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Psich-Asti --> HOME PAGE --> 2° Ciclo di conferenze 2001

Dipartimento di Salute Mentale
S.O.C. Psicologia Clinica e della Salute



Il bambino: prime relazioni tra cesura e continuità

Maurizio Brovida
Direttore S.O.C. Neuropsichiatria Infantile, A.S.L.19 - Asti


TRA LA VITA INTRAUTERINA E LA PRIMA INFANZIA
Freud in uno scritto del 1925 “Inibizione sintomo e angoscia” osserva: “Tra la vita intrauterina e la prima infanzia vi è molta più continuità di quel che non ci lasci credere l’impressionante cesura dell’atto della nascita.”
Egli intendeva qui ridimensionare l’importanza attribuita da Otto Rank al trauma della nascita nella genesi dei disturbi psichici dell’infanzia.
In questo lavoro Freud sostiene che il bambino non percepirebbe la nascita come una separazione dalla madre poiché ancora completamente rivolto a se stesso ed inconsapevole dell’esistenza di un qualche cosa, madre o ambiente, distinti da lui.
Al contrario oggi siamo in possesso di una grande quantità di dati che evidenziano come il bambino, già dai primi giorni di vita, sia dotato di aspettative riguardo all’accoglimento dei suoi bisogni da parte qualche cosa di vivo e diverso da lui stesso.
Il nuovo nato ha delle attese, delle aspettative e una certa capacità di sopportare lo scarto tra queste e ciò che ottiene dall’ambiente. E’ quindi dotato di un temperamento, di peculiari caratteristiche individuali, di un abbozzo di quello che diverrà il carattere.
Per altro verso possiamo ora concordare sulla maggiore continuità tra la vita intrauterina e la prima infanzia alla luce degli studi che rilevano come le esperienze vissute dal feto in utero, modellino la sua struttura psichica in evoluzione ed abbiano influenza sull’efficienza cognitiva, sull’equilibrio psicosomatico e sulla personalità del futuro individuo che egli diverrà.
E’stata dimostrata nel feto la presenza di funzioni cognitive di base quali percezione, memoria, attenzione e processi di apprendimento, accanto a sensibilità alle variazioni dell’ambiente intrauterino determinate dagli stati emotivi della gestante.
Il feto sperimenta quindi elementi di precoce relazione con la madre, con percezioni dell’ambiente intra-extrauterino di natura fisica e psichica.
Possiamo riconoscere oggi anche un’altra impressionante continuità, che si dispiega dalle generazioni precedenti fino al nuovo nato.
Si tratta della continuità frutto della trasmissione intergenerazionale di particolari fattori psichici influenti sulla formazione delle funzioni genitoriali, funzioni decisive per la costituzione dello psichismo delle generazioni successive.
Una notevole varietà di eventi patogeni o traumatici non elaborati quali lutti, traumi, aborti, morti di neonati o di bambini, segreti, menzogne, violenze, delitti, abbandoni, migrazioni, possono determinare carenze nelle funzioni genitoriali e ripercuotersi sulla formazione e sulla qualità del primo legame fondante la relazione madre bambino.
E’ nota inoltre la trasmissione intergenerazionale di conflitti psichici irrisolti.

SRUTTURE BASILARI DELLA MENTE DELL’INFANTE E FUNZIONE MATERNA
Nella primissima infanzia prendono forma le strutture basilari della mente, indispensabili per ogni successiva evoluzione.
Viene costruita la competenza al riconoscimento ed alla trasformazione in pensieri delle esperienze vissute.
Tale competenza trasformativa non è innata ma necessita dell’interazione sociale, interazione sociale indispensabile inoltre al processo di autoriconoscimento.
Il neonato non è autocompetente per tale opera, ma dipende strettamente, come per quasi tutto il resto, dall’ambiente.
La mente materna è la componente più importante dell’ambiente esterno del lattante (a riguardo si può pensare estensivamente ad una funzione materna esercitata dalla persona che nell’ambiente presta le cure al bambino).
E’ necessario che la madre si trovi in uno stato di calma recettiva per accogliere le sensazioni e le emozioni “grezze” del lattante, in particolare quelle tra esse più intense e disturbanti, al fine di facilitarne la trasformazione in qualche cosa di sopportabile ed adatto alla formazione di pensieri.
Bion (1962) chiama “rêverie” materna il processo attraverso cui nella mente della madre viene dato un significato all’esperienza del bambino, rendendo di conseguenza possibile per questi l’inizio dello sviluppo della capacità riflessiva sugli stati mentali.
Winnicott (1960) aveva descritto la presenza nella madre di uno stato mentale di sollecitudine per il lattante, denominato “holding”, che per molti aspetti è vicino alla descrizione di Bion della rêverie.
Il futuro sviluppo psichico del soggetto dipenderà molto da questa qualità materna, anche se non vi è nulla, in questo campo, di determinato in modo meccanico ed inevitabile.
La mente materna talora può essere fragile o saturata da altre preoccupazioni, incapace di contenere, trasformare e restituire al bambino in un continuo scambio relazionale, ciò che di preoccupante, informe ed ignoto questi vi deposita.
Nel puerperio la condizione più frequente in grado di determinare una impasse nella ricettività materna rispetto al bambino è costituita dalla cosiddetta “malinconia post partum”: uno stato emotivo di tristezza, di malinconia che subentra alla condizione euforica dei primi giorni successivi al parto.
Tale stato compare con intensità e durata variabili nel 60-70% delle puerpere.
Nel 10-20% dei casi si verificano disturbi psichici depressivi più lievi, mentre nell’1-2% dei casi le madri sviluppano vere e proprie stati psicotici, dove nel mondo interno sofferente si affollano conflitti psicologici collegati al rapporto con la propria madre, con il proprio padre, con il padre del bambino, sentimenti di rifiuto rispetto al proprio corpo, alla propria sessualità e femminilità.
Nei casi di maggior rilievo vi sono dati ricorrenti nella storia familiare di abbandoni, maltrattamenti, morti.
Le madri si dicono inconsapevoli o accortesi in ritardo della gravidanza. Il marito e i famigliari sembrano essi stessi nascondere o non sapere della gestazione. Mancano i comuni preparativi prima della nascita, quali ad es. preparare la cameretta o i giochi, i bisogni futuri del nascituro non vengono pensati. Dopo la nascita sembra che il neonato non esista nella mente della madre, ed inconsapevolmente viene sentito da questa come un oggetto intruso e persecutorio.
In tali circostanze ci si avvia ad un drammatico fallimento della relazione madre-bambino, dalle conseguenze durature qualora l’ambiente circostante non provveda sollecitamente e per il tempo necessario, ad offrire una relazione sostitutiva adeguata. Conseguenze che varieranno da uno sviluppo del bambino più povero sui piani motorio, emotivo e relazionale, con la possibilità di precoci disturbi psicosomatici, sino a quadri di netta connotazione psichiatrica.

IL PADRE, FUNZIONE E RUOLO
Nella letteratura scientifica del settore è disponibile un’ampia gamma di osservazioni e ricerche sulla relazione madre bambino, non compare invece un esame altrettanto sistematico dello sviluppo del bambino in relazione alle influenze paterne.
Il bambino percepirebbe inizialmente i genitori come non differenziati, come costituenti un tutt’uno indistinto.
Una precoce percezione basata su modalità sensoriali di opposizione tra tenero e duro aprirebbe la strada a prime differenziazioni tra materno e paterno. (F. Tustin, 1986)
In seguito sembra che il bambino possa riconoscere l’esistenza di qualcosa che non è la madre, percependolo all’interno di lei concretamente come un oggetto intruso.
Successivamente l’infante potrebbe cogliere nella madre, la presenza del legame di lei con il padre come desiderio rivolto a qualche cosa di diverso dall’infante stesso, fungendo ciò da potente spinta evolutiva.
La funzione materna è un fatto di natura, si fonda su basi biologiche precise e facilmente reperibili, direttamente attestate dai sensi, mentre la funzione paterna sfugge ad ogni controllo sensoriale diretto.
Il padre intreccia col bambino una relazione più distante, dal rilevante valore simbolico.
Sfuggendo al dato di natura la figura paterna entra nel campo della cultura, anche se non si riduce ai variabili ruoli sociali attribuiti ad essa nel tempo dai diversi tipi di società.
Pare utile distinguere rispetto alla figura paterna, una funzione paterna metastorica, ed un ruolo paterno.
Ruolo costituito dal significato e dai compiti del padre nelle vicissitudini e nella crescita dei figli, in conformità al mandato culturale che si precisa di epoca in epoca secondo la cultura e la storia.
Così certi mutamenti recenti nella ripartizione dei ruoli genitoriali nei confronti del bambino nella prima e seconda infanzia, non sembrano arrivare a modificare fondamentalmente l’essenza stessa della funzione paterna.
Richiamerei a questo punto la precedente citazione di Freud, attraverso lo sviluppo che ne opera W.Bion in un breve e particolare scritto del 1976, intitolato appunto “A proposito di una citazione tratta da Freud”.
Bion fissa qui l’attenzione sul termine cesura, rilevando come risulti, nella formulazione di Freud, essere la cesura a governare i nostri pensieri.
Veniamo così introdotti ad uno degli aspetti fondamentali e necessari alla formazione di una mente pensante e consapevole della propria individualità separata: la cesura, il taglio, la separazione, il distacco, con la funzione paterna come agente a ciò indispensabile.
La funzione paterna pone il padre all’origine della separazione del bambino dalla madre, facendolo successivamente garante del divieto dell’incesto e per tale tramite simbolo e testimone delle leggi sociali e morali.
Così uno dei compiti iniziali del padre è quella di offrire al bambino l’esperienza della triangolazione, cioè di un incontro a cui partecipano tre entità distinte, bambino, madre e padre, favorendo così il riconoscimento da parte del bambino di se stesso come essere esistente in maniera concreta, distinta e peculiare.
Viene in tal modo allontanato il rischio che la madre il bambino cadano intrappolati in una relazione esclusiva a due, soffocante lo sviluppo, anche se al giorno d’oggi viene ampiamente riconosciuta alla funzione materna di per sé la competenza a risposte trasformative e separanti.
Al giorno d’oggi, nell’ambito di una mutata distribuzione dei carichi all’interno della coppia genitoriale, vi è l’aquisizione da parte del padre di maggiori compiti rispetto all’accudimento dei bambini anche molto piccoli.

ALCUNI ACCADIMENTI PSICHICI NEI GENITORI
A FRONTE DELLA GRAVIDANZA E DEL NUOVO NATO
Chiaramente riconosciuta è l’importanza del padre per la madre. Il riconoscimento del ruolo del padre aiuta la madre a vedere il bambino come separato da sé. Se la madre è consapevole del fatto che la sua gravidanza è il risultato di un atto del padre quanto suo, eviterà di essere preda dell’illusione di aver prodotto da sola il bambino.
Riconoscere il ruolo del padre non soltanto aiuta la futura madre a differenziare il feto dalle proprie fantasie, ma la rassicura anche sul fatto che non sarà lei sola ad essere responsabile dei successi, dei fallimenti e del futuro sviluppo del bambino.
Una difficoltà centrale per il padre sembra essere quella di abbandonare il proprio desiderio di essere come la madre producendo come lei dei bambini. Non tutti gli uomini riescono a fare ciò. Alcuni persistono nell’invidiare le capacità generative femminili e non arrivano mai ad accettare il fatto di essere esclusi da questo processo.
Gli uomini che riescono ad incanalare con successo questi desideri verso altre modalità di funzionamento psicologico possono arrivare a sentire in sé stessi, durante la gravidanza della loro compagna, rinnovate creatività e produttività.
La trasformazione in positivo dei desideri ostili di competizione verso le capacità generative femminili, può giungere sino al punto di costituire l’incentivo per la scelta di una professione nell’ambito della cura dell’infanzia.
Il desiderio di un uomo di produrre, partorire un bambino, che si radica nel desiderio di essere come la madre, fu descritto da Freud nel caso del piccolo Hans, resoconto della psicoanalisi di un bambino di cinque anni.
Nella generatività paterna sono attivi anche altri desideri quali quelli di oltrepassare i confini della propria morte, di riprodurre se stesso e di rispecchiare la propria immagine.
Da ciò una delle ragioni per cui i padri preferiscono generalmente la nascita di un figlio maschio.
Il desiderio di replicare il proprio sesso, più forte negli uomini che nelle donne, potrebbe derivare dal maggior bisogno degli uomini di rafforzare e sostenere la propria identità mascolina, costantemente messa alla prova.
La letteratura in materia evidenzia come quasi tutti i bambini inviati in psicoterapia per comportamenti di identità sessuale incerta siano maschi.
Il desiderio per un uomo di avere un figlio è anche influenzato dalla rivalità con il proprio padre, dalla spinta ad eguagliarlo, a superarlo.
Una delle prime reazioni del nuovo futuro padre potrà essere quella di sentirsi escluso. Il padre in attesa potrà sentirsi presto messo in secondo piano: non solo la gestante incomincia a focalizzare attenzioni, energie, preoccupazioni sul bambino che dovrà nascere, ma diventerà essa stessa oggetto dell’attenzione di tutti.
Tutti si occuperanno dello stato d’animo e della salute di lei, ma nessuno si curerà di quelle di lui, ed ella stessa si aspetterà la medesima sollecita preoccupazione da parte di lui.
In seguito il padre potrà competere con il figlio per l’attenzione della madre, precedentemente tutta rivolta a lui.
La sensazione di essere spodestato risveglierà anche le emozioni, le rivalità e le esclusioni dell’infanzia, cosicché il bambino potrà essere vissuto dal padre come un rivale che lo deruba della moglie come suo padre o un fratello o una sorella lo avevano in passato derubato della madre.
Tali sentimenti possono essere talmente intensi e disturbanti da determinare la disattesa del fondamentale compito della funzione paterna di sostegno alla coppia madre bambino.
Nei casi più problematici si assiste alla messa in atto di comportamenti che dal semplice disinteresse si estendono alla ricerca di relazioni extraconiugali, all’abuso di sostanze alcoliche, alla ripresa di tossicodipendenze, a comportamenti sessuali dimorfici.

CONCLUSIONE.
Mentre in passato la responsabilità dell’attendere alla crescita dei figli era distribuita tra più persone, ora spesso questa viene lasciata esclusivamente ai genitori, quando non ad uno solo di essi, senza la presenza di adeguate reti di sostegno.
La messa a punto e l’adozione di azioni rivolte al consolidarsi della relazione madre bambino e di sostegno nell’area della genitorialità, quali previste dal “Progetto Prevenzione”, risulta essere questione di notevole rilevanza ed attualità.

CONTENUTO
Da una citazione di Freud prende avvio una panoramica su alcuni fattori noti: le competenze del feto, i lasciti transgenerazionali, la funzione materna, la funzione ed il ruolo paterno. Vengono descritte alcune modalità con le quali, dalla vita intrauterina alla prima infanzia, tali fattori risultano determinanti per lo sviluppo psichico dell’individuo.

BIBLIOGRAFIA
Bion W.R. (1962) Una teoria del pensiero. Tr. it. in: Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico. Armando, Roma, 1970.
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