PSYCHOMEDIA
Telematic Review

Dalle Rubriche di Paolo Migone
"Problemi di Psicoterapia
Alla ricerca del 'vero meccanismo d'azione' della psicoterapia"
pubblicate sulla rivista

 

Il Ruolo Terapeutico, 1997, 74: 31-34

Un esempio di metodologia di ricerca in psicoterapia: il modello "quadrante" della SASB di Lorna Benjamin
 

Paolo Migone
Condirettore della rivista Psicoterapia e Scienze Umane

 

In questa rubrica voglio descrivere brevemente uno dei tanti metodi usati nella ricerca in psicoterapia, il "modello quadrante" (circumplex model) di Lorna Benjamin, chiamato SASB. Riprendo così un tema, quello della ricerca in psicoterapia, toccato in mie rubriche precedenti del Ruolo Terapeutico (vedi ad esempio i numeri 50/1989, 51/1989 e 66/1994). Si può dire che l'occasione per questo mio scritto sia anche il breve scambio con Giampaolo Lai (vedi la mia rubrica sul n. 72/1996 e il suo intervento di risposta a pp. 31-33 del n. 73/1996), che ha portato a risentirci, e alla sua richiesta che io scrivessi un pezzo per la rivista Tecniche riguardante il recente convegno in Italia della Society for Psychotherapy Research (SPR), a cui lui non partecipò. Lo scritto che segue è infatti l'articolo che scrissi per il n. 16 di Tecniche, e ringrazio Lai per il permesso di pubblicarne qui una versione.

Il 4-7 settembre 1996 a Villa Erba (Cernobbio, Lago di Como) si è tenuta la 5th European Conference della Society for Psychotherapy Research (SPR), il primo convegno in Italia della SPR, la organizzazione internazionale, fondata circa 30 anni fa, che raccoglie i ricercatori in psicoterapia di tutti gli orientamenti teorici (avevo accennato a questo convegno alla fine della mia rubrica del n. 72/1996). E' stato un evento quindi importante, caratterizzato dalla piacevole sorpresa di vedere la partecipazione di molti italiani (circa 200), segno che il problema dello studio empirico del risultato e del processo della psicoterapia è sempre più sentito anche nel nostro paese (anzi, più nel nostro che in altri paesi, se si pensa che un simile convegno tenuto alcuni anni fa in Francia è stato quasi disertato dai colleghi francesi - ma si sa che la cultura psicoanalitica in Francia è sempre stata tradizionalmente refrattaria a questi discorsi).

Pochi mesi prima era stata fondata da alcuni colleghi la sezione italiana della SPR (la SPR-Italia), promossa dal gruppo milanese che fa capo a Salvatore Freni e da un gruppo romano (Freni, professore associato di Psicoterapia all'Università di Milano, è stato eletto Presidente; Antonio Semerari, del Centro di Psicoterapia Cognitiva di Roma, Vice-presidente; Paolo Azzone, di Milano, Segretario; Alessandra Gabrielli, sempre di Milano, Tesoriere; Andrea Seganti, psicoanalista di Roma, Coordinatore delle attività scientifiche; e io Coordinatore delle relazione con le associazioni). Pochi mesi fa inoltre la SPR-Italia ha adottato la rivista Psicoterapia (diretta da Marco Casonato e pubblicata dall'editore Moretti & Vitali di Bergamo), quale suo strumento di collegamento (in seguito la SPR-Italia promuoverà una propria rivista, Ricerca in psicoterapia). Alla prima riunione dei soci di SPR-Italia, tenuta a Roma il 20-10-96, è stato deciso di includere nella quota di iscrizione annuale, che comprende l'abbonamento a Psicoterapia, anche l'iscrizione alla SPR internazionale, che a sua volta comprende l'abbonamento alla rivista Psychotherapy Research, organo ufficiale della SPR; è stato deciso inoltre di tenere il primo congresso nazionale di SPR-Italia all'Hotel Astro di Tabiano (Salsomaggiore Terme, Parma) il 5-7 settembre 1997.

La organizzazione del convegno di Cernobbio (coadiuvata da Horst Kächele, di Ulm, per la parte scientifica) è stata a carico del gruppo milanese di Freni, in particolare di Alessandra Gabrielli, il cui prezioso lavoro è stato insostituibile per la riuscita di questa iniziativa.

Come ha detto Kächele al convegno parlando ad un incontro con i partecipanti italiani, la SPR è una associazione giovane, che si distingue per il fatto che fa il possibile per rimanere fuori dalle logiche accademiche e "di potere" tipiche di molte altre organizzazioni scientifiche, le quali sono caratterizzate per esempio dalla qualifica professionale o dalla appartenenza istituzionale. Alla SPR invece fanno parte indifferentemente medici, psicologi, pedagogisti, filosofi della scienza, assistenti sociali, sociologi, matematici, esperti in statistica, economia sanitaria, ecc.: quello che accomuna tutti è l'interesse per i problemi comuni, il modo con cui affrontarli, riguardo al funzionamento della psicoterapia nel suo complesso. Passano dunque in secondo piano non solo le appartenenze istituzionali (del tipo "io faccio parte della tale associazione psicoanalitica e tu no") ma anche quelle teoriche: alla SPR si ha la piacevole sensazione che non interessi a nessuno sapere se sei uno psicoanalista, un cognitivista, un rogersiano, ecc., quello che interessa è il problema che affronti, sul quale intervengono tutti. Questo è possibile anche perché tra i ricercatori è ben noto che spesso in psicoterapia quello che si fa non corrisponde a quello che si dice di fare o alla teoria che si dice di professare, per cui si creano interessanti alleanze trasversali. Devo dire che, avendo partecipato non solo a questo ma anche ad altri convegni della SPR, l'aria che vi si respira è effettivamente diversa: vi è uno spirito giovane, egualitario, entusiasta, una passione per la ricerca, una curiosità per i lavori fatti da altri, che in sede di discussione non raramente vengono criticati, anche duramente, senza mai mettere in dubbio che questo è il regalo maggiore e il più grande segno di stima per i colleghi. I ricercatori più anziani, con decenni di esperienza alle spalle (a volte del calibro di Strupp, Orlinsky, Howard, Kächele, Clarkin, ecc.), stanno pazientemente ad ascoltare le relazioni dei colleghi più giovani, dando poi consigli utili per continuare nel percorso compiuto. Netta quindi è la differenza da certi congressi accademici, dove molto spesso non è il contenuto delle relazioni che conta, ma il posto occupato dal relatore nella gerarchia di potere, la passerella dei soliti cattedratici (tipo "balletto di mummie", come una volta si espresse in modo colorito un mio amico).

Non è facile raccontare cosa è emerso da questo convegno, perché purtroppo (ma questo costituisce anche uno degli aspetti intriganti di questo campo) esistono molteplici linee di tendenza, difficilmente riassumibili in poche righe. Questo convegno ha un po' riflesso, come altri convegni della SPR, lo stato dell'arte della ricerca in psicoterapia, oggi per esempio prevalentemente orientato più allo studio del "processo" (process) che del "risultato" (outcome), nel senso che, ormai già da molti anni, ci si è spostati dallo studio delle differenze tra il prima e il dopo della terapia allo studio di quello che accade dentro a una terapia, dato che non ci serve conoscere le differenze tra uno stato A e uno stato B se non conosciamo assolutamente il processo psicoterapeutico successo nel frattempo e come sia possibile replicarlo.

Non posso dilungarmi qui su questi problemi perché occorrerebbe troppo spazio. Voglio però consigliare chiunque sia interessato ad avere una maggiore conoscenza sul panorama della ricerca in psicoterapia nel mondo, sulla storia di questo movimento di ricerca e sullo stato dell'arte in questo campo, a leggere un lungo articolo che ho scritto da poco (e che era disponibile anche ai partecipanti italiani al convegno di Cernobbio): "La ricerca in psicoterapia: storia, principali gruppi di lavoro, stato attuale degli studi sul risultato e sul processo", pubblicato come "Contributo richiesto" sulla Rivista Sperimentale di Freniatria, 1996, CXX, 2: 182-238, pubblicato anche su Internet nel sito della SPR-Italia, all'indirizzo http://www.psychomedia.it/spr-it/artdoc/migone96.htm (si veda anche il cap. 11 del mio libro Terapia psicoanalitica, Milano: Franco Angeli, 1995, dove in modo più succinto riassumo lo stesso tema, e la mia rubrica "Una breve storia del movimento di ricerca in psicoterapia" sul n. 66/1994 del Ruolo Terapeutico).

La SASB della Benjamin

Come ho detto prima, vorrei parlare qui, tra i tanti stimoli ricevuti a quel convegno, di una delle metodologie che ho potuto approfondire, la cosiddetta SASB, grazie ad uno workshop di Bill Henry (della University of Utah a Salt Lake City) organizzato appositamente.

Come è noto, vi sono molti modi per studiare la psicoterapia: c'è chi, come ad esempio Giampaolo Lai, utilizza l'analisi del linguaggio (che è un metodo tra i tanti), mentre altri studiano modelli appositamente formulati per fare ipotesi su quello che accade "dentro alla testa" dei pazienti o nelle loro relazioni con gli altri, dedicandosi quindi allo studio del processo. Vi sono tanti metodi per studiare quel "modello relazionale centrale", quella modalità ripetitiva di funzionamento, sia intrapsichico che interpersonale, che ciascuno parta con sé (e che ipoteticamente dovrebbe modificarsi con la psicoterapia); io ho elencato ben 17 metodi (vedi pag. 210 del mio articolo prima citato, oppure la nota 3 a pag. 194 del mio libro Terapia psicoanalitica). Il più famoso, e anche il più antico, è il CCRT di Luborsky, utilizzato ad esempio dal gruppo milanese di Freni (vedi i due libri di L. Luborsky, quello del 1984 Princìpi di psicoterapia psicoanalitica. Manuale per il trattamento supportivo-espressivo, Torino: Bollati Boringhieri, 1989, e quello di L. Luborsky & P. Crits-Christoph del 1990 Capire il transfert, Milano: Cortina, 1992). Il CCRT (Core Conflictual Relationship Theme) è uno strumento per studiare e "misurare" il transfert così come lo intese Freud. Un altro metodo è la "Diagnosi del piano" di Weiss & Sampson del San Francisco Psychotherapy Research Group, e così via (ho descritto dettagliatamente questi metodi nei miei lavori prima citati; per il gruppo di Weiss & Sampson, vedi anche le mie rubriche dei numeri 62/1993 e 68/1995 del Ruolo Terapeutico).

Anche la SASB (Structural Analysis of Social Behavior) è uno strumento per studiare la ipotetica struttura della personalità (gli aspetti interpersonali e "visibili" sono sempre dipendenti da una ipotetica struttura intrapsichica), un metodo più complesso dei precedenti e forse più interessante. La ricercatrice che agli inizi degli anni '70 lo perfezionò è Lorna Benjamin, seguendo le tracce di altri ricercatori che prima di lei si erano mossi nella stessa direzione.

Può essere curioso qui notare che uno di questi ricercatori, quello che si può considerare il vero padre della SASB, è Timoty Leary, la mitiga figura degli anni '60, molto famoso come attivista politico nel movimento della contestazione americana della West Coast (passò molto tempo in prigione sia per la sua opposizione alla guerra in Viet-Nam sia perché non nascondeva il suo uso di LSD, anche a scopi di studio essendo uno psicologo ricercatore; Leary, tra l'altro, negli anni '50 fu uno stretto collaboratore di Merton Gill con cui pubblicò importanti studi [Gill è un autore al quale io fui molto legato - vedi il mio articolo "Esiste ancora una differenza tra psicoanalisi e psicoterapia psicoanalitica?", Il Ruolo Terapeutico, 59/1992, e l'articolo di Gill del 1984). I più giovani, che sicuramente non potranno avere sentito parlare di Timoty Leary, forse ricorderanno che pochi mesi fa tornò ad occupare le pagine dei giornali perché avvicinandosi alla sua morte, essendo affetto da cancro, ed essendo impegnato nella battaglia per l'eutanasia, aveva organizzato provocatoriamente la sua "morte in diretta" su Internet.

Ebbene, la intuizione che ebbe Timoty Leary fu quella di studiare la personalità tramite un "modello quadrante" (circumplex model) basato sulla interazione simultanea di due assi. Nella SASB della Benjamin (che ha lievemente modificato l'asse verticale di Leary) questi due assi sono i seguenti: nell'asse verticale vi è Indipendenza (o Autonomia) in alto, e Dipendenza (o Coinvolgimento) in basso, mentre nell'asse orizzontale vi è Deaffiliazione (o Rabbia, Repulsione) a sinistra e Affiliazione (o Avvicinamento, Piacere) a destra (questi due assi non sono ascisse e ordinate, ma due linee che si incrociano al centro di un cerchio). Insomma, praticamente lo studio delle due coppie dialettiche di autonomia/dipendenza e odio/amore, intrecciandosi tra di loro (nel senso che per esempio vi sono modalità "buone" o "cattive" sia di autonomia che di dipendenza), porta a un cerchio, un modello circolare, visibile anche in forma grafica, in cui compaiono infinite gradazioni di questi due assi correlati direttamente a precisi comportamenti distribuiti tutt'intorno alla circonferenza del cerchio (ad esempio distruttività, oppressione, esplorazione, accettazione di sé, ecc.). Va ricordato che i contenuti di questi due assi possono variare a seconda delle aree che si intende studiare. Non solo, ma questo modello va applicato a tre diverse aree: focus sugli altri, su sé stessi, e sugli "introietti" (le modalità con cui gli altri hanno trattato il paziente che diventano poi quelle con cui il paziente tratta se stesso).

La base concettuale della SASB è vasta: a parte tutta la tradizione psicoanalitica, vi sono strette derivazioni da Sullivan (si pensi agli "introietti" delle figure parentali), a Murray (l'importante psicologo americano, uno dei maestri di Holt, che inventò il TAT, e che fu anche l'ispiratore del CCRT di Luborsky), a anche a vari autori di tradizione non dinamica, come Eysenck e altri. Come tante scale di valutazione, la SASB si propone di essere ateorica, cioè di poter essere utilizzata indipendentemente dall'orientamento teorico dell'esaminatore. Alla valutazione si può arrivare sia tramite un questionario autosomministrato, sia tramite una scala di valutazione del comportamento (in vivo, videoregistrato, ecc.), o tramite l'esame di dialoghi trascritti. Ad esempio, nel caso del questionario autosomministrato si sottopongono varie affermazioni al soggetto che deve descrivere se stesso "al suo meglio", cioè quando si immagina di essere nel suo momento migliore, e "al suo peggio"; la stessa cosa per le altre figure significative (partner ecc.), che devono essere descritte al loro momento migliore e poi peggiore. Si può anche chiedere di immaginare non solo il momento migliore e peggiore, ma anche quello usuale e quello ideale, cioè che vorrebbe avere. Infine si valuta allo stesso modo il soggetto nel momento in cui si relaziona con l'altro significativo. Esempi delle domande su di sé (8 in tutto) sono le seguenti: "Senza preoccuparmi o pensarci tanto, mi lascio andare a fare qualunque cosa mi piaccia", "Mi punisco biasimandomi e buttandomi giù", "Consapevole sia dei miei difetti che dei miei pregi, sono a mio agio nel vivermi 'così come sono'", ecc. Ognuna di queste affermazioni va valutata sia per quanto riguarda il "momento peggiore" che quello "migliore" di noi stessi, e in entrambi i casi va dato un punteggio da 0 a 100. Altre domande, che qui non sto a riportare, riguardano la valutazione della figura significativa (16 affermazioni), e altre 16 affermazioni su di noi nel momento in cui ci rapportiamo con la figura significativa.

Le implicazioni di questo modello sono molte. Tra le varie implicazioni, un pattern elicita quello complementare (ad esempio, "controllo amichevole" elicita "affidamento fiducioso"), e, a livello terapeutico, si può "destabilizzare" (cioè cambiare) il paziente adottando comportamenti antitetici, cioè diametralmente opposti al pattern complementare dei comportamenti avuti nel passato (diametralmente opposti anche nel senso del cerchio della SASB). La Benjamin ha anche provato a decodificare tutti i 93 criteri diagnostici dell'asse II del DSM-IV, cioè dei 12 disturbi di personalità (paranoide, schizoide, schizotipico, antisociale, borderline, istrionico, narcisistico, evitante, dipendente, ossessivo-compulsivo, depressivo, passivo-aggressivo/negativistico), e a introdurli nella SASB per vedere che tipo di patterns emergevano, cercando così di studiare un tipo di validazione indiretta dell'asse II del DSM-IV (la cui validità di costrutto è notoriamente abbastanza bassa - per coloro a cui non sono familiari questi termini, e per un approfondimento delle problematiche del DSM-IV, rimando all'articolo mio e di de Girolamo "Il DSM-IV e i problemi della diagnosi in psichiatria [con una intervista a Robert L. Spitzer]", Psicoterapia e Scienze Umane, 1995, 1: 41-85; si veda anche la mia rubrica sul n. 70/1995).

Il modello della SASB è stato validato e utilizzato da circa 25 anni in molti studi, modificato in vari modi ed utilizzato per diversi scopi, e alcuni autori sostengono che in futuro sarà sempre più conosciuto (recentemente è uscita la seconda edizione riveduta del libro di Lorna S. Benjamin, Interpersonal Diagnosis and the Treatment of Personality Disorders, New York: Guilford, 1996; si veda anche, in italiano, il libro di Pio F. Scilligo Il Circolo Interpersonale. Teoria e diagnosi. Roma: IFREP, 1994). E' triste constatare per quanto tempo in Italia la cultura psicoanalitica (e psicoterapeutica in generale) sia rimasta tagliata fuori da tanti sviluppi di ricerca, vittima di pregiudizi e ritardi di ogni tipo (peraltro non ancora superati in grossi settori della psicoanalisi italiana), quando bastava aprire qualunque rivista americana del settore, o andare in una libreria straniera, e guardare anche solo quello che veniva esposto in vetrina (per un accenno alle ragioni storiche di questo ritardo, rimando alla mia rubrica "Brevi note sulla storia della psichiatria in Italia", sul n. 71/1996 del Ruolo Terapeutico).

E' stata quindi una maggiore conoscenza della SASB uno degli stimoli ricevuti dal convegno della SPR di Cernobbio, e mi fa piacere condividerlo con altri che leggeranno queste righe. Chi volesse altre informazioni o fosse interessato a iscriversi all'SPR, può consultare il sito Internet della SPR-Italia, all'indirizzo http://www.spr-italia.it/ (vecchio sito Internet: http://www.psychomedia.it/spr-it).

Paolo Migone
Condirettore della rivista Psicoterapia e Scienze Umane
Via Palestro 14, 43100 Parma, tel./fax 0521-960595, E-Mail <migone@unipr.it>

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