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Mediumistic Phenomena: conversazione con Antonio Giuditta

Maurizio Mottola



Recentemente è stato pubblicato in inglese un libro del 1909 ormai introvabile, nel quale il fisiologo Filippo Bottazzi della Regia Università di Napoli descriveva esperimenti che sollevano problemi di grande rilevanza biologica. Al neuroscenziato Antonio Giuditta, traduttore in inglese del libro, abbiamo posto alcune domande.

Come mai ha scelto di tradurre in inglese -con il titolo Mediumistic Phenomena- un testo del 1909?

La ragione principale riguarda la sostanziale impossibilità di trovare oggi un libro pubblicato più di un secolo fa. E' vero che c'è stata una ristampa anastatica nel 1996 (editore Schena di Brindisi), ma anche la ristampa non risulta attualmente recuperabile. La traduzione inglese permette di rendere nuovamente disponibile un'opera di particolare importanza per la comprensione della biologia dell'uomo e dei viventi, dal momento che essa enfatizza caratteristiche non compatibili con le attuali conoscenze. I risultati ottenuti da Bottazzi possono ora essere portati a conoscenza della comunità scientifica napoletana ed italiana (Bottazzi era un professore noto in tutta Europa), ma soprattutto della comunità scientifica anglosassone, che rimane ancora particolarmente attiva nello studio dei cosiddetti fenomeni di parapsicologia, come sono quelli studiati dal Bottazzi. 

Quali sono gli esperimenti di Filippo Bottazzi che sollevano problemi di grande rilevanza biologica?

Nel 1907 Bottazzi fu indotto a compiere esperimenti sulle straordinarie capacità di Eusapia Palladino per aver avuto notizia di osservazioni simili fatte nell'università di Torino. Diversamente da quelle egli ritenne essenziale procedere con metodi sperimentali, basati sulla registrazione oggettiva dei fenomeni osservati, in particolare di quelli cosiddetti psicocinetici o telecinetici, per i quali Eusapia Palladino era  famosa nelle corti dei nobili e nelle Università europee. Bottazzi riuscì ad attivare l'attenzione di esimi professori della Regia Università di Napoli, tra cui Cardarelli, Galeotti e Pansini, per ricordare quelli ancora noti, ed a farli partecipare ad otto sedute che si tennero nel suo Istituto di Fisiologia. I fenomeni ci furono, furono straordinari, e furono registrati su cilindri rotanti a velocità uniforme, come allora era possibile fare di qualunque analogo processo. Di essi Bottazzi diede una rappresentazione biologica, che privilegiava il ruolo essenziale del medium, in piena sintonia con i suoi colleghi. In tal modo egli si discostava dalle interpretazioni puramente spiritistiche prevalenti in quel tempo, pur non escludendo un eventuale contributo di altre condizioni nella genesi degli altri straordinari eventi, che non poterono essere registrati strumentalmente. 

A che punto è attualmente il dibattito sulla natura della mente e delle sue relazioni con il cervello e come gli esperimenti di Filippo Bottazzi possono esservi connessi?

La maggioranza dei cultori di scienza, in particolare delle scienze del sistema nervoso, tende ad accettare l'equivalenza tra attività  mentali e funzioni cellulari e molecolari del cervello, privilegiando quindi una visione dualista e sostanzialmente materialista della vita e della natura. L'oggettività degli eventi psicocinetici, dimostrata dalle registrazioni di Bottazzi, sottolinea che oggetti posti al di fuori del campo spaziale di un individuo possono essere mossi in assenza di contatto diretto, sia pure da parte di individui particolarmente dotati. Ma è forse credibile che la biologia della Palladino sia stata sostanzialmente diversa dalla nostra? Si tratta quindi di osservazioni in netto contrasto con le attuali conoscenze, che limitano le capacità mentali all'attivazione delle cellule nervose e poi di quelle muscolari. L'assenza di contatto diretto fa piuttosto pensare ad un campo energetico, sufficientemente intenso fuori dal corpo del medium e guidato dalla sua intenzione. Le scienze, in particolare quelle biologiche, non possono permettersi di marginalizzare questi fenomeni, pena il persistere di una visione incompleta della realtà del vivente.


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