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PSYCHOMEDIA
RISPOSTA AL DISAGIO
Nuove Dipendenze



Dipendenza affettiva e spettro impulsivo-compulsivo

di Luigi Janiri e Sergio de Risio


Istituto di Psichiatria e Psicologia, Università Cattolica del S. Cuore, Roma


Il tema della dipendenza affettiva o relazionale è quanto mai attuale per motivi sia psicopatologici che culturali, prima di tutto perché la dipendenza è una condizione mentale tipica del nostro tempo, in cui rappresenta una importante fonte di sicurezza sostitutiva rispetto alle certezze dei valori in crisi, e poi perché l’instabilità o la precarietà delle istituzioni relazionali tradizionali (coppia, famiglia) tende a selezionare stili di attaccamento ambivalenti o conflittuali, e a favorire la formazione di legami affettivi incostanti o deboli. Ne deriva, a livello intrapsichico profondo nei partner di coppie cosiddette “disfunzionali”, una labilità dell’oggetto d’amore che entra in risonanza con fattori della personalità e con elementi di vulnerabilità spesso dovuti a traumi pregressi. Inoltre, dato che la dipendenza è un tratto strutturale, le diverse forme che essa può assumere in uno stesso soggetto sono a stento contemplate dai sistemi nosografici, come il DSM-IV, e variamente rubricate in esso, e possono pertanto condurre a registrare più disturbi mentali forse solo apparentemente comorbili, quando invece una dimensione di spettro psicopatologico sarebbe più appropriata per inquadrare e descrivere la continuità e la contiguità di dette forme di dipendenza. Lo spettro impulsivo-compulsivo (Skodol e Oldham, 1996) si conferma come il più adeguato per accogliere la problematica dei disturbi correlati alla dipendenza in generale, e a quella affettiva in particolare. Sintomatica della considerevole estensione di quest’area di disagio è la costituzione di sempre più numerosi gruppi di auto-aiuto che, partendo dalla consolidata esperienza di Alcolisti Anonimi (AA), hanno in seguito allargato il repertorio dei target di loro competenza: Narcotici, Overeaters, Gamblers e, buoni ultimi in Italia, i gruppi Sex and Love.

Co-Dipendenza

Proprio in ambiente AA (Johnson, 1973) prende origine e si sviluppa un concetto che si situa preliminarmente a quello di dipendenza affettiva: la co-dipendenza, definita essenzialmente come una condizione multidimensionale manifestata da ogni disfunzione o sofferenza, associata con o dovuta a una focalizzazione su bisogni o comportamenti altrui. L’osservazione che nelle coppie formate da un alcolista e dal suo partner, quest’ultimo spesso presenta inconsciamente aspetti di morboso accentramento intorno alle problematiche dell’altro, risultando ciò nell’alimentazione di dinamiche interpersonali anomale e quindi nel mantenimento dello stato patologico del paziente “designato”, ha stimolato i ricercatori a generalizzare il costrutto di co-dipendenza e a tentare di reperirne i fondamenti psicodinamici (Vaillant, 1977).
Passando in rassegna i concetti nucleari che sono alla base di alcune definizioni e teorie della co-dipendenza, troviamo linee interpretative diverse ma non per questo necessariamente divergenti. Nei soggetti co-dipendenti che si sono sottoposti a un trattamento psicoterapeutico si mette in evidenza, in età infantile, un’esposizione nell’ambiente familiare a regole oppressive che sono state in grado di coartarne un’aperta espressione dei sentimenti (Subby, 1987). Tale osservazione è del tutto congruente con la teoria del Falso-Sè di Winnicott, intorno alla quale ruota la maggior parte delle concettualizzazioni in questa particolare area della dipendenza. Nella medesima direzione si muovono altre osservazioni: i co-dipendenti tendono a trascurare i propri bisogni e desideri e, nella negazione di essi, a mettere da parte, più in generale, se stessi, situazione che è stata anche denominata “malattia del Sé perduto” (Whitfield, 1997). Analoga a questa è la cosiddetta “sindrome del bambino adulto” (adult child sindrome), in cui si verificano i seguenti accadimenti psicopatologici: 1) blocco nello sviluppo dell’identità personale, 2) iperreattività al mondo esterno, alle cui esigenze ci si conforma ansiosamente e indiscriminatamente per mantenere un adeguato livello di autostima e, 3) iporeattività al mondo interno, per l’appunto trascurato e disatteso, per certi versi negato e quindi coartato (Friel e Friel, 1988).
Secondo un’altra linea interpretativa la forma di dipendenza che si instaura nei soggetti co-dipendenti è del tutto simile alle caratteristiche del disturbo borderline di personalità e nella fattispecie ne condivide gli aspetti di: 1) dispersione o diffusione dell’identità, 2) sensazioni e vissuti di vuoto cronico e 3) impulsi e compulsioni, sullo scenario di un Io debole strutturalmente (Cermak, 1986). Dal punto di vista dei rapporti interpersonali significativi, viene sottolineata in questi soggetti la necessità di esercitare un controllo sul partner problematico e l’assunzione su di sè, graduale ma inesorabile, delle funzioni dell’Io dell’altro (Wright e Wright, 1990). Tale operazione di spoliazione ed appropriazione di funzioni egoiche è da considerare come un vero e proprio fenomeno di parassitismo psichico-relazionale, in cui la debolezza dell’Io del co-dipendente è il prerequisito, e quindi il dato di vulnerabilità, per comprendere la motivazione inconscia ab origine nei confronti del coinvolgimento in un rapporto con un partner disfunzionale e nel mantenimento di esso come elemento di sopravvivenza per sè.
Nel tentativo di delimitare le caratteristiche psicopatologiche della co-dipendenza e di tracciarne pertanto un profilo diagnostico clinicamente percorribile, Cermak (1986) ha proposto alcuni criteri diagnostici in stile DSM per il Disturbo Co-dipendente di Personalita’:

A. Continuo investimento dell’autostima nella capacità di controllare sé e gli altri nonostante l’evenienza di serie conseguenze negative;
B. Assunzione di responsabilità per venire incontro ai bisogni degli altri fino ad escludere il riconoscimento dei propri;
C. Ansia e distorsioni del confine di sé in situazioni di intimità e di separazione;
D. Coinvolgimento in relazioni con soggetti affetti da disturbi di personalità, dipendenza da sostanze, altra co-dipendenza o disturbi del controllo degli impulsi.

Definiti questi come criteri maggiori, l’autore ne aggiunge altri in funzione di criteri minori, che come tali implicano una loro presenza “a scelta”, cioè secondo il principio della loro equivalenza in ordine al raggiungimento di una soglia diagnostica:

E. Tre o più dei seguenti:
1. Eccessivo ricorso alla negazione;
2. Costrizione delle emozioni;
3. Depressione;
4. Ipervigilanza;
5. Compulsioni;
6. Ansia;
7. Abuso di sostanze;
8. Condizione attuale o pregressa di ricorrenti abusi fisici o sessuali subiti;
9. Malattie da stress;
10. Permanenza in una relazione primaria con un soggetto abusatore di sostanze per almeno 2 anni senza richiedere un aiuto esterno.

Questo set di criteri fa evidentemente riferimento all’origine della co-dipendenza dall’alcolismo e alla sua iniziale limitata generalizzazione ai disturbi da uso di sostanze, ma essa verrà applicata successivamente anche ad altre tipologie di partner problematici (caratteriali, multi-impulsivi, borderline, schizofrenici, depressi, etc.)
Coerenti con la dimensione di continuità di spettro della co-dipendenza e dell’ansia come sua caratteristica elettiva sono i dati sulla comorbilità psichiatrica che segnalano, come più frequentemente associati ad essa: i disturbi di personalità di cluster C secondo il DSM-IV, la distimia, i disturbi d’ansia, il disturbo post-traumatico da stress, altre forme di addiction (Whitfield, 1997). Come meno frequenti nella comorbilità con co-dipendenza sono segnalati: alcuni disturbi di personalità (borderline, istrionico, paranoide), la depressione maggiore, il disturbo bipolare. E’ pertanto abbastanza coerente con quanto sopra riportato la coesistenza della co-dipendenza essenzialmente con disturbi d’ansia, dell’umore, della personalità, e con altre forme di dipendenza, sempre ammesso che, considerate le incertezze di definizione e di classificazione del disturbo-indice, non si tratti di una comorbilità spuria.
Tra le caratteristiche cardinali della co-dipendenza le seguenti sembrano dotate di maggiore valore euristico e di una certa validità predittiva: 1) essa è appresa inconsciamente e acquisita, attraverso un processo che è stato chiamato di “ferimento” psichico, nel corso dell’infanzia a seguito di abusi o di maltrattamenti ambientali, 2) è evolutiva, nel senso che i traumi subiti dal bambino, la cui elaborazione è ostacolata dal conflitto tra Vero- (nascosto) e Falso-Sé, ne bloccano e danneggiano il normale sviluppo, 3) è cronica, progressiva e maligna, in quanto può sfociare in comportamenti autolesivi, violenti verso gli altri, in abuso/dipendenza da sostanze, in malattie da stress, 4) è trattabile psicoterapeuticamente, 5) può essere primaria, quando si verifica fin dall’infanzia, o secondaria, se si sviluppa a seguito del coinvolgimento con un partner fortemente disturbato o nel contesto di un’altra primaria alterazione psichica (distimia, ansia, disadattamento psico-sociale) (Whitfield, 1997).

Dipendenza Affettiva

Nell’ambito di un setting di consultazione di coppia, partendo da alcune osservazioni su coppie co-dipendenti in cui almeno uno dei componenti era un alcolista (Troncon et al., 1992), abbiamo iniziato a seguire pazienti che richiedevano un trattamento psicoterapeutico individuale perché afflitti da problemi relazionali, a prescindere che fossero o meno diagnosticabili come co-dipendenti. Tali problemi si configuravano comunque come degli stati di dipendenza che, in varia misura nei differenti soggetti, comportavano fenomeni di perdita del controllo, craving, astinenza, confusione e smarrimento di identità, distorsioni nelle distanze interpersonali, tendenza ad altre forme di addiction e di impulsività/compulsività.
I risultati relativi a 13 casi raccolti e seguiti in psicoterapia (10 femmine e 3 maschi di età compresa tra 21 e 51 anni) sono così riassumibili:
1) in 9 era presente un legame affettivo con un partner con caratteristiche psicopatologiche riconoscibili o con un disturbo di personalità accertato; tra questi 2 erano psicoterapeuti che avevano messo in atto comportamenti di abuso sessuale o relazionale e 4 avevano un Disturbo Narcisistico di Personalità in base al DSM-IV;
2) in 12 casi era rilevabile la presenza di disturbi e comportamenti riferibili allo spettro impulsivo-compulsivo: disturbi del comportamento alimentare (8), uso di sostanze e poliabuso (4), alcolismo (3), shopping compulsivo (3), comportamenti autolesivi (3), sindrome borderline (3), seduzione compulsiva (2), Disturbo Esplosivo Intermittente (2), addiction sessuale (1);
3) in 3 casi vi era evidenza di traumi sessuali subiti nell’infanzia;
4) in 10 casi si registrava una comorbilità per disturbi dell’umore: depressione reattiva (4), Depressione Maggiore (2), disforia (reattiva) (2), Ciclotimia (1), Disturbo Bipolare tipo II (1), Distimia (1);
5) in 9 casi era rilevabile la presenza di complicanze o di diagnosi comorbili differenti dalle categorie sopra menzionate: gelosia paranoide o tratti (3), tentato suicidio (2), attacchi di panico (2), episodi di depersonalizzazione (1), Disturbo Dipendente di Personalità (1), tratti di personalità istrionica (1).

Sulla base di questi dati e della raccolta minuziosa degli aspetti relazionali disfunzionali è stato possibile ricostruire un quadro organico di quell’insieme di sintomi, comportamenti e vissuti cui era stato dato provvisoriamente l’appellativo di dipendenza affettiva:
- Reazioni di disorganizzazione, dissociazione, panico a:
separazione, abbandono, solitudine, aspetti della relazione (distanziamento, controllo, instabilità);
- Caratteristiche (bio?) - psico - sociali della sindrome di dipendenza inclusi:
craving,
astinenza,
perdita del controllo;
- Necessità di controllo o nei confronti del partner o da parte del partner e
- Possibilità di viraggio verso la gelosia paranoide;
- Non esclusiva del sesso femminile
- Possibili abusi, maltrattamenti, incurie, traumi infantili;
- Frequenti disturbi e comportamenti riferibili allo spettro impulsivo-compulsivo;
- Frequente comorbilità per disturbi dell’umore.

E’ a questo punto possibile parlare di un disturbo autonomo analogo o identico a quello che gli autori anglosassoni chiamano relationship addiction (Black, 1990)? E se è possibile, è esso un disturbo di personalità o un disturbo di asse I secondo DSM-IV? Nel primo caso bisogna considerare i confini nosografici e verificare che la dipendenza affettiva non si venga a sovrapporre con altri disordini della personalità, proposti o già contemplati dal sistema di classificazione: ad esempio che essa non sia una replica o una variante o una forma vista da altra angolazione della co-dipendenza o del Disturbo Dipendente di Personalità. La questione può essere risolta entrando nel merito delle definizioni e del core del problema psicopatologico: mentre la co-dipendenza necessita di un partner disfunzionale, la dipendenza affettiva si può sviluppare, come dimostra il nostro studio, anche all’interno di un rapporto con un soggetto apparentemente non problematico; inoltre la personalità dipendente permette passivamente che altri s’impossessino di aree della sua vita e le gestiscano al suo posto, laddove ciò nella relationship addiction avviene di rado, come ancora il nostro studio documenta. Ancora, in essa sembra che le caratteristiche sopra menzionate della dipendenza strutturale si rendano manifeste soltanto in occasione di particolari relazioni (e quindi neanche in tutte), in cui per motivi reali o simbolici il paziente perde il controllo nei confronti del partner.
Del resto la frequenza di comorbilità tra dipendenza affettiva e alterazioni dell’umore o altri disturbi dello spettro impulsivo-compulsivo lascia pensare per essa a una configurazione psicopatologica di tipo asse I, anche in considerazione del fatto che non sembra essere una modalità di funzionamento continuativa o comunque necessariamente a lungo termine. In realtà gli unici riferimenti sicuri dal punto di vista della prossimità nosografica sono quelli della sindrome di dipendenza, i cui elementi costitutivi la relationship addiction condivide, sia sotto il profilo comportamentale che emotivo che dell’eventuale deterioramento psico-sociale (Janiri, 2000).
Mentre si potrebbero pure proporre criteri diagnostici per la relationship addiction sul modello DSM, analogamente a quanto proposto da Cermak (1986) per la co-dipendenza, l’introduzione di tale costrutto in ambiente psicodinamico pone alcune controversie. Innanzitutto i pro: 1) la nozione di “addiction” appare appropriata in riferimento sia alla bramosia di natura e di origine infantile nei confronti dell’oggetto, sia alla scissione del medesimo oggetto, che comporta una posizione di ambivalenza verso di esso, 2) l’inerenza del concetto di identificazione proiettiva, il ricorso al quale sembra giustificato dalla rappresentazione del partner come oggetto cattivo esternalizzato. D’altra parte alcune considerazioni si pongono contro l’autonomia del costrutto di dipendenza affettiva: 1) l’inadeguatezza dell’oggetto reale, che non è mai pienamente controllabile e che richiede capacità di sublimazione e un buon funzionamento dell’Io, a costituirsi quale oggetto di dipendenza rispetto al sostituto d’oggetto, 2) il fallimento dell’uso di tale costrutto nel differenziare patologie gravi da condizioni nevrotiche. Del resto proprio queste critiche possono rivelarsi delle risorse nel tentativo di identificare una realtà clinica: infatti l’inadeguatezza, che è anche del soggetto che cerca di gestire un oggetto non degradato, è indice di uno squilibrio tra l’integrità di una meta e l’alterazione delle capacità atte a perseguirla, e ciò rinvia all’area psicopatologica borderline, per l’appunto al confine tra nevrosi e psicosi. A sostegno di tale interpretazione stanno fenomeni fondamentali della relationship addiction quali la perdita dei confini del Sé nella relazione con l’altro e la paura dello smarrimento dell’identità.

BIBLIOGRAFIA

Black C.: Double Duty. New York, Ballantine, 1990

Cermak T.L.: Diagnosing and Treating Co-dependence: A Guide for Professionals. Minneapolis, MN, Johnson Institute Books, 1986

Friel J.C., Friel L.D.: Adult Children: the Secrets of Dysfunctional Families. Deerfield Beach, FL, Health Communications, 1988

Janiri L.: Il concetto di dipendenza alcolica: origini nosografiche e struttura del costrutto sindromico. In: L Janiri, S De Risio, F Calvosa, E Caroppo (eds), Alcolismo come modello di dipendenza e come struttura psicopatologica. Roma, S.E.U., 2000, pp. 81-105

Johnson V.E.: I’ll quit tomorrow. San Francisco, Harper & Row, 1973

Skodol A.E., Oldham J.M.: Phenomenology, differential diagnosis, and comorbidity of the impulsive-compulsive spectrum of disorders. In: JM Oldham, E Hollander, AE Skodol (eds), Impulsivity and Compulsivity. Washington, DC, American Psychiatric Press, 1996, pp. 1-36

Subby R.: Lost in the Shuffle: the Co-dependent Reality. Deerfield Beach, FL, Health Communications, 1987

Troncon R., Pulito M.L., Falcone M., Janiri L.: Caratteristiche di personalità e co-dipendenza nella coppia alcolista--partner: un’indagine psicometria. Arch Psichiatria Gen 2: 85-89, 1992

Vaillant G.E.: Adaptation to Life. Boston, Little Brown, 1977

Whitfield C.L.: Co-dependence, addictions, and related disorders. In: JH Lowinson, P Ruiz, RB Millman, JG Langrod (eds), Substance Abuse - A Comprehensive Textbook, 3rd ed. Baltimore, Williams & Wilkins, 1997, pp. 672-683

Wright P.H., Wright K.D.: Measuring codependents’ close relationships: a preliminary study. J Subst Abuse 2: 335-344, 1990


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