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Conversazione sull’audizione per la modifica della legge 180/1978 con Vincenzo Spatuzzi

Maurizio Mottola


Giovedì 1 luglio 2010 si è svolta a Roma, alla XII Commissione Affari sociali della Camera dei Deputati, l'audizione dei rappresentanti dell'Associazione Italiana Psichiatri Medici Dirigenti e Ambulatoriali (Aipsi-Med) -gli psichiatri Vincenzo Spatuzzi (relatore) e Nicola Gianmarco Ponsillo- su "Disposizioni in materia di assistenza psichiatrica". Erano presenti gli onorevoli Giuseppe Palumbo, presidente della commissione, Carlo Ciccioli e Maria Antonietta Farina Coscioni, che hanno ascoltato con attenzione le varie relazioni. Sono stati ascoltati, inoltre, lo psichiatra Tonino Cantelmi dell'Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici (AIPPC) e presidente dell'Aipsi-Med Lazio, lo psichiatra Emilio Lupo, leader di Psichiatria Democratica ed il presidente Luigi Attenasio, Cittadinanzattiva, la Confederazione generale lavoratori italiani (CGIL) e Maurizio Munda, docente in discipline giuridiche ed economiche.

A Vincenzo Spatuzzi, dirigente medico di psichiatria all'ASL Napoli 1 Centro e segretario dell'Associazione Psichiatri Italiani Medici Dirigenti e Ambulatoriali (AIPSI-MED), e tra gli auditi, abbiamo posto alcune domande.

Cosa prevede il testo all'esame della Commissione Affari Sociali della Camera in merito alla riorganizzazione dell'assistenza psichiatrica in Italia?

Una delle proposte di modifica dell'attuale legge di assistenza psichiatrica, il disegno di legge presentato il 15/01/2009 di cui capofila è l'on. Carlo Ciccioli, è quello che ricordo di più anche perché piuttosto coerente e che si vuol porre in sintonia con i bisogni di cura rilevati e la sensibilità e la solidarietà negli adempimenti terapeutico-riabilitativi da porre in essere. In esso si rileva un giudizioso algoritmo clinico-decisionale riguardante Accertamento Sanitario Obbligatorio (A.S.O.)  e la degenza in Trattamento Sanitario Obbligatorio (T.S.O.) del paziente nel Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (S.P.D.C) o in altre strutture con il relativo "contratto fiduciario" (cosiddetto "Contratto di Ulisse"), stipulato tra medico e paziente in fasi cliniche connotate dalla consapevolezza di malattia. V'è pure il "pomo della discordia" rappresentato dal Trattamento Sanitario Obbligatorio Prolungato (T.S.O.P.) intorno al cui snodo si decideranno le sorti della, consentitemelo, ex-legge 180.

Da quel disegno di legge si evince anche un ampliamento della presenza dell'assistenza specialistica psichiatrica nelle organizzazioni sanitarie deputate all'emergenza, oltre che di centri ascolto-orientamento per i care givers, l'importanza e la doverosità della funzione della domiciliarità dell'intervento psichiatrico, assieme alla libertà di scelta del medico che avrà in carico l'utente. V'è anche la previsione di strutture residenziali e semi-residenziali in funzione di presidi di riabilitazione intensiva o estensiva, a ciclo diurno o continuativo, assieme a residenze sanitarie ed a strutture di natura socio-assistenziale in stretta e fattiva collaborazione con i familiari dei pazienti .

Come psichiatra che opera nel servizio sanitario nazionale quali limiti ha riscontrato nella pratica psichiatrica corrente?

Una delle difficoltà, poteva non essere un limite, è rappresentata dal fatto che le richieste di intervento alle unità operative di salute mentale territoriali sono in esplosivo incremento, visto che comprendono anche quelle di patologie cosiddette "satelliti" ancorché attinenti, quali quelle provenienti da un "sociale" degradato, quelle che vengono da famiglie di anziani non al meglio assistiti dagli organi preposti, dal mondo della dipendenza da sostanze d'abuso, dagli operatori che si occupano di handicap e relativa riabilitazione, ma anche dalle famiglie che chiedono aiuto a 360° e nelle 24 ore per i figlioli minorenni che si trovano in età evolutiva. A tutta questa richiesta ed anche in ragione delle magre risorse di personale, economiche e strutturali, le unità operative di salute mentale dei servizi pubblici territoriali delle Aziende Sanitarie Locali assolutamente non riescono a far fronte.

Quasi dovunque non si può erogare la giusta assistenza ed è quasi impossibile effettuare uno studio del paziente che trovasi in una fase clinica caratterizzata dalla grave sofferenza psichica, visto  che con molti stenti e non dappertutto si riesce ad offrire solo prestazioni per il pur sano bisogno di preservazione dell'ammalato e della società dagli effetti di una psicopatologia che fa dell'inconsapevolezza il sintomo più grave. Occorrono pertanto luoghi e strutture sanitarie degne di questo nome, organizzate al meglio per la degenza, l'osservazione, lo studio, l'imposizione di terapie variegate e organizzate sul singolo paziente, corroborate dai più recenti e accreditati protocolli emersi dalla ricerca farmacologica, psicoterapeutica e riabilitativa.

Naturalmente, come per tutte le altre malattie, il tempo ed il periodo del ricovero deve essere quello necessario al clinico per studiare ed intervenire su tali fasi cliniche del paziente, onde porre in essere non solo il compenso della patologia, ma anche per mettere in piedi le basi per un ragionevole e positivo ritorno a casa dell'ospite. I tempi degli attuali ricoveri nei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (S.P.D.C.), nel momento in cui non consentono neppure di rintracciare l'identità dell'individuo come persona, ma solo in quanto ammalato, sono proprio quelli che finiscono per essere identificati quali "privazione della libertà", visto che rispondono ad un'esigenza di burocratizzazione e la correttezza dell'intervento psichiatrico in regime di degenza ritrova una necessità solo medico-legale. Credo che oggi si lavori solo per ottemperare ad esigenze politico-ideologico inconcludenti e, forse, interessate.

A questo punto "fa d'uopo", avrebbe detto il grande Totò, un moderno schema legislativo coattivamente imposto su tutto il territorio nazionale, utile anche nel far rispettare la legge sui diritti umani e, soprattutto, bandire dalle pratiche assistenziali psichiatriche quelle che sono le "ideologie egemoni", quelle che hanno certezze sulle cause dei disturbi mentali e persino sulla loro risoluzione e provare a rispondere all'angoscioso dubbio dei familiari, dei care givers e di coloro che concretamente degli ammalati si occupano, che si sostanzia nel "COSA AVVERRA' DOPO DI NOI".

Cosa ha impedito negli oltre 32 anni della legge 180/1978 di erogare un'assistenza psichiatrica che rispettasse uno standard di qualità omogeneo e diffuso sull'intero territorio nazionale?

L'assistenza psichiatrica è estremamente sfalsata e disuguale sul territorio nazionale e, paradossalmente, l'osservazione ci dice che essa non è direttamente proporzionale ai livelli assistenziali erogati dalle regioni cosiddette "virtuose" rispetto a criteri di efficienza ed economicità, nel momento in cui il budget economico è ovunque sotto dosato, quello delle risorse umane sottodimensionato rispetto al fabbisogno e le ideologie sottendenti politiche sanitarie non possono avere l'autorevolezza e persino la governance della gestione dei casi clinici, poiché non riescono più a porre al centro degli interventi assistenziali i bisogni di salute del singolo utente e della sua famiglia; la ricerca clinico-scientifica da molti, troppi anni, langue, ancorata a modelli che possono ritenersi talvolta superati dalla storia e non in linea con i cambiamenti culturali, sociali ed economici oltre che incongruenti con i bisogni di salute degli ammalati nelle loro differenti presentazioni individuali e nelle differenti fasi cliniche.

Al contrario il pregiudizio che circonda il paziente psichiatrico e coloro che di lui si occupano è in preoccupante aumento; dalla "legge quadro" 13/5/1978 n. 180 non sono ancora pervenuti protocolli clinici ed organizzativi che obblighino le diverse realtà assistenziali a garantire i medesimi ed elevati livelli assistenziali, essendo il tutto devoluto troppo spesso all'iniziativa personale delle persone di buona volontà.



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