Judith Rendely in questo articolo parla della morte del suo analista,
avvenuta al sesto anno di analisi per un tumore non operabile al pancreas.
Descrive in dettaglio come è venuta a sapere della malattia (in
questo caso, al telefono dall'analista stesso che in quel momento era in
vacanza), e tutte le sue reazioni emotive a questo evento. Fa anche una
revisione della letteratura sull'argomento, in cui prende in considerazione
i relativamente pochi articoli sulla malattia o la morte dell'analista,
e i pochissimi lavori sulle reazioni dell'analizzando a questo difficile
lutto. Tra i lavori presi in considerazione vi è anche quello di
Barbanel, pubblicato nel n. 3/1989 di Contemporary Psychoanalysis
(vedi segnalazione su Psicoterapia
e Scienze Umane, 1989, 4, p. 153, che introduceva un Panel,
tenuto al William Alanson White Institute il 21-11-87, dedicato
al problema della morte dell'analista). L'autrice in questo articolo sottolinea
anche la importanza della perdita dell'analista come figura "reale" nella
vita dell'analizzando. I punti toccati nella discussione sono i seguenti:
la rottura del rapporto, la solitudine, il frequente silenzio da parte
della comunità psicoanalitica (se si tratta di una analisi didattica)
che spesso non aiuta affatto l'analizzando, la elaborazione del lutto,
il modo con cui i pazienti vengono avvisati, una consultazione a durata
limitata con un altro collega per meglio affrontare questa perdita, e i
problemi legati alla continuazione della analisi con un altro analista.
Questo articolo tocca un tema molto importante e troppo trascurato dalla
letteratura psicoanalitica, e uno degli aspetti più interessanti
è comprendere come mai per tanti anni pochi autori hanno preferito
non trattarlo, pur essendo stato sempre rilevante, e come mai solo negli
anni recenti vi sia un rifiorire di studi su questo argomento. |