero - limitata, il lavoro di Gary S. Stofle, che, nei suoi Thoughts about Online Psychotherapy: Ethical and Practical Considerations, giunge alle seguenti positive conclusioni:

Possiamo fare la psicoterapia online: gli esseri umani sono meravigliosamente adattabili - la psicoterapia online è il modo in cui i terapeuti possono correttamente utilizzare la parola scritta per curare e stabilire una relazione terapeutica. - Le qualità di uno psicoterapeuta competente - il calore umano, l'atteggiamento non giudicante, l'empatia, la dedizione, l'onestà, la genuinità, e così via - si esprimono online come di persona. - Se andiamo avanti in modo troppo cauto per timore degli aspetti etico-deontologici o se decidiamo di non offrire terapia online per timore di ciò che ancora ci è ignoto, chi sarà a disposizione per trattare quei clienti che, per una qualsiasi ragione, non cercheranno una terapia vis-à-via? Se non è online il terapeuta competente e conscio delle questioni etiche tuttora aperte, chi sarà online?

 

Lo sviluppo della terapia on-line: il parere dei protagonisti

Un po' tutti i protagonisti del dibattito sulla terapia on-line (mi riferisco in particolare agli Stati Uniti, ovviamente) si sono pronunciati in questi ultimi tempi, intervistati dai media, sui problemi e sulla fattibilità della terapia on-line: per i motivi che ho chiarito in precedenza, i media finiscono con l'essere oggi una fonte rilevante anche per lo studioso - Per questo motivo vale la pena di brevemente esaminare i loro punti di vista, premettendo che generalmente le varie interviste si assomigliano nel sottolineare - con moltissima cautela ed una ripetuta insistenza sulla questione degli aspetti etici e deontologici - gli aspetti positivi che la nuova modalità terapeutica può offrire e quindi nel mettere in guardia rispetto ai rischi in essa impliciti, ai suoi limiti, alla sua estrema novità e quindi alla necessità di ulteriori studi. Un atteggiamento sostanzialmente pragmatico, insomma, che tiene aperto il dibattito, provvede ad una quanto più possibile corretta informazione dei potenziali utenti e soprattutto sottolinea continuamente come la terapia on-line sia una modalità aggiuntiva - e non sostitutiva - rispetto ai tradizionali modi di intervento terapeutico (che peraltro da essa vengono sollecitati e stimolati a chiarimenti epistemologici non più rinviabili). (26)

Tra i più intervistati, è innanzi tutto Storm A. King, già presidente dell'ISMHO ed uno dei massimi esperti del settore nonché personaggio di grande visibilità su Internet da molti anni.

La terapia online è differente perché usa le modalità della terapia narrativa. - Se un terapeuta [counselor, nel testo americano originale] non esperto nelle relazioni su base testuale offre un servizio via Internet, c'è la possibilità che faccia danno. [da un'intervista a FoxNews dell'ottobre 1999]

Va bene provare la terapia online e vedere se va bene per un caso particolare, ma non ci si aspetti che funzioni sempre bene. [When Cybertherapy Goes Bad]

LâeTherapy non è una terapia. Non potrà mai essere un sostituto diretto della terapia tradizionale perché mancano troppe delle informazioni indispensabili ad una terapia. - Ci sono molte persone che, per varie ragioni, non possono o non vogliono accedere ad una forma tradizionale di terapia: per loro l'etherapy può essere una valida forma di avvicinamento alla cosa; qualcosa è pur sempre meglio di niente! - Anche se l'etherapy non è una terapia, può comunque essere terapeutica. Come pure può essere valida per problemi sub-clinici, che da soli non spingerebbero una persona ad entrare in terapia. [The Therapist Web: eTherapy: Current and Future Use of Online Counseling, settembre 2000]

Si tratta tipicamente di persone che vivono in posti remoti, come l'Alaska, o di agorafobici, che non riescono a lasciare la loro casa; e aggiungerei i sex addicts e le persone con problematiche di tipo sessuale, in ragione del fattore dell'umiliazione - [da un'altra intervista a FoxNews: Cyber Advice - Online Sex Therapy is Booming]

Gli fanno eco, un po' più possibilisti, nel medesimo reportage, altre voci:

Se si può stabilire una relazione interpersonale, non mi importa di come si eroga la terapia e si potrebbero anche usare i walkie-talkie - dice il dr. Turndorf, noto anche come dr. Love. Se online ci si può innamorare, di certo ci sono anche grosse potenzialità per stabilire relazioni importanti - dice il dr. Hsiung - Online si può essere empatici, si può imparare molto sulla vita di qualcun altro, - e dunque perché non dovrebbe essere possibile far terapia?

John Grohol è allineato sulle medesime perplessità:

Restano molte preoccupazioni rispetto al fare terapia online, perché non abbiamo ancora un patrimonio di ricerche che ci mostrino con sicurezza che si può fare e che è efficace. Penso che quello che si fa non sia terapia, ma pedagogia. - Si stima che il Web abbia attualmente 12.000 siti di salute mentale: si costruiscono qui nuovi tipi di relazioni (terapeutiche) di cui non si parla. Resta da vedere se si tratti di relazioni valide percorribili di per sé o solo di complementi ad una terapia condotta nel mondo reale. [da un'intervista a USA Today Online Mental-Health Therapy Has Issues]

Lâetherapy non è psicoterapia né counseling psicologico - sarebbe quindi fuori luogo metterla a confronto con forme tradizionali di psicoterapia - Proporre che ci possano essere nuove modalità di aiutare le persone a fare i conti con I loro problemi sconvolge un delicato equilibrio tra le professioni - Alcune obiezioni sono legittime, ma affermazioni del tipo "non si possono aiutare persone con quel tipo di problemi lavorando online" sono assurde ed ignorano lo stato attuale delle conoscenze e della ricerca, oltre che le centinaia di persone che hanno già cercato e ricevuto aiuto in questo modo. [Best Practices in e-Therapy]

Meno preoccupato, invece, sembra lo stesso autore rispetto alla ripetuta questione dell'assenza di indicatori mimici e posturali:

Questa mancanza non è affatto un problema nuovo nell'offerta di servizi di salute mentale alle persone. Le linee telefoniche che vengono usate dagli utenti a rischio di suicidio o in caso di crisi acuta sono il metodo di intervento più utile che esista, e sono - per l'appunto - semplicemente delle relazioni telefoniche. [dall'intervista online di Barry Wellman].

Non diversa è la posizione di Leonard Holmes:

Terapia? Sicuramente no, afferma Leonard Holmes, che fa da una a tre consultazioni alla settimana per e-mail. Holmes dice subito ai suoi clienti che questo tipo di intervento non è utilizzabile per problemi complessi. - Le sedute via Internet possono funzionare se focalizzate a specifici problemi, per qualcosa di piuttosto semplice. [Online Counseling Raises Concern Among Therapists]

Perplessa è anche la posizione di Sherry Turkle, nella sua intervista a Mediamente:

- credo che per far funzionare davvero la terapia, ci sia bisogno del profondo legame fra due persone che si instaura pienamente nel rapporto faccia a faccia. Il problema che si presenta con tutte le possibilità che il computer ci offre è che siamo tentati di utilizzarle tutte prima di aver realmente stabilito quali di esse offrano un vantaggio rispetto ai sistemi tradizionali. Solo perché una cosa viene fatta al computer non significa che rappresenti un progresso. Direi perciò che personalmente sono abbastanza conservatrice quando si parla di psicoterapia e insisto che è necessario il rapporto diretto.

Decisamente più possibilista è invece la posizione di Marlene M.Maheu:

Diventerà un modo meno caro di fare terapia. E' quello che vuole la managed care, sarà il mercato ad imporla [Online Counseling Raises Concern Among Therapists]

Con grande scorno di molti professionisti, si parlerà sempre più di persone che offrono servizi [providers] e di consumatori [customers]. Il linguaggio della eHealth sarà governato dalle leggi dell'economia - I professionisti dovranno specializzarsi di più ed imparare ad adattarsi [accomodate] ed a venire incontro [compliment] ai loro pazienti sempre più agguerriti, piuttosto che aspettarsi di essere considerati come degli esperti indiscutibili - Psicologi e pazienti saranno in grado di interagire via Internet in un ambiente protetto ben prima che siano state emanate norme etiche e legali. - Abbiamo bisogno di psicologi ispirati da questa vision che ne prendano la responsabilità. - Se non lo faranno loro, semplicemente lo faranno altri. [Delivering Behavioral TeleHealth via the Internet: eHealth]

E vediamo, per finire, una carrellata di ulteriori pareri - non molto dissimili, come si vedrà:

Eâ già complicato gestire I problemi del transfert e del controtransfert nella terapia tradizionale: come possiamo pensare di intenderli e trattarli in una comunicazione unicamente basata sul testo? Ci sono semplicemente troppe questioni ancora senza risposta - logistiche, tecniche, etiche e teoriche. - Ma verrà un momento in cui sarà percorribile la via di mettere il nostro talento e le nostre capacità al servizio della terapia online. [Mark Vardell in Psychology of Internet: Who, What and Why]

In una decina di anni il paziente riceverà regolarmente cure stando a casa e si farà terapia con l'email o con il chat [Jerome Leigh, nel reportage Is Online Help Safe?]

Praticamente tutti sono d'accordo nell'affermare che non si può fare psicoterapia via Internet - dice Martha Ainsworth - ma questo non vuol dire che non si possa fare qualcosa di molto utile. - Molti protagonisti dell'industria della salute mentale ritengono che nei prossimi anni la tecnologia si svilupperà nel senso di consentire incontri che saranno molto più simili a quelli di persona, e questo rivoluzionerà i servizi che offrono interventi online nel campo della salute mentale. [Online Therapy? Not Yet]

- il punto è essere analizzati da un terapista invisibile, ma questa limitazione verrà meno con l'avvento delle trasmissioni audio-video via Internet. Molti terapeuti fanno una distinzione tra l'usare l'email occasionalmente per restare in contatto con pazienti che già conoscono e il fare terapie tra estranei sulla rete. - Molti comunque pensano che la ciberterapia sia un'idea ormai matura. Personalmente penso che questa tecnologia abbia la possibilità di migliorare la terapia ed i suoi risultati più di ogni altra dal tempo dell'invenzione degli antidepressivi - dice il dr. Joshua Freeman, psichiatra ll'UCLA e direttore medico per la salute mentale a mediconsult.com. [e-Therapy is Hardly a Bargain]

Un recentissimo servizio (7 novembre 2000) su PsychPort - Psychological Counseling Is Now Just a Computer Click Away di Knight Ridder e Conie Lauerman - ci offre un'ennesima carrellata di posizioni sulla questione riportando, più o meno, i soliti pareri:

"Noi pensiamo che ci siano molte persone in giro che hanno bisogno di aiuto, ma che trovano difficile trovarlo " - dice Gunny Cho, chief executive officer e co-fondatore di Here2listen.com - "perché vivono in posti sperduti o perché non possono muoversi o perché si vergognano troppo. " -

Quando Leonard Holmes, uno psicologo clinico della Virginia, incominciò ad offrire I suoi interventi online, li chiamò "consultazioni ": "Ho sempre cercato di occuparmi di specifici problemi e delle loro possibili soluzioni, senza entrare in nulla che possa richiamare la diagnosi o la terapia ", spiega.

Robert Hsiung, professore associato di psichiatria clinica all'Università di Chicago, dice che, pur considerandosi aperto alla prospettiva della terapia online, non ritiene tuttavia che il counseling online potrà mai rimpiazzare la terapia vis-à-vis: "magari un primo passo, un modo di accedere che faccia sentire delle persone più a loro agio che non il prendere un appuntamento in studio con un terapeuta ", afferma. -

Storm King, -, mette in guardia sul fatto che "quando mancano indicazioni (clues) visive ed uditive, la mente tende a sostituirle con le proprie proiezioni. Sia il cliente sia il terapeuta devono avere una qualche conoscenza di questo, altrimenti probabilmente avranno un sacco di equivoci o incomprensioni " -

Al momento attuale solo un'istituzione, la Pacific Graduate School of Psychology, ha iniziato dei corsi di formazione per psicologi sulla mental health guidance online.

John Grohol ,-, insiste sul fatto che la terapia online è un campo completamente nuovo "che mette insieme alcune tecniche della terapia normale con caratteristiche innovative assolutamente uniche. Su Internet le persone comunicano in modo differente. Siccome non c'è interazione vis-à-vis, le persone si sentono meno inibite e riescono ad entrare più rapidamente nella discussione dei loro problemi ". -

Concludo rimandando (anche per la sua ufficialità) ai dati emersi nel simposio Innovations in Practice - On-Line Therapeutic Interventions and E-Therapy dell'American Psychological Association (agosto 2000) - cui hanno partecipato Yvette Colón, John Suler, Storm A. King e John Grohol - come li ha riassunti Michael Fenichel:

Forse si dovrebbe terminare questo paragrafo ricordando che la terapia online è praticata , studiata ed analizzata correntemente da tutti i protagonisti cui ho dato in precedenza parola - al di là delle mille cautele d'obbligo dietro cui essi di trincerano.

 

Lavori in corso -

Molto del dibattito e dell'approfondimento scientifico e culturale in materia avviene ovviamente in quei particolari gruppi di studio che sono le mailing lists dedicate all'argomento, il vero workshop continuo di lavoro sull'argomento.

Un interessante dibattito si è svolto per esempio, nel febbraio 2000, sulla mailing list NetPsy (Psychological Services on the Internet Email List); ne riporto alcuni frammenti (non mi è stato possibile chiederne specifica autorizzazione ai singoli Autori):

A causa di una serie di variazioni demografiche nella popolazione Americana, i nostri clienti non sono stati più in grado di avere due o tre sedute di analisi alla settimana come in precedenza - in particolare nella classe media e nella parte alta di essa (il tradizionale pool di popolazione in analisi) - I canali audiovisivi possono consentire a terapisti e clienti di incontrarsi con la frequenza necessaria per la psicoterapia psicoanalitica o addirittura per la psicoanalisi stessa - Ma vedo pochi vantaggi in questo e sono preoccupato che invece la cosa non finisca con il degradare ulteriormente la percezione pubblica della psicoanalisi. A meno che uno non sia stato cresciuto da un genitore audiovisivo, la situazione audiovisiva non consentirà un pieno sviluppo ed una piena analizzabilità del transfert - Il rischio è che il processo analitico divenga uno scambio di comunicazioni fredde ed impersonali basate sul semplice scambio di informazioni. Incontrare una persona reale è molto di più, con tutte le sue sensazioni visive, uditive, olfattive e l'atto stesso di andare nella sede protettiva dello studio dell'analista. [Joe Polauf]

Transfert e controtransfert si verificano - eccome! - in particolare a causa dell'aspetto opaco del testo sul computer che è in realtà il medium perfetto su cui proiettare. - Il lavoro di counseling via chat funziona e funziona davvero bene per una serie di problemi emotivi. Il mio stile di counseling implica un ascolto empatico, un'esplorazione [delle fantasie] ed alcuni interventi pedagogici. Sembra un modo di lavorare che funziona molto bene. [Ed Needham]

Prendendo in considerazione la posta elettronica e la chat, vediamo che il transfert perde tutti i suoi significati: - nessuno counselor o terapista via Internet ha dichiarato di offrire - a quanto ne so - una psicoterapia psicoanalitica, anche se molti professionisti hanno affermato che la relazione "sa" di terapeutico perché si verifica in essa un attaccamento emotivo. Non c'è dubbio che si crei una relazione, ma mi domando se essa sia tale da essere possibilmente psicoanalizzata. Perciò la vera domanda è: quale ruolo può giocare la posta elettronica per le terapie psicodinamiche? Io direi: un ruolo minimo. E usando la posta elettronica come complemento al normale trattamento vis-à-vis, è facile che i terapisti abbiano ulteriori difficoltà: la cosa può diventare una forma di resistenza alla terapia; - la parola scritta è difficile da analizzare a causa dei processi di editing che intervengono; - il terapista dovrebbe essere relativamente inattivo, ma le lettere pongono questioni o implicano aspettative a cui il terapeuta deve rispondere. Questo può finire con il costituire una manipolazione del terapeuta e portare a comunicazione fuori dal setting assai difficili da gestire. [Joe Polauf]

Il mio modo di intendere il transfert implica [una serie di processi mentali interni che] - restano intatti. - la mente del cliente può essere più libera di immergersi nel suo interno e di riempire il vuoto creando un'immagine ideale di un terapeuta che vada incontro ai suoi desideri. Questa proiezione di una figura potrebbe proprio essere una forma di transfert e quindi potrebbe proprio facilitare il processo terapeutico, consentendo al cliente di esprimersi più ampiamente e più profondamente nei confronti di questa sua immagine interna. - La posta elettronica da sola non basta a propagare un'esperienza interattiva a causa del lungo intervallo tra i messaggi, ma una sessione chat via Internet è immediata e interattiva: e penso che addirittura abbia qualità terapeutiche impossibili a crearsi nella situazione vis-à-vis. [Ed Needham]

Dopo ventâanni di terapie psicodinamiche e psicoanalitiche e ripensando alla mia analisi personale, posso ben dirvi che Internet non è per nulla adatta a questo tipo di lavoro. Credo invece che Internet offra opportunità uniche per il sostegno psicologico e pedagogico e spero che saremo in grado di essere creativi nell'usare in modo efficace questa tecnologia. Dobbiamo riuscire a pensare al di là dei nostri modelli tradizionali e creare applicazioni innovative ed uniche. [Shirley Maides-Keane]

Forse che il transfert è promosso dalla mancanza di informazioni circa il terapeuta che caratterizza l'uso della posta elettronica o della chat? La mia risposta è no. Sicuramente c'è transfert nella posta elettronica e nella chat, ma il transfert è molto di più che semplici congetture o fantasie a proposito del terapeuta, deve contenere anche la "realtà", e con questo intendo dire che il paziente inferisce certe caratteristiche del terapeuta che sono proprio vere. - Il paziente ha bisogno di materiale per costruire un transfert ben analizzabile: e cioè vedere il terapeuta, sentire la sua voce, vedere il suo studio, averne un'immagine complessiva, insomma. Altrimenti il trattamento andrà avanti all'infinito. - La posta elettronica e la chat non bastano ad un'integrazione corretta del transfert nella terapia. [Joe Polauf]

Posso essere d'accordo - che una psicoterapia psicoanalitica completa possa essere difficile via Internet - forsâanche impossibile - ma penso che pezzi e frammenti di transfert vengano elaborati in continuazione negli incontri terapeutici online, nonché nelle relazioni interpersonali online in generale. [John grohol]

Raccomando esplicitamente di evitare le interpretazioni di transfert negli interventi online, ivi comprese le sessioni chat. - gli interventi online dovrebbero essere a breve termine, orientati al problema, tali da stabilizzare il cliente. Come ho scritto in altra sede, la modalità che funziona meglio è la crisis intervention. [Joe Polauf]

Voglio dire che I counselors online dovrebbero fare psicoanalisi? No. Intendo che si possa fare efficacemente psicoanalisi su Internet? Certamente no con la tecnologia mediamente disponibile oggi. Si mobilita transfert una sessione chat su Internet? Sì. Ci sono aspetti del counseling online via chat che mi sorprendono tanto bene funzionano - e sono arrivato alla conclusione che siano attivi processi unici usando la testualità che sono meno presenti nel counseling vis-à-vis. Uno di questi processi potrebbe essere l'impiego di una parte differente del cervello nell'esprimere pensieri, sentimenti, sogni, fantasie ed emozioni - l'interfaccia tattile e visiva della tastiera invece che le parti del cervello uditive e linguistiche. Un altro aspetto potrebbe essere l'impiego della parte del cervello che scrive e legge invece di quella che parla. [Ed Needham]

Un analogo dibattito si era svolto, nell'ottobre-novembre 1999, su una lista italiana, Psic-Ita:

Io ho una esperienza di psicoterapia e due di counseling totalmente condotte in Internet, attraverso la posta elettronica. Le differenze con le psicoterapie che faccio nel mio studio sono molte e molto rilevanti; ma devo dire che, stando ai miei casi in Internet (ancora troppo pochi per poter dare pareri definitivi), le psicoterapie in Internet sembrano non solo possibili, ma anche utili ed efficaci.

Il contatto bidirezionale pazienteÛ terapeuta c'e', e come se c'e'. - Transfert e controtransfert, con le loro dinamiche cointessute, esistono, e come se esistono. Visibili, riconoscibili, verificabili. Il setting è molto particolare: meno contenitivo, meno percepibile come tale, ma sufficiente a consentire di realizzare una relazione significativamente profonda. - Il timing è totalmente differente. La lettera viene scritta, corretta, letta e riletta, e poi, solo dopo, inviata. - Totalmente differente è ciò che riguarda il pagamento: i miei trattamenti furono totalmente gratuiti, e talvolta certe letture e risposte mi impegnarono molto di più che non i tre quarti d'ora delle usuali sedute. Lo scambio di lettere avvenne sempre per iniziativa del paziente, dall'inizio alla fine. Io mi limitai sempre e solo a rispondere. [Paolo Roccato]

La questione interessante non è tanto quella se si possa o non si possa fare una psicoterapia on line, quanto il fatto che si sente il bisogno di chiederselo, di discutere su questo. Quindi è innanzitutto una questione sociologica. Rivela la cultura presente in molti dei colleghi (la maggioranza), il modo con cui una certa teoria della tecnica è stata trasmessa e capita. - Sì è assistito a prese di posizione del tipo "Internet è freddo, il terapeuta in rete è distante", ecc., mentre la psicoterapia non in rete sarebbe "calda, più umana" o roba del genere. Il punto qui non è tanto il fatto, scontato, che tutto d'un colpo ci si scorda quali emozioni forti e innamoramenti scoppiano proprio grazie a Internet, quanto il fatto che l'operazione logica sottostante è che si assegna un valore dato, un valore x, a un determinato elemento del setting. - Infatti a mio parere questo è il dato interessante, non la psicoterapia in rete in sé, ma cosa significhi ragionare su di essa, il mostrare la teoria che abbiamo alle spalle, la quale così viene messa bene in evidenza, smascherata. [Paolo Migone]

Noi siamo animali, tutto sommato; i nostri sistemi cognitivi e biologici hanno profonde e radicate basi etologiche, e non sono adatti per aggiornarsi rapidamente ai nuovi paradigmi relazionali della società della comunicazione. Siamo abituati ad interagire con i nostri simili vis-à-vis da quando eravamo sugli alberi.... il telefono c'e' da poco più di 100 anni. Anche questo deve essere preso in considerazione, se si vuole fare un discorso scientifico. [Luca Pezzullo]

 

Esperienze di terapia on-line

Câè - per i motivi sopra più volte menzionati - una massiccia ritrosia nel documentare, da parte dei professionisti, le loro esperienze di terapia online. Costruire un gruppo di studio sulla terapia online e richiedere ai colleghi di parlare delle loro esperienze, come ho sperimentato di recente, significa imbattersi in più o meno diplomatici o imbarazzati rifiuti. Eppure, tutti sappiamo che esperienze di terapia online, anche in Italia, sono estremamente diffuse e praticate in ogni ambito di scuola -

Cominciamo con il considerare, ovviamente, le poche esperienze documentate nel nostro paese.

In campo psicoanalitico, la descrizione più "coraggiosa" e più completa di una terapia on-line è quella di Pietro Roberto Goisis, in corso di pubblicazione; ne ha parlato al congresso virtuale sulla terapia online del 30 settembre 2000.

In campo cognitivista l'esperienza italiana più significativa è certamente quella condotta dal gruppo guidato da Tonino Cantelmi a Roma.

Una descrizione abbastanza dettagliata di un caso clinico è stata anche presentata da Franco Moretti, nel suo lavoro del 1998 Psicoterapia Cognitiva e nuove tecnologie: pro, contro e prospettive dell'utilizzo della posta elettronica nel supporto psicologico. I risultati di una prima indagine.

Una menzione speciale merita Gennaro Esposito, uno dei precursori italiani nel settore, che ha attivato un servizio di consulenza online (non di terapia diretta) Psicoterapeuta on the Web e che ha pubblicato le statistiche della sua attività per il periodo maggio 1996-agosto 1997.

Negli Stati Uniti studi prospettici e ricerche nel settore cominciano - sia pure con difficoltà e moltissime limitazioni - a comparire. Tra queste segnalo recentissima (maggio 2000) la Mental Health Care Online di Pat Stubbs. Una serie di casi clinici trattati con la cosiddetta Imaginary Therapy (una variante della terapia narrativa?) è descritta a cura di Lois Shawver.

Segnalo ancora il panel su Clinical Applications of E-Mail tenutosi on-line (via chat) il 28 marzo 1999 tra Craig Childress, Michael Fenichel, Robert Hsiung, Storm King, Kimberly Young e John Suler (moderatore), la cui trascrizione può essere consultata a partire dalla pagina Chat Events di Behavior Online.

 

Servizi di terapia on-line

Difficile diventa recensire o commentare i numerosi siti che offrono consulenze o terapie o pareri di esperti, sorti molto recentemente su Internet. Correttezza vuole che non ci si dimentichi che si tratti di colleghi (o presunti tali) e che un servizio potrebbe essere valutato solo dopo essere stato approfonditamente testato. Ciò non toglie che colpisce spesso l'immagine che certi siti offrono - di prodotti televisivamente perfetti - - o la decisa asseverazione di teorie o valutazioni non sempre così certe ed aliene dal dubbio (del resto, c'è qualcosa nel nostro settore che possa essere affermato con assoluta sicurezza?) o ancora la mancanza di congrue esperienze curricolari per la terapia online. Difficile, però, non tenere conto anche solo delle norme e consigli di precauzione e di buon senso della brochure dotcomsense dell'APA o della Laypersonâs Guide to Counselor Ethics: What You Should Know About the Ethical Practice dell'ACA.....

Psicologo Online, da questi punti di vista, o Ansia.it o il Centro di Terapia Cognitivo-Comportamentale o lo studio palermitano di Sergio Angileri sono siti che mi inducono grande perplessità -

Certo, la situazione è assai più facile negli Stati Uniti, grazie all'intervento di organizzazioni relativamente al di sopra delle parti che cercano di recensire i siti in questione con criteri abbastanza obiettivi. La principale directory dei servizi di terapia online è ABCâs of Internet Therapy mantenuta da Martha Ainsworth, in partnership con Mental Health Net, stilata con criteri peraltro relativamente estrinseci alla qualità dei servizi offerti e strutturata secondo il modello di una guida indipendente di consumatori per consumatori.

Una buona rassegna dei vari servizi che offrono servizi in materia è anche NetPsychology: The Cutting Edge on the Web.

Stacie Ginivan ha recentemente (ottobre 2000) analizzato tre siti rilevanti dal punto di vista della loro affidabilità in Analyzing the Cybertherapists:

Il fondatore di cyberanalysis.com, Russell Razzaque, uno psicoanalista inglese, ed il suo team di terapisti, offrono la ciberanalisi ai loro clienti. Sottolineano nolto chiaramente il loro procedimento terapeutico che tipicamente consiste di cinque sedute online di cinquanta minuti ciascuna su una chat privata, compresa una seduta di role-playing e lo scambio di posta elettronica con il terapista a giorni alterni in forma di diario per un periodo di due mesi. Dopo ogni seduta, viene mandato al cliente una sorta di riassunto con i commenti del terapeuta e le sue indicazioni sulle tematiche da proseguire ed affrontare nella seduta successiva. - Per quelli che lo preferiscono, la terapia può anche essere fatta per telefono o per videotelefono. La prima seduta costa 65$, poi, se si decide di continuare la terapia, si acquistano le restanti quattro sedute a 250$. -

Richard Sansbury, uno psicologo del Maryland, ci propone headworks.com, un sito di terapia virtuale con un aspetto leggero e comico - in un certo modo divertente: ma ci si potrebbe chiedere se queste sono davvero le qualità che ci si aspetta da un counselor o da un terapeuta. - Definisce chiaramente che cosa il sito offra, affermando che non si tratta di un sostituto della terapia tradizionale, ma di un processo terapeutico alternativo che può essere d'aiuto ad alcuni (non a tutti) per alcuni (non tutti) i tipi di problema. - Questa offerta virtuale ha condizioni economiche varie: uno scambio di e-mail a 24.95$, quattro scambi in un mese a 80$, lo scambio illimitato di messaggi e-mail per un mese a 150$-.

Nyonlinetherapy.com si propone di offrire psicoterapia e counseling online. - La maggior parte degli appuntamenti sono tra le 18.00 e mezzanotte per venire incontro a chi lavora o studia, ma in apparenza questo è riflesso dal costo delle sedute: 55$ per mezzora, 75$ per quarantacinque minuti e 100$ per un'ora, compreso un breve sostegno di emergenza via posta elettronica tra le sedute.

Un esempio di psicoterapia online in videoconferenza - secondo molti la via di offerta della psicoterapia del nostro immediato futuro - è offerto da VideoShrink.

Unâinchiesta ampia e pregevole - che è già diventata una specie di classico di riferimento - è stata condotta nel 1999 da Jaime DiBlassio & Coll., che hanno analizzato ben 775 siti Internet che offrivano forme varie di aiuto o consulenza o assistenza in tema di malattia mentale (Assessing The Quality of Psychological Healthcare Sites Available On The Internet) giungendo alla preoccupante conclusione che la qualità media dei siti è piuttosto mediocre.

 

The Online Therapy Study Group

Nella primavera di quest'anno, Marco Longo, l'editore di Psychomedia, ha costituito una serie di gruppi di studio nell'ambito delle attività di studio e ricerca patrocinate dalla rivista telematica ed uno di questi si dedica allo studio della terapia online, anche in relazione ad un crescente interesse verso questa tematica mostrato da alcuni colleghi psichiatri (italiani).

Coordinato da Pietro Roberto Goisis e da me, il gruppo è costituito da Beatrice Cannella, Paolo Migone, Luca Pezzullo, Maria Ponsi e Marcello Turno oltre che, naturalmente, da Marco Longo; il gruppo intrattiene inoltre un rapporto privilegiato con la scuola romana di Tonino Cantelmi.

Il gruppo si è costituito sulla base di simpatie ed empatie personali, tra colleghi accomunati dall'interesse (ed in molti casi dall'esperienza) per la terapia online e dalla condivisa formazione psicoanalitica; ovviamente, si tratta di un gruppo virtuale, con una sua mailing list riservata, costituito da persone che non si sono mai incontrate in gruppo tutte insieme e che, in molti casi, neppure si conoscono di persona -

Le elaborazioni via via prodotte dal gruppo di studio saranno rese disponibili sul sito di Psychomedia.

Eâ naturalmente troppo presto per poter esporre risultati compiuti del nostro lavoro insieme, ma la ricchezza del lavoro teorico e clinico che i colleghi hanno già dato all'elaborazione del problema concettuale della terapia on-line è stata ricordata più volte nel corso di questo articolo (27), come pure ne è stato ricordato il contributo indiretto nella formazione delle mie personali osservazioni.

 

Conclusioni: Un punto di vista personale

La questione della terapia online è certamente la frontiera avanzata della psichiatria e della medicina oggi: terreno ancora in gran parte vergine e bisognoso di studi e di considerazione - come credo di avere fin qui documentato. La questione - mi pare - è che Internet ha mostrato a tutti che - l'imperatore è nudo. Voglio dire che purtroppo sono tuttora oggetto di dibattito - e spesso tutt'altro che scientifico - gli obiettivi, il significato e le modalità stesse dell'intervento psicoterapeutico. - Concetti come quelli dell'interpretazione o del setting - per fare solo due esempi - sono da sempre invocati quali cardine del pensiero teorico e tecnico, senza che realmente ad essi si sia dato sufficiente test di validità e di controversia. Prendiamo per esempio le condizioni del setting, che vengono spesso descritte come un insieme di fattori sia mentali sia di realtà: la mente analizzata dell'analista nel primo caso, e la frequenza e durata delle sedute, l'uso del lettino, l'opacità dell'analista etc. nel secondo. Implica questo che necessariamente i due attori della seduta psicoterapica debbono prendere fisicamente posto nella medesima stanza "reale"? Ovviamente sì, direbbero in molti: ma io vorrei tentativamente allinearmi a quanti pensano che la mente attrezzata dell'analista possa stare anche dietro un computer ed un modem, e che le sedute - in quanto ricorrenze temporali di un incontro - possano ben anche essere ospitate in una connessione virtuale di rete.

Del resto, questa dello studiare in termini reali e disincantati il problema della psicoterapia online deve proprio essere un mio chiodo fisso -, se scrivo oggi questo articolo ricollegandomi agli auspici del mio precedente lavoro Internet: una sfida:

Tra qualche minuto arriva il mio paziente delle 19.30. E' una persona che vedo da quasi quattro anni, sulla quale ho intensamente investito. Vivo con molta partecipazione la sua complessa vicenda umana, le altalene di speranze e timori che la sua patologia costruisce giornalmente e che la seduta ospita, alla meno peggio. E' una persona importante della mia vita, non solo professionale, dalla quale credo di avere anche molto imparato. Ma è, ovviamente, una persona che non ho mai toccato (non ci stringiamo neppure la mano al momento dell'arrivo o del congedo), che non ha per me, altrettanto ovviamente, nessun sapore gustativo e nessun odore (sono costituzionalmente iposmico, del resto). In che cosa la mia relazione con questa persona differisce sostanzialmente da quella che ho con il mio corrispondente di San Diego, di cui ben conosco ormai la voce e l'aspetto fisico e con cui mi incontro quasi tutte le settimane (ad una drammatica ora notturna, per via del fuso orario) per discutere di psicoanalisi ed Internet? -

Câè molto bisogno di psicoanalisti e di psicoanalisi per inquadrare ed evolvere le potenzialità di Internet. Abbiamo, io credo, almeno una qualche specifica propensione ad ascoltare la novità di un'esperienza, qualche attitudine ad accostarci - senza memoria e desiderio - alla tempesta emotiva ed alla turbolenza affettiva tipica dell'incontro interpersonale e, forse, qualcosa da dire, che è specifico della nostra formazione, su tutto questo. -

Ma anche c'è bisogno di molto ripensamento, su noi stessi e sulla nostra professionalità, per essere psicoanalisti nell'era di Internet. Perché, -, molte cose sono cambiate ed irreversibilmente e ci richiedono - come persone prima ancora che come operatori - di riflettere e di analizzarci. Torna in primo piano, mi pare evidente, il vecchio irrisolto problema del rapporto tra il corpo e la mente. Ma entra anche in crisi una certa visione tradizionale della mentalizzazione del corpo, che in psicoanalisi è sempre stata dominante e centrale. -

Da allora mi pare di aver fatto un pezzetto di strada - Oggi penso con una qualche maggiore sicurezza che una psicoterapia online (e, più specificamente, una psicoterapia di indirizzo psicodinamico) possa esistere, che sia anzi indispensabile e doverosa in molti casi (28)- indipendentemente dal fatto che sia per noi professionisti assai più difficile e molto meno rimunerativa di quella condotta nei nostri settings tradizionali - e che occorra meglio fondarne le basi concettuali - la teoria e la teoria della tecnica - partendo dal presupposto che non si tratta affatto di riapplicare semplicemente le nostre convinzioni circa una psicoterapia "tradizionale" e che in questo modo si possa e si debba ripensare gli elementi essenziali e sostanziali di tutta quanta la dimensione terapeutica (nonché ripensare gli aspetti essenziali e sostanziali del concetto stesso di relazione).

Non è naturalmente, la mia, una posizione nuova o originale - Scrive, per esempio, Marian O. Dunaway nel suo recente lavoro Assessing the Potential of Online Psychotherapy (Psychiatric Times, October 2000, Vol. XVII, Issue 10):

Indipendentemente dai progressi della tecnologia, è improbabile che la psicoterapia tradizionale sarà mai sostituita totalmente o in parte significativa dalla e-therapy. Piuttosto, l'e-therapy dovrebbe essere considerata come un modello in più per offrire servizi di salute mentale oppure come un mezzo per far arrivare un paziente alla terapia tradizionale - Non vi sono indicazioni che pazienti attualmente in terapia tradizionale vogliano passare all'e-therapy: studi preliminari indicano peraltro che l'e-therapy sta espandendo l'attuale opportunità di mercato per la psicoterapia ed il counseling rendendo questi servizi disponibili a tipi di popolazione che attualmente hanno accesso limitato o addirittura inesistente ad essi -

    1. persone con bisogni particolari, come gli handicappati, I sordi, le persone non in grado di camminare o gli anziani;
    2. gli agorafobici;
    3. le persone che vivono in contesti rurali o difficilmente raggiungibili;
    4. le persone ambivalenti nei confronti del trattamento e dei suoi benefici;
    5. le persone con importanti vincoli di tempo, come i venditori, i managers ed altri professionisti; e
    6. le persone che si sentono troppo a disagio con lo stress o lo stigma sociale del counseling tradizionale -

Inoltre, i costi delle interazioni condotte via telefono, e-mail o chat sono - o dovrebbero essere - molto più accessibili per i pazienti -

Se gli psichiatri ed I professionisti del settore non abbracciano queste opportunità di cambiamento, la rivoluzione dell'e-therapy sarà un'opportunità persa per espandere ed intensificare la pratica clinica esistente e per raggiungere migliaia di persone che altrimenti non avrebbero possibilità di accedere ai servizi di salute mentale di cui hanno bisogno. [la traduzione è mia]

Forse proprio oggi che le neuroscienze - da LeDoux a Damasio - hanno restituito dignità e ruolo alla psicoanalisi, evidenziandone la necessità al fine di implementare quel discorso sulle emozioni e sull'inconscio che i dati neurobiologici ci indicano come immanente e centrale al nostro normale funzionamento mentale: dobbiamo proprio oggi metterci al lavoro anche sulla psicoterapia online, tenendo in mente che nostro ruolo è quello di riflettere alle dinamiche del mondo interno nostro e dei nostri pazienti e di offrirci come terapeuti solo vincolati dalla disciplina interna del nostro setting mentale: e disponibili invece a costruire il vestito su misura che il nostro paziente ci chiede e ci ha sempre chiesto. Un vestito su misura - non un prêt-à-porter preconfezionato e a taglie rigide - che potrebbe anche essere, se e quando necessario, parzialmente o integralmente via Internet. E' nostro compito prepararci a questo: questo spirito coraggioso ed innovativo costituisce, a mio avviso, la vera lezione dei grandi maestri della nostra disciplina - da Freud a Bion.

Essere psicoanalisti oggi vuol forse dire - a pieno titolo - assumere il compito impossibile di affinare la nostra sensibilità in modo da renderci capaci di ascoltare e di accogliere la parola [che] si è spezzata nel suo esprimersi, [che] al primo tentativo si è rotta in gola e ha dovuto essere ripetuta ...

Note

(1) Benché questo contributo rappresenti solo un mio modesto tentativo di sintesi, esso deve comunque molto al gruppo di studio Online Therapy Study Group organizzato nell'ambito di Psychomedia, coordinato da Pietro Roberto Goisis oltre che da me stesso, e costituito da Beatrice Cannella, Paolo Migone, Luca Pezzullo, Maria Ponsi, Marcello Turno, Marco Longo e Tonino Cantelmi: ad essi quindi il mio ringraziamento.
La gratitudine e il debito sono maggiori nei confronti di Beatrice Cannella, che non solo ha collaborato al lavoro di ricerca, riflessione e documentazione di cui do qui conto, ma anche ha offerto importanti suggerimenti derivati dal seminario Internet e Psicoanalisi da lei condotto da alcuni anni nell'ambito della cattedra di Psicologia Dinamica B (prof.sa Piera Brustia) della Facoltà di Psicologia di Torino: e che infine ha pazientemente rivisto varie volte questo manoscritto.
Il ringraziamento è invece pressoché implicito per i padroni di casa, Tonino Cantelmi ed i suoi collaboratori. E siccome non amo rischiare il dubbio di piaggeria, del lavoro suo e del gruppo di Roma non si parlerà in questo articolo se non in modo assolutamente elusivo.
Un'ultima avvertenza: l'opzione metodologica di questo lavoro privilegia dall'interno Internet, nel senso sia che la ricerca bibliografica è prevalentemente mirata alle risorse sulla rete (più aggiornate e polifoniche) piuttosto che a quelle tradizionalmente disponibili nel mondo della carta stampata sia che le interazioni gruppali che l'hanno consentito sono avvenute prevalentemente (se non esclusivamente) via Internet -

(2) Comunicazione personale: la pubblicazione di questo frammento è stata autorizzata dall'Autrice, che ringrazio.

(3) Comunicazione personale: la pubblicazione di questo frammento è stata autorizzata dall'Autrice, che ringrazio.

(4) Rimando ai contributi che verranno presto pubblicati su Psychomedia a cura del nostro gruppo di studio per un'illustrazione più completa ed esaustiva di questo affascinante argomento.

(5) La "Psychology of Cyberspace " di John Suler costituisce il tentativo più sistematico di costruire una psicologia complessiva del fenomeno Internet e rappresenta pertanto il manuale di psicologia di assoluto riferimento in tema di ricerche qualitative; occorre peraltro far cenno ad almeno un'altra fondamentale risorsa, le "Cyber Resources" di Frank Schaap. - Si vedano poi anche le altre pagine facenti parte del CyberStudies WebRing: tra queste, in particolare, la "NetCulture Site Directory ", "CyberPsychology " e "Sociologia delle Culture di Rete ", un sito italiano opera di Antonio Roversi, e "CyberAnthropology ", un altro sito italiano di Vincenzo Bitti (con un interessante articolo: La rete riflette su se stessa). Infine, anche se non specificamente dedicata alla trattazione teorica della psicodinamica del ciberspazio, va ricordata la più sistematica ed ampia risorsa italiana in merito, costituita dalla paziente ed annosa fatica di Marco Longo: Psychomedia.

(6) Al tema delle metafore del ciberspazio è dedicato, tra gli altri, il contributo di Romolo Rossi "Metafore per Internet".

(7) Nuovissime discipline poi hanno fatto la loro comparsa in occasione della discussione sul ciberspazio, tra le quali la memetica, che studia i meccanismi di replicazione, diffusione ed evoluzione dei memes, cioè degli atomi di informazione che rappresentano i tratti culturali elementari e che possono essere trasmessi da un individuo all'altro (si veda in merito l'articolo introduttivo di Andrea Albini Attenzione! Informazioni altamente contagiose).

(8) Naturalmente molto ci sarebbe da dire sugli aspetti politico-libertari ed anarcoidi della cultura del ciberspazio, che si manifesta in particolare nel fenomeno della cultura hacker -

(9) Ometto qui completamente la trattazione di un argomento di grande interesse (e sensazionalismo) e cioè quello dei romances via Internet -

(10) Howard Rheingold, parlando della sua partecipazione ad un esperimento di videoconferenza, racconta che disse al tecnico informatico della sua delusione nel partecipare a quell'incontro. E questi, un ricercatore di origine indiana, gli sorrise e gli disse che era naturale, perché la videoconferenza non poteva trasmettere il prana, la forza vitale, alla lettera il respiro degli altri -

(11) Siamo in grave ritardo nello studiare la psicologia delle relazioni interpersonali nel ciberspazio e già nuove tematiche incalzano e ci cimentano - Che dire, per esempio, della nuova diffusione della messaggistica SMS sui cellulari dei nostri giovani (e non solo)? Come scrive Daniela Minerva (su una rivista di diffusione, ancora una volta):
"- la magia di una parola scritta senza pensarci troppo, inviata con un semplice clic, è dilagata sulle onde elettromagnetiche del sistema GSM; e anche gli schermi dei telefonini sono diventati luoghi di incontri virtuali, grazie ai messaggi dell'SMS - corteggiarsi senza svelarsi, inviando poche parole, frasi in codice, per la necessità di essere brevi, sembra diventato il modo più diffuso per comunicare tra due mondi, quello maschile e quello femminile, mai tanto distanti come negli ultimi tempi - E così milioni di ragazzini troppo imbarazzati per parlar chiaro alla ragazzine del secondo banco si buttano sullo schermo dell'SMS. E, per dirla con il neologismo creato dai teen-agers, si messaggiano. Sempre e ovunque: per strada e in discoteca, magari inquietandosi perché nei bunker dei templi della notte spesso il GSM non prende. "
Un fenomeno nuovo e sempre più diffuso, che va al di là di una semplice moda e che non coinvolge solo i ragazzini di cui l'articolo parla: e che si inserisce in una nuova modalità di intendere lo strumento telefonico, ormai divenuto - per la generazione contemporanea - uno strumento di reperibilità personale, con una sua filosofia, una sua cultura, delle sue abitudini ed un suo linguaggio. Tutte cose che spesso affiorano, per esempio, nella nostre sedute psicoterapiche e di cui la vecchia generazione dei cinquantenni si accorge di non sapere quasi nulla - E che dunque andrebbe rapidamente studiato e compreso -, senza dimenticare, peraltro - tanto per aumentare la nostra disperazione - che è ormai alle porte la cultura del WAP, che cambierà di nuovo tutto -.
Barry Wellman - uno dei pochi studiosi che abbiano affrontato a fondo la questione - nel suo lucido ed avvincente articolo "Changing Connectivity: A Future History of Y2.03K" teorizza come la nuova società che Internet consente ci abbia liberato sia dalla prossimità geografica sia dal controllo del gruppo e come la nuova era dei telefoni cellulari ci consentirà relazioni assolutamente personali, disgiunte da qualsiasi vincolo spazio-temporale -:
"La connessione è con la persona e non con il luogo, per cui si affievolirà l'attaccamento alla famiglia o al gruppo che abita quel certo luogo. La struttura della relazione si muove dal collegare luoghi al collegare persone - o, meglio, al collegare solo ruoli specifici che le persone assumono, e non le persone nella loro totalità. Mentre il contatto da luogo a luogo manteneva un qualche senso contestuale del luogo in cui era l'altra persona, il passaggio al contatto persona-persona lo minimizza completamente. Le persone si mettono in contatto le une con le altre nella più completa ignoranza di dove siano. E siccome si spostano frequentemente da una rete sociale all'altra a casa o sul lavoro, le persone si mettono in contatto le une con le altre nella più completa ignoranza di quale sia il gruppo sociale in cui sono coinvolte. Ben lungi dall'essere incorporate in una rete, le interazioni persona-persona saltano continuamente di rete in rete. - Ci sarà insomma un passaggio dal vivere come gruppi in 'piccole scatole' a vivere come soggetti in società connesse in rete ". [la traduzione è mia]

(12) Aldo Carotenuto è certamente tra i pochi di formazione psicoanalitica ad essere rapidamente uscito da un'iniziale posizione di preoccupato sospetto nei confronti di Internet. Qualche anno prima dell'articolo citato, in un'intervista comparsa su TuttoScienze, infatti, si parlava delle sue perplessità in materia: "senso di onnipotenza con relative frustrazioni, tendenza a privilegiare la parvenza di dialogo fornita dal computer rispetto ai rapporti umani reali, possibilità che il mezzo finisca per diventare più importante del fine "
e solo verso la fine dell'articolo (a cura di Ornella Rota) si faceva cenno alla dimensione positiva della curiosità:
"che anche il nuovissimo problema di come vivere Internet rimandi al più antico dei mali umani [ci sono persone che a 20 anni sono già depresse, non si aprono più a nulla]?"

(13) Argomenti più specifici ed ancora più limitatamente settoriali, che qui mi limito esclusivamente a citare, sono la psicodinamica degli avatars e dei ruoli di wizard nei giochi di ruolo come i MUDs. C'è poi - ma anche di questo non parlerò - il vasto e variegato capitolo della psicodinamica della realtà virtuale -

(14) Si veda nel merito l'articolo di Gianluca Miscione "Quando la privacy fa spettacolo ":
C'è un palcoscenico per tutti, per la realtà e per l'immaginazione, per attori e per involontari protagonisti di commedie e di tragedie. Anche la televisione ha compreso ed assimilato questa filosofia, mostrando realtà e falsità con format pressoché identici, confondendo e volutamente mischiando piani e segmenti di vita vissuta e vita recitata. - Il meccanismo instaurato da un occhio vitreo dietro cui si cela un pubblico anonimo funziona solo se una certa dose di esibizionismo si incontra con un po' di voyeurismo. Se manca uno dei due ingredienti, la complicità svanisce e ciò che rimane è banale volgarità, oppure iniziative di pessimo gusto, come, per esempio,webcam nascoste in camere d'albergo, bagni pubblici e simili. - L'industrializzazione del 'buco della serratura' oggi non assomiglia né al film Una finestra sul cortile di Hitchcock né al troppo patinato mondo di The Truman Show. E' sicuramente e volutamente più artigianale, approssimativa, per avvicinare la 'realtà': un inganno a regola d'arte, che, come su ogni palcoscenico, è reso uguale al mondo rappresentato.

(15) Suler - e con lui quasi tutti gli Autori che ne trattano - usa genericamente il concetto di transfert, laddove noi meglio useremmo il concetto di proiezione o di identificazione proiettiva, per definire l'insieme delle modalità relazionali inconsce (ma non solo) con cui contenuti affettivi o ruoli relazionali sono trasferiti - nello specifico - sul computer e su Internet.

(16) A proposito della regressione e del transfert, scrive Mario Cagossi:
"La proprietà bidirezionale dell'interazione uomo-macchina sostiene un tipo di relazione aperto allo scambio interattivo, ma esige che esso avvenga nel rispetto di alcune condizioni. Anzitutto, veicola uno scambio di informazioni mediante rappresentazioni di codice, quindi di oggetti noetici piuttosto che di oggetti affettivi. In secondo luogo, essa funziona sulla base di copie degli oggetti o di loro sostituti in codice. Opera, pertanto, sulla base di elementi segnici e linguistici. In terzo luogo, richiede una qualche forma di isolamento dal contesto di vita. Tale condizione determina una disposizione psichica non dissimile da quella che si produce negli stati di regressione frequenti nelle relazioni bipersonali o di gruppo in contesti di isolamento. Esemplare, al riguardo, è la disposizione mentale suscitata dalle condizioni di isolamento dalla vita quotidiana, di omogeneità ambientale e cadenza temporale delle interazioni tipiche del setting psicoanalitico. Se questa somiglianza è sostenibile, dovremmo attenderci la comparsa di fenomeni psichici che sono elicitati anche dalla condizione di stato del setting analitico: regressione narcisistica funzionale, forme di dipendenza e di resistenza, idealizzazione ed illusione. -
Questa libertà dai vincoli è il motivo che rende così attrattivi, per alcuni soggetti, i tempi della vita quotidiana dedicati all'interazione con il proprio personal computer. Si tratta, in fondo, di quella disposizione psichica alla compensazione rispetto al reale, quando questo si presenta con effetti non gratificanti e mortificanti il Sé. -
Sotto questo profilo, le manovre al computer rappresentano una specie di tecniche di risarcimento rispetto alle frustrazioni provenienti dal reale, e di restaurazione delle buone qualità del Sé e delle sue insature segnalazioni di reciprocità. Tali tecniche mettono in azione modalità di rappresentazione del reale che usano parole in codice, icone ovvero copie, che arricchiscono dal versante visivo le rappresentazioni ordinarie della mente. "

(17) Sui rischi dell'innovazione tecnologica ha scritto per esempio Steve Talbott, nella serie di articoli The Trouble with Ubiquitous Technology Pushers (Why We'd Be Better Off without the MIT Media Lab):
"Tutti I problemi della società sono, in ultima analisi, debolezze dell'Io ed è innegabile che la tecnologia, sostituendosi allo sforzo umano, sollecita l'Io ad un'ottusa passività. Ma, confrontandoci con problemi e con soluzioni non completamente umani, la tecnologia sollecita l'Io anche ad una sua auto-asserzione. - E' cruciale per tutti noi essere pienamente consapevoli di quello che stiamo facendo e ritrovare in noi stessi tutte le necessarie compensazioni. " [la traduzione è mia]
Non dissimilmente si esprime anche Sherry Turkle, in una sua intervista a Mediamente:
"- credo che vedremo presto molti cambiamenti nel modo di utilizzare il computer e ogni tipo di tecnologia dell'informazione. Può darsi che alcuni dei nostri sogni sulle capacità del computer di lavorare per noi si tramuteranno in incubi. - Penso che la tecnologia dell'informazione nella civiltà del computer abbia ricondotto molti di noi a domandarsi cos'è che rende speciale un essere umano. E si è scoperto che la risposta è molto semplice: si tratta delle emozioni, della sensualità e della spiritualità. È questo che ci rende fondamentalmente diversi dalle macchine. Per quanto le macchine diventino sempre più intelligenti, è la vita emotiva, sensuale e spirituale a essere inscindibilmente legata alla natura umana che è fatta di fisicità, di mortalità e di emozioni. In vari modi la tecnologia dell'informazione ha alimentato nelle persone il senso dell'elemento spirituale e l'interesse per la spiritualità. "

(18) Il sito di riferimento per lo studio della terapia on-line è quello dell'ISMHO (International Society for Mental Health Online). Vi si trova, tra l'altro, una ricca "Research Bibliography on Online Mental Health Interventions "; da cui si accede ad una ancor più ricca raccolta di riferimenti in letteratura denonimata "How to apply the Internet in mental health: Special topics ". Molto utili sono anche le raccolte bibliografiche pubblicate sul sito TeleHealth mantenuto da Marlene Maheu. Parimenti molto valide le guide di Leonard Holmes sul sito NetPsychology. Pregevole anche la raccolta di links compilata da David L. Gilles-Thomas On-Line Counseling Web Sites. Infine, una directory di links per lo psicoterapeuta (con spiccato riferimento alla Gran Bretagna) è stata preparata da Digby Tantam (A Guide to Internet for Psychotherapists).

(19) Un ritardo davvero sorprendente se si pensa che persino l'IPA (International Psychoanalytic Association) già in una sua Newsletter ufficiale degli inizi del 1998 citava gli esperimenti di supervisione via Internet condotti nell'ambito del cosiddetto Monterrey Experiment e pur suggerendo prudenzialmente (per bocca di Alvaro Rey de Castro) che:
"Nessuno suggerisce che la tecnologia possa soddisfacentemente sostituire un'analisi personale, ma certamente essa rappresenta un valido strumento per la trasmissione della conoscenza teorica e dell'informazione tecnica " [la traduzione è mia], dava conto della costituzione di un Ad Hoc Committee, presieduto da un analista canadese, Dominique Scarfone (e del quale lo scrivente ha fatto parte quale rappresentante dell'Europa continentale).

(20) Come ricorda Stacie Ginivan:
"- la definizione di psicoterapia nello Stedman's Medical Dictionary è di 'una forma di terapia dei disturbi emozionali, comportamentali e della personalità essenzialmente basata sulla comunicazione verbale o non verbale - con il paziente per opposizione alle forme di terapia che impiegano strumenti fisici o chimici - il termine di counseling è definito[nel medesimo dizionario] come 'il dare consigli, opinioni e direttive per orientare o il giudizio o la condotta di un'altra persona'. Naturalmente, quello che molti siti hanno fatto è stato di coniare termini specifici come ciberanalisi o terapia virtuale, termini che sicuramente sfuggono ad una precisa definizione medica " [la traduzione è mia]
Numerose organizzazioni statunitensi si stanno perciò preoccupando di emanare delle Ethical Guidelines per la regolazione e lo svolgimento della psicoterapia on-line: cito tra queste l'American Counseling Association (ACA) [ha emanato degli Ethical Standards for Internet On-Line Counseling e pubblicato The Layperson's Guide to Counselor Ethics: What You Should Know About the Ethical Practice], la Internet Healthcare Coalition (IHC) [ha recentemente emanato un Draft Code of Ethics, articolato in varie sezioni: Candor and Trustworthiness; Quality; Informed Consent, Privacy and Confidentiality; Best Commercial Practices; Best Practices for Provision of Health Care on the Internet by Health Care Professionals e, più recentemente, un codice definitivo, per il quale vedi il commento di Lynn Burke Online Therapy Isn't Shrinking], il National Board of Certified Counselors (NBCC) [ha emanato degli Standards for Ethical Practice of Web Counseling, la cui traduzione in italiano è stata proposta da Gennaro Esposito in Psichiatria Online], la Health on the Net Foundation (HON), l'American Psychological Association (APA) [una prima deliberazione (statement) nel merito fu emanata dal Comitato Etico dell'APA il 5 novembre 1997, con il titolo di "Services by Telephone, Teleconferencing, and Internet "; un testo sostanzialmente di rinvio, il cui merito principale era di accogliere ufficialmente la liceità del lavoro tramite Internet] e l'International Society for Mental Health Online (ISMHO). Ricordo anche l'esistenza delle "Guidelines for Medical and Health Information Sites on the Internet ", emanate dall'American Medical Association (AMA).
Indicazioni chiare ed utili sono anche nell'articolo "Is Cybertherapy for You? " di Stacie Ginivan.
Un lavoro prezioso è stato recentemente svolto da un gruppo di studio congiunto dell'International Society for Mental Health Online e della Psychiatric Society for Informatics, coordinato da Robert Hsiung e Martha Ainsworth e condotto anche attraverso una continua consultazione via e-mail, nel tentativo di raggiungere un codice etico condiviso (Suggested Principles of Professional Ethics for the Online Provision of Mental Health Services).
Numerosi studi, inoltre, si preoccupano della protezione dei dati dei pazienti, che la crescente commercializzazione del settore, trasforma spesso in importanti elementi per l'industria farmaceutica (si veda per esempio "Doctor-Patient Privacy Faces Test on the Web ") -
A mia conoscenza, invece, nulla di tutto questo sembra muoversi per ora in Italia -

(21) C'è probabilmente anche un ulteriore motivo - di natura contingente - a spiegare la scarsità di resoconti clinici disponibili, e cioè che, trattandosi di terapie molto recenti o addirittura tuttora in atto e con pazienti dotati di una buona dimestichezza di Internet, diventa assai difficile conciliare la necessità deontologica di proteggerne l'anonimato con l'opportunità scientifica di una pubblicazione online.

(22) Nell'intervista online a Barry Wellman, John Grohol afferma esplicitamente:
"Ogni psicoterapeuta dovrebbe avere un sito Internet: non ci sono scuse valide, oggigiorno, per non avere una o due pagine che descrivano chi siamo, la nostra formazione, il nostro tipo di approccio alla terapia, l'indirizzo del nostro studio e le modalità per mettersi in contatto con noi, ed almeno una nostra fotografia - " [la traduzione è mia]
Chissà se e quando anche da noi in Italia considerazioni di questo tipo ci sembreranno altrettanto ovvie -

(23) Su questa linea di studio, vorrei ancora fare brevemente menzione del futuro sviluppo (pare, ormai prossimo) dei wearable computers e la un po' più avveniristica fantasia di connetterli direttamente ai nostri sistemi mentali di elaborazione inconscia, come descritto nell'articolo di Bob Sullivan (si tratta di ricerche in corso allo Xerox Palo Alto Research Center) e come preconizzato dal recente film Strange Days - Il possibile incontro delle teorie della realtà virtuale con i wearable computers potrebbe cambiare molte cose, nei prossimi anni, nella concezione stessa e nella struttura del ciberspazio: Nico Piro parla di un vero e proprio funerale della
"dimensione immateriale verso la quale era in corso la migrazione delle principali attività umane - il non-luogo digitale, uno spazio privo della prospettiva e non interpretabile secondo I canoni della geometria euclidea - dove il contatto non è mai fatto di material ma sempre di impalpabile informazione ", provocato dagli strumenti AMR (Augmented Mixed Reality), ossia dalle tecniche che si propongono di costruire un'integrazione continua tra la realtà fisica e quella immateriale:
"Macchine (connesse alla Rete) che stanno in una grande tasca, di quelle che si possono cucire nella parte posteriore di un giubbotto, e che, al posto del monitor, hanno un HMD, Head Mounted Display, molto leggero: un visore che si cala sugli occhi, dalle forme più o meno simili a quelle dei bizzarri occhiali da sole iperfascianti sempre più comuni. Con un occhio si guarda la realtà, con l'altro le informazioni, gli scenari, gli oggetti che la macchina genera. Ma, a breve saranno disponibili degli HMD versione see trough, molto più leggeri, compatti ed economici di quelli odierni, per cui entrambi gli occhi guarderanno all'interno del display vedendo reale e virtuale perfettamente coincidenti ".

(24) Il lettore italiano può consultare una breve esposizione dei dati più salienti di alcuni di questi studi nel capitolo "Psicoterapie on-line: lo stato dell'arte " (di Fabrizio Mancini, Tonino Cantelmi e Sergio Tartaglione) del volume "La mente in Internet ". - Di tutti i frammenti riportati la traduzione è mia.

(25) Questo è praticamente l'unico articolo finora disponibile che affronti il tema delle varie tipologie o orientamenti teorici delle forme di terapia online. Benché in questo articolo abbia preso in considerazione solo la psicoterapia individuale psicodinamica di matrice psicoanalitica, vorrei comunque ricordare il grosso capitolo delle terapie di gruppo (che sono probabilmente quelle maggiormente praticate e con una più lunga tradizione ed esperienza), le applicazioni della realtà virtuale (un campo naturalmente nuovissimo, ma nel quale fa piacere segnalare un contributo italiano: A. P. Verri & Coll. in un loro studio - "Utilizzo terapeutico della realtà virtuale " - segnalano prime applicazioni e primi risultati; Maggie Fox ha descritto recentemente un'esperienza analoga) e gli esperimenti di avatar psychotherapy di cui ha parlato recentemente, in un suo studio, John Suler; meno interessanti mi sembrano, invece, gli esperimenti di computerized psychotherapy , una buona trattazione dei quali è nel capitolo "La ricerca in campo informatico e la nuova scienza della mente " di Anna Grazia, nel volume "Psichiatria Online " edito a cura di Francesco Bollorino; si vedano anche molte delle considerazioni di Douglas R. Hofstadter in "Gödel, Escher, Bach: un'eterna ghirlanda brillante ".

(26) Di tutti i frammenti riportati la traduzione è mia.

(27) Non ho citato, ovviamente, in questa parte del mio scritto i contributi offerti da Marco Longo e da Tonino Cantelmi, per i quali rimando ad altri capitoli di questo libro.

(28) Come mi scrive Beatrice Cannella, in una sua recente comunicazione personale del 15 novembre 2000:
Volevo raccontarti una cosa che mi ha molto colpito, dei miei studenti [del seminario alla Facoltà di Psicologia]. Al nostro quarto incontro, seduti di fronte a me davanti ai loro computer in aula informatica, chiedo loro che cosa pensano del seminario, che proposte o suggerimenti hanno per continuare il nostro lavoro, e così via. Cade il silenzio: un solo intervento, striminzito, nessuna interattività. Allora propongo loro di andare in chat, con me, e di parlarne lì. Ci prendiamo una stanza e - parte il dibattito, e quasi tutti intervengono.
Non pensi che questi ragazzi - abituati come sono a chattare e a messaggiare - si trovino in questi contesti a loro agio nel parlare dei loro sentimenti e dei loro pensieri? e, di conseguenza, non pensi che, dovendo pensare ad un intervento di counseling per loro, dovremmo pensare ad organizzarlo anche (se non prevalentemente) online?
Che è poi, in un certo senso, la stessa cosa che dice Vinton Cerf, uno dei padri di Internet, quando afferma in una sua intervista:
Un'ultima cosa. Se volete sapere dove sta andando Internet, passate qualche ora a parlare con I giovani tra gli undici ed I vent'anni: per loro Internet è una cosa normale di tutti i giorni. Loro non sono passati attraverso il tempo della creazione di Internet: loro semplicemente sanno che c'è e la usano. E' il mezzo attraverso il quale questi ragazzi interagiscono tra di loro. Parlare con loro di quello che fanno, di quello che si aspettano, di quello che vorrebbero sarebbe molto più utile e molto più preciso che domandare a qualcuno dei vecchi membri della popolazione di Internet [come me] dove stia andando Internet - [la traduzione è mia].

 

Bibliografia e collegamenti

Nota. Tutti i collegamenti su Internet sono stati verificati tra agosto e novembre 2000; data la natura provvisoria di essi, tuttavia, alcuni potrebbero non essere più funzionanti, del che mi scuso con il lettore -

 

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