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Neuropsicologia dei disturbi della personalità
Conversazione con Michele Lepore

Maurizio Mottola


Mercoledì 10 novembre 2010 si è svolto il 3RD Napoli Workshop of Cognitive and Behavioral Neurology: Focus on Neuropsychiatry, organizzato dall'Unità Operativa Complessa di Neurologia - Stroke Unit Presidio Ospedaliero CTO ASL Napoli 1 Centro. Allo psicologo e psicoterapeuta Michele Lepore, tra i relatori del workshop e direttore scientifico della Scuola Campana di Neuropsicologia (SCNp), abbiamo posto alcune domande. 
Di che cosa ha trattato nella sua relazione Neuropsicologia dei disturbi della personalità?
E' un tema complesso ed affascinante, che si inserisce nel panorama più ampio degli studi psicobiologici sui possibili correlati anatomici, anatomo-funzionali e neurotrasmettitoriali dei disturbi di personalità. Naturalmente la dimostrazione di anomalie cognitive o neurobiologiche non implica necessariamente la direzione di causalità (nel senso che un'alterazione psicologica può determinare anomalie neurobiologiche e viceversa).
La personalità oggi tende ad essere considerata come uno degli strumenti che permettono l'adattamento dell'organismo al proprio ambiente. In questa ottica i diversi stili di personalità rappresentano modalità differenti di gestione degli stressor ambientali, una manifestazione della biodiversità. Quindi, ad esempio, caratteristiche ossessive di personalità, con tratti di perfezionismo e coscienziosità, non sono, di per sé, patologiche, anzi possono rappresentare una risorsa adattiva.
I problemi insorgono quando questi tratti diventano troppo intensi e rigidi, riducendo la flessibilità strategica dell'individuo e producendo un disadattamento. I disturbi di personalità, come esemplifica Millon, non vanno considerati l'analogo di una malattia, essi piuttosto possono essere paragonati ad una disfunzione del sistema immunitario, il cui fallimento permette ai batteri (gli analoghi degli stressor relazionali, sociali o economici) di produrre di conseguenza la malattia (disturbi psichici).
Oggi si ritiene che la personalità (e conseguentemente i suoi disturbi) si determini a partire da una componente costituzionale (temperamento), attraverso l'interazione complessa con le esperienze ambientali. A questo punto si comprende l'utilità euristica e pratica dello studio delle anomalie neuropsicologiche tipiche di un disturbo di personalità (come, ad esempio, deficit delle funzioni esecutive nei Disturbi Schizotipico, Borderline e Antisociale). Infatti possono essere individuate le componenti cognitive (costituzionali e/o acquisite), caratteristiche di un certo tipo di funzionamento psicologico ed il loro rapporto con i tratti di personalità disfunzionali.
Da un punto di vista applicativo la loro comprensione può permettere di adattare l'intervento psicoterapico e/o farmacologico alle caratteristiche cognitive, affiancando eventualmente interventi di riabilitazione cognitiva. Inoltre alcuni autori hanno suggerito l'utilità prognostica dell'esame neuropsicologico, ipotizzando, ad esempio, un maggiore rischio di suicidio per i soggetti Borderline, caratterizzati da un deficit della regolazione inibitoria e del Decision Making. Comunque la letteratura sulla neuropsicologia dei disturbi di personalità è in generale ancora insufficiente ed è, inoltre, auspicabile un affinamento della metodologia di ricerca.
La cronaca offre casi in cui soggetti apparentemente normali compiono azioni delittuose particolarmente efferate per motivi talvolta che appaiono futili o minimali rispetto a quanto commesso: che apporto ci può dare una lettura che tenga conto della neuropsicologia dei disturbi della personalità?
Sono ben note le modificazioni e le alterazioni che un danno cerebrale può determinare sulla personalità di un individuo e tra queste la disinibizione improvvisa di comportamenti aggressivi. Questo sicuramente può spiegare certi atti in persone insospettabili.
Tuttavia in molti altri casi (non inquadrabili in una patologia acquisita) credo che si debba presupporre che vi siano dei preesistenti tratti di personalità, già disfunzionali e caratterizzati, ad esempio, da difficoltà del controllo degli impulsi o da rigidità interpretative della realtà. La loro interazione con stressor ambientali contingenti (secondo il modello delineato sopra) può produrre questi comportamenti, solo apparentemente inspiegabili. Va considerato, comunque, anche un livello di analisi sociologico, poiché se è vero che le diverse personalità interagiscono adattivamente con l'ambiente è lecito presupporre che i diversi contesti socio-culturali favoriscono selettivamente alcune configurazioni di personalità.
Qual è attualmente il rapporto tra neurologia, psichiatria e neuropsicologia?
Mi piacerebbe rispondere con una citazione di Kandel (con cui ho concluso la mia relazione al workshop) che afferma: "fino agli anni 70 le malattie psichiatriche erano tradizionalmente classificate in due categorie principali: organiche e funzionali. [...]
Oggi noi dobbiamo domandarci: come i processi biologici cerebrali danno origine ai fenomeni mentali e come, d'altra parte, i fattori mentali e sociali modificano la struttura cerebrale". Insomma le neuroscienze tendono a convergere verso un sapere integrato, in cui gli aspetti biologici cerebrali e quelli psichici possono essere considerati facce differenti di un'unica medaglia, ognuna delle quali deve essere affrontata con i paradigmi epistemologici e gli strumenti tecnici propri di ogni disciplina, nell'interesse della conoscenza e delle applicazioni cliniche.
Le scoperte scientifiche degli ultimi anni, purtroppo, vengono talvolta considerate nell'ottica di un riduzionismo biologico (assistiamo in qualche caso a posizioni che potremmo definire neo-frenologiche). Queste interpretazioni, che sono in parte sottese da questioni squisitamente politico-professionali, tendono a trascurare un aspetto importante della realtà.
Insomma: la spiegazione dell'attività creativa di un artista in termini di aree cerebrali attivate e di neurotrasmettitori rilasciati può utilmente affiancare, ma non sostituire l'analisi estetica dell'opera d'arte né l'esperienza fenomenologica di un suo fruitore.

 


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