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Società Italiana
Medicina Psicosomatica




La via del contatto:
L'esperienza di una nuova terapia corporea

Ilaria Di Donato

La richiesta di corpo
"La via del contatto" è il nome della terapia corporea basata sul massaggio che l'ASSIR sta proponendo e sperimentando da alcuni anni. La tecnica di massaggio che abbiamo a questo scopo elaborato è stata chiamata massaggio comunicativo e relazionale. L'idea di una terapia corporea incentrata sul massaggio si è venuta formando in seguito ad alcune esperienze effettuate in ambiti molto diversi, e come tentativo di risposta ad alcuni quesiti che come psicoterapeuti, come counselor, come operatori shiatsu o comunque in generale come terapeuti ci siamo posti.
Una prima esperienza, piuttosto significativa per noi, risale a dei corsi di formazione per operatori socio-sanitari che l'Associazione Italiana Rilassamento Analitico ha condotto, per conto della Regione Emilia Romagna, tra il 1992 e il 1993. In quell'occasione, tra le varie tecniche e i vari interventi offerti si decise di proporre anche dei massaggi, più che altro come integrazione al rilassamento analitico. Venne offerta la possibilità, a chi lo desiderava, di sottoporsi ad una o più sessioni individuali seguite da un colloquio con uno degli psicoterapeuti presenti, nel quale verbalizzare ed analizzare i vissuti emersi nel contatto. Il risultato e il successo dell'iniziativa andarono ben oltre ogni previsione. Non solo perché tutti chiesero una sessione, ma soprattutto per la quantità e la qualità dei vissuti prodotti, che consentirono, con pochi interventi, di far emergere molte delle problematiche che gli stessi operatori faticavano a mettere a fuoco nei momenti esclusivamente "verbali". Un elemento comune a quasi tutti gli operatori era la difficoltà di stabilire e gestire un contatto profondo con alcuni dei pazienti con maggiori difficoltà cognitive e motorie senza sentirsi risucchiati e senza incorrere nell'inevitabile rischio burn-out. Il desiderio di "dare" era per alcuni molto forte, ma anche fonte di grande disagio, non sapendo come tutelarsi soprattutto da un punto di vista emotivo. Il "dare" spesso si concretizzava in maggiore attenzione nell'accudimento, ma, oltre ad un vago senso di inadeguatezza, i problemi maggiori erano dati dalle gelosie di altri pazienti, dal rischio di fraintendimenti di tipo sessuale o dalla difficoltà per gli operatori di staccare quando il coinvolgimento diventava eccessivo.
Alla luce di questo si propose un piccolo "laboratorio" di massaggio: non un vero e proprio corso, ma semplicemente l'esperienza di alcune tecniche molto immediate da poter apprendere ed utilizzare con i pazienti. Una sorta di "binario", un canale attraverso il quale veicolare il contatto, toccare, curare, accudire in modo profondo ed empatico mantenendo però la giusta distanza.
Anche qui i vissuti riportati dagli operatori negli incontri successivi furono particolarmente incoraggianti, e stimolarono la ricerca di nuovi strumenti e di nuove tecniche da proporre non a massaggiatori o "professionisti del contatto", ma a chiunque. Perché ciò che ci è apparso fondamentale in questa breve esperienza, e che poi si è riproposto nei contesti più disparati, è l'universalità della richiesta di corpo e, soprattutto, la difficoltà di reperire un vocabolario adeguato per questo linguaggio.Richiesta di corpo non è ancora una richiesta di contatto, anzi spesso non lo è affatto. Non credo accada facilmente che un paziente chieda espressamente di essere toccato, e di certo se questo accade pensiamo prima al suo transfert che non certo ad assecondarlo, ma come possiamo lavorare sul corpo senza il corpo? Possiamo parlarne, è vero, ma non è lo stesso. (Forse è proprio lo spazio che le tecniche altre offrono al corpo e al contatto che ne ha decretato l'enorme successo). Perché anche se un paziente non chiederà mai di essere toccato, forse è proprio attraverso il contatto che possiamo davvero parlare al corpo, e sintonizzarci con esso a livello preverbale. Il contatto, il tatto, sono la lingua madre del corpo da sempre, dalle prime settimane di vita e da migliaia di anni. Il tatto è il primo senso che sviluppiamo e l'ultimo che perdiamo. Grazie alle scoperte più recenti nei diversi campi della biofisica e della biochimica, la visione del corpo, e in particolare della pelle, come semplici contenitori di organi, appaiono oggi definitivamente superate a favore di un insieme integrato di funzioni complesse. Parliamo di un L'io-pelle (D. Anzieu, 1987) che appare come una sorta di cervello proteso nell'ambiente, uno dei principali strumenti di raccolta ed elaborazione delle informazioni forniteci dall'esterno.
Proprio come accade per il cervello, è la quantità e la qualità di stimoli che pelle e corpo ricevono, e la qualità e la quantità del contatto, a risultare fondamentale per lo sviluppo fisico, psichico ed emotivo della persona. Ponendo l'accento sulla pelle come dato originario di ordine organico e nello stesso tempo di ordine immaginario, come sistema di protezione della nostra individualità e contemporaneamente come primo strumento e luogo di scambio con gli altri, possiamo, seguendo il percorso tracciato da Anzieu (D. Anzieu, 1987), accogliere un nuovo paradigma, di base biologica, in cui l'interazione con l'ambiente trova il proprio fondamento, e che rispetta la specificità dei fenomeni psichici in rapporto sia alle realtà organiche che alla dimensione sociale. Essere toccati è importante per tutti, in ogni fase della vita, ed è dimostrato che la carenza di un contatto adeguato può condurre allo sviluppo di sintomi specifici, particolarmente evidenti sui bambini: molti studi hanno evidenziato come i neonati ospedalizzati, privati non delle cure essenziali ma di carezze, crescono meno degli altri, sono meno forti, piangono e si ammalano più facilmente. E ciò che colpisce è anche la reversibilità di tale condizione: ad esempio l'attaccamento alla vita dei prematuri si rafforza immediatamente se vengono accarezzati da una mano amorevole (A. Montagu, 1989).
Ma cos'è una mano amorevole? Come impostare un contatto che venga percepito come amorevole? Un infermiere, un medico, un terapeuta possono sentirsi rivolgere una richiesta molto precisa di contatto, e per giunta amorevole, ma la risposta non è a nostro avviso né ovvia né semplice: le premesse teoriche ci sono tutte, e possiamo affermare che sono oggi piuttosto popolari e condivise, ma nell'applicazione pratica spesso mancano gli strumenti. "La via del contatto" e il massaggio comunicativo e relazionale sono il nostro tentativo di risposta in questa direzione: fornire degli strumenti efficaci e "sicuri" per il contatto corporeo e soprattutto formare al contatto, elaborando, grazie ad una irrinunciabile formazione analitica, le numerose difficoltà che il coinvolgimento corporeo del terapeuta e del paziente inevitabilmente propongono.

Corpo e parola: da psicosomatica a somatopsichica?
L'ipotesi di un percorso terapeutico centrato sul massaggio, o di una forma di lavoro integrato tra corpo e parola nasce dunque da queste riflessioni, e da un duplice desiderio: da una parte esplorare in maniera più approfondita le potenzialità del massaggio, sia come lavoro sul corpo che, soprattutto, come "porta magica" aperta sull'Altro, e dall'altra cercare di integrare l'approccio corporeo e quello verbale senza rinunciare al bagaglio fondamentale di una formazione analitica. In ambito psicoterapico abbiamo assistito negli ultimi anni ad una profonda trasformazione, dovuta proprio al cambiamento della richiesta che oggi si rivolge alla psicoterapia: il corpo è l'assoluto protagonista di ogni aspetto del mondo attuale, è l'immaginario, la fantasia, il sintomo, il territorio nel quale più che mai affetti, relazioni, desideri e frustrazioni vivono e vengono agiti. E' principalmente con il corpo, o con l'assenza e il disagio di questo, che si cerca una terapia, una strada che ci riporti al contatto con noi stessi e con le nostre emozioni. Approfondire le cause della messa al bando del corpo, e la confusione oggi dominante tra sessualità e sensualità richiederebbe una lunga analisi della storia filosofica, scientifica e religiosa dell'occidente che molti autori hanno già compiuto in maniera esaustiva (U. Galimberti, 1983). Ciò che qui interessa sottolineare è invece che il bisogno di corpo e di contatto è immutato, sopravvive e, anzi, aumenta.
Quello che forse c'è di nuovo è il desiderio di un approccio olistico, completo, nel quale i diversi aspetti e i diversi linguaggi della persona vengano con pari dignità accolti.
Mai come ora, infatti, il conflitto tra il bisogno di corpo, di contatto, di tatto, e la repressione sociale di questo è stato così evidente: per ovviare ad un mondo di: "si prega di non toccare", ci rivolgiamo non solo alle terapie alternative, ma anche alla pet-therapy, all'estetista, alla beauty farm, a contesti nei quali il contatto sia legittimato da un codice che lo renda sicuro e non pericoloso. Dopo secoli di ostracismo il massaggio è tornato ad essere un'abitudine diffusa, un modo semplice e alla portata di tutti di prendersi cura di sé, di soddisfare il bisogno di contatto e il desiderio profondo di affidarsi. Molte sono le offerte in questa direzione, moltissime le terapie centrate oggi sul corpo. Ma spesso solo su questo: la risposta che si può trovare in questi contesti, per quanto validi, è una risposta incompleta, che soddisfa solo parzialmente il bisogno di riappropriazione dell'affettività e della corporeità. Il rischio più grande è infatti quello di vedere censurata oggi la dimensione psichica almeno quanto, fino ad ora, è accaduto con quella corporea. Occuparsi attivamente del corpo reale lascia ancora fuori il corpo vissuto, il corpo fantasmatico, il corpo emozione.
Un altro spunto di riflessione importante è che a fronte di un ormai universalmente condiviso paradigma psicosomatico, che così chiaramente ci mostra l'influenza della psiche sul corpo, è mancato finora l'approfondimento di un approccio "somatopsichico" che muova in direzione opposta cercando di chiarirci quanto e come è invece il soma ad influenzare l'attività psichica. Solo negli ultimissimi anni, soprattutto nel campo delle neuroscienze e della biofisica si è avvertita la possibilità di questo cambio di rotta. Attraverso la scoperta, ad esempio, delle basi biomolecolari delle emozioni ( C. B. Pert, 2000), è possibile oggi ipotizzare soluzioni diverse alla secolare questione mente-corpo, sia finalmente superando la sterile dicotomia cartesiana a favore di un'unità corpomente, che ipotizzando percorsi terapeutici integrati che lavorino in profondità sul corpo senza per questo tacitare la parola, o dimenticare l'importanza di un approccio adeguato alla dimensione psichica.
La possibilità di illuminare con una lettura di tipo analitico l'insieme di emozioni, ricordi, vissuti corporei e a volte anche sintomi che inevitabilmente un massaggio - dato o ricevuto che sia - suscita, è la sfida che ha dato origine al massaggio comunicativo e relazionale.

Il massaggio comunicativo e relazionale
Il massaggio è una delle più antiche e più istintive forme di cura che uomini e animali conoscano: il gesto più immediato a cui tutti, senza distinzione di età o di cultura, facciamo ricorso per dare sollievo ad una parte sofferente. Ci tocchiamo la fronte se abbiamo mal di testa, ci massaggiamo le tempie o la nuca se ci sentiamo tesi e stanchi, la pancia o il petto davanti ad un'emozione. Portiamo le mani dove avvertiamo dolore, così come usiamo le mani, istintivamente, per confortare, consolare, alleviare. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un progressivo recupero di tecniche antiche, così come alla proliferazione di nuove forme di massaggio, originate dai più diversi presupposti. E sono molte le persone, anche tra i non addetti ai lavori, che frequentano oggi dei corsi di massaggio.
Come già accennato, ciò che colpisce in questa nuova ondata di richiesta di contatto o di corpo, è il desiderio molto forte di approfondimento dell'universo di emozioni e vissuti che attraverso il massaggio emerge. Parallelamente a questo, la curiosità di sperimentare, in ambito psicoterapico, integrando l'aspetto corporeo a quello verbale e lavorando su gruppi oltre che in individuale, ha portato alla ricerca di uno strumento nuovo e di uno "spazio" nel quale soddisfare queste esigenze.
Lo strumento che abbiamo elaborato è il "massaggio comunicativo e relazionale", messo a punto selezionando e modificando alcune tecniche di massaggio molto semplici che si rifanno principalmente ai presupposti teorici dello Shiatsu. Un criterio fondamentale che abbiamo seguito è quello di proporre appunto tecniche semplici che potessero essere insegnate agevolmente a chiunque, anche privo di precedenti esperienze e magari con poca o nessuna dimestichezza nel contatto. Tali manovre rispettano le fondamentali caratteristiche di profondità nell'approccio somatico, di completezza del lavoro sul corpo e di capacità di agire sul riequilibrio energetico tipiche dello Shiatsu. Lo Shiatsu, o digitopressione, è una riflessoterapia di origine cinese, sviluppata successivamente in Giappone. Attraverso la pressione su punti precisi del corpo stimola la capacità di reazione e di autoguarigione agendo tanto a livello somatico -neuromuscolare, osteoarticolare ed endocrino- quanto energetico. L'efficacia dello Shiatsu è ormai nota ai più, e gli elementi per noi di maggiore interesse sono innanzitutto la semplicità del "setting", ovvero la possibilità di lavorare sul pavimento e senza la necessità di svestirsi, e poi l'importante effetto calmante e rilassante di questo massaggio che stimola in modo significativo la produzione di endorfine ( T. Namikoshi, 2000). Semplificando dunque alcune tecniche Shiatsu ed integrandole con manovre specifiche, volte a stimolare il rilassamento, l'abbandono e, in un secondo momento, la regressione del paziente, è nato il massaggio comunicativo e relazionale.
In queste sessioni l'obiettivo primario è quello di favorire la passività e il profondo rilassamento del paziente, guidandolo progressivamente in uno stato di abbandono con movimenti più leggeri o più profonde manipolazioni a rievocare le sensazioni e i vissuti più antichi, i momenti lontani in cui, bambini, sperimentavamo mani salde e sicure che si prendevano cura di noi. Attraverso le sue mani il terapeuta riconduce il paziente alle primissime impressioni dell'essere vivente, impressioni tattili di pressioni, vibrazioni, calore e oscillazioni. Il rilassamento e il riequilibrio energetico vengono poi ulteriormente favoriti integrando le manovre con un profondo lavoro sul respiro, sia del terapeuta che del paziente. Una sessione di massaggio è un incontro, sempre. Un incontro che si svolge sulla pelle del paziente ma anche sulla nostra. E` un contatto profondo, sempre diverso; ogni singola sessione e' diversa da ogni altra proprio perché si tratta dell'incontro, unico e irripetibile, di due individui e di due corpi, dove la tecnica, peraltro essenziale, non può offrire che un canovaccio di base sul quale sarà solo la nostra sensibilità a tessere ogni volta un disegno diverso. Tanti sono gli elementi che contribuiscono a rendere questo incontro piacevole o fastidioso, rilassante per entrambi o fonte di tensione. Il ruolo del terapeuta sarà cercare di favorire il più possibile il rilassamento e l'abbandono dell'altro, facendosi si totalmente carico della sua passività, ma rimanendo allo stesso tempo aperto a cogliere tutte le possibili indicazioni che giungono, direttamente e soprattutto indirettamente, dal paziente. Alcune saranno oggettive, legate ad esempio alle condizioni oggettive come temperatura della sala, rumore/silenzio, ma molte saranno invece specifiche, assolutamente soggettive e per ciò significative: le variazioni di temperatura sulla pelle, il diverso tono muscolare nei vari segmenti del corpo, i movimenti involontari, le posizioni scelte da entrambi, la temperatura delle mani, le espressioni del viso o le sensazioni rapidissime che si provano toccando una certa parte. Sono proprio questi piccoli segnali che riceviamo continuamente nel corso di un massaggio a darci la chiave per ottimizzare il nostro lavoro sul corpo del paziente, a guidare le nostre mani dove c'è più bisogno e soprattutto a fornire materiale per la verbalizzazione e l'interpretazione dei vissuti che segue l'esperienza.

I seminari di gruppo
Si è scelto di proporre queste tecniche anche in gruppo proprio in ragione della quantità di stimoli emotivi, relazionali ed anche energetici che questo tipo di incontri evoca. Nei seminari di gruppo i partecipanti apprendono e sperimentano gli uni sugli altri le tecniche proposte. Lavorando sia come terapeuta che come paziente ognuno dei partecipanti ha la possibilità di vivere entrambe le dimensioni di un contatto profondo e completo: il dare e il ricevere, l'attività e la passività. Il terapeuta che conduce il gruppo, oltre a mostrare ed insegnare le manovre del massaggio, stabilisce l'andamento delle varie fasi e l'alternarsi di diversi momenti modulando, le attività proposte sul qui ed ora del gruppo e di ogni singolo partecipante. Durante la pratica del massaggio e delle tecniche di rilassamento che vengono proposte emergono spontaneamente molti elementi che in momenti successivi di verbalizzazione verranno discussi dall'intero gruppo.
Il canovaccio di questi seminari subisce continui arricchimenti da parte dei partecipanti e da quanti insieme a noi si sono appassionati a questo percorso. Eppure sorprende ed induce alla riflessione il riproporsi puntuale, in ogni ciclo di incontri, della struttura emotiva di base di ciascuno dei cinque livelli in cui si articola la prima fase, l'introduzione al massaggio comunicativo e relazionale. Pazienti diversi, in gruppi diversi, con storie diverse reagiscono comunque sullo stesso tasto, e sempre quello, proprio di ogni livello. La fase introduttiva, ovvero i primi cinque seminari nei quali i partecipanti sperimentano la nostra tecnica, cominciano un lavoro sul corpo e scoprono il lavoro di gruppo, è generalmente aperta a tutti. Ci sono terapeuti, massaggiatori, pazienti inviati da altri terapeuti o semplici curiosi. Persone che cercano un corso di massaggio, ma forse non solo quello. Come già detto, ogni incontro ed ogni gruppo ha caratteristiche diverse, sue proprie, irripetibili, ma comunque una struttura emotiva di base si ripropone simile, nelle proposte del terapeuta - conduttore e immancabilmente nei vissuti dei pazienti. Nel primo livello si scopre e si lavora con un'energia tipicamente femminile. Si fa del maternage, dell'accoglimento puro, ci accogliamo e coccoliamo l'un l'altro e scopriamo che toccare un altro si può. Il contatto è molto dolce, il ritmo lento, l'attenzione è tutta al paziente e ai suoi bisogni. Si potrebbe dire che si lavora con una mano in ascolto, incontrando l'altro nel suo spazio. Dopo un seminario di primo livello, una delle partecipanti che chiameremo Michela1, una insegnante di 35 anni, ha riferito questo sogno:" Mi trovavo a scuola, con i miei compagni, e la professoressa di chimica o di biologia, non ricordo, ci mostrava la formula per fare il corpo. Le ossa, i muscoli, la pelle, tutto. Non ricordo altro, ma il senso era questo: con il contatto io sentivo ogni parte del mio corpo, anche quelle più profonde".
Lucilla, un'altra partecipante che invece non ha alle spalle nessun percorso terapeutico, casalinga di 52 anni, in una delle prime verbalizzazioni dice: "E' come quando ero piccola, sono tornata indietro a quando ero bambina e mia mamma mi accarezzava e mi cullava. Poi quando lei (la sua terapeuta di quel momento, ndr( si è allontanata è stato come... mamma ha da fare e se ne va". Nel secondo livello si introduce anche il maschile, un contatto che si fa più entrante, più profondo e penetrante. Il terapeuta che propone - impone il proprio ritmo di respiro, che si fa sentire come presenza altra.
Marina, tecnico di laboratorio, 44 anni, alla fine di un seminario di secondo livello scrive: "La mia lotta principale in tutti questi anni di terapia è stata quella per ottenere un mio completo abbandono all'altro e mi sono resa conto che questo seminario mi ha dato un'altra possibilità in tal senso. Nell'ultimo rilassamento dell'ultimo incontro ciò che ho provato è stato proprio questo: il mio completo abbandono. Certamente un abbandono passivo, certamente con i suoi limiti, ma altrettanto certamente è stato il MIO massimo e questo mi ha fatto felice perché finalmente ho accettato l'azione penetrante dell'altro su di me senza terrore". Nel terzo livello si trova il gruppo, si scopre di essere parte di un gruppo e ci si incontra, ci si riconosce sulla pelle, nel movimento, si condivide l'esperienza del rilassamento alla ricerca di blocchi energetici. Si incontrano i ricordi, le emozioni, il dolore e la gioia nascosti in profondità nella carne, nei muscoli, nei visceri. Il corpo comincia a raccontarsi, e i momenti di condivisione verbale di gruppo assumono contorni più netti: non più solo ciò che avviene nell'incontro con l'altro, ma anche e soprattutto io nell'incontro. Nel quarto livello si scopre l'Altro senza viso, né identità; si sperimenta la possibilità di abbandonare il controllo e di aprirsi per ricevere: corpi, mani, tanti che si prendono cura di uno, o di tanti. Un sogno di Michela dopo il seminario di quarto livello descrive perfettamente questa condizione: "Dalla punta del mio dito esce, tipo fumo, tipo vortice, la spirale del DNA. Il colore è bianco e nero, la guardo da vicino e vedo che è formata da tutti i simboletti che indicano maschio e femmina. Provo a toccarla e la spirale si dissolve". Michela commenta così questo sogno durante il gruppo: "La spirale che compare nel sogno mi ha fatto pensare alle sensazioni dei contatti dati e ricevuti ad occhi chiusi, superando la condizione maschio/femmina, arrivando ad una sensazione neutra, come il bianco e nero della spirale, il bianco e il nero insieme formano il grigio, colore neutro.". Marina invece verbalizza: "...Un'altra cosa che ci tengo a dire è che a volte mentre sono io a dare ho provato una tale con - fusione da avere le vertigini e non sapere più dove finisce la mia pelle e comincia quella dell'altro, come per esempio con Gianni e una volta con C.".
Nel quinto livello, l'ultimo della fase introduttiva, si esplorano la rabbia e la depressione, la separazione, l'individuazione. Il gruppo si prepara a separarsi. Si parla del distacco, si cerca di elaborarne il lutto. Il corpo si muove, cerca, il contatto è a tratti finalmente spontaneo. Nei primi incontri, o nei primi livelli, l'attenzione è principalmente rivolta al lavoro sul corpo: attraverso la pratica del massaggio si lavora in profondità sul proprio corpo e su quello di chi riceve il trattamento. Senza troppe mediazioni si impara a sentire, a leggere e a toccare il corpo reale del nostro paziente; si sperimenta, si gioca con le mani, con la pelle, con la carne. In questo contesto la tecnica del massaggio comunicativo si pone come un solido binario sul quale muoversi: il contatto, sebbene personale, non è mai arbitrario o intrusivo. Con l'andare avanti dei livelli, invece, la prospettiva cambia orientandosi all'incontro attraverso il corpo. Dal lavoro sul corpo si passa ad un lavoro con il corpo, nell'incontro con l'Altro, sia esso il singolo o l'intero gruppo.
La verifica costante nei momenti di verbalizzazione consente al terapeuta - conduttore di valutare in ogni momento i vissuti del gruppo, calibrando il lavoro su ognuno in maniera specifica.
Dopo il quinto livello, concluso dunque il ciclo introduttivo, Michela scrive: "Cosa mi hanno dato questi seminari: tanto, mi sono sentita così brava che ho pensato di cambiare mestiere. Vediamo di sintetizzare: sicurezza, conoscenza profonda ed immediata dell'altro, scoperta ( è stata una scoperta anche se in linea teorica lo sapevo ): spesso le parole dicono il contrario di ciò che afferma il corpo, le parole possono mentire il corpo mai, forse è per questo che si ha così paura di toccare; è un po' come avere il cervello trasparente e tutti leggono i tuoi pensieri. La cosa bella di questi seminari non è solo il contatto ma la possibilità, successivamente, di riscontrare a voce quello che si è provato; mi sento più sicura sessualmente ( come se avessi fatto "esperienza" con dieci persone diverse ); nei seminari farsi toccare vuol dire esporsi, e forse questa vulnerabilità ci permette di essere il bimbo di un tempo, si vede nell'altro un bambino, senza corazze, armature, maschere, fragile, indifeso, spaventato, da proteggere, coccolare e si trova e si cerca nell'altro il calore morbido e rassicurante della mamma , l'abbraccio forte e sicuro del padre, l'emozione del contatto con l'altro sesso".
Dopo il ciclo introduttivo la terapia prosegue, per quanti ne facciano richiesta, con degli incontri periodici e con un gruppo ben definito e omogeneo. Mentre nei primi incontri si tende a lasciare libera facoltà ai partecipanti di frequentare anche solo un seminario, nella seconda fase si chiede di completare, o almeno di impegnarsi a farlo, tutto il ciclo.

BIBLIOGRAFIA
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Ilaria Di Donato
Phd, Counselor, Responsabile ASS.I.R. ( Ass. Italiana Ricerca sulle Terapia Corporea) Sez. di Firenze
E-mail: laviadelcontatto@hotmail.com


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