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"Sportello Famiglia": conversazione con Monica Vitolo

Maurizio Mottola


Ripubblicato su Psychomedia da "Agenzia Radicale"


Varata una nuova collana dell'editore Guida, dal titolo Diari di Psicologia, con il primo libro Sportello Famiglia tra rumori, echi e ascolti (a cura di Anna Patrizia Caputo e Monica Vitolo, pagine 164). Alla psicologa e psicoterapeuta Monica Vitolo, una delle due curatrici, abbiamo posto alcune domande.
Quale progetto sottende l'iniziativa sul campo di uno sportello ascolto per la famiglia in una difficile realtà periferica come il quartiere S. Giovanni a Teduccio di Napoli ?
Il progetto dello sportello Famiglia intende costituire una risorsa specifica e professionale a più livelli, a vantaggio della popolazione del quartiere di S. Giovanni a Teduccio che -nel corso degli ultimi anni- ha dovuto affrontare due grosse problematiche associate tra loro: e cioè, al disagio della popolazione e delle famiglie, dei ragazzi e dei soggetti a rischio si è aggiunta una sequenziale ed inesorabile riduzione dei servizi pubblici offerti. Vi è stata una drastica riduzione del servizio del Consultorio Familiare e molti utenti dovrebbero arrivare sino al Distretto Sanitario confinante.
Va da sé che invece un centro di Ascolto per i problemi della famiglia ha un senso più specifico ed è più apprezzato se è sul territorio e se è in stretta relazione con i servizi sociali che lavorano lì in zona. Del resto S. Giovanni a Teduccio era un tempo una zona industriale, con un buon livello occupazionale; mentre invece adesso è passata ad una realtà sociale post-industriale con un decremento dello sviluppo economico. Non sempre le istituzioni rispondono alle esigenze della cittadinanza nei tempi giusti e nei modi adeguati.
Che strumenti avete avuto a disposizione come professionisti volontari ?
A differenza del servizio pubblico dobbiamo distinguere che in questo gruppo di lavoro volontario il livello di motivazione del personale tutto è molto elevato. Gli obiettivi e le strategie vengono fissati insieme e si concordano percorsi individuali per tutti gli utenti che bussano allo Sportello Famiglia.
Il trattamento individualizzato, o dovrei dire Ascolto individualizzato, consente di osservare il caso singolarmente, di inserirlo in un percorso di discussione nel gruppo di operatori e poi di avviarlo ad un progetto di sostegno psicologico e sociale, coinvolgendo per la integrazione anche assistenti sociali, educatori, un sociologo ed un avvocato esperto in diritto di famiglia e mediazione familiare. Quindi un pool quasi completo di professionisti, tutti uniti pur conservando il loro specifico setting, i quali collaborano ad alto livello tra loro e fruiscono di supervisione in gruppo costante. Proprio grazie alla supervisione in gruppo, gli operatori riescono ad evitare o limitare il fenomeno del burn out.
Fin dove può arrivare l'intervento professionale prima di impattare inevitabilmente l'assetto politico-istituzionale del contesto ?
E' chiaro che il nostro tipo di intervento impatta subito con l'assetto istituzionale del quartiere e del territorio più in generale. Assistiamo ad un fenomeno estremamente interessante: tramite il lavoro attento, puntuale e costante degli operatori dello Sportello Famiglia molte famiglie disagiate si sentono prese in carico ed ascoltate nelle loro esigenze umane, sociali e sanitarie.
Occorre rammentare che molte famiglie sono di modesto livello culturale e si sentono spesso bistrattate e sottovalutate. Inoltre sovente ricevono consigli ed indicazioni inappropriate per la loro situazione sociale. Non si può pretendere che una madre riesca a guidare il proprio figliolo se ella stessa si sente un soggetto dimenticato e non sostenuto. Quindi la priorità per lo Sportello Famiglia è dare importanza al singolo utente, osservare la sua situazione reale e proporre un percorso mirato ed adeguato al soggetto. Infine realizza un team di confronto e supervisione sia per i risultati ottenuti e sia per la percezione e frustrazione degli operatori stessi.


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