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Psichiatria - Documenti



La felicità come tecnica per una vita più compassionevole
Conferenza di Matthieu Ricard allievo del Dalai Lama


Maurizio Mottola


Ripubblicato su Psychomedia da "Agenzia Radicale"


Giovedì 3 aprile 2008 si è svolta a Napoli, all'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, nell'ambito della quarta edizione de L'arte della felicità, la conferenza La felicità come tecnica per una vita più compassionevole, tenuta dal monaco buddista Matthieu Ricard, che - allievo del Dalai Lama - è membro del Mind and Life Institute e partecipante alla ricerca sull'allenamento della mente e della plasticità del cervello. Gli scienziati dell'Università del Wisconsin (USA), che lo hanno ripetutamente analizzato con varie e sofisticate apparecchiature, hanno constatato la costante sincronizzazione delle sue onde cerebrali, per cui è stato definito l'essere umano più felice del mondo. Come tutti i praticanti buddisti è ovviamente un meditatore: consapevolezza e compassione sono i suoi punti di riferimento ( come del resto dell'approccio buddista nei suoi pur diversi lignaggi).

Dunque, cos'è la meditazione ? Attualmente ormai tutto viene chiamato meditazione. Alcuni confondono la meditazione con il rilassamento, altri con la concentrazione, altri con il distacco dalle cose del mondo, altri ritengono che sia uno speciale equilibrio da raggiungere nella propria mente.
Quando ad un famoso maestro zen venne chiesto quali fossero gli ingredienti della meditazione, egli rispose: "Sono tre. Il primo è la consapevolezza. Il secondo è la consapevolezza. Il terzo è la consapevolezza".
Consapevolezza significa essere coscienti ed attenti sia delle sensazioni nel corpo, sia dei pensieri, sia delle emozioni, sia di uno stato d'animo, sia del respiro. Invece comunemente ci si identifica con tutto ciò e pertanto non se ne è consapevoli. Appena si inizia ad osservare questi fenomeni interiori, cessa l'identificazione con essi e si oltrepassa la mente ordinaria.

Come dice il Dalai Lama: "Nella meditazione non devi permettere alla coscienza di seguire i sentieri del passato o di fare programmi per il futuro: bisogna creare un vuoto, al posto di tutti questi processi mentali. Quando la coscienza è liberata e sgombrata da tutti i processi mentali, essa rimane in uno stato puro, chiaro, indistinto e silenzioso".

Per molti la meditazione è un lusso; è una conquista per taluni riuscire a concedersi mezz'ora di silenzio, di quel silenzio interiore, in cui la mente ed il corpo sono nel presente, completamente nel presente ed in cui ogni attimo è denso e vivo. Tutta la nostra cultura è orientata verso l'esterno, a distrarsi da se stessi e tutto ciò tiene continuamente occupati ed evita che nascano quei momenti in cui poter incontrare le proprie domande esistenziali o in cui potersi sentire più a contatto di se stessi, momenti senza parole, senza pensieri, senza attività.

Nella meditazione la mente - che nella nostra cultura è generalmente associata all'azione, alla realizzazione - passa ad una modalità ricettiva, in cui è pronta a cogliere subito un qualsiasi fenomeno per quello che è senza etichettarlo. Nella meditazione l'obiettivo non è quello di cambiare se stessi, ma quello di accorgersi di ciò che si è. Al contrario della psicoterapia e di molte discipline di crescita personale, mediante le quali si modificano le proprie capacità, i propri modi di pensare, i propri modi di percepire se stessi e gli altri, nella meditazione non ci si occupa affatto degli strati superficiali della propria personalità, ma ci si accorge semplicemente di ciò che c'è senza giudizi. Dunque meditare significa dis-identificarsi dai contenuti della mente e rimanere nel proprio centro interiore, nella coscienza che osserva.

La parola meditazione, inoltre, ha due significati: uno è lo stato di coscienza pura e più che stato mentale andrebbe denominato come un non-stato, in quanto la coscienza non è identificata né con il corpo né con la mente; l'altro è la tecnica di meditazione, cioè la modalità pratica che aiuta ad entrarvi. Si possono distinguere due categorie: le pratiche di meditazione statiche sono quelle classiche praticate in Asia da millenni.

Sono state concepite ed elaborate per popoli che passavano le loro giornate all'aria aperta, nei quali il lavoro era principalmente un'attività fisica e vi era molto contatto corporeo tra le persone -dalla nascita fino alla morte-, per persone insomma il cui principio di identità si fondava più su un senso corporeo ben radicato, che non sulla mente e sull'immagine di un io individuale. Oggi si vive nel modo opposto: molti lavorano seduti, fanno poco movimento, il contatto corporeo con gli altri viene limitato ai componenti della famiglia, l'identità è assai più un'idea di se stessi che non un senso del proprio corpo.

La maggior parte delle persone dei paesi industrializzati non percepisce molto attraverso i sensi fisici, ha un "corpo sordo" e lo tratta come un oggetto. Quando ci si pone seduti per la pratica della meditazione è difficile che il proprio corpo fisico ed energetico sia vitale, armonizzato e permeabile alle sensazioni: il più delle volte al massimo si avverte un male alla schiena ! Dunque in questo caso sono assai utili le pratiche dinamiche, basate sulla vivacizzazione del corpo e sull'espressione di tutta l'energia compressa, per poter poi -con un corpo più permeabile energeticamente- addentrarsi nel silenzio interiore.

Non essere capaci di smettere di pensare è un'afflizione terribile ed il continuo rumore mentale toglie la pace e crea paura e sofferenza. Attraverso la pratica della meditazione si imbocca il percorso per la fine della sofferenza e del conflitto interiore ed esteriore ed anche della schiavitù del pensiero incessante.

In conclusione, come dice il maestro indiano Osho, "Meditazione è guardare nel tuo vuoto, dandogli il benvenuto, godendolo, fondendoti con esso, senza alcun desiderio di riempirlo -non ce n'è alcun bisogno-, perché è già pieno. Sembra vuoto perché non lo vedi nella giusta prospettiva. Lo vedi attraverso la mente e quella è la via sbagliata. Se metti in disparte la mente e guardi nel tuo vuoto, esso possiede un'incredibile bellezza, è divino, straripa di gioia. Non occorre null'altro".


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