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Il cancro e la ricerca del senso perduto

Maurizio Mottola


Ripubblicato su Psychomedia da "Agenzia Radicale"


Venerdì 19 settembre 2008 alla Libreria James Joyce di Trieste è stato presentato il libro Il cancro e la ricerca del senso perduto (Pier Mario Biava, edizioni Springer Verlag Italia, pagine XII-117), evento promosso dall'Associazione Medicina e Complessità (AMeC), che si occupa dell'integrazione tra medicina, medicine complementari, supporto psicologico e nutrizione.
La malattia cancerosa può essere trattata con l'obiettivo di uccidere le cellule malate oppure con quello di far fare loro a ritroso la strada che porta da uno stato di equilibrio naturale alla malattia. E' l'intuizione alla base del libro di Pier Mario Biava, primario di medicina del lavoro all'Istituto di ricerca e cura a carattere scientifico Multimedica di Milano, presidente della Fondazione per la ricerca delle terapie biologiche del cancro e Vice Presidente del WWF Italia. Il libro racconta una ricerca originale dell'autore ispirata a questa visione biologica del cancro. Pier Mario Biava ha scoperto che l'informazione che convince le cellule maligne a tornare alla normalità è prodotta dagli organismi viventi stessi, ma solo in specifiche circostanze. Inevitabilmente, la storia della ricerca ci porta verso una visione del mondo e della vita che presenta i tratti di una documentata critica ai valori e alle priorità che caratterizzano il mondo in cui viviamo.
La perdita di senso - sottolinea Pier Mario Biava - è la principale caratteristica dell'età moderna, in quanto mai nessuna società come l'attuale aveva provato una tale mancanza di senso. Il cancro allora è uno dei sottoprodotti di questa perdita: è una patologia della significazione, i codici della sana comunicazione sono cambiati in modo negativo nelle patologie tumorali e dunque guarire dal cancro equivale a ritrovare il senso nella vita.
Comunque le prove ottenute dallo studio delle interazioni fra tessuti embrionali e cellule tumorali indicano che la crescita tumorale viene soppressa quando i tumori sono trattati con estratti embrionali prelevati durante l'organogenesi.
Lo sviluppo embrionale e la genesi dei tumori sono strettamente correlati: i due processi hanno in comune diversi percorsi e molecole regolatrici, per cui il cancro può essere visto come una deviazione evolutiva suscettibile di controllo da parte dei regolatori della differenziazione cellulare.
Molecole presenti durante alcuni stadi decisivi della differenziazione embrionale sono in grado di rallentare la crescita di diverse linee cellulari tumorali in vitro. Pertanto, la differenziazione cellulare costituisce un percorso chiave per la comprensione del comportamento delle cellule sia normali che tumorali.
Il genoma della cellula tumorale contiene in genere un numero estremamente alto di geni alterati, la maggior parte dei quali svolge -quando normali- un ruolo importante nello sviluppo dell'embrione.
Infatti, durante la genesi dei tumori vengono attivati o mutati alcuni geni embrionali (protooncogeni ed oncogeni), il che porta la cellula ad un programma di moltiplicazione incontrollata.
E' possibile che nelle cellule tumorali venga interamente o parzialmente disattivato il programma della differenziazione cellulare. Dunque, le cellule tumorali possono essere considerate cellule che condividono configurazioni geniche simili a quelle delle cellule di embrioni in fase evolutiva.
In effetti le cellule tumorali e quelle embrionali condividono alcuni antigeni superficiali. Pertanto, per riscrivere nelle cellule tumorali il programma che è stato cancellato l'unica via è quella di somministrare il network regolativo presente nell'embrione durante la differenziazione cellulare e non singole molecole, che avrebbero scarso effetto informativo.
Perciò se nelle cellule tumorali è disattivato il programma della differenziazione cellulare, allora la terapia del cancro non può fondarsi sulla distruzione delle cellule tumorali, in quanto nel disordine provocato dal cancro è impossibile regolare il processo con singole molecole.
Solo una terapia basata su specifici regolatori della differenziazione cellulare può ripristinare il programma che è stato distrutto nelle cellule tumorali, by-passando le mutazioni che sono all'origine della trasformazione maligna.
Ciò comporta un cambio del paradigma scientifico: dal riduzionismo alla complessità, che indica come le reti biologiche in certe condizioni siano in grado di auto-organizzarsi, di ripararsi e di tendere all'ordine.
Il segreto sta, come scrive nella prefazione del libro Ervin Laszlo, presidente del Club di Budapest, "padre" dell'olismo e candidato al Premio Nobel per la Pace, nell' adottare un punto di vista olistico, che cioè considera tutti gli elementi di un sistema vivente come collegati e coerenti.
"La salute dentro di noi -scrive Ervin Laszlo- e la salute attorno a noi, rispondono alle stesse intuizioni basilari: esse sono l'espressione della integrità e della coerenza dei sistemi che la manifestano. Mantenere o riacquistare la salute significa ristabilire il flusso di informazioni essenziali nel sistema. Questa è la via per guarire il corpo, guarire la società, guarire il pianeta. La scoperta del dr. Biava è che le cellule maligne non sempre richiedono di essere asportate, irradiate o chimicamente distrutte: esse possono essere riprogrammate verso il normale funzionamento. Questo è un modo di pensare radicalmente diverso. La scoperta conferma l'affermazione di Einstein, spesso citata: non si può risolvere un problema adottando lo stesso tipo di pensiero che ha caratterizzato il contesto in cui il problema è sorto".


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