Questo lungo articolo (una settantina di pagine) compare nella traduzione
italiana ("L'esclusione di Erich Fromm dall'IPA") sul n.
3/2002 di Psicoterapia
e Scienze Umane.
Il noto storico
della psicoanalisi Paul Roazen racconta nei dettagli un pezzo della storia
della psicoanalisi in Germania durante gli anni dell'avvento del nazismo
e delle complesse vicissitudini della DPG. La DPG, fondata da Abraham nel
1910, era la Società Psicoanalitica Tedesca, che derivava dalla
Società Psicoanalitica di Berlino. In seguito la DPG fu trasformata
in "Istituto Göring", dal nome del suo nuovo
direttore, Matthias Göring,
che era un cugino psichiatra del più famoso, e famigerato
(nonché,
pare, tossicomane), Hermann Göring collaboratore di Hitler. Matthias
Göring diresse la Società Tedesca di Psicoterapia dal 1933.
E' interessante sapere che Matthias Göring (che era stato analizzato
da un adleriano, Leonard Seif) fu inizialmente considerato da Jones e altri
come un uomo amichevole e simpatico, con una bella personalità,
e furono alimentate le speranze che potesse essere in un qualche modo indotto
a fare del bene alla psicoanalisi in Germania. Probabilmente questi errori
si possono accomunare a quelli di quei tanti che non riuscirono a capire
in anticipo che direzione avrebbe preso il nazismo, anche in termini i
sterminio degli ebrei. Anche Jung, come è noto, collaborò
con Matthias Göring. Jung fu nominato presidente della "Società
Medica Generale Internazionale di Psicoterapia", che in pratica si proponeva
di rappresentare anche la Società Tedesca di Psicoterapia e di portare
avanti i principi del nazismo (Jung, che si dimise nel 1940, poi disse
che in realtà voleva aiutare gli ebrei, ma Wilhem Reich ne aveva
denunciato l'opportunismo). La DPG festeggiò l'ottantesimo compleanno
di Freud, ma gli analisti ebrei non ebbero il diritto di parteciparvi.
Si può dire che la DPG divenne inizialmente una sottosezione
dell'"Istituto
Göring", perché quando la DPG nel 1938 fu sciolta, '"Istituto
Göring" si organizzò in tre "gruppi di lavoro": il "gruppo
di lavoro A" che era la continuazione della DPG, il "gruppo di lavoro B"
che era formato dai "neo-analisti" di Schultz-Hencke (che aveva costruito
un suo approccio "psicoanalitico"), e il "gruppo di lavoro C" che erano
gli junghiani. Quando l'"Istituto Göring" funzionò a pieno
regime si allineò completamente con i principi del nazismo: anche
se i suoi archivi furono distrutti dai bombardamenti e quindi andarono
dispersi, sappiamo che ad esempio veniva insegnato l'approccio nazista
alla omosessualità (sterilizzazione, terapia ormonale, castrazione,
carcere, campo di concentramento, pena di morte), e inoltre vi era una
collusione diretta con le pratiche naziste perché i soldati con
"nevrosi di guerra" (probabilmente anche quelli sconvolti dalle pratiche
attuate dei campi di concentramento) dovevano essere uccisi; vi era il
divieto di trattare i pazienti ebrei, e i pazienti che risultavano
"intrattabili"
dovevo essere avviati al programma per l'eutanasia; nel 1943 un membro
del "gruppo di lavoro A", un analista tedesco comunista di nome John
Rittmeister
che era stato allievo di Jung, fu decapitato perché accusato di
tradimento. E così via.
In questo lungo articolo viene raccontata la storia non solo di Fromm,
ma anche di molti altri analisti tedeschi, ebrei e non ebrei (Reich, Jacobson,
Kemper, Landauer, Schultz-Hencke, Bohem, Müller-Braunschweig, ecc.),
e di coloro che in quegli anni, anche dall'estero, furono coinvolti nelle
importanti decisioni riguardanti il tentativo di far sopravvivere in un
qualche modo la psicoanalisi in Germania (Sigmund e Anna Freud, Jones,
Eitingon, ecc.), tra ingenuità, errori strategici e preoccupazioni
di difendere in un qualche modo l'istituzione a scapito della dignità
dei colleghi ebrei che furono invitati a dimettersi per conformarsi alle
richieste del regime nazista. Fromm apparteneva alla DPG, e quindi
all'International
Psychoanalytic Association (IPA), ma in seguito, quando viveva in Messico,
ne risultò escluso, per complessi motivi - che Roazen cerca di
ricostruire
- legati sia alla sua posizione teorica (troppo eterodossa per quei tempi)
sia al fatto che non era un medico e per rientrare nell'IPA avrebbe dovuto
rifare domanda di ammissione all'American Psychoanalytic Association,
che a quei tempi si caratterizzava come "regional association" e
quindi praticava il monopolio della psicoanalisi medica a scapito degli
psicologi che non erano ammessi (per un approfondimento di queste vicende,
vedi la storia del processo
degli psicologi contro le istituzioni psicoanalitiche in USA). A proposito
del tentativo di Fromm di essere riammesso nell'IPA Roazen riporta
integralmente
un interessante scambio di lettere del 1953 tra Fromm e Ruth Eissler (allora
segretaria dell'IPA) in cui Fromm chiede i motivi della sua esclusione,
e infine decide, dignitosamente, di non fare domanda di riammissione
perché
ciò avrebbe implicato accettare le ragioni per cui era stato escluso.
Nelle conclusioni dell'articolo Roazen sottolinea gli errori anche di Freud,
Jones e altri nel gestire questa delicata fase della storia della istituzione
psicoanalitica e nel non aver saputo vedere le implicazioni di determinate
scelte strategiche. |