PSYCHOMEDIA
Telematic Review

Dalle Rubriche di Paolo Migone
"Problemi di Psicoterapia
Alla ricerca del 'vero meccanismo d'azione' della psicoterapia"
pubblicate sulla rivista

 

Il Ruolo Terapeutico, 1987, 44: 27-30

Problemi di psicoterapia. 
Alla ricerca del "vero meccanismo d'azione" della psicoterapia

Paolo Migone

 

Accetto volentieri l'invito a collaborare a Il Ruolo Terapeutico con una rubrica fissa. Scorrendo i numeri arretrati di questa rivista, ho avuto l'impressione che uno dei temi principali affrontati dai redattori e da vari collaboratori fosse quello di una continua riflessione e approfondimento sull'essenza della psicoterapia, sul "ruolo terapeutico" dell'operatore nelle varie situazioni cliniche e istituzionali. Ciò è stato fatto da una parte con un costante confronto di modelli diversi (come la psicoanalisi, la terapia familiare, ecc.), dall'altra richiamando a rapporto i vari terapeuti "dal fronte", cioè che combattevano in prima linea con le situazioni cliniche più difficili e disparate, prevalentemente nel settore pubblico (psicosi, tossicodipendenze, terapia infantile, ecc.). In questo modo le regole canoniche delle varie teorie venivano continuamente verificate nella prassi, e non raramente ne veniva smascherata una incoerenza, e ne emergeva un bisogno di riformulazione teorica. Mi è sembrato che una scelta molto giusta sia stata quella di presentare, in questo crogiolo di esperienze e di verifiche teoria/prassi, anche i contributi di chi prendeva le posizioni più avanzate o anticonformiste (mi riferisco per esempio alla rubrica di Lai), e tutto ciò non può che giovare alla crescita di questa giovane disciplina.

Intendo inserirmi quindi in questo dibattito, anche perché uno dei miei interessi principali è stato appunto quello di comprendere questa "essenza" della psicoterapia, o il "vero meccanismo di azione" che unifica modalità tecniche diverse tra loro. Non mi illudo sulla difficoltà di questo compito. Intendo semplicemente dare dei contributi di discussione, unendo il mio sforzo a quello di altri. Voglio incominciare facendo alcune considerazioni generali.

Che cosa è la psicoterapia?

Molti si sono cimentati nel definirla, giungendo a risultati diversi, tanto che oggi sembra che si possa solo dire che la psicoterapia è un'idea come un'altra. Se vi fosse un maggiore accordo sulla sua definizione avremmo già risolto buona parte dei problemi, perché almeno sapremmo tutti di cosa stiamo parlando. Ma il bello (o il brutto, dipende dai punti di vista) della psicoterapia è proprio questa confusione. Infatti, anche se essa è praticata dall'uomo da tempo immemorabile, la psicoterapia come disciplina scientifica solo oggi sta cercando faticosamente di muovere i suoi primi passi. Il fuoco è sempre esistito, ma solo ad un certo punto l'uomo ha compreso "come funziona", ed eventualmente ha imparato a riprodurlo. Così è per la psicoterapia: essa è sempre esistita, e si è cercato anche di riprodurla, ma come essa veramente funzioni stiamo cercando di capirlo in questo secolo, e la pluralità di opinioni dimostra chiaramente che siamo ancora in uno stadio prescientifico. Secondo alcuni oggi il "fuoco" della psicoterapia brucia per l'interpretazione, secondo altri per l'empatia, o l'identificazione, o l'istruzione, o magari per una "conversazione felice" e cosi via. Ma il problema è ancor più complicato per il fatto che non vi è chiarezza su cosa si intenda per ciascuno di questi termini (identificazione, empatia, ecc.), anzi, essi presentano gli stessi problemi di definizione dei termine "psicoterapia", per cui il rischio è di procedere in una serie infinita di tautologie. A proposito di tautologie, quello che si può affermare senza paura di sbagliare è che un fenomeno chiamato psicoterapia esiste nella misura in cui se ne parla, e che essa è quella attività praticata da chi afferma di praticarla. Non è molto, ma se definiamo la psicoterapia a seconda dei suo meccanismo di azione ovviamente non ci troviamo d'accordo coi colleghi di "fede" diversa, i quali ritengono che il vero meccanismo di azione sia un altro, e neppure se usiamo una definizione puramente descrittiva riusciamo a risolvere il problema. Per esempio potremmo dire in senso lato che la psicoterapia è "l'aiuto dato da qualcuno a qualcun altro" oppure in senso più restrittivo che essa è "l'attività praticata da quegli operatori (gli 'psicoterapeuti') che lavorano in strutture pubbliche o private i quali hanno la funzione di aiutare altre persone tramite strumenti psicologici, cioè non solamente con terapie somatiche o farmacologiche". Un vasto gruppo di operatori quindi, che va dagli psicoanalisti ai maghi, dai sacerdoti ai volontari laici, ecc. E anche qui si può non essere d'accordo su cosa significhi "strumenti psicologici". Infatti per alcuni è psicologico quello che per altri è organico o appartenente al corpo, e viceversa. Faccio alcuni esempi. Un gruppo molto vasto di psicoterapeuti oggi esistente, quelli che praticano le cosiddette "terapie del corpo", lavorano appunto in vari modi sul corpo per ottenere modificazioni psicologiche, proprio come si fa coi farmaci. I pranoterapeuti, schiera emergente di "nuovi" terapeuti (i quali cercano di essere riconosciuti a livello parlamentare con proposta di albo e di legge, in cui addirittura viene specificata la base "scientifica" dell'energia sviluppata dalla imposizione delle mani) credono veramente che la cura avvenga attraverso una determinata energia fisica emanata dalle loro mani, e a nulla giovano le ricerche che dimostrano che questa energia è aspecifica, cioè pura invenzione fantastica. Tutti sappiamo che non occorre molta sofisticazione psicologica per sapere che i pranoterapeuti sono di fatto dei veri e propri psicoterapeuti, i quali operano tramite le cosiddette suggestione o un legame ipnotico (tralascio di discutere qui cosa veramente significhi suggestione o ipnosi, basti dire che non hanno a che fare con alcuna energia fisica oggi conosciuta). Simili discorsi si possono fare sull'agopuntura, perché nessuno è ancora riuscito a dimostrare la specificità del funzionamento dell'ago, né a eliminare le grosse incongruenze fra la teoria energetica che la sorregge, derivante dall'antica Cina, e le scoperte neuroanatomiche della medicina occidentale. Si dirò che questi discorsi sono abbastanza scontati, e che i maghi, i ciarlatani, e i terapeuti ingenui o ignoranti della metodologia scientifica esistono ed esisteranno sempre. Ma andiamoci adagio a scagliare la prima pietra, e guardiamo più da vicino alla nostra storia, a quella della medicina occidentale. Per rendere meglio l'idea di quello che intendo dire, voglio fare una analogia, quella con alcuni aspetti della storia della medicina.

I primordi della medicina

Da secoli l'uomo ha utilizzato degli strumenti terapeutici di cui o non conosceva il funzionamento, o riteneva che fosse diverso da quello in cui crediamo oggi. Alcuni esempi sono il salasso, la dieta idrica, il digiuno, il clistere, ecc. Erano strumenti potenti, e tra i pochi a disposizione, per cui venivano usati spesso indiscriminatamente, facendo peggiorare molti ma migliorare alcuni. Ad esempio il salasso, se faceva migliorare gli ipertesi e i policitemici, faceva peggiorare o morire gli anemici. Ora, grazie ai progressi delle conoscenze mediche, possiamo usare queste terapie solo in quei pochi casi in cui sono utili, salvando molte vite. Ma vi è un altro esempio interessante, ed è quello della digitale. Questa pianta, che ha potenti effetti sull'organismo, è conosciuta dall'uomo da millenni. Gli Africani la usavano come veleno, mettendola sulla punta delle frecce avvelenate, gli Egizi e i Romani la usavano come emetico, diuretico, antiepilettico, persino per le ulcere della pelle, e cosi via. Non se ne conosceva il meccanismo di azione, per cui a volte senza saperlo si sfruttavano i suoi effetti collaterali, altre volte i suoi effetti tossici (aumentandone la dose), ed in certi casi i suoi effetti terapeutici. Finalmente, e solo pochi secoli fa, fu scoperto che era molto utile come "diuretico", senza sapere però ancora che il suo vero bersaglio era il cuore, e che l'effetto diuretico era indiretto. Si dovette arrivare alla fine dei '700 per scoprire che agiva sul cuore, e ciò permise di migliorarne enormemente il suo uso, usandola per esempio come diuretico solo nei casi in cui la limitata diuresi era dovuta a uno scompenso cardiaco e non ad altri fattori.

La psicoanalisi come la digitale, e la psicoterapia come il salasso

Ci si chiederò perché ho raccontato queste cose. Ebbene, se guardiamo attentamente alla storia della psicoterapia, scopriamo che vi sono incredibili somiglianze. Quando Freud "scoprì la psicoanalisi", essa, come tutti gli strumenti terapeutici della storia, alimentò varie aspettative, per cui, proprio come la digitale, fu usata indiscriminatamente per una serie svariata di disturbi. Groddreck la usava per le emorragie retiniche, la sifilide, la gonorrea, le nefriti, il gozzo, ecc., e comunicava all'incuriosito Freud che otteneva dei risultati. Ma per restare nel campo della psichiatria, essa fu usata praticamente per tutti i disturbi psichici, e purtroppo sappiamo che tutt'oggi c'è chi usa la psicoanalisi classica per le psicosi più severe. Ma quello che rende la psicoanalisi ancor più simile alla digitale, è che coi tempo si è modificata anche la nostra comprensione dei suo meccanismo di azione: mentre prima si credeva che l'elemento curativo fosse l'interpretazione e il lavoro sul complesso edipico, adesso si fa più strada l'idea che la psicoanalisi funzioni non tanto per l'interpretazione di contenuto e neppure per il lavoro sull'Edipo, ma per certi elementi dei setting e per il lavoro sugli aspetti "pre-edipici", o che comunque il cambiamento avvenga in modo molto più complesso. Inoltre anche in psicoanalisi si credeva nell'esistenza di una energia fisica chiamata libido, e oggi molti dubitano della sua esistenza, poiché i progressi della scienza dei '900 hanno mostrato delle grosse incongruenze con la metapsicologia freudiana. E che dire della psicoterapia, cioè di tutte le svariate modalità terapeutiche che sono in circolazione? A uno sguardo lucido, si può dire che la psicoterapia sia il moderno salasso. Quotidianamente nel mondo una moltitudine di pazienti vengono "salassati" da orde di psicoterapeuti, stregoni, chiromanti, maghi, pranoterapeuti, iridilogi, gestaltisti, ipnotisti, transazionalisti, relazionali, psicoanalisti freudiani, junghiani, adleriani, reichiani, kleiniani, lacaniani, kohutiani, sullivaniani, ecc. Se sono in diminuzione i mesmeristi è solo una questione di mode culturali; si sa, il "mercato dell'arte" della psicoterapia subisce anch'esso delle oscillazioni a causa dei gusto del pubblico, ma la sostanza è la stessa. In compenso funzionano ancora varie camere orgoniche e pare con ottimi risultati. Tutte queste terapie vengono praticate indiscriminatamente, proprio come il salasso di una volta: i fautori di una teoria usano lo strumento loro a disposizione qual per tutte le diagnosi, convinti che sia quello più indicato.

Chi sono i veri ciarlatani?

Di nuovo qui ci si chiederà perché ripeto cose note a tutti. Il motivo è che è molto facile oggi ridicolizzare i nostri colleghi delle psicoterapie umanistiche o alternative, o coloro che praticano la cosiddetta "nuova medicina", perché ciò ha una importante funzione: continuare a tranquillizzare la nostra coscienza che i poco seri sono loro, e non noi. Ma stiamo attenti: chi sono oggi i veri ciarlatani? Quella schiera di terapeuti che da sempre sono ai margini della cultura scientifica ufficiale, che lavora intuitivamente o che si giustifica magari con teorie fantascientifiche, oppure noi stessi che ci vantiamo di possedere una dignità scientifica solo perché siamo riconosciuti da un determinato establishment culturale, il cui corpus scientifico però ad un esame attento rivela anch'esso delle grosse contraddizioni? Oggi i "pranoterapeuti ufficiali" sono i laureati in medicina, gli specialisti in psichiatria, e gli psicoanalisti. Faccio alcuni esempi, a sostegno di questa provocatoria affermazione. I medici, regolarmente abilitati con esame di stato della repubblica italiana, nel lavoro quotidiano coi pazienti prescrivono dei farmaci che per la stragrande maggioranza sono inutili, cioè sono dei placebo (senza considerare il fatto che spesso e volentieri anche quei pochi farmaci utili vengono usati come placebo, cioè a sproposito). Farmaci quali i ricostituenti e le vitamine, che abbondanti studi internazionali hanno dimostrato che funzionano come l'acqua fresca (e che non a caso negli Stati Uniti non vengono quasi mai usati), vengono prescritti in Italia a grandi dosi. Come mai? Almeno l'imposizione delle mani è meno costosa. Vi è un segreto progetto di aumentare il costo della spesa sanitaria e di arricchire le case farmaceutiche? La spiegazione non è così semplice. Si tratta anche qui di una questione di mode culturali: all'imposizione delle mani è stata sostituita l'imposizione dei farmaci inutili, la gente si è fatta più sofisticata e ha bisogno di placebo più "scientifici", più rassicuranti perché più consoni con la cultura scientifica dominante. E che dire degli psichiatri? Essi vanno matti per i ricostituenti e la vitamina B6, ma sentono anche il bisogno di adempiere al loro compito di "stregoni di stato" aggiungendo costosi intrugli fatti di cocktails polifarmacologici, i quali farebbero rabbrividire qualunque specialista anglosassone... Alle misture di coda di lucertola e di lingua di rospo si sono sostituite le misture di due antidepressivi, a basse dosi e "di seconda generazione", più due neurolettici, sempre a basse dosi, più due o tre ansiolitici, questi ultimi sicuramente ad azione simile ma con nomi diversi. Ovviamente i pazienti migliorano, come sono qual sempre migliorati nella storia dell'umanità gli individui che si sono rivolti agli psicoterapeuti dei loro tempo per la cura dello spirito, dai vati, ai sacerdoti, ai moderni psicoanalisti. Questi "ministri" hanno sempre avuto una caratteristica comune: quella di cercare di fare dei loro meglio per rispondere alle richieste dei cliente usando gli strumenti a disposizione a seconda della cultura dei tempo. Quello che succedeva era un incontro tra due persone, in cui poteva scoccare una scintilla, che costituiva il segreto meccanismo di azione della psicoterapia. Rimane da parlare degli psicoanalisti, i quali ci riguardano molto da vicino. In teoria questi dovrebbero essere diversi da tutti gli altri, perché il capitolo della psicoanalisi, all'interno della storia della psicoterapia, rappresenta proprio il tentativo di comprendere il significato latente delle forme che assume questo incontro tra due persone. L'interpretazione, da sempre ritenuta il nucleo metodologico della psicoanalisi, serviva proprio a questo, a svelare il "vero" significato dell'esperienza umana. Ma la crisi storica della psicoanalisi riguarda esattamente questo punto: ci si è accorti che il concetto di "verità dell'interpretazione" non era più sostenibile. Sempre più analisti hanno notato che non vi era poi una differenza qualitativa tra le interpretazioni di certi colleghi ortodossi e le farneticanti spiegazioni che davano certi omeopati, erboristi o terapeuti dei corpo ai loro pazienti: i primi parlavano di una supposta energia libidica con fissazioni orali, anali o genitali a partire da determinati comportamenti dei paziente, oppure di arbitrarie causalità passato/presente utilizzando una metapsicologia e uno teoria dello sviluppo preformate; i secondi raccontavano al paziente che una determinata erba, sostanza o manipolazione corporea aveva effetti stabili sul flusso di "energia vitale" che corre "longitudinalmente" nelle regioni "profonde" dei corpo umano, oppure nella "metà posteriore" o "anteriore" di esso. I primi parlavano di libido e di inconscio, i secondi magari di "Eros" e di "inconscio creativo". Crollando la "oggettività" del bagaglio teorico della psicoanalisi si è assistito a un affannoso processo di "salvazione" della psicoanalisi stessa, per poter spiegare il meccanismo di azione di questa terapia. Tra le altre cose si è fatto ricorso a posizioni relativizzanti, si è scoperto il concetto di setting, di vissuto, ecc., senza rendersi conto che si rischiava di perdere proprio quella specificità che nel dibattito storico distinse la psicoanalisi dalla esperienza emozionale correttiva (rimando per brevità chi fosse interessato ad approfondire questo tema a leggere le considerazioni, a mio parere molto interessanti, che Galli fa nel Poscritto del n. 3/1986, di Psicoterapia e Scienze Umane). E' questo il momento storico della psicoanalisi che stiamo attraversando, tanto affascinante quanto difficile, anche per la sua vicinanza a noi, la quale richiede un notevole distacco emotivo per coglierne una visione d'insieme. Non intendo ora discutere in dettaglio questa problematica, eventualmente ne affronterò in futuro poco per volta singoli aspetti.

Note:
    Brani di questo lavoro sono stati ripubblicati, con un commento, in: Nicola Spinosi, a cura di, Siamo uomini o psicoanalisti? Antologia ragionata da Il Ruolo Terapeutico, 1972-1993. Milano: Il Ruolo Terapeutico, 1996, pp. 47-52.
    Per un approfondimento sulla teoria psicoanalitica dei fattori curativi, vedi Migone P., Terapia psicoanalitica, Milano: Franco Angeli, 1995, cap. 6; si veda anche la rubrica del n. 52/1989 del Ruolo Terapeutico.
Paolo Migone
Condirettore della rivista Psicoterapia e Scienze Umane
Via Palestro 14, 43100 Parma, tel./fax 0521-960595, E-Mail <migone@unipr.it>

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