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Coordinamento Psicopedagogisti-Psicologi iscritti all'Ordine della Regione Lazio

DALLO PSICOPEDAGOGISTA ALLO PSICOLOGO DELL'EDUCAZIONE

M. Benedetto - S. Brizi - R. Ceccarelli - T. Di Bonito - B. Iellamo - P. Marinelli - M. Matteini - G. Morelli - L. Pace (*)




2. IL LAVORO DI QUESTI ANNI

di Paola Marinelli

Premessa

Nel corso di questi anni l'attività psicopedagogica nella scuola pubblica di ogni ordine e grado è stata la prima esperienza in Italia a livello istituzionale che ha previsto la figura di psicologo scolastico, tant'è che gli attuali Disegni di Legge ora in discussione al Parlamento, nel definire le funzioni dello psicologo dell'educazione ricalcano ampiamente le funzioni svolte dagli psicopedagogisti(1). Dette funzioni possono così riassumersi: consulenza a docenti e genitori, individuazione delle situazioni a rischio, attività in rete con le diverse agenzie educative e socio-sanitarie del territorio, creazione di strumenti di osservazione e modalità di intervento atte a favorire la prevenzione del disagio: dispersione scolastica, tossicodipendenze(2), interventi idonei a favorire l'integrazione degli alunni stranieri e degli alunni in situazione di handicap(3).

Riteniamo necessario sottolineare che la nostra esperienza, di docenti prima e di psicopedagogisti poi, ci ha consentito di sperimentare un approccio particolarmente funzionale all'individuazione delle situazioni a rischio e all'elaborazione degli strumenti atti a rispondere adeguatamente alle esigenze manifestate nei contesti scolastici, nelle relazioni di gruppo, ovvero in quelle che si declinano nei processi di comunicazione sociale.

Detti strumenti sono stati acquisiti grazie alla doppia competenza di docente e di psicologo che ci contraddistingue e che rappresenta un aspetto altamente qualificante, così come è già riconosciuto in gran parte dei Paesi della Comunità Europea. Infatti in Francia, in Irlanda, nel Regno Unito, in Spagna e in Germania lo Psicologo Scolastico è un Docente in possesso di alcuni requisiti quali: la Laurea in Psicologia e un'esperienza pluriennale di insegnamento.

Prima di descrivere analiticamente i modelli d'intervento nei diversi ordini di scuola (Materna, Elementare, Media e Superiore), ci sembra utile sottolineare la matrice comune che li caratterizza.

L'approccio per ogni ordine di scuola è stato e vuole essere trasversale: diretto e parallelo, teso ad individuare livelli di coinvolgimento nel problema che, spostando l'interesse dal singolo al contesto, dalla semplicità alla complessità, chiamino in causa almeno tre elementi fra loro interagenti:

  • l'alunno con la sua realtà psico-sociale e la sua "storia";
  • la famiglia con le sue aspettative e le sue problematiche;
  • la scuola con la sua organizzazione e i suoi operatori.

La strategia generale scelta in questi anni è stata quella della trasversalità degli interventi, ovviamente nel rispetto organizzativo dei singoli contesti specifici.

L'individuazione dei soggetti a rischio, che avviene nelle classi iniziali della scuola elementare e media e nelle ultime sezioni della scuola materna, tiene conto di variabili riguardanti la famiglia, l'alunno e la percezione dei problemi dell'alunno da parte degli insegnanti. Il passaggio successivo è caratterizzato da una loro attenta osservazione al fine di qualificarne i bisogni formativi.

Gli interventi si articolano contemporaneamente su quattro assi tra loro correlati:

  1. l'asse del singolo alunno nel quale ad ognuno vengono offerti spazi organizzativi e mentali che favoriscano il suo processo di individuazione e di crescita psicosociale;
  2. l'asse gruppale che individua nel piccolo gruppo il luogo privilegiato dove poter esprimere conoscenza e cambiamento;
  3. l'asse familiare nel quale talvolta nasce lo "svantaggio" dell'alunno che poi solitamente si amplifica nell'istituzione scolastica;
  4. l'asse insegnanti che individua nei docenti gli attori privilegiati attraverso i quali è possibile attivare processi di decondizionamento e cambiamento.

Il termine "asse" viene qui usato secondo l'accezione che ne dà la fisica: ovvero essi sono stati pensati come quattro vettori, quattro essenziali direzioni, ambiti, settori d'intervento, ognuno dei quali si articola in fasi, in momenti distinti di applicazione.

2.1. Scuola materna*

di Mirella Benedetto
Paola Marinelli

Il progetto d'intervento nella scuola materna in questi anni è stato motivato dall'esigenza di coordinare l'insieme di attività educative e didattiche attivate, o in fase di attivazione nei vari Circoli, di fornire alla scuola ulteriori strumenti di intervento che le consentano di favorire sempre più efficacemente i processi cognitivi e socioaffettivi dei bambini e di incidere positivamente sullo svantaggio culturale e sul disagio scolastico, di facilitare i rapporti della scuola con il territorio e le altre possibili agenzie educative in esso presenti, di prendersi carico, attraverso la programmazione di una serie di attività del problema dell'handicap.

L'attività di coordinamento viene intesa contemporaneamente su più piani e settori interrelati tra loro nell'intervento educativo e didattico.

  • Attività di programmazione educativa/didattica e valutazione;
  • Rapporti con le famiglie;
  • Rapporti con il territorio.

Nei Nuovi Orientamenti per le attività educative nella Scuola Materna, il discorso sui bambini in difficoltà non è limitato solo al paragrafo intitolato espressamente "Diversità e Integrazione", ma è presente in tutto il testo del documento programmatico, sia nella parte generale dove si analizzano i fenomeni, notevolmente complessi, dell'odierna società italiana in movimento e i riflessi che questi hanno sulla condizione della famiglia e in particolare dell'infanzia(4), sia nella parte che riguarda le indicazioni curricolari(5), i campi di esperienza e l'organizzazione didattica della scuola"(6).

Questa impostazione e i richiami alle situazioni di "diversità" che abbiamo sottolineato, a nostro avviso, sono illuminanti per capire la concezione di "handicap" e di "Integrazione" che sottende al nuovo progetto educativo degli "Orientamenti" '91; infatti si è voluto evitare di relegare in un paragrafo l'argomento dei bambini in difficoltà per situazioni di handicap o di svantaggio, come invece si è fatto nei programmi della Scuola Media del 1979 e in quelli della stessa Scuola elementare del 1985. La scelta è stata invece quella di redigere un documento che in tutte le sue parti ha considerato la possibilità di presenza di soggetti disabili o in difficoltà in qualsiasi momento delle attività che la Scuola dell'Infanzia è chiamata a proporre, in linea con la formulazione di un progetto globale d'intervento.

L'handicap non viene più inteso nel suo significato di impedimento, ma, piuttosto come la risultante dell'azione di due serie di concause: la disabilità e gli impedimenti.

La disabilità è una limitazione nello svolgimento di determinate funzioni o attività, a seguito di un processo "morboso" o di una menomazione; gli impedimenti (accompagnati o no alle disabilità) possono essere: della dinamica personale, di rapporto, culturali, macrosociali.

Pensare l'handicap come il risultato dell'azione molto varia di queste due serie di cause, ci dà la misura delle difficoltà reali di definirlo e catalogarlo.

L'età della fascia evolutiva della Scuola dell'Infanzia rende questo compito ancora più complesso: soggetti che vivono lo stesso handicap vivono una evoluzione diversa del problema, a seconda delle variabili diverse del contesto ambientale-culturale in cui vivono.

Valutare queste variabili non ha importanza quindi per la classificazione dei tipi di handicap, quanto per la definizione dei bisogni educativi, intorno ai quali si dovrebbe incentrare l'attività della Scuola e della Famiglia.

Ricercare e individuare i bisogni educativi dei bambini in situazione di handicap non è un compito che differisce profondamente da ciò che riguarda gli altri bambini normali; piuttosto il problema sta nella particolare sensibilità nel rilevarli da parte degli insegnanti e nel soddisfarli nel contesto stesso in cui vive il bambino.

E', infatti, vero che i traguardi di sviluppo in ordine alle finalità portanti degli "Orientamenti" 1991, Identità-Autonomia-Competenza, richiedono dei percorsi individuali con tempi e modi differenziati, nella piena realizzazione delle potenzialità personali come traguardo ultimo per tutti e per ogni bambino singolarmente.

Possiamo precisare che l'Identità, come rafforzamento personale del bambino in situazione di handicap, richiede, attraverso un processo lento ma continuo, di promuovere in lui il riconoscimento sia della propria realtà corporea, sia delle motivazioni che sospingono ad instaurare rapporti con gli altri.

L'Autonomia, come acquisizione del senso di sicurezza, rappresenta una tappa fondamentale verso la maturazione globale della personalità: per un soggetto in situazione di handicap questo significa proseguire il processo di individuazione personale.

La Competenza, per lo sviluppo della quale si richiede il possesso di informazioni e di abilità specifiche, negli ambiti motorio-percettivo-linguistico-intellettivo, può e deve essere perseguita attraverso una programmazione educativo e didattica mirata, specifica e graduata, prevedendo progetti individualizzati con interventi individuali e non, e una correlazione sempre "attenta" con il progetto educativo generale della scuola e della realtà della sezione in cui il soggetto è inserito.

A questo proposito si ritiene necessario individuare alcune strategie educativo-didattiche a diversi livelli di intervento, per meglio potenziare quel tipo di abilità e capacità espressive e relazionali, in vista del conseguimento di reali competenze con valenza cognitiva globale: si propongono itinerari comuni per i bambini in situazione di handicap e di svantaggio nella sfera della comunicazione-relazione. Gli itinerari, paralleli ma interagenti tra loro, con scambi e situazioni di vissuto in comune possono essere così indicati:

  1. Itinerario individualizzato, per bambini con handicap, per i quali si rimanda alle specifiche programmazioni in collaborazione con l'insegnante di sostegno;
  2. b) Itinerario di grande gruppo, di sezione: i bambini portatori di handicap si inseriscono nel contesto educativo generale della Scuola, partecipando sia alle attività delle sezioni, sia a quelle di laboratorio a sezione aperta, come previsto dal progetto del plesso scolastico;
  3. c) Itinerario di piccolo gruppo, dove si intende definire un percorso di attività di sviluppo di abilità nell'ambito della comunicazione come dimensione privilegiata di intervento.

Nell'individuare i linguaggi "espressivi", si propone di porre particolare attenzione all'espressione verbale; nel progetto presente la lingua "parlata" è il punto di contatto fondamentale per il consolidamento delle conoscenze infantili, in particolare per la fascia evolutiva dei cinquenni. La scelta di mettere a fuoco questi presupposti metodologici è dettata dalla consapevolezza del carente contesto sociale relativo alla comunicazione, spesso determinato da un ambiente famigliare corrispondente ad un quadro di riferimento che ha in uso un codice ristretto, povero e maggiormente limitante per l'opportunità di acquisizioni linguistiche.

Nel dettaglio la sua articolazione ha previsto quattro assi d'intervento, che qui di seguito presentiamo, che, come già evidenziato nella Premessa al presente Capitolo, si sono articolati in fasi.

ASSI 1 e 2 ALUNNO/GRUPPO

I^ Fase

  • Raccolta osservazioni nelle diverse situazioni di vita del bambino (individuali - di piccolo gruppo - gruppo sezione - rapporti adulti - coetanei).
    ............ griglia ........
  • Valutazione dei livelli di ingresso (griglie individualizzate e di gruppo di livello). (Scheda per le osservazioni iniziali).

II^ Fase

  • Verifica e valutazione in uscita dalla Scuola Materna:
    1. Verifica obiettivi raggiunti nella Programmazione individualizzata e programmazione di gruppo.
    2. Griglia prove di uscita.
    3. Valutazione dell'ingresso nella Scuola Elementare
    4. Colloqui con i docenti della Scuola Elementare

ASSE 3 FAMIGLIA/DOCENTI

I^ Fase

  • Promuovere e facilitare tutte le occasioni di comunicazione Scuola/Famiglia(7). Colloqui individuali con i genitori dei bambini portatori di handicap, finalizzati alla lettura e compilazione del questionario informativo, formulato per tutti i genitori della scuola per attivare l'interesse degli stessi su alcune informazioni necessarie per canalizzare e promuovere attività specifiche, nell'ambito della programmazione di grande gruppo e per l'intervento individualizzato.

II^ Fase

  • Secondo, momento di colloqui individuali con i genitori per una prima informazione sulla situazione di partenza.

III^ Fase

  • Attivazione dei gruppi di lavoro sull'handicap (approfondimento della conoscenza dei genitori rispetto al lavoro interno alla Scuola).

IV^ Fase

  • Verifica valutazione dei rapporti Scuola/Famiglia:
    • Verifica obiettivi raggiunti e rilevazione delle carenze.
    • Valutazione del progetto educativo in prospettiva dell'inserimento nella Scuola Elementare.

V^ Fase

ASSE 4 TERRITORIO

I^ Fase

  • Promuovere i rapporti con gli "specialisti" coinvolti nel rapporto educativo con i suddetti soggetti (Servizio Materno-Infantile; U.S.L.; Istituto Neuropsichiatria Infantile, e altri).
    Attivare la fase di passaggio di informazioni:
    Bambino/Scuola ----------- Indicazioni di tipo diagnostico/terapeutico.

II^ Fase

  • Colloqui a scadenza periodica con gli specialisti. Coordinamento delle indicazioni di tipo diagnostico-terapeutico con la programmazione didattica. Prima verifica degli Interventi educativi (individualizzati e di gruppo).

III^ Fase

  • Verifica e valutazione dei rapporti Scuola-Specialisti esterni:
    • Verifica obiettivi individuati insieme.
    • Valutazione delle possibilità di collaborazione Scuola/Servizi specialistici.

IV^ Fase

  • Strumentazione del laboratorio
    • organizzazione dei contenuti
    • spazi-tempi
    • mezzi-materiali

Per affrontare i problemi di apprendimento dei soggetti portatori di handicap, e di quelli cosiddetti a "rischio", ovvero possibilità di modificare la proposta didattica tradizionale, attuando nuove strategie e nuove modalità organizzative.

L'istituzione di laboratori all'interno della scuola si iscrive, a nostro avviso, in questa prospettiva, nella considerazione che essa rappresenta una situazione di lavoro trasversale a tutto il curricolo potendo passare attraverso ogni momento dell'attività didattica uno "spazio mentale", quindi, dei docenti, ma anche uno "spazio attrezzato" in maniera specifica, ai fini di una determinata produzione. Il "pensare" all'istituzione di un laboratorio in questo caso coincide con un progetto educativo-didattico specifico, basato su un "compito di realtà".

Riportiamo due esemplificazioni di progetti di laboratorio uno relativo ad una scuola materna statale di Torre Angela, l'altro ad una scuola materna statale di Torbellamonaca.

Scuola materna statale di Torre Angela:

  • Dalla dominanza del corpo vissuto........................:
    • Presa di coscienza delle possibilità del proprio corpo.
    • Percezioni.
  • Utilizzo di:
    • Giochi allo specchio
    • La palla.
    • Percezione tattile dei materiali (anche materiale strutturato).
  • .... alla discriminazione del proprio corpo:
    • Io "posso" fare (sperimentare materiali - movimenti - spazi - suoni - cambiamenti).
    • Io "so" fare (alcune abilità motorie).
  • Rappresentare il proprio corpo:
    • Costruiamo una memoria del corpo (vediamoci nel film, nelle fotografie...).
    • Disegniamoci, anche in movimento.
  • Mezzi e Materiali:
    • Specchio.
    • Attrezzature da palestra (anche specifica per riabilitazione).
    • Materiale di recupero.
    • Strumenti a percussione.
    • Registratore.
    • Videocamera.
    • Videoregistratore.
    • Macchina fotografica.
    • Diapositore.
    • Uso del computer con utilizzo sperimentale di alcuni programmi specifici per soggetti disabili.
  • Spazi e Tempi:
    • Le sezioni.
    • Aule adibite ad attività specifiche con attrezzature adatte.
    • Spazi esterni alla Scuola.
    • Spazi interni comuni.
    • Incontri a cadenza settimanale della durata di un'ora per l'intero anno scolastico.
  • Le attività: contenuti didattici:
    • Lettura di immagini da vari testi illustrati su argomenti vicini alla realtà quotidiana del bambino: io-casa-alimentazione.
    • Osservazione dei vari elementi dei diversi contesti e loro funzione (corrispondenza oggetto-ambiente).
    • Elaborazione di racconti personali e di gruppo.
    • Rielaborazione dei racconti e dei materiali.
    • Gli ambienti: dalla realtà alla fantasia
    • gli ambienti di riferimento.
    • Dallo stimolo esterno a quello interno: i bambini sono motivati alla comunicazione con gli altri (adulti e coetanei).
  • Verifica:
    • Le attività vengono rielaborate in continua corrispondenza con altre situazioni esterne al laboratorio, con utilizzo di altri linguaggi espressivi.
    • Confronto con i vissuti famigliari attraverso colloqui mensili con i genitori.

Le abilità linguistiche che si acquisiscono passano tutte attraverso la motivazione a comunicare con gli altri: spesso molti dei problemi per i bambini portatori di handicap sono da ritrovare nell'assenza di queste motivazioni di fondo, che, non sorrette dalla fiducia nelle proprie capacità, non costituiscono la molla per il fare e l'agire per sé e per gli altri, nei diversi contesti di vita.

Per questo pensiamo sia più opportuno privilegiare un'azione educativa di piccolo gruppo, dove il confronto sia meno problematico, più graduale, più controllabile nelle sue variabili.

L'adulto è promotore, regista, sollecitando, con stimolazioni-provocazioni, la domanda-risposta, innescando il meccanismo stesso del mettersi in comunicazione, del mettersi "fuori".

Partendo da traguardi minimi, non per importanza, ma per complessità (come segue nella descrizione della strutturazione del laboratorio) ci siamo proposti di sottoporre a continua verifica, più serrata dei tempi usuali di programmazione, la procedura stessa delle attività, nei tempi, nei contenuti e nei mezzi sperimentali, perché i contenuti del laboratorio sono suscettibili di cambiamento continuo, ma gli obiettivi sono ben saldi: lo sviluppo e il potenziamento delle capacità espressive e relazionali dei bambini con handicap e/o svantaggio, attraverso le dimensioni dell'autonomia - dell'identità e competenza dai tre ai sei anni.

"All'entrata nella scuola dell'infanzia si possono costatare le differenze esistenti sul piano del linguaggio, che per alcuni può essere un dialetto o un'altra lingua, in cui il bambino è molto competente. La scuola accetta il modo di comunicare e di esprimersi di tutti i bambini programmando ed attuando una molteplice varietà di situazioni di apprendimento, ampliandone progressivamente la competenza all'uso di altri codici, connessi ai diversi tipi di relazione sociale e alle forme di comunicazione più allargate e complesse offerte dalla lingua nazionale(8).

A questo proposito si è programmata un'azione di sviluppo-potenziamento parallela, tesa all'utilizzo della comunicazione psicomotoria, attraverso l'uso diretto del proprio corpo, con attività di piccolo gruppo, nelle diverse situazioni spaziali (sezione - grandi spazi esterni - palestra).

"Il campo di esperienza della corporeità e della motricità contribuisce alla crescita e alla maturazione complessiva del bambino promuovendo la presa di coscienza del valore del corpo inteso come una delle espressioni della personalità e come condizione funzionale, relazionale, cognitiva, comunicativa e pratica da sviluppare in ordine a tutti i piani di attenzione formativa"(9).

Scuola materna statale di Torbellamonaca*:

La Storia

Tre anni fa si è formata la III Sezione di scuola materna t.p. in nella periferia Sud/Est di Roma (Torbellamonaca).

Già dall'inizio dell'anno scolastico è emersa chiaramente la grave situazione di disagio nella quale versavano alunni- genitori - insegnanti. Molti bambini di questo gruppo classe avevano comportamenti inadeguati: scarsissimo rispetto delle regole, enorme bisogno di primeggiare, bassissima tolleranza alla frustrazione, scarsa considerazione dell'altro. Le famiglie hanno protestato con veemenza per tale situazione. La scuola si è fatta promotrice di numerosi incontri con i genitori affinché emergessero i reali bisogni dei bambini e si riuscisse a creare un tessuto comune scuola-famiglia di reciproca comprensione e sostegno. Successivamente la scuola si è attivata segnalando al Servizio Territoriale ASL la situazione della classe e dei singoli.

Nello scorso anno scolastico si è formato così un gruppo di lavoro misto, inizialmente scuola - ASL e successivamente allargato alle famiglie che, proponendo diversi interventi, osservazioni dei bambini in classe colloqui con le famiglie individuali (psicopedagogista - coppie genitori) o di gruppo, è arrivato alla formulazione di un vero e proprio progetto integrato.

Il Progetto

Il progetto ha preso l'avvio dall'idea che fosse assolutamente indispensabile creare una coesione tra genitori e scuola per condividere e realizzare un progetto educativo comune.

A tale scopo si è pensato di coinvolgere i genitori direttamente in alcune attività scolastiche. Riteniamo che la partecipazione diretta delle famiglie possa senz'altro apportare un cambiamento nella loro percezione della scuola e che, di conseguenza, contribuisca a valorizzare lo "spazio - scuola" nella percezione dei bambini.

Contemporaneamente il progetto prevede la partecipazione diretta della terapiste della ASL per un laboratorio di psicomotricità.

Questo intervento è stato elaborato partendo dalla considerazione che per "psicomotricità" si intende una modalità elettiva di approccio con i bambini che offra loro la possibilità di esprimere i propri vissuti attraverso il corpo.

Parlano i genitori

A metà del secondo anno della scuola materna molti di noi presero in considerazione l'idea di cambiare classe per l'anno successivo.

Gli episodi da segnalare alla Direzione divennero alla fine quotidiani e si decise, quindi, di far intervenire tutte le strutture della scuola per cercare di capire quali fossero le cause dei problemi della classe. A fine anno, dopo la riunione con il Servizio Materno Infantile e la psicopedagogista, ci vennero spiegate quali potevano essere le soluzioni, ma ci prese anche un senso di sconforto in quanto le prospettive per il terzo anno non sembravano tanto positive. Ci venne chiesta una prima disponibilità a partecipare alle attività della classe, che per la maggior parte di noi venne accordata, mentre chi non era troppo convinto cambiò sezione. Non tutti infatti riuscirono a superare la difficoltà più grande, ovvero, quella di andare oltre quel muro di sfiducia che troppo spesso divide le Famiglie dalla Scuola.

Passata l'estate, chiedemmo che le nuove insegnanti e i genitori dei nuovi bambini venissero messe al corrente del progetto con una certa sollecitudine. Fortunatamente anche le insegnanti accolsero con entusiasmo qualunque proposta, mettendosi a disposizione collaborando da subito alla realizzazione delle varie attività e portando tutte le loro esperienze.

Superata a fatica tutta una serie di formalità e raccogliendo fondi tra di noi, alcuni dei papà riuscirono a ridipingere le pareti della classe che furono subito tappezzate con i disegni dei bambini, le maestre misero in ordine tutto il materiale, le mamme lavarono le tende, ecc. cercammo tutti insieme di rendere la classe più accogliente. Si avviò quindi, seppure con lentezza tutto il Progetto. Alcune delle attività programmate, all'interno dell'anno scolastico, sono già state terminate, altre sono in corso (laboratori di cucina, di danze tradizionali peruviane, di manipolazione con materiali diversi): altre si stanno organizzando (giardinaggio).

Insomma ora abbiamo un sacco di idee, anche se pochi mesi e pochi fondi, ma la voglia di fare non ci manca.

Il rammarico più grande è che se avessimo saputo che c'era la possibilità di poter sfruttare tutta una serie di strutture, forse no si sarebbe perso troppo tempo. La disponibilità prestata anche oltre l'orario di lavoro da parte delle insegnanti, della psicopedagogista del Servizio Materno Infantile, della direzione, dei bidelli, è stata fondamentale al fine di conquistare la fiducia oltre che da parte dei bambini, anche un po' da parte di quei genitori che hanno sempre avuto una certa diffidenza nei confronti della scuola come Istituzione, dei suoi rappresentanti e purtroppo anche nei confronti degli altri genitori.

Un'altra soddisfazione ci viene dai nostri stessi figli che ora frequentano la scuola con curiosità perché sanno che ogni giorno troveranno qualcosa da scoprire.

La preoccupazione era sarà quella di fare più cose possibili, visto che non si sono vissute troppe esperienze negli anni passati, specialmente per quei bambini che andranno in prima elementare. Per questi ultimi inoltre temiamo che possano partire svantaggiati rispetto ai loro futuri compagni.

In conclusione abbiamo sperimentato una volta di più che, con la collaborazione tra tutti, ognuno secondo le proprie competenze, si può fare la scuola più bella con pochi mezzi e tanta voglia di migliorare. Anche a Torbellamonaca.

( I genitori della III Sezione)

Laboratorio di psicomotricità

Presupposti teorici.

Dalle nostre osservazioni della classe era emerso chiaramente che tra i bambini vi era una relazione basata prevalentemente sulla imposizione della propria forza sugli altri.

Abbiamo, perciò, ritenuto necessario organizzare un laboratorio di psicomotricità che, partendo dall'acquisizione di una prima consapevolezza di sé e dell'altro desse loro la possibilità di trovare forme di relazione diverse.

Le capacità espressive relegate finora in un solo ambito, (rapporto di forze) potrebbero, così, cominciare pian piano a defluire, dando vita a nuove forme di linguaggi poco esplorati.

Riteniamo che questo percorso debba essere scandito da contenuti emozionali così partecipati da attivare un processo continuo nel quale i bambini abbiano il desiderio di rievocare tali vissuti, rielaborandoli in situazioni e forme diverse.

La storia di G.

Il percorso evolutivo dei bambini è stato scandito dalla storia di G.
G. piccolo marziano, sbarca a Torbellamonaca e scopre un nuovo mondo di cose e persone.

I bambini lo accompagnano nel suo viaggio alla scoperta della terra e G. a sua volta, li guida alla conoscenza del proprio mondo interiore: la rabbia, l'affetto, la paura, il coraggio, la forza, la debolezza, la tristezza, l'allegria, la solitudine e l'amicizia.

Il percorso è strutturato in momenti di attività che si alternano a pause di riflessione e di libera espressione delle sensazioni sperimentate.

I bambini vengono di volta in volta guidati:

  • prendere coscienza del proprio corpo e del movimento;
  • entrare in relazione controllando i gesti e la forza;
  • agire insieme per uno scopo comune;
  • essere i protagonisti attivi o passivi di un'azione del gruppo;
  • intervenire nel rispetto reciproco del turno.

Conclusioni

I bambini hanno avuto la possibilità di condividere un'esperienza nella quale ogni loro proposta trovava un suo spazio e una sua dignità.

Le loro idee, accolte, discusse e rielaborate insieme, hanno contribuito alla costituzione di un patrimonio comune.

L'obiettivo ultimo di questa esperienza è stato, per noi, quello di far conoscere ad ognuno di loro le proprie potenzialità espressive e creative, come bagaglio culturale, che permettesse loro di trovare risorse e soluzioni diverse nell'approccio con il mondo esterno.


2.2. Scuola elementare

di Paola Marinelli

La fascia evolutiva di tale ordine di scuola riguarda la latenza; tale periodo è considerato da Freud come il declino del conflitto edipico(10) M. Klein(11), Winnicott(12) e Bion(13), occupandosi dell'organizzazione del pensiero, evidenziano come esso abbia lo scopo di scaricare lo psichismo dall'eccesso di stimoli che lo attanaglia; Bion in particolare sottolinea come la tolleranza alla frustrazione è fondamentale nella capacità di formare dei pensieri. Così come la madre funziona da contenitore delle sensazioni del neonato permettendogli di dar loro un significato, il gruppo dei pari, sempre secondo la concezione Bioniana, può divenire contenitore e contenuto, aiutando i fanciulli ad organizzare aspetti della comunicazione dapprima rudimentali ed emotivi, sviluppando pensieri sulla propria esperienza di frustrazione e quindi acquisendo la capacità di tollerarla.

Secondo l'ottica gruppoanalitica(14) nella vita di ogni individuo, contestualizzata socialmente, sono presenti sia elementi della funzione di holding winnicottiana sia della funzione di contenimento di Bion. Secondo D. Colin James, "entrambi le teorie nei loro aspetti psicoanalitici, ci permettono di comprendere e di utilizzare al meglio la nostra conoscenza dell'esperienza dell'individuo all'interno della matrice."(15)

Generalmente le segnalazioni che arrivano allo psicopedagogista/psicologo dell'educazione sono essenzialmente relative a problemi di dislessia, disortografia, incapacità scolare, o problemi correlati con difficoltà dell'entourage: enuresi, encompresi, rapporti difficili o perfino impossibili con compagni, docenti, genitori, fratelli o ancora, fobia della scuola, angosce notturne, somatizzazioni diverse.

A livello organizzativo, istituzionale e inter-istituzionale, il modello d'intervento si articola sui 4 assi menzionati nell'introduzione:

ASSE 1 - ALUNNO

I^ Fase

  • Screening per l'individuazione dei soggetti a rischio.
  • Interviste alle famiglie degli alunni delle classi prime (Questionario di ingresso).
  • Quantificazione con gli insegnanti di classe e di sostegno circa i bisogni formativi dei singoli alunni attraverso riunioni con i singoli TEAM nelle quali si visiona e discute il materiale raccolto.

II^ Fase

  • Consulenza per la stesura dei P.E.P. (Piani educativi personalizzati).
  • Partecipazione ai G.L.H. (Gruppo di Lavoro sull'Handicap) operativi, tecnici e d'Istituto.
  • Consulenza ai docenti curricolari e di sostegno.

III^ Fase

  • Colloqui a richiesta degli stessi genitori o su segnalazione dei docenti per le classi successive alla prima elementare.


ASSE 2 - GRUPPO(16)

I^ Fase

Somministrazione del testo sociometrico di Moreno* per "fotografare" la situazione del gruppo classe dal punto di vista delle dinamiche interpersonali spontanee.

Consiste in un questionario attraverso il quale si chiede a ciascuno dei membri del gruppo che si vuole studiare, di indicare quali tra gli altri membri sceglie o rifiuta in funzione di uno o più criteri di vita associativa ("criteri sociometrici").

I1 numero di scelte e di rifiuti può essere fissato da un limite imposto oppure lasciato libero a volontà dei soggetti: limitare scelte e rifiuti rende più agevole la raccolta dei dati, ma porta a perdere un certo numero di informazioni interessanti ed interferisce quantitativamente sulla spontaneità delle risposte.

I1 test sociometrico permette di evidenziare in un determinato gruppo i sentimenti di attrazione e repulsione, di affinità e disaffinità tra i membri e di valutare se tali relazioni spontanee si armonizzano o meno con quelle imposte dalla struttura formale del gruppo stesso.

L'esigenza fondamentale è quella di condurre i soggetti a rispondere con la massima spontaneità e franchezza. Quindi si dovrà preparare il gruppo alla somministrazione del test chiarendo gli scopi e i vantaggi della prova, informando che i risultati dell'indagine verranno utilizzati per migliorare il gruppo nelle sue esigenze, dissipando tutti i malintesi e le apprensioni, si sceglieranno, parallelamente, dei "criteri sociometrici" adattati al gruppo. Tali criteri dovranno riferirsi a funzioni realmente conosciute e vissute dai soggetti sia nel passato che nel presente; dovranno rappresentare qualcosa di importante ai loro occhi corrispondere ad un interesse reale provato dai membri del gruppo al momento dell'indagine; dovranno infine essere formulati in modo comprensibile a tutti.

I criteri sociometrici più largamente utilizzati sono quelli che chiedono di scegliere e di rifiutare:

  1. la vita in comune dal punto di vista del gioco ("chi vuoi o non vuoi come compagno di gioco, di vacanze, ecc.);
  2. la guida o il comando ("chi non vuoi come compagno di gioco o di lavoro, ecc.);
  3. il lavoro in comune ("chi vuoi o non vuoi come compagno di tale lavoro, attività, ecc.).

I criteri della prima classe sono gli unici che chiamano in causa processi affettivi immediati e spontanei, i "tele" di Moreno. I criteri della terza classe, invece, implicano interventi di valutazione delle capacità altrui, che rispondono più a fattori funzionali-razionali che affettivi. I criteri della seconda classe sono in una posizione intermedia, in quanto le scelte e i rifiuti possono essere fatti in chiave affettiva o strumentali.

Alcuni studiosi, partendo da questa differenza sostanziale, hanno distinto gli psicogruppi, basati sulle relazioni prevalentemente affettive, dai sociogruppi, basati su supporti prevalentemente funzionali.

Il Sociogramma

La rete di scelte-rifiuti-relazioni di indifferenza che connette, secondo un dato criterio, i soggetti analizzati, rappresentata graficamente costituisce il sociogramma.

Per riassumere le informazioni raccolte e dare loro un valore quantitativo, si utilizza una tabella a doppia entrata, nella quale in ogni riga figurano le scelte compiute da ciascun soggetto e in ogni colonna le scelte ricevute da ciascun soggetto (sociomatrice).

Gli indici basati sul numero di scelte ricevute e di rifiuti ricevuti definiscono il cosidetto status sociometrico del soggetto, descrivibile lungo due dimensioni: quella della popolarità-isolamento e quella della esclusione-accettazione, la prima misurata dal numero di scelte ricevute, la seconda dal numero di rifiuti ricevuti.

I soggetti che ricevono un numero significativamente elevato di scelte sono i più popolari del gruppo, popolarità che non va confusa con l'influenza che si è in grado di esercitare sugli altri: questa dipende non solo dal numero delle scelte ricevute, ma anche dal criterio adottato e dal fatto di ricevere certe scelte chiare.

I soggetti che ricevono un numero signifícativamente elevato di rifiuti sono gli esclusi, solo parziali se contemporaneamente ricevono anche qualche scelta. I1 numero di scelte compiute (se lasciato alla libera volontà) indica quanto l'individuo si proietta attivamente nel gruppo ("Espansione affettiva"); i soggetti che non emettono scelte sono detti solitari, mentre il numero dei rifiuti emessi misura quanto l'individuo tenda a ripiegarsi su se stesso negando attivamente la propria partecipazione alla vita del gruppo.

Gli isolati che non ricevono rifiuti sono ignorati dal gruppo, perché in genere sono soggetti chiusi, passivi, inibiti nel rapporto; mentre gli isolati che ricevono un numero elevato di rifiuti sono attivamente esclusi dal gruppo, in genere perché aggressivi, disturbatori o inadeguati nel rapporto.

Accanto agli indici quantitativi di status sociometrico, di espansione affettiva e di rifiuto attivo di partecipazione, va anche interpretata una serie di rilievi qualitativi legati ad altri aspetti del test stesso. Per esempio va considerato da chi il soggetto è scelto o rifiutato e chi il soggetto sceglie o rifiuta. la scelta ricevuta da un soggetto popolare e quella ricevuta da un soggetto escluso, il rifiuto diretto verso un popolare e quello diretto verso un escluso, hanno delle interrelazioni l'uno può esercitare sul gruppo una influenza molto diversa dall'altro.

Parallelamente va considerata anche la posizione "topografica" nell'ambito del sociogramma.

La rete di interrelazioni del sociogramma, può essere considerata come una importante rete di comunicazioni: il trovarsi in essa in un punto centrale o periferico, in un punto di passaggio obbligato o meno, ecc., costituisce ovviamente un dato di grande interesse psicologico-sociale.

Per esempio un soggetto potrebbe fungere da ponte o cerniera, da tramite cioè tra il grosso del gruppo con il suo "capo" e la configurazione sottogruppale. Tale soggetto, dunque, eserciterebbe nel gruppo una funzione molto più importante di quella prevedibile in base ad un eventuale basso numero di scelte ricevute.

Questi elementi quantitativi e qualitativi definiscono, fotografandola, la posizione di ciascuno nel gruppo in funzione dei rapporti di attrazione-repulsioneindifferenza che legano o separano i membri del gruppo stesso.

Considerando, però, soprattutto le relazioni reciproche di scelta e di rifiuto (reciproche positive e reciproche negative), spostando cioè l'analisi da un piano individuale a quello interindividuale e collettivo, il test sociometrico può fornire importanti informazioni sulla struttura spontanea del gruppo, sul grado di "coesione" dell'insieme gruppale e a livello interpsicologico.

Le configurazioni più caratteristiche sono quelle date dalla presenza:

  • di membri completamente isolati-solitari;
  • di scelte reciproche a due, "paio" o "coppia";
  • di "catene" lineari di scelte reciproche o unilaterali;
  • di "reti" di scelte che interconnettono molti soggetti;
  • di "stelle" nelle quali un soggetto raccoglie molte scelte da parte di elementi che non si scelgono tra loro;
  • di "linee di separazione" all'interno del gruppo, che viene così suddiviso in zone di sottogruppi ("isole" o "cricche" quando il fenomeno è più netto), nell'ambito delle quali i rapporti tra i membri sono molto più intensi di quelli che intercorrono tra una zona e l'altra.

La presenza dell'una o dell'altra di tali configurazioni aiuta a definire il comportamento del gruppo come unità.

Ad esempio, gli "isolati-solitari" rappresentano una vera e propria zavorra per il gruppo, facilmente abbandonati in situazioni di emergenza.

I gruppi o sottogruppi a "rete" sono molto più coesi e resistenti alla dissociazione di quelli a "stella"; questi ultimi, infatti, tendono facilmente a dissociarsi quando il soggetto che accentra le scelte esce dal gruppo.

Le "catene" rappresentano i canali spontanei di comunicazione del gruppo, essendo lungo esse, e nella direzione delle scelte, che si propagano le notizie all'interno del gruppo.

La divisione in sottogruppi, se non giustificata da compiti particolari, richiedenti momentanee funzioni di cooperazione, tende ad inficiare la coesione del gruppo e quindi la sua capacità di agire e reagire unitariamente.

Le informazioni che il test sociometrico fornisce hanno un carattere esclusivamente descrittivo, che vanno interpretate e spiegate attraverso altre tecniche di ricerca, soprattutto per quanto riguarda l'identificazione delle cause individuali e sociali dei fenomeni descritti.

La tendenza a ridurre il sistema sociale ad un sistema di interrelazioni affettive porta, anche nel test sociometrico a sottovalutare l'importanza dei fattori socioculturali e socioeconomici, che condizionano le scelte e i rifiuti stessi. Questi sono determinati da una complessa interazione tra fattori affettivi, contrattuali funzionali, percettivi, istituzionali e culturali, che può dare luogo a risultati diversi in individui diversi.

I1 test sociometrico fornisce inoltre una prospettiva statica dei fenomeni che evidenzia: la vita del gruppo è colta in un determinato momento, senza tener conto dell'evoluzione storica che ha condotto a quanto si osserva nel momento stesso.

Le informazioni hanno un valore situazionale, non rappresentano infatti caratteristiche permanenti dell'individuo o del gruppo; ciò è provato dai diversi risultati che si possono ottenere da più somministrazioni del test allo stesso gruppo in momenti successivi della sua vita.

II^ Fase

Osservazione delle situazioni significative emerse in seguito alla lettura dei risultati del test sociometrico, mediante l'utilizzazione delle Categorie osservazionali di Bales opportunamente adottate per tale specifico impiego(17).

Analisi dei ruoli sociometrici

Dalla somministrazione del test sociometrico possono essere emersi dei "ruoli sociometrici" all'interno della classe:
LEADERS AFFETTIVI: persone con le quali si sta volentieri insieme, danno molto e chiedono poco, con le quali ci si diverte.
LEADERS FUNZIONALI: sanno lavorare con gli altri e far lavorare gli altri insieme; oppure sono esperti in particolari settori nei quali il gruppo è impegnato.
ISOLATI: individui che non scelgono e che non vengono scelti.
IGNORATI: che effettuano scelte ma non vengno ricambiati.
RIFIUTATI: coloro che ricevono un alto numero di rifiuti e che tendono generalmente a rifiutare molto.

Va ricordato che tali ruoli, caratteristici di alcuni alunni, non possono essere considerati come patologia individuale, ma più spesso possono indicare una modalità di funzionamento patologica dell'intero gruppo. Su questi compotamenti (ruolo sociometrici), che possono senz'altro indicare anche un disagio personale, influiscono comunque il "clima della classe", le modalità di interazione dell'insegnante con il gruppo classe, dei singoli alunni tra loro e del team dei docenti. Tuttavia, alcuni ruoli sociometrici emersi nella classe possono richiedere una ulteriore osservazione sistematica, rispetto ad alcuni parametri di interesse socio-affettivo-cognitivo per l'insegnante.

Viene proposto, quindi, uno strumento di osservazione di comportamenti interattivi riferiti ad alcuni parametri, ridotto e adattato dal lavoro di R.F. Bales sull'Analisi del processo Interattivo(18).

Per un periodo di tempo prestabilito (due settimane) e per un numero di osservazioni da condurre ogni giorno (tre volte), l'insegnante osserverà il comportamento di quegli alunni che rivestono dei particolari ruoli all'interno della classe (leaders, isolati, ignorati, rifiutati). Si suggerisce di:

  • utilizzare la scheda di osservazione per una settimana, in modo tale che l'insegnante-osservatore prenda familiarità con lo strumento, prima di passare alle due settimane di effettiva registrazione dei dati;
  • osservare non più di 5/6 soggetti per volta. Gli stessi studenti dovranno essere osservati per tutte e due le settimane stabilite, per tre volte al giorno;
  • utilizzare una griglia di osservazione per ogni insegnante che lavora con il gruppo classe. A1 termine del periodo di osservazione i docenti potranno confrontare i dati, registrati individualmente osservati.

I parametri scelti come oggetto di un'osservazione sistematica dei comportamenti degli alunni sono:

  • PARTECIPAZIONE
  • AUTONOMIA
  • CAPACITA' DI CRITICA E DI AUTOCRITICA
  • CAPACITA' DI COLLABORAZIONE
  • AGGRESSIVITA'

Questi parametri sono stati esplicitati attraverso delle categorie osservazionali di comportamenti interattivi modificate e integrate da R.F. Blase "Interaction Process Analysis"(19), che interessano due aree:

Area socioemotiva
Con comportamenti affettivi positivi
(categorie osservazionali 1-2-3)
Con comportamenti affettivi negativi
(categorie osservazionali 10-11-12-13)

Area del compito
Tentativi di risposta
(categorie osservazionali 4-5-ó)

Domande
(categorie osservazionali 7-8-9)

E' importante che l'utilizzazione di strumenti di osservazione sistematica venga preceduta dalla definizione di alcuni punti:

  1. per quali motivi si decide di osservare uno o più studenti
  2. quali obiettivi ci si propone di raggiungere
  3. quali ipotesi si possono formulare.

Ad esempio, ci si potrebbe essere resi conto che alcuni alunni presentano delle difficoltà relazionali e/o comportamentali che influiscono sul loro rendimento e su quello della classe (punto a). L'obiettivo potrebbe essere quello di individuare i comportamenti e le interazioni più disturbate, registrare la loro frequenza, intensità e durata (punto b). Una delle ipotesi da formulare e da verificare potrebbe interessare la sequenza con cui si sviluppa l'interazione e la reazione comportamentale: la risposta di X è sempre anticipata dal comportamento di avvicinamento di Y e Z, dalla risposta aggressiva di A e dal comportamento di allontanamento di B (punto c).

E' importante definire in anticipo come utilizzare dati e quali strategie per modificare la situazione in atto. Una programmazione più attentamente capillare sarà elaborata al termine dle periodo di registrazione.

Attenzione: è importante che interpretazioni e giudizi non vengano formulati fino a quando non si avrà un considerevole numero di osservazioni.

III^ Fase

Conduzione e supervisione delle dinamiche del gruppo-classe, al fine di favorire l'integrazione psicosociale dei soggetti più deboli e/o in difficoltà e l'educazione socio-affettiva del gruppo(20).

Infatti il gruppo, all'interno della scuola, si connota come una possibilità per gli alunni, ma anche per i docenti, di andare oltre le limitazioni imposte dalle esigenze istituzionali in quanto apre degli spazi di conoscenza di sé e dell'altro utilizzando in modo diretto la riflessione sull' esperienza di sé con l'altro.

Tale esperienza, investendo la persona "tutta intera" e non solo i suoi aspetti cognitivi, consente di entrare in contatto con quelle parti emozionali che talvolta, troppo in tensione, non danno l'opportunità di esprimersi al massimo delle proprie potenzialità. I1 gruppo di coetanei, attraverso il suo agire, è in grado di porre i ragazzi nella condizione di ascoltarsi e di prendersi cura l'uno dell'altro. Questo, da un lato, porta al consolidamento dell'immagine di sé (aumenta la fiducia nelle proprie capacità), dall'altro crea strumenti mentali atti al controllo del proprio e dell'altrui agire immediato; consolida, inoltre, l'abilità di entrare in contatto consapevole con se stesso e con il mondo circostante.

La motivazione a comprendere se stessi e i propri comportamenti ha un ruolo centrale in questo tipo di esperienza, perché significa potersi confrontare con aspetti di se stessi che possono rivelarsi anche molto spiacevoli, significa accettare la responsabilità mentale dei proprio sentimenti e delle proprie azioni. Poter tollerare anche la parte più distruttiva dell'emozione e della relazione consente infatti di riuscire provandolo a superare il dolore e il disagio che essa determina(21). Come vedremo più dettagliatamente nel paragrafo 3.1 del III° Cap. .

I1 riconoscimento di tali sentimenti e la tolleranza della loro espressione diminuiscono le necessità dei ragazzi di proiettare la loro ostilità sul gruppo dei pari e sull'istituzione scolastica in genere.

Attraverso stimoli adeguati da parte dei docenti i ragazzi imparano gradualmente a confrontari e a far diventare il loro gruppo una realtà.

Attraverso la garanzia agli allievi, da parte dei docenti, che l'esperienza del gurppo è una "cosa seria" ha uno spazio riconosciuto tanto quanto quello dato al tema o ad una lezione di matematica e non soltanto uno spazio liberatorio o ricreatiov si arriva alla trasformazione delle relazioni interpersonali e quindi del clima sociale della classe.

ASSE 3 - FAMIGLIA

I^ Fase
Conduzione di gruppi mensili a carattere informativo per docenti e genitori relativamente a tematiche riguardanti l'età evolutiva, quali:

  1. Caratteristiche dell'infanzia:
    • affettività e pensiero;
    • l'ingresso nella scuola elementare.
  2. I1 ruolo dell'adulto genitore nell'odierno contesto storico-sociale-culturale.
  3. Aggressività e comportamento aggressivo.
  4. Ansia e fobie, con particolare riferimento alla fobia della scuola.
  5. I1 ruolo dei genitori nell'istituzione scolastica.
II^ Fase
  • Conduzione di gruppi a cadenza quindicinale per i genitori di alunni portatori di handicap.
III^ Fase
  • Istituzione di gruppi di Cineforum per genitori e docenti.

ASSE 4 - ISTITUZIONE

I^ Fase

  • Consulenza per la stesura del P.E.C. (Piano Educativo di Circolo) e dell'attuale P.O.F. (Piano Organizzazione Offerta Formativa)
  • Consulenze alle Commissioni di lavoro su:
    • Continuità didattica e orientament
    • Educazione alla salute.
II^ Fase
  • Partecipazione ai G.L.H. D'Istituto e operativi e stesura delle relative relazioni.

III^ Fase

  • Promozione di attività di aggiornamento.
ASSE 5 - TERRITORIO

I^ Fase

Rapporti in rete con le strutture territoriali:

  • Scuole ed Istituti del Distretto.
  • Comune.
  • ASL.
  • Tribunale dei Minori.
  • Università.

II^ Fase

  • Partecipazione alle Commissioni di Lavoro promosse dall'Ufficio Studi e Programmazione del Provveditorato (G.L.H., Screening, Continuità...)

Commento agli assi

L'individuazione precoce dei soggetti a rischio di insuccesso scolastico avviene nelle ultime sezioni della scuola materna e, come monitoraggio e verifica, nelle classi I e II e della scuola elementare.

Seguendo l'ipotesi secondo la quale il processo di apprendimento è fortemente condizionato dalle esperienze educative affrontate dai bambini nella scuola materna, si indaga sulle abilità linguistiche e meta-linguistiche che fanno parte di quei requisiti indispensabili ai problemi secondari di comportamento e necessari all'apprendimento della letto-scrittura.

I protocolli valutativi utilizzati, una volta corretti ed elaborati vengono discussi e commentati con docenti e genitori ciò nella considerazione di variabili riguardanti la famiglia, l'alunno e la percezione dei problemi dell'alunno da parte degli insegnanti.

Le prime interviste alle famiglie di tutti gli alunni delle prime classi vengono svolte attraverso un questionario strutturato utilizzato come traccia. I1 colloquio ha una triplice funzione:

  1. creare un momento di "intimità" tra genitori e operatore scolastico che si connoti come accogliente non giudicante, di informativo del servizio Psicopedagogico attraverso il commento dei questionari;
  2. non disperdere informazioni preziose e soprattutto associarle a dei volti (la sola consegna dei questionari da completare a casa a cura delle famiglie sarebbe riduttiva dello scopo che esso si prefigge);
  3. creare una situazione "protetta" che consenta la verbalizzazione anche di notizie vissute come "segreti" da non poter condividere perché spesso considerate umilianti o pregiudizievoli per se stessi e i propri figli.

E' per tale motivo che pur tentando di motivare i genitori e socializzare con i docenti, attraverso l'operatore, tale informazione sugli alunni, viene comunque sempre garantito il segreto professionale.

I1 Conseling alle famiglie si connota come una sorta di struttura ponte tra i docenti, la scuola in senso lato e il servizio materno infantile, collaborando con il quale si abbreviano una serie di passaggi burocratici attraverso i quali spesso le famiglie si perdono, con conseguenti danni per i bambini. I1 successivo lavoro sui gruppi classe si pone l'obiettivo di coinvolgere direttamente i docenti relativamente alle problematiche degli allievi. Gli strumenti che vengono loro forniti e la possibilità che viene data loro di servirsene si collocano come una sorta di "spazio transizionale", tra la segnalazione e l'intervento dell'operatore. Uno spazio all'interno del quale elaborare le ansie, le fantasie di delega, assumere la responsabilità diretta della gestione della situazione problematica.

Quanto fin qui descritto può essere sintetizzato in un modello d'intervento "Tipo" da utilizzare come traccia(22).

Si tratta di strumenti semplici, attraverso i quali raccogliere e sistematizzare una serie di informazioni su tutti gli alunni, nella convinzione che una buona conoscenza delle singole situazioni, costituisca la base di ogni processo educativo e qundi di insegnamento-apprendimento.

Essi quindi si collocano all'interno di un modello di intervento che si pone come obiettivi generali la prevenzione di comportamenti a rischio e di disturbi di apprendimento; come obiettivi specifici la determinazione di un clima sociale sereno che motivi all'apprendimento e rinforzi i processi di autostima, il raggiungimento di obiettivi didattici almeno minimi, la valutazione in progresso dell'alunno e ne costituiscono, pertanto, solo un aspetto.

Modello di intervento

A) Rilevazione dei comportamenti degli alunni di 5 anni attraverso una scheda di osservazione ottenuta rielaborando la griglia di osservazione del bambino da 0 a 6 anni di Beller Kuno;
B) Rilevazione delle abilità raggiunte e delle eventuali disabilità presenti di tutti gli alunni in uscita dalla scuola materna, attraverso una sintesi delle prove del S.A.L.I. o altre concordate;
C) Rilevazione della "storia del bambino" attraverso la compilazione di una scheda anamnestica durante un colloquio con i genitori di tutti gli alunni in ingresso alla prima elementare;
D) Rilevazione dei prerequisiti esistenti attraverso prove di ingresso (Progetto Screening - Provveditorato agli Studi) o altro;
E) Conoscenza delle dinamiche spontanee del gruppo classe attraverso l'uso del "Test sociometro di Moreno";
F) Conoscenza delle possibili motivazioni che spingono gli elementi di un gruppo ad essere attratti da alcuni e rifiutarne altri, attraverso l'uso di uno strumento ottenuto dalla rielaborazione delle "categorie osservazionali di Bales";
G) Programmazione educativa e/o individualizzata;
H) Intervento sulla classe sul piano didattico attraverso la presentazione delle singole unità didattiche successivamente e sistematicamente verificate;
I) Presentazione di eventuali unità didattiche di recupero;
L) Intervento sulla classe sul piano educativo attraverso riunioni di gruppo settimanali o quindicinali che si strutturino come uno spazio e un tempo all'interno del quale i ragazzi sono invitati a sospendere l'azione per piuttosto "riflettere su".

Tali incontri, moderati e verbalizzati dai componenti del gruppo stesso, di cui i docenti sono solo dei partecipanti come tutti gli altri, hanno lo scopo di produrre un cambiamento favorendo la comunicazione interpersonale.

Nell'ambito di queste riunioni possono essere utilizzate delle tecniche-gioco che oltre a favorire il processo comunicativo rinforzano i processi di autostima:

M) valutazione attraverso la costruzione di una scheda alternativa a quella attualmente a regime, frutto della sintesi di prove di verifica somministrate in seguito alla presentazione delle singole unità didattiche e a conclusione dei quadrimestri. All'interno di essa si evidenziano chiaramente quali sono stati gli obiettivi completamente raggiunti (si), quelli raggiunti solo parzialmente (i.p.) oppure quelli non raggiunti (no).


2.3. Scuola media

di Maurizio Matteini

L'apporto psicopedagogico nella scuola media si inserisce in una fascia d'età di radicale trasformazione psico-fisica: la preadolescenza e l'adolescenza.

Si tratta di un periodo che ha limiti cronologici imprecisati, caratterizzato da trasformazioni profonde sia fisiche che psichiche; è spesso descritto come una rottura dolorosa con il mondo dell'infanzia, che si traduce in atteggiamenti contraddittori, incostanti e conflittuali, in nuovi rapporti che l'adolescente stabilisce con i genitori, i compagni, il proprio corpo. Proprio tale frattura segna l'avvio del processo di maturazione che conduce all'acquisizione di una identità adulta.

In primo luogo dobbiamo considerare le profonde modificazioni fisiologiche della pubertà, sia sessuali che generali; tali trasformazioni sono, oltretutto, ineguali per intensità ed irregolari nella loro cronologia.

Gli adolescenti si trovano quindi a dover riorganizzare la propria immagine corporea ed a riconsiderare la percezione di sé: è frequente osservare in essi una esagerata preoccupazione per il proprio aspetto fisico, espressione del timore di essere imperfetti, inadeguati.

Sul piano psicologico le preoccupazioni intorno al proprio corpo si traducono in domande inquietanti sulla propria identità. Ecco allora che gli atteggiamenti prevalenti, quelli di chiusura in se stessi, di "egoismo", di entusiasmi alternati a stati di profondo abbattimento ed insicurezza.

Un aspetto peculiare è la contraddittorietà e la tumultuosità di ogni manifestazione che dipende dal processo, in gran parte inconscio, di strutturazione della personalità. In questa fase evolutiva, come ci ricorda Philippe Jammet in "Psicopatologia dell'Adolescenza" L'adolescente si trova alla frontiera fra due mondi : uno è rappresentato da quegli adolescenti che possiedono, a livello del loro spazio interno, risorse sufficienti a gestire i conflitti in modo relativamente autonomo e l'altro è costituito da quegli adolescenti le cui difficoltà hanno essenzialmente una espressione comportamentale che si avvale dell'ambiente o scarica su di esso. In questi casi gli interventi sono mirati a placare i loro conflitti e dare la possibilità' di elaborarli per favorire un recupero o un invio per un trattamento psicoterapeutico.

L'adolescente, si trova, quindi ad utilizzare o le proprie potenzialità' e scegliere quella che gli assicuri un mantenimento sufficiente della stima di sé e che gli possa permettere un soddisfacente scambio con gli altri; oppure una direzione diversa che lo porti a sviluppare condotte di negazione e svalutazione del proprio Sé; fino ad annullare e a non riconoscere le proprie reali potenzialità'. Secondo Spitz l'adolescenza può essere considerata un momento in cui l'individuo organizza il proprio apparato psichico: è il periodo in cui riaffiora il mondo interno del bambino. Il periodo adolescenziale è caratterizzato dalla configurazione della realtà' interna ed esterna. Le risposte all'ambiente sono il frutto delle elaborazioni di contenuti infantili e delle determinanti genetiche.

L'apporto educativo risulta essere fondamentale in quanto l'Io, non ancora strutturato, ha bisogno di punti di riferimento, attraverso quali possa giungere ad una mediazione tra il mondo interno e quello esterno. Già Anna Freud, per il recupero degli adolescenti, suggeriva una posizione flessibile, in cui risultassero interventi educativi da parte della famiglia, della scuola ed inoltre auspicava l'impiego di operatori ausiliari.

Va rilevata inoltre la facilita' con cui compare, nell'età adolescenziale, una certa disarmonia. I progressi nei differenti campi non sono sincroni e così, per esempio, una precocità intellettuale può accompagnarsi ad un certo grado di ritardo affettivo, oppure si osserva la capacità di instaurare una solida relazione affettiva con un partner in personalità non ancora mature. Vi è una sorta di sviluppo a mosaico per la discordanza tra le diverse linee di maturazione.

Il faticoso e complesso processo di elaborazione è reso ancor più problematico dagli innumerevoli stimoli, spesso ambigui, della cultura contemporanea lontanissimi (culturalmente, socialmente, economicamente) dalle reali condizioni di vita dell'adolescente.

Il declinare dell'influenza dei genitori, necessario primo passo per sviluppare una autonomia adulta, lascia il campo al gruppo dei compagni (il gruppo dei pari) nel quale l'adolescente sente di poter essere accettato.

Il gruppo dei pari è caratterizzato da una forte unità, fondata sulla condivisione implicita di comuni ideali, continuamente ribadita attraverso il linguaggio.

Uno degli elementi di coesione del gruppo è costituito dal comune bisogno di rifiutare il modello genitoriale, di opporsi all'autorità, trasgredire le regole imposte dal mondo adulto. Tali trasgressioni frequentemente assumono il senso di veri e propri riti di iniziazione all'età adulta, correlati con l'ambito culturale e socioeconomico del quale gli adolescenti fanno parte.

Nel gruppo dei pari l'adolescente è implicato in relazioni con i coetanei dai quali riceve, da un lato, il necessario sostegno per incamminarsi e proseguire sulla via di una rielaborazione di sé, dall'altra una pressione ad uniformarsi alla norma del gruppo, pena l'esclusione.

Dunque non solo rispetto alla propria famiglia, ma anche di fronte ai compagni, l'adolescente si trova a dover continuamente riconsiderare il proprio ruolo, la propria dipendenza e la propria autonomia.

Anche la scuola rappresenta un terreno importante ove l'adolescente misura se stesso attraverso il rapporto con insegnanti e compagni, che hanno delle precise attese nei suoi confronti.

L'apporto psicopedagogico è una modalità d'approccio educativo e di integrazione sociale, nato dalle esigenze dei programmi scolastici de '79. Le nuove modalità di apprendimento sono centrate non soltanto ad una trasmissione del sapere, ma anche e soprattutto alle esigenze del discente. Nei nuovi programmi come ci ricorda Renzo Titone nel suo libro "Psicodidattica" si cerca di integrare L'Istanza Logica (sistematicità del contenuto) e l'Istanza Psicologica ( adeguamento ai bisogni e alle attitudini del singolo allievo).Si trasferisce l'accento dall'oggetto al soggetto, dall'essenziale all'esistenziale, dal logico allo psicologico.

In questa ottica educativa,l'allievo non è più visto come un contenitore di cultura, come elemento fortemente umanizzato e portatore di una propria esperienza. Il processo di apprendimento è la risultante delle dinamiche relazionali ed emozionali che ogni manifesta nella comunità educante.

Nei nuovi programmi è contemplata, infatti, la valorizzazione delle problematiche psicologiche all'interno dei processi di apprendimento e socializzazione. In questo contesto che lo psicologo scolastico opera mettendo a disposizione metodologie, strumenti e competenze, necessarie per promuovere ed armonizzare lo sviluppo del processo evolutivo e formativo.

Gli interventi educativi devono pertanto necessariamente tenere conto di tali complessi passaggi.

Gli ambiti specifici in cui opera principalmente lo psicopedagogista/psicologo dell'educazione nella scuola media, possono così essere specificati ed analizzati nei seguenti assi:

ASSI 1 e 2 ALUNNO/GRUPPO

I^ Fase

Interventi nelle classi su problematiche quali: apprendimento, socializzazione, motivazione ad apprendere

II^ Fase

Colloqui individualizzati e/o in piccoli gruppi: a richiesta dei ragazzi stessi o su segnalazione dei docenti.

Chi scrive, operando in qualità di psicopedagogista-psicologo presso una scuola media statale da diversi anni, ha potuto verificare che tale figura è diventata punto di riferimento all'interno della comunità scolastica: gli alunni possono essere ascoltati (decodifica del linguaggio come livello comunicativo ed esperenziale) avendo la possibilità di elaborare l'istanza psicologica (adeguamento ai singoli bisogni del discente) di cui parlava Titone: l'alunno non più oggetto ma soggetto esistenziale. L'esperienza di questi anni ha fatto registrare l'85% di richieste spontanee da parte dei ragazzi di colloquio con la figura dello psicologo della scuola.

Per l'altro 15% le segnalazioni vengono fatte dagli insegnanti. Di queste segnalazioni circa il 10% viene gestito all'interno della scuola il restante 55% viene inviato agli specialisti della A.S.L.

I Temi ricorrenti nei colloqui possono così essere sintetizzati:

  • Rendimento scolastico e scarsa motivazione allo studio.
  • Relazioni difficili all'interno del gruppo classe.
  • Problematiche affettive.
  • Difficoltà nel rapporto con i genitori e con gli insegnanti.

A tale proposito è utile sottolineare che l'integrazione dell'utente nel sistema scolastico passa anche attraverso una proficua comunicazione tra la scuola e la famiglia. Una positiva motivazione allo studio, all'impegno, e agli interessi, spesso dipendono da un equilibrato rapporto tra queste due componenti educative. I temi sovraesposti sono motivo di incontro con lo psicologo. I genitori possono far conoscere e conoscere il proprio figlio in un ottica relazionale e dinamica qual è quella scolastica.

III^ Fase

Orientamento:

  1. Intervento nelle classi.
  2. Colloquio individualizzato o in piccolo groppo.
  3. Sportello di orientamento.

L'orientamento nella scuola media verrà analizzato in modo dettagliato nel capitolo delle "Esperienze Operative"

ASSE 3 DOCENTI

I^ Fase

Continuità didattica scuola media superiore

II^ Fase

Continuità didattica elementare-media

Incontri con gli insegnanti delle scuole del territorio, su temi quali l'inserimento, la socializzazione, il rendimento scolastico degli alunni provenienti dalle elementari.

III^ Fase

Nel rapporto con gli INSEGNANTI e con IL CAPO DI ISTITUTO, l'accettazione e la richiesta della presenza dello psicopedagogista- psicologo è da ritenersi tra gli obiettivi primari per l'attivazione di qualunque tipo di intervento: una sorta di analisi della domanda da parte dell'istituzione scolastica. La combinazione di interventi e strategie didattiche e psicopedagogiche è alla base di un proficuo rapporto di cooperazione, in cui si operi, ciascuno per sue competenze, per ottimizzare l'integrazione e i processi di apprendimento.

IV^ Fase

Valorizzazione delle trasmissioni cognitive dei singoli insegnanti, cercando di leggere e far emergere le istanze emozionali connaturate ai rapporti educativi.

ASSE 4 ISTITUZIONI

I^ Fase

Gruppo Lavoro Handicap (GLH) costituito da: capo di istituto, insegnanti curriculari, insegnante di sostegno, operatore A.S.L, genitori e psicologo della scuola. In questa sede si elaborano delle strategie di intervento relative agli alunni portatori di handicap.

II^ Fase

Prevenzione del disagio con il coinvolgimento degli as. Sociali e degli psicologi.

III^ Fase

Educazione sanitaria e sessuale in collaborazione con il medico scolastico (vedere esperienze e proposte operative)


2.4. Scuola superiore

di Paola Marinelli


L'esperienza di "osservatorio" presso lo sportello C.I.C. induce a finalizzare il presente modello ad un'attività di supporto particolarmente necessaria su una utenza che evidenzia problematiche connesse al rischio droga (consumo e diffusione), di tipo familiare (abbandono, violenza, assenza, coercizione), problematiche psicologiche anche gravi (deficit di apprendimento, blocchi evolutivi, anoressia, disturbi borderline, fenomeni di disadattamento e squilibrio transitorio).

L'intervento è conseguentemente e parallelamente rivolto anche a docenti e a genitori.

Obiettivi:

L'obiettivo iniziale è quello di costruire una cultura della consultazione psicopedagogica, non deformata da pregiudizi (chi va dallo psicologo è "strano", "debole", "malato") e dal "passaparola" dei ragazzi che spesso identificano chi offre questo servizio col medico o con lo "strizzacervelli" visto talvolta come un manipolatore del pensiero altrui, un intruso mentale; in secondo luogo si è inteso intervenire su situazioni di disagio e di cattive dinamiche interpersonali nei gruppi classe, su richiesta da parte di allievi e/o insegnanti, con offerta di supervisione e sostegno; coinvolgimento dei genitori in un progetto di in-formazione e di autoaggiornamento sui problemi più attuali e da essi più sentiti; infine fornire ai docenti strumenti teorico-pratici è stato il modo per affrontare le dinamiche relazionali individuali e di gruppo che caratterizzano il loro lavoro con le classi, con i colleghi, con i genitori, ampliando il più possibile la consapevolezza dei propri vissuti e la capacità di gestire processi cognitivi ed emozionali che sempre si innescano in chi esercita questa professione.

ASSI 1 e 2 ALUNNO/GRUPPO

I^ Fase

Incontri con le prime classi cui si forniscono informazioni sul servizio offerto;

II^ Fase

Si raccolgono pareri e richieste al fine di articolare adeguatamente l'intervento operativo;

III^ Fase

Incontri con le seconde classi e successivamente con le prime, per discutere problemi relativi a finalità, metodi di studio, tecniche di contrattazione con gli insegnanti, relazioni con i compagni di classe

Metodologia di lavoro:

ASSI 1 e 2 ALUNNO/GRUPPO

I^ Fase

Incontri con le prime classi cui si forniscono informazioni sul servizio offerto

II ^ Fase

Si raccolgono pareri e richieste al fine di articolare adeguatamente l'intervento operativo;

III^ Fase

Incontri con le seconde classi e successivamente con le prime, per discutere problemi relativi a finalità, metodi di studio, tecniche di contrattazione con gli insegnanti, relazioni con i compagni di classe, rapporti con i genitori.

ASSE 3 DOCENTI

I^ Fase

Attivazione di corsi di formazione e approfondimento, relativamente a:

  1. teoria e pratica della comunicazione;
  2. organizzazione di gruppi di informazione e ascolto con conduzione dinamica sulle problematiche più urgenti

II^ Fase

Gestione del disagio adolescenziale

III^ Fase

Vecchie e nuove droghe e comportamenti a rischio.

ASSE 4 ISTITUZIONI

I^ Fase

Gruppo Lavoro Handicap (GLH) costituito da: capo di istituto, insegnanti curriculari, insegnante di sostegno, operatore A.S.L., genitori e psicologo della scuola. In questa sede si elaborano delle strategie di intervento relative agli alunni portatori di handicap.

II^ Fase

Prevenzione del disagio con il coinvolgimento degli as. Sociale degli psicologi.

III^ Fase

Educazione sanitaria e sessuale in collaborazione con il medico scolastico (vedere esperienze e proposte operative)

2.5. Alcuni strumenti e modalità di intervento

di Mirella Benedetto

Metodi, strumenti e sistemi teorici di riferimento sono impostati su di un approccio multimodale, dovendosi adattare ad utenti e situazioni differenti sulla base delle loro aspettative e necessità.

Si sono alternate esposizioni teoriche e situazioni esperienziali di tipo formativo, per consentire l'acquisizione di atteggiamenti, competenze e abilità che siano nella direzione degli obiettivi su cui di volta in volta si lavora.

Si utilizzano fra l'altro tecniche mutuate dalla psicologia del campo di K. Levin, dalla psicologia della Gestalt (Pearls), la teoria gruppo analitica (Faulkes-Bion), la teoria cognitivo-comportamentale, tecniche Gordoniane di Bioenergetica, di rilassamento, di drammatizzazione, giochi di gruppo sulla comunicazione e role playing.

2.5.1. Nel dettaglio

  • Utilizzo di schede d'ingresso per i bambini di 5 anni, prima elementare, prima media, prima superiore.

    Prove collettive (Bonistalli e prove B.A.S.E. di abilità primarie) e prove individuali (S.A.L.I.).

    Prove per la valutazione della maturità logica al livello verbale (Foucault).

  • Costruzione di mappe concettuali al fine di:
    1. sviluppare la consapevolezza dei significati, comprendere il ruolo dei concetti e le relazioni tra i concetti stessi;
    2. isolare concetti e parole legame, attribuendo loroimportanza nel nostro linguaggio e ruolo diverso nella comunicazione dei significati;
    3. visualizzare i concetti e il loro ordine gerarchico.
  • Utilizzo di check list per acquisire dati rispetto a:
    1. relazionalità e partecipazione;
    2. atteggiamento nei confronti delle esperienze scolastiche;
    3. esperienze, conoscenze, abilità e modi dell'apprendere.
  • Uso della tecnica del problem solving al fine di:
    1. migliorare i rapporti interpersonali;
    2. aumentare i comportamenti funzionali nelle situazioni/task difficili negli alunni che presentano uno scarso rendimento scolastico.
  • Screening sugli aspetti affettivi e relazionali attraverso il disegno nella sua valenza proiettiva (famiglia, casa, giochi), il reattivo Wartegg, sociogramma di Moreno e il colloquio individuale non strutturato.

Relativo ai Docenti:

  • Uso della tecnica del "Circle Times" per favorire la relazione insegnanti-gruppo classe e per permettere ai bambini di esprimersi su problemi con particolari valenze emotive; uso della check list come supporto agli insegnanti curriculari per l'individuazione di caratteristiche comportamentali negli alunni dislessici.
  • Rilevazione di una situazione di partenza di multiculturalità.
  • Costruzione di un curriculum finalizzato ad individuare un canale di comunicazione sia sul piano linguistico (utilizzo di un vocabolario illustrato) sia sul piano antropologico-culturale (confronto di vissuto personale del bambino immigrato e della sua cultura di appartenenza con la cultura italiana).

Relativo alle famiglie:

  • Costruzione di un questionario finalizzato a conoscere: la composizione del nucleo familiare, il tempo e la quantità dei rapporti intercorrenti tra il bambino e i membri del nucleo d'appartenenza.
  • Approccio con le famiglie per incontri sistematici.


2.5.2. Strumenti e modalità di verifica intermedi e finali

Relativi agli alunni: utilizzo di prove M.T. (Cornoldi) sulla lettura strumentale, approfondita ed estetica del testo (dalla 1^ alla 5^ elementare); costruzione di prove e griglie di verifica per l'area logico-matematica (in collaborazione con gli insegnanti).

Le prove possono essere collettive e/o individuali, in relazione alle situazioni contingenti.

Relativi agli insegnanti: costruzione del sociogramma di Moreno atta ad evidenziare le dinamiche del gruppo-classe, che permetta così la formazione di gruppi funzionanti sul piano affettivo e cognitivo; incontri cadenzati con gli operatori socio-sanitari per l'aggiornamento dei piani d'intervento per gli alunni portatori di handicap e per quelli che presentano problemi caratteriali e comportamentali.


DISCUSSIONE

Paola Marinelli

A conclusione di questa rassegna di esperienze condotte nei diversi ordini di scuola ci sembra utile soffermarci su alcune riflessioni.

La prima riguarda il "filo rosso" che unifica le esperienze presentate: un impianto analogo per differenti contenuti che ha visto nella prevenzione primaria e secondaria un sorta di grande contenitore all'interno del quale articolare i vari progetti.

L'altra riflessione riguarda l'opportunità e quindi l'abilità, di creare e di stabilire delle relazioni nel contesto istituzionale, le cui caratteristiche psicologiche espresse dalle regole, dalle prassi, dalle generazioni di insegnanti, dalle abitudini mentali acquisite dai genitori dei ragazzi, sono molteplici. L'entrare in relazione con queste soggettività implica la necessaria considerazione storica del contesto, inteso come insieme di esperienze differenti che emergono spontaneamente e che, una professionalità consapevole deve essere in grado di ascoltare decodificando domande esplicite e bisogni reali inespressi, a volte in opposizione con quanto palesemente manifestato.

Sapere interpretare, decifrare, trasformare in domanda un comportamento confuso, definisce infatti la competenza dell'operatore.

D'altro canto solo questo non è sufficiente, in quanto determinerebbe una condizione di isolamento della scuola rispetto alle strutture territoriali. Infatti ogni istanza istituzionale è portatrice di una propria "idea" sul concetto di educazione e si riferisce a differenti modelli psicologici dei rapporti educativi.

Riuscire a far dialogare le diverse componenti istituzionali in modo sinergico e costruttivo, dipende dalla capacità di incidere sulla situazione territoriale creando una rete di interventi. Disporsi nei confronti dei fenomeni umani e sociali secondo una dimensione gruppale, nasce dalla consapevolezza che non si posso o affrontare i problemi secondo un'ottica individuale ma circolare. Una realtà di modelli e di comportamenti che investono l'intera istituzione scolastica e che vanno necessariamente messi in una relazione dialettica.

Una terza riflessione è relativa alla consulenza ai docenti sui progetti di recupero delle abilità residue nei soggetti portatori di handicaps.

Dovendo definite l'handicap lo potremmo caratterizzare, secondo quanto sostenuto da molti autori, come un danno (avvenuto in fase pre-peri o post-natale) che provoca una menomazione stabile nelle condizioni psicofisiche del soggetto.

La persona in quanto portatrice di handicap diviene oggetto di un processo di emarginazione. La doppia connotazione medico sociale della definizione dell'handicap impone che l'intervento si articoli sempre sui due piani: tecnico-sanitaria o politico-sociale. Nella consapevolezza che ciò è possibile solo attraverso un intervento ambientale didattico qualificato, in ogni progetto è infatti necessario dare consistenza e pertinenza all'azione educativa nell'ambito delle potenzialità cognitive, al fine di strutturare comportamenti stabili ed efficaci.

Quindi, nell'educazione della persona handicappata, il concetto di individuazione va considerato come qualcosa di più "del dare obiettivi diversi a bambini diversi", ma cercare di arrivare ad una individuazione di ordine superiore.

Un'ultima riflessione va fatta nei confronti delle aree di competenza e indicazioni qualitative sul ruolo professionale esercitato.

Sulla prima tematica due sono le principali aree di competenza indicate.

La prima consiste in un enorme lavoro di contenuto tecnico-organizzativo tra docenti e operatori del territorio (A.S.L. Enti Locali, ecc.), all'insegna della mediazione tra le varie istanze istituzionali.

La seconda consiste in un lavoro di consulenza, organizzazione e realizzazione dell'aggiornamento e della formazione dei docenti nonché della sensibilizzazione delle famiglie. Ciò comporta una doppia capacità: saper leggere i reali bisogni di tale utenza e saper trovare gli strumenti più idonei a rispondere adeguatamente a quei bisogni utilizzando tutte le risorse presenti sul territorio, ma anche coordinandoli in un piano complessivo ben strutturato.

Per ciò che riguarda poi l'aspetto qualitativo del ruolo professionale svolto, le indicazione fornite sono ampie anche se non sempre collimanti. Esse comunque si caratterizzano nell'affermare che esiste uno specifico ruolo professionale dal taglio spiccatamente psicologico che ha condotto in questi anni un serio e capillare lavoro all'interno dei vari ordini di scuola.



(1) Vedi: Ddl. 2967/97 artt. 2 e 3, Ddl. 3345/98 art. 3.

(2) Legge 162/90.

(3) Legge 104/92.

* La stesura di questo paragrafo è stata possibile grazie alla disponibilità della dott.ssa S. Presutti, che ha messo a disposizione degli Autori una serie di "Progetti specifici" da Lei elaborati nel corso degli anni.

(4) Cfr. AA.VV., "Nuovi Orientamenti dell'attività educativa nelle Scuole Materne statali", Editrice La Scuola, Brescia, 1991. "La famiglia, pur nella varietà delle sue attuali configurazioni, presenta due connotazioni particolarmente ricorrenti e rilevanti, costitutite dalla persistente tendenza alla nuclearizzazione e dall'affermazione del nuovo ruolo sociale della donna. Tale contesto include elementi che possono favorire una migliore realizzazione personale, aumentare il grado di responsabilizzazione dei genitori, consentire una migliore capacità di lettura, comprensione e soddisfazione dei bisogni e delle esigenze dei bambini, incoraggiare una più condivisa accettazione dei compiti, riscoprire e rivalorizzare ruoli e funzioni di tutti i comportamenti del nucleo familiare. Al tempo stesso, tuttavia, può comportare vissuti di incertezza e di ansia, atteggiamenti di chiusura e di isolamento, riduzione della gamma dei rapporti e delle relazioni, limitazioni, limitazione degli spazi di movimento e di autonomia, più prolungati tempi di assenza degli adulti significativi. La coesistenza di scenari così profondamente diversificati e contrastanti impegna quindi la scuola a svolgere un ruolo di attiva presenza, in collaborazione e in armonia con la famiglia, per la piena affermazione del significato e del valore dell'infanzia secondo principi di uguaglianza, libertà e di amorevole solidarietà. (D.M. 3 giugno 1991, I. 2. pag.11.)

(5) IBIDEM, "La personalità infantile va inoltre considerata nel suo essere e nel suo dover essere, secondo una visione integrale che miri allo sviluppo dell'unità inscindibile di mente e corpo" (I. 3. pag. 12).

(6) IBIDEM, "La scuola dell'infanzia accoglie ed interpreta la complessità dell'esperienza vitale dei bambini e ne tiene conto nella sua progettualità educativa in modo da svolgere una funzione di filtro, arricchimento e valorizzazione nei riguardi delle esperienze extrascolastiche, allo scopo di sostenere il sorgere e lo sviluppo delle capacità di critica, di autonomia del comportamento e di difesa dai condizionamenti" (I. 4. pag. 13).

(7) Tali strumenti sono il frutto del lavoro delle psicopedagogiste dei circoli 78° (Nevi l Costa), 105° (Anna Lombardi), 162° (Ester di Rienzo), 126° (Maria Saraceni). La riformulazione che presentiamo è frutto di un lavoro d'equipe, eseguito con la collaborazione del PAS (Pontificio Ateneo Salesiano). Scheda di osservazione sui comportamenti interattivi degli alunni di 5 anni, frutto dell'esperienza professionale della psicopedagogista del 62° Circ. di Roma, Paola Marinelli, e attualmente in corso di utilizzazione.

(8) IBIDEM, III. 2. pag. 36.

(9) IBIDEM, III. 2, pag.33.

* Si ringraziano le terapiste della riabilitazione (A. Tuozzi e D. Presentini) nonché l'assitente sociale F. Palazzo e i genitori del 71° Circolo per aver messo a disposizione degli autori il progetto d'intervento.

(10) Daniel Marcelli "Psicopatologia del bambino", Ed. Massani 1996.

(11) M. Klein, Eimann P., Money Kyria (a cura di), Nuove ere della psicoanalisi, Il foggiatore, Milano, 1971.

(12) In D. Brown - L. Zinkin (a cura di), Winnicott, Colloqui terapeutici con i bambini, Armando, Roma, 1983.

(13) Cortona, Milano, 1996, Bion, Esperienze nei gruppi ed altri saggi, Armando, Roma, 1991.

(14) Secondo S. Foulkes, l'essenza dell'uomo è sociale non individuale. I processi psicologici interattivi che hanno luogo in un gruppo coinvolgono gli individui in modi e secondo costellazioni specifiche diversi: "così come la mente dell'individuo è un complesso di processi interattivi (matrice personale), i processi mentali interagiscono nel concerto del gruppo (matrice di gruppo)". (1973). La matrice di gruppo è la base operativa di tutte le relazioni. "Come il neurone è sospeso nel sistema nervoso, così l'individuo è sospeso nella matrice di gruppo", reagisce e risponde sempre come un insieme.

(15) La psiche e il mondo sociale.

(16) E. De Grada E., Appunti di metodologia della ricerca sociale, Bulzoni, Roma, 1972.

(17) E. De Grada, "Metodologia della Ricerca psicologico-sociale", Bulzoni 1972.

(18) Riadattamento a cura di P. Marinelli e E. Rosci, "Continuità didattica nella scuola Elementare", Roma, 1990.

(19) Cfr. E. De Grada, "Appunti di metodologia della ricerca sociale", Bulzoni, Roma, 1972.

(20) Cfr. W. Bion : "Ogni gruppo, per quanto causale, si riunisce per "fare" qualcosa; nell'esplicare questa attività le persone cooperano ognuna secondo le proprie capacità. Questa cooperazione è volontaria e si basa su un certo grado di abilità intellettuale del singolo. La partecipazione a un'attività di questo tipo è possibile solo a persone con anni di esercizio e che siano sviluppate intellettualmente per la loro disponibilità ad apprendere dall'esperienza. Dal momento che questa attività è collegata a un compito, essa è fondata nella realtà, i suoi metodi sono razionali e pertanto, sia pure in forma embrionale, scientifici.
[......] Il gruppo affronta questo ostacolo elaborando una caratteristica cultura di gruppo. Uso l'espressione "cultura di gruppo" in modo molto estensivo; vi includo la struttura che il gruppo raggiunge nei vari momenti, le attività che svolge e l'organizzazione che adotta.
[.......] L'attività del gruppo di lavoro è ostacolata, deviata e talvolta favorita, da certe attività mentali che hanno in comune l'attributo di forti tendenze emotive. Queste attività, a prima vista caotiche, acquistano una certa strutturazione se si ammette che esse derivano da alcuni assunti di base comuni a tutto il gruppo."(1961).

(21) Cfr. G. Lo Verso, Clinica della gruppoanalisi e psicologia, Bollati, Boringhieri, Torino, 1989.

(22)Il presente materiale è il frutto dell'esperienza condotta come operatore psico-pedagogico da Paola Marinelli nel corso di sei anni, in diverse scuole: 44° Circolo - G.B. GRASSI - Fiumicino e 62° Circolo "G. FRANCESCHI" Roma, due realtà diverse e complesse. All'elaborazione del presente materiale hanno collaborato insegnanti di classe, insegnanti di sostegno, sia di scuola elementare che materna (anche comunale) e medici scolastici.


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