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CONTEMPORARY PSYCHOANALYSIS
VOL. 41, N. 2 / 2005
Danger in the Shadows and Dreading the Loss of the Good
Saggio-recensione di:
Sophia Richman, A Wolf in the Attic: The Legacy of a Hidden Child of the Holocaust. New York: Haworth Press, 2002

Elaine Kulp Shabad


In questo saggio-recensione viene discusso in termini psicoanalitici il libro autobiografico di Sophia Richman, la quale fino a tre anni visse con la madre a Lwow, in Polonia, sotto la falsa identità di due cattoliche bionde per sfuggire alla cattura da parte dei nazisti. Il padre era fuggito da un campo di concentramento e viveva nascosto nell'attico, dove rimase dal dicembre 1942 al luglio 1944 quando fu fatto uscire dopo che i russi liberarono Lwow. In questi anni alla bambina fu sempre vietato di aprire la porta dell'attico, poiché la madre le diceva severamente: "Dentro un lupo cattivo e affamato: se apri la porta, uscirà e di mangerà tutta!". La bambina visse in un clima di terrore e di mistero, favorito anche da altre cose che la madre le diceva, ad esempio: "Stai sempre attenta, non lasciarti andare, non sentirti mai a tuo agio, perché una tragedia può colpirti quando meno te l'aspetti". Questo libro viene discusso alla luce della letteratura psicoanalitica sui sopravvissuti dell'Olocausto e delle tipiche credenze patogene che si vengono a creare in questi casi. Vengono fatte anche varie considerazioni sulla immagine mitica del "lupo cattivo", presente in tante fiabe, e sui suoi significati di incarnazione simbolica del male. Elaine Kulp Shabad, autrice del saggio-recensione, cita autori quali Christofer Bollas (vedi il suo concetto di ãunthought knownä, il "saputo non pensato"), Alice Miller, Ernets Becker, Mindy Weisel, Edgar Herzog, ecc.

Sophia Richman interviene anche nei numeri 3/2006 e 4/2006.


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