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Sabato 31 Ottobre 1998 Genova
Ordine degli Psicologi della Liguria

Corso di Aggiornamento a cura di Armando Bauleo *

DIAGNOSI PSICOLOGICA E SETTING

Sintesi a cura di Licia Filingeri

* Cattedra di Psicologia Sociale - Università di Buenos Aires
Direttore dell'Istituto di Psicologia Sociale Analitica - Venezia



Armando Bauleo comincia lavorando su un'idea: il soggetto ha fatto un percorso per ammalarsi, vediamo come farlo a ritroso.

Presupposto: qualsiasi processo terapeutico prende in considerazione il legame tra terapeuta e paziente, ma c'è sempre un terzo, che può essere costituito da qualsiasi cosa:la pillola, le fantasie, il transfert, il controtransfert, l'immaginario e così via..Nella situazione di legame, c'è sempre una situazione triangolare di base, che avviene in un contesto. Di questo parlavano già 30 anni fa Bleger e Ajuriaguerra, mostrando che qualsiasi comportamento umano deve essere visto gruppalmente, istituzionalmente, individualmente; altrimenti, si fa un'astrazione delle altre cose.

Ci si trova subito di fronte al problema del setting formale, studiato da Winnicot, Bleger, Masud Kahn nelle coordinate: spazio, tempo, ruolo, compito. All'interno di un rapporto con un paziente, il terapeuta dedica a una persona un certo tempo, in un certo spazio (del terapeuta, dell'istituzione), con un certo ruolo (il paziente deve parlare, il terapeuta ascoltare), col compito di capire cosa il paziente è venuto a fare (il paziente fa una richiesta, e il terapeuta l'analisi della richiesta per arrivare alla domanda, che è latente).Questo setting formale è anche un setting mentale, interno, in cui la presenza del paziente stimola il ricordo del terapeuta.

Sorge la questione del come il terapeuta metta in moto il setting:secondo alcuni, esso può cominciare già a partire dalla telefonata, in cui il transfert già si mette in moto ; altri sostengono che inizia dopo qualche tempo, quando si è stabilito un certo legame col terapeuta..Come diceva Freud, il transfert esiste sempre, ma non posso interpretarlo, l'interpretazione è valida solo in un setting particolare..Il problema è come stabilire questo setting per fare l'interpretazione.

Paula Heimann, nel suo articolo del 1950, "On Countertransference", dice che il controtransfert è altra cosa rispetto al transfert: non è l'emozione che il terapeuta sente con un paziente, ma è l'attivazione continua fatta dal terapeuta della sua emozione per arrivare prima del ragionamento al nucleo del problema:"le mie emozioni arrivano alla fonte del conflitto prima del mio intendere". La cosa interessante è in qual modo, come diceva Bion, il terapeuta arriva dall'emozione al concetto; per questo, è basilare il setting, che permette al terapeuta di far funzionare le proprie facoltà

A partire da lì il terapeuta può cominciare a pensare alla diagnosi. Più correttamente, parliamo di diagnosi di situazione, in cui fa la sua comparsa uno dei problemi più grossi, quello della molteplicità, quello che Freud aveva chiamato le serie complementari , problema che Bleger discute in "Simbiosi e ambiguità", la questione della disposizione .La domanda è: qual'è il campo predisponente, il terreno, il materiale che, dopo una causa scatenante, fa sì che appaia manifestamente una specie di malattia.Otto Rank l'aveva individuato nel trauma della nascita; seguendo Freud, ci sono momenti critici nelle varie fasi dello sviluppo psicosessuale. La causa scatenante si innesta nella presdisposizione, ma non è la causa unica, che non esiste. Il terapeuta , già al primo colloquio, deve cominciare a entrare in questa predisposizione per vedere come la causa scatenante fa partire il processo dell'ammalarsi: cioè, il terapeuta ripercorre il cammino all'inverso: parte dal presente, va al passato e poi guarda al futuro: "Vediamo cosa possiamo fare insieme".

Disgraziatamente, si sono persi certi aspetti positivi del modello medico antropologico: osservazione, diagnosi di situazione, prognosi e intervento. Soprattutto la prognosi, dice Bauleo, sia nel pubblico che nel privato, viene dimenticata. Specie nei Servizi, c'è la tendenza a dire che certe malattie sono croniche, perchè il soggetto ripete la malattia, o addirittura a renderle croniche, tenendone vivo il ricordo nell'ex-paziente attraverso il tempo e magari creandone l'aspettativa ( Bauleo pensa a certe inopportune visite domiciliari delle Assistenti Sociali, mandate dai Servizi , per "verificare lo stato di salute" del paziente).

Ma il paziente, ricorda Bauleo, non è eguale a malattia, sono due cose diverse: non bisogna mai dimenticare che la persona è immersa in un contesto che la fa ammalare, che si tratti di una cultura, di una famiglia, di una comunità, dell'istituzione presso la quale lavora: ci sono una predisposizione e uno stato scatenante: se la persona torna allo stesso contesto da cui proviene, forzatamente torna la malattia. I Servizi generalmente riinviano le persone alle stesse strutture di partenza, senza pensare che, se non vengono modificate, le condizioni sono le stesse, ed eguale sarà la patologia.Da qui, l'importanza della diagnosi della situazione.

Con la legge 180 si è rotto un "equilibrio", si è aperto un problema: col manicomio, si diceva:qua è la malattia, e fuori sono i sani; ma, abbattuto questo muro, non si sa più chi è sano e chi è malato, c'è bisogno di un'altra nosografia. La presa in carico da parte del terapeuta significa: io devo lavorare con lui, per vedere fino a che punto possiamo diminuire la sua sofferenza.

Questo è un altro problema: cosa significa guarire nel campo della salute mentale; qual'è l'idea di guarigione in psicoanalisi; cosa significa malato. Bauleo ritiene che il terapeuta debba aiutare il paziente ad avere meno angoscia, ansia e sofferenza possibile:oltre non possiamo andare:ognuno ha la sua storia.

Il problema diviene dunque come il terapeuta possa contribuire a rendere meno patogena possibile una struttura, o una malattia, o un contesto, non dimenticando, come ben ha mostrato Bleger, che certi meccanismi , fobici, ossessivi, isterici , schizoidi, sono , in determinate situazioni, non patologici, ma strumentali per relazionarsi cogli altri, essendo in accordo col contesto in cui si è inseriti.

Il malato è malato , invece, perchè ha sempre lo stesso comportamento stereotipato, mai adeguato al contesto.Se si riesce a rompere questo stereotipo, e a rendere possibile un meccanismo più adatto, lo scopo è raggiunto.

Questa, conclude Bauleo, è la nuova nosografia, questa è la salute mentale.


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