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PSYCHOMEDIA
Telematic Review
Sezione: MODELLI E RICERCA IN PSICHIATRIA

Area: Psicopatologia

Soggetto e sintomo nella clinica psicoanalitica di Jacques Lacan

Nicolò Terminio(1)


1. «La nostra questione è l'uomo»(2)

Con il suo sforzo teorico e clinico Jacques Lacan ha cercato di garantire un posto per il soggetto. Lacan parte dalle questioni sollevate dall'esperienza analitica e cerca di sviluppare e trasmettere i principi di una prassi che non indietreggi innanzi alle esigenze della clinica. La direttrice che anima il percorso lacaniano mira al cuore della posizione soggettiva e intende render conto di ciò che fa sintomo nell'esperienza del soggetto. (3)
In questo contributo si tenterà di cogliere - a partire dal magistero di J.-A. Miller(4) e dal lavoro svolto nel Campo freudiano - alcuni punti cruciali dell'insegnamento lacaniano. Il lavoro si articola in tre parti: nella prima (parr. 2-4) il concetto di sintomo viene trattato in riferimento a quello di soggetto dell'atto di enunciazione; nella seconda parte (parr. 5-7) il focus argomentativo si sposta dalla dimensione simbolica verso l'esperienza pulsionale del sintomo; nell'ultima parte (parr. 8-9) la teoria lacaniana del soggetto viene approfondita in relazione ai temi di memoria, inconscio e autenticità, evidenziando soprattutto la questione della scelta soggettiva.

2. Sintomo e senso

Lacan inizia il suo insegnamento con il cosiddetto Discorso di Roma dove sottolinea la funzione della parola nel campo del linguaggio.(5) La psicoanalisi si avvicina ai pazienti privilegiando essenzialmente lo strumento della parola, ciò che il paziente dice,(6) ossia una serie di significanti che nella loro concatenazione esprimono un significato. La preminenza data all'esperienza di parola conduce al di là della semplice considerazione - purtroppo tanto diffusa in alcuni ambiti della psichiatria e della psicologia - per cui i sintomi psicopatologici vengono assimilati a dei deficit da riparare o ad epifenomeni del biologico.
La psicoanalisi è invece tutt'altro che la riduzione dell'uomo al solo piano biologico(7) con Freud i sintomi acquistano un significato e non sono semplicemente delle secrezioni bizzarre del cervello.(8) Freud si interessò infatti ad un confronto fra le paralisi isteriche e quelle organiche, cercando di dimostrare che nell'isteria la paralisi e le anestesie si ripartiscono nelle singole parti del corpo in base alla rappresentazione comune che gli uomini hanno del proprio corpo e non in base alla rappresentazione anatomica. L'isteria si configurava quindi oltre che come «un evento di corpo» anche come «un avvento di significazione».(9)

3. L'ipotesi dell'inconscio

«La nozione di soggetto va sicuramente rivista a partire dall'esperienza freudiana».(10) Con queste parole Lacan sottolineava l'importanza del «ritorno a Freud»(11) per riconsiderare lo statuto del soggetto che viene messo in questione dalla psicoanalisi. L'esperienza della cura psicoanalitica evidenzia infatti la dimensione «altra» (inconscia) che abita il cuore dell'io.
Freud ci consegna la nozione di inconscio per chiarire la natura di quelle ragioni, che al di là del campo di giurisdizione dell'io cosciente,(12) delineano la trama simbolica del percorso esistentivo di ciascuno.
«L'inconscio freudiano non è affatto pensabile come l'irrazionale che decompleta il dominio della ragione e che si tratta di emendare, ma è essenzialmente un'altra ragione».(13) L'inconscio, così come Freud lo presenta nelle sue tesi, viene dunque riletto da Lacan come un'altra logica che funziona all'insaputa del soggetto. L'inconscio è un funzionamento ed è strutturato come un linguaggio.(14)
Il riferimento allo strutturalismo da parte di Lacan è volto a dissipare due fraintendimenti storici fondamentali dell'inconscio freudiano, in base a cui esso non sarebbe stato altro che un serbatoio di pulsazioni arcaiche o un'istanza non ancora cosciente, non ancora assorbita dal potere di sintesi dell'io. «Per Lacan l'inconscio freudiano non è ineffabile, né è una forma immaginaria, ma è articolato. Articolato come un linguaggio. E quindi è una struttura simbolica».(15)
In una seduta psicoanalitica la comprensione dei fenomeni clinici rimanda necessariamente alla loro articolazione. E la struttura che sottende il manifestarsi dei fenomeni non è altro che un'ipotesi che viene formulata rispetto ai rapporti che ne regolano l'insorgere. L'inconscio è appunto l'ipotesi freudiana rispetto alla sofferenza del sintomo(16) e si configura come il principio della pratica analitica.
Nella cura psicoanalitica si cerca quindi di decifrare un funzionamento che seppur non evidente si fa sentire nella vita del soggetto per le vie del sintomo: da un punto di disfunzionamento che si ripete nell'esperienza del soggetto (sofferenza-godimento) si arriva a formulare un funzionamento (inconscio-trama significante).

4. Enunciato ed enunciazione

Solitamente durante il primo colloquio un paziente inizia a parlare di una serie di «fatti» che diventano un «problema», problema che si presenta con una certa ripetitività e che si configura come una difficoltà di ordine fisico-corporeo e pratico e/o come una difficoltà psicologica. Un paziente potrebbe anche parlare di differenti situazioni o condizioni problematiche che si ripetono nei contesti e nei momenti più svariati: nella fase preliminare della cura occorrerà quindi che egli possa iniziare a riconoscervi una cifra comune. Quest'elemento comune ai diversi problemi è infatti quel fattore che trasforma i fatti in problema soggettivo. Ne consegue che nell'osservare la descrizione del sintomo occorre reperire il «significato» particolare che assumono certi fatti nella vita del paziente fino a trasformarsi in problemi.
In una cura bisogna dunque aiutare il paziente a isolare quegli eventi e quei detti che hanno avuto un ruolo chiave nel suo percorso esistentivo. Una paziente può riferirci di aver compiuto una certa scelta nella sua vita perché le era stato detto che «stava dando le perle ai porci». Non basterà però enucleare i punti cruciali del suo discorso per comprenderne il significato: infatti, come mai una frase come quella riportata sembra avere un tale potere di determinazione nella scelta della nostra paziente? Attorno a questa frase occorrerà invitare la paziente ad articolare una trama discorsiva che ci consenta di inferire l'«uso», il «significato» di quella serie di «significanti». Un significante assume infatti significato solo nel suo rimando ad un altro significante: il significato è effetto della catena significante, è prodotto dalla rete dei significanti.(17)
Inoltre il significante in quanto segno linguistico differisce dal «segnale» e non corrisponde mai in modo univoco al significato (polisemia del significante). Dalla non coincidenza tra significante e significato scaturisce la presenza di un «resto» che rimane insaturo rispetto al potere rappresentativo del significante, è quell'al di là del senso che ci consente di osservare la «significazione» particolare che ricevono certe frasi o eventi relazionali. Lo stesso evento può avere effetti e risonanze opposte in soggetti diversi. Oltre ai detti, osserviamo il dire del soggetto, l'«enunciazione» a cui rimandano i suoi «enunciati».
Il soggetto dell'enunciazione non è il soggetto padrone del senso, appare semmai nel margine di non coincidenza tra significante e significato. Sebbene il significato sia effetto del significante, non cessa di sottrarsi alla sua presa: c'è sempre uno slittamento del senso che consente ad ogni enunciato di caricarsi di una significazione peculiare. L'enunciazione è la tensione che proietta il dire oltre gli enunciati. Le parole che il soggetto pronuncia sono pronte a caricarsi di una significazione che, nonostante sia effetto della serie dei significanti, non può compiersi del tutto nel registro del significante.
La catena significante è dunque concepibile come una trama sintattica che dà un ordine formale a dei simboli senza riguardo per il loro significato. L'apparente non-senso espresso da un lapsus può infatti originarsi perché c'è un piano sintattico che sovradetermina la manifestazione semantica di un enunciato. Chi è il soggetto del lapsus? Non è il soggetto che sa ciò che vuole dire, c'è un'intenzione a dire (enunciazione) che supera il soggetto padrone del senso. Oppure, spostandoci su un versante più clinico: chi è il soggetto di un pensiero tormentoso che ostacola un paziente nel raggiungimento dei suoi obiettivi e che si fa ancora più forte proprio quando più si avvicina ad essi? La psicoanalisi ritiene che tali manifestazioni non siano frutto di un disfunzionamento neurocognitivo, ma che piuttosto siano l'indice di una divisione soggettiva che separa il sapere che un soggetto ha su di sé dalla sua verità.(18)
In analisi il piano dell'enunciazione viene esplorato mediante l'«associazione libera da rappresentazioni finalizzate»(19) il paziente parla liberamente senza pensare al fatto che ciò che dice sia coerente, logico o sensato. Il principio che sta alla base del dispositivo analitico si fonda sulla formula seguente: «quel che tu dici va al di là di quel che tu sai». In una cura analitica il soggetto non è condotto alla saturazione del «più di senso» che può assumere il suo discorso, l'enunciazione che può scaturire dall'articolazione dei significanti è infatti un aspetto costitutivo dell'essere parlante.

5. L'articolazione dei significanti e il «reale» del sintomo

Quando ascoltiamo la storia di un soggetto possiamo considerare i significanti come i pezzi di una scacchiera. La loro caratterizzazione dipende dalle regole del gioco (la struttura dell'inconscio), regole che ne determinano la funzione. Non importano quindi la forma e l'immagine che hanno i pezzi, ma quello che fanno: ecco perché il padre di cui può parlare un paziente non coincide con il significante paterno.
La «costruzione del caso clinico» consiste nella trasformazione di alcuni «pezzi» in elementi discreti e isolabili. Questi elementi-significanti occupano dei posti e si muovono secondo certe regole: inferiamo tali regole dall'osservazione di questa articolazione di movimenti in cui riscontriamo l'invarianza di certi rapporti strutturali.(20) L'anamnesi e la storia di un soggetto possono essere dunque intese come un «dispiegameno di significanti».
I matemi lacaniani e l'articolazione della trama significante sono il tentativo per estrarre quelle leggi attraverso cui leggere l'enigma del sintomo, ma anche tutte le altre «formazioni dell'inconscio». Le manifestazioni dell'inconscio - sogni, sintomi, lapsus, atti mancati, etc. - si configurano sia come un enigma cui rispondere sia come segno di un'enunciazione in cui un soggetto è coinvolto, senza saperlo. A differenza delle altre formazioni il sintomo ha uno statuto temporale diverso, esso cioè ritorna a manifestarsi nella vita del soggetto con un certo carattere ripetitivo. Tale «coazione a ripetere» segue le leggi dell'inconscio, ma trova il suo motivo di ripetizione in un reale corporeo e pulsionale non completamente metabolizzabile nell'universo simbolico.(21)

6. L'oggetto della psicoanalisi

La psicoanalisi non cerca di ricostruire il «codice della langue»(22) come si propone la linguistica e neppure intende classificare le unità semantiche o narrative proprie del mondo delle passioni, ma concerne piuttosto la decifrazione di un punto di discontinuità nell'esperienza dotata di senso.
L'oggetto della psicoanalisi è dunque un punto di inciampo nel fluire della vita del soggetto, è un «vuoto» che, con una certa ripetitività, emerge al di là del senso. Lacan chiama «verità» il luogo simbolico aperto da questa faglia, poiché si apre una questione-sintomo che interroga il soggetto e che in quanto interrogativo si articola in elementi discreti e isolabili, come quelli di un messaggio.(23) E i referenti di questa questione-messaggio sono il desiderio e il godimento.
Desiderio e godimento indicano la doppia eccedenza del soggetto rispetto all'ordine significante. La dimensione del desiderio apre il soggetto a un movimento di trascendenza, alla ricerca di una soddisfazione che rimanda sempre ad altro: il desiderio è un dire che non si lascia condensare in nessun detto. Il desiderio rimane comunque in dialettica con l'Altro, il godimento segnala invece la fissazione ad un soddisfacimento che disarciona l'incidenza del significante sul soggetto.(24)

7. Il godimento

Il godimento non è il piacere, ma esprime semmai la soddisfazione nel dispiacere, un parodosso soggettivo per cui si arriva a dire dei propri sintomi: «non ne posso più ma non ne posso fare a meno». Con il costrutto di godimento (jouissance) si indica una «soddisfazione autodistruttiva, maligna, spinta libidica irresistibile verso qualcosa che arreca al soggetto una sofferenza che lo fa godere».(25) In riferimento alla clinica, questa pulsione autodistruttiva - la pulsione di morte di Freud - è rintracciabile per esempio nella relazione del masochista con il partner o nel rapporto dell'anoressica con il cibo. La costruzione del caso ha come focus questo godimento, tornaconto paradossale del sintomo che nel colloquio possiamo dedurre da frasi simili: «godo nel vedermi soffrire mentre immagino che ...».(26)
Il godimento è quel resto che nell'esperienza del soggetto rimane sordo al potere del senso e della parola. La pulsione rappresenta dunque nell'esperienza del soggetto la presenza di una dimensione che risulta inassimilabile al senso e che appartiene semmai all'insensatezza delle scelte umane, che sembrano così sfuggire alla teleologia del principio di adattamento. Il godimento è il correlato pulsionale (Reale) di un eccesso che surclassa la temperanza del significante (Simbolico).
Questo rapporto tra significante e pulsione attraversa tutto il pensiero di Lacan, tanto che Jacques-Alain Miller ne ha riproposto una lettura considerando il posto che di volta in volta, nel corso degli anni, Lacan assegna al godimento.(27) Il godimento è quel fattore che fa sì che l'interpretazione analitica non possa esaurirsi nel «circolo ermeneutico», in quanto deve confrontarsi innanzitutto con il carattere pulsionale del sintomo.(28) È questo il punto che caratterizza il focus della pratica psicoanalitica lacaniana: «in fondo il problema del caso è come una pratica simbolica, come quella della psicoanalisi, possa interferire e modificare una pratica pulsionale [...]. Quindi la difficoltà del caso è misurare l'azione del simbolico nel modificare, nel trattare la spinta della pulsione».(29)

8. Il soggetto e l'Altro: memoria, inconscio e autenticità

Quando si osserva il rapporto del soggetto con la trama significante (il campo dell'Altro) si considerano le vicissitudini delle identificazioni che hanno guidato il paziente nella sua storia. È in questo senso che «un significante è ciò che rappresenta il soggetto per un altro significante»(30) lo inserisce in una trama, in una catena di identificazioni, di significanti con cui rappresentarsi.
Uno dei punti centrali della teoria di Lacan consiste nell'illustrare come sia possibile salvaguardare la libertà del soggetto al di là delle determinazioni storico-sociali-familiari dell'Altro, di quel «grande Altro» che configura lo sfondo simbolico dell'esistenza del soggetto. L'esperienza della psicoanalisi implica dunque l'assunzione della propria responsabilità rispetto a questa dimensione che sovradetermina la progettualità del soggetto.
L'assunzione della responsabilità del proprio desiderio inconscio non coincide però soltanto con il recupero del capitolo censurato dalla coscienza, né con la ricostruzione della memoria storica del soggetto. La psicoanalisi di Lacan si muove infatti verso un altro concetto di temporalità. Come ci fa notare Recalcati, «il tempo storico piuttosto si riferisce all'influenza che sul pensiero di Lacan hanno esercitato Essere e tempo di Martin Heidegger e L'essere e il nulla di Jean-Paul Sartre. Più precisamente, l'obiettivo di Lacan è quello di provare a ripensare Freud con Heidegger e Sartre».(31)
Nel primo insegnamento di Lacan la psicoanalisi si configura come un'esperienza dove un soggetto può risignificare gli eventi della sua storia, ricostruire «l'altra ragione» del proprio percorso esistentivo dando al passato il senso delle necessità future. Pro-gettare (Ent-werfen) un mondo apre dunque all'uomo la possibilità di esistere e di trovare nella tensione del progetto la sua autenticità. Il soggetto è un continuo oltre-passamento (Über-stieg), un movimento fuori di sé: in quanto trascendenza esprime il suo Dasein come essere-nel-mondo.(32)
Quando Heidegger introduce il suo discorso sull'Esserci (Dasein) parla della condizione dell'esser-gettato (Geworfenheit). L'esser-gettato costituisce per il soggetto un'apertura preliminare all'esistenza, un'esistenza che muove i suoi passi da una condizione originariamente predeterminata e quindi inautentica. Gli altri hanno già formulato una visione delle cose, una cultura in cui l'Esserci si trova immerso senza aver avuto possibilità di scelta: questo mondo già dato fornisce al soggetto gli strumenti (i significanti potremmo dire in termini lacaniani) per rappresentarsi e affrontare la realtà, ma allo stesso tempo è come se pre-definisse anche la trama su cui si staglierà il proprio modo di essere.
Lacan riprende proprio in questo punto la lezione heideggeriana a proposito del Linguaggio, del Simbolico che costituisce la dimensione basale dell'esistenza del soggetto.(33) La dimensione storico-sociale del soggetto - quella del Si impersonale dei «si dice», «si crede», «si fa così» - rischia però di obnubilare l'opportunità per il Dasein di manifestarsi come progetto autentico: il Linguaggio da «casa dell'essere» può così trasformarsi in una forma di mistificazione, di inganno. La strada verso l'autenticità impone dunque all'uomo la responsabilità di una decisione (Ent-scheidung) per potersi emancipare dall'anonimato del Si. Per Heidegger infatti «la decisione è una modalità eminente di apertura dell'Esserci».(34)
Perché l'uomo rifugga da una situazione impersonale, determinata dalla dittatura del Si, è necessario che acceda ad una dimensione estranea alla chiacchiera del conformismo quotidiano. Dunque, la questione dell'autenticità del progetto implica l'assunzione da parte del soggetto di un atteggiamento etico, inteso qui come apertura all'ex-sistentia. (35)
Nel pensiero di Lacan l'inconscio, «strutturato come un linguaggio», è il discorso dell'Altro, ossia la trama simbolica in cui il soggetto sorge come effetto del significante.(36) La costituzione del soggetto si realizza infatti nella sua dipendenza significante rispetto al luogo dell'Altro.(37) «Se si coglie il soggetto dell'inconscio nella sua nascita nel campo dell'Altro, la sua caratteristica è di essere, sotto il significante che sviluppa le sue reti, le sue catene e la sua storia, in un posto determinato».(38) L'inconscio dunque, in quanto discorso dell'Altro, costituisce per il soggetto la dimensione impersonale del Si con cui egli sarà portato a confrontarsi. Ci riferiamo ai detti e alle vicissitudini del rapporto con l'Altro che hanno veicolato le rappresentazioni del mondo e che, allo stesso tempo, hanno permeato la modalità esistentiva del soggetto.
Il discorso dell'Altro è il discorso dell'inconscio perché opera nella vita del soggetto a sua insaputa. Ricordiamo che l'inconscio è l'ipotesi freudiana rispetto alla sofferenza del sintomo: qualcosa segnala al soggetto che egli è là dove non pensa, il sintomo segnala un'intenzionalità diversa rispetto a quella cosciente: un paziente può dire che vuole star bene con la moglie, ma nel momento in cui le si avvicina si intensifica un pensiero tormentoso che lo fa allontanare. Lo stesso paziente può anche accorgersi che tuttavia è lui che ricerca questo pensiero, come se si trattasse di una strana dipendenza.
È di fronte a fenomeni simili che la teoria di Lacan distingue il soggetto dell'enunciato (le moi), padrone dei suoi detti, dal soggetto dell'enunciazione (le je), che apre una faglia nell'egemonia dell'Io.(39) L'Io cosciente (le moi) funziona perché è gettato in un mondo storico-sociale che gli preesiste, ma si potrà parlare di Soggetto autentico (le je) soltanto quando avverrà un posizionamento singolare nella dimensione simbolica (e universale) in cui ognuno si trova immerso. Il soggetto sorge dunque dalla trama dell'inconscio, che si configura come quell'Altro che abita il cuore dell'Io.
Preservare il discorso dell'inconscio ha quindi una valenza cruciale per la possibilità di ogni soggetto di rivolgersi al proprio destino in modo intenzionale, e non «alienato», come direbbe Lacan.(40) Dire soggetto vuol dire fare i conti con l'inconscio e garantire al soggetto l'incontro con la matrice simbolica che fissa i suoi rapporti con il reale.

9. La scelta del soggetto

Come si è detto fin qui, il piano dell'inconscio emerge nello scarto che nell'essere parlante (parlêtre) si apre tra i suoi detti e il suo dire, tra ciò che dice di se stesso e ciò che «parla in lui» (ça parle) a sua insaputa. Il soggetto della significazione non coincide dunque con la soggettività padrona del senso. Il piano della significazione si manifesta infatti come un'eccedenza rispetto al significato. E non si tratta soltanto di uno scarto o di un vuoto irrappresentabile, del limite della rappresentazione o di ciò che sfugge al carattere ermeneutico della cura, ma si tratta anche di una zona di incandescenza, di un eccesso di godimento. Questo vuoto irrappresentabile e incandescente è il reale del soggetto, è la sua particolarità: è il solco singolare tracciato dalla pioggia caduta dalla nube dell'Altro.
All'origine del soggetto ritroviamo la presenza dell'Altro, il soggetto è infatti effetto del significante, ma d'altra parte il soggetto nasce come evento singolare irriducibile all'universale del significante, come impronta unica e irripetibile che evidenzia l'effetto contingente dell'incontro con l'Altro.
C'è dunque una parte del soggetto che non viene prefigurata dalla matrice simbolica dell'Altro. È in questo senso che possiamo dire che il soggetto è determinato e, al contempo, escluso dall'ordine significante: esso nasce infatti come segno della discontinuità rispetto alla predeterminazioni dell'Altro. Nella dialettica tra universale e singolare, tra struttura e soggetto, emerge dunque una faglia incolmabile che stabilisce il carattere aleatorio e contingente dell'esistenza.
«In Lacan ritroviamo questa doppia tensione che caratterizza le filosofia dell'esistenza. Il soggetto lacaniano è strutturato dal linguaggio (è un soggetto del senso) ma è al tempo stesso, proprio perché preso nel linguaggio, marcato dall'impossibilità di sanare la lesione che lo costituisce come una mancanza a essere, come irriducibile al senso».(41)
Se all'inizio del suo insegnamento Lacan credeva di riuscire a significantizzare tutti gli aspetti dell'esperienza, nelle diverse scansioni del suo percorso teorico, arriverà a concettualizzare, attraverso la nozione di «discorso»,(42) una «struttura»(43) che contempla l'articolazione degli elementi significanti con un elemento che seppur non significante è inserito in un circuito simbolico, orientandone addirittura l'economia di funzionamento. Si tratta dell'invenzione lacaniana: l'oggetto a.(44) L'oggetto a, che ex-siste al di là della parola, afferra il reale del godimento e si fa oggetto causa di desiderio, «la passione unica che orienta e calamita il desiderio del soggetto».(45)
L'ultima fase dell'insegnamento di Lacan è contrassegnata dall'erosione delle determinazioni dell'Altro, ciò che emerge sempre più è la mancanza dell'Altro. Nell'Altro «non cessa di non scriversi» il significante in grado di nominare l'essere del soggetto. Il soggetto non è rappresentato del tutto dal significante. Lacan mette così l'accento su «un'etica della contingenza, dell'incontro, dell'aleatorietà, per la quale ciò che radicalmente non si scrive - ovvero l'impossibile della struttura, l'impossibile del rapporto sessuale - può dare luogo ad una sospensione, può arretrare sullo sfondo e come sfondo rendere possibile l'emergere di nuove figure».(46)
Si inserisce qui «l'apologo della pioggia» di Lacan e il ruolo della «deviazione come marca della singolarità».(47) Nella caduta verticale della pioggia - che scende dalla nuvola, dal luogo dell'Altro - si inserisce «una deviazione, il clinamen»,(48) una goccia che in modo trasversale cambia quella direzione, quell'impasto tra senso e pulsione che fino ad allora appariva sintomaticamente immutabile. Lungo questo cammino il singolo soggetto potrà così finalmente scegliere il modo con cui tracciare, contornare la particolare singolarità che ritorna come mancanza dell'Altro.
È per questo motivo che il già detto in altre cure, con altri pazienti, ma anche ciò che viene prescritto dai protocolli standard, si rivela insufficiente rispetto a questa zona che rimane insatura rispetto alle predeterminazioni dell'Altro. Le soluzioni rispetto al reale sono singolari, valgono solo caso per caso, e nel caso un paziente assuma come proprie le indicazioni del terapeuta non farebbe altro che inoltrarsi per via mimetica in un percorso che non sarà il suo, se non per via immaginaria e illusoria. La sublimazione (freudiana) è una pratica simbolica che non si adatta ai clichés - al Si impersonale dei «si dice» - ma esige che ogni soggetto si assuma il peso e la responsabilità di fare i conti con il Reale, che con Lacan definiamo come «ciò che non va».
Le interpretazioni dell'analista sono degli interventi che mirano a condurre la cura del soggetto di fronte al Reale. La posizione dell'analista si fa quindi garante di una dimensione irriducibile al senso: nel buco simbolico che abita il sistema dei sembianti risiede la causa del Reale che incalza nella vita del soggetto e che attende che il soggetto lì si realizzi.(49) Il richiamo freudiano Wo Es war, soll Ich werden - reso da Lacan: «Là dove era, là oú c'était, l'Ich [...] il soggetto deve avvenire»(50) - ci riporta dunque alla possibilità del soggetto di scegliere e di rimettersi in gioco al di là di ogni predeterminazione storica o biologica. «Il tempo della scelta del soggetto - come ci ricorda Recalcati - si determina come irriducibile sia al tempo biologico, sia a quello delle determinazioni dell'Altro, pur avendo come sue condizioni l'uno e l'altro. Si tratta di un tempo etico dove il soggetto può davvero nascere una seconda volta».(51)
Alla fine di un'analisi il soggetto è portato a scegliere, a farsi carico della sua «passione unica», di quell'enunciazione che proietta la soddisfazione del desiderio al di là di ogni enunciato. La soddisfazione del proprio desiderio può però realizzarsi solo sullo sfondo di una perdita: nell'assunzione della propria particolarità si perde infatti la tutela, la garanzia dell'Altro, ci si muove in quel «campo lacaniano» dove non tutto è scritto e dove qualcosa può cessare di non scriversi. Tracciare la lettera singolare del proprio desiderio non implica però un'esclusione dell'Altro - la psicoanalisi rimane nel «discorso della civiltà» - ciò che viene perso è «l'Altro dell'Altro», la garanzia assoluta, la valenza totalitaria delle determinazioni dell'Altro. La scelta del soggetto avviene allora sullo sfondo di un «impossibile a dire» e conduce ad un autentico rapporto con l'Altro, poiché sulla base della sua inconsistenza, ossia nell'impossibilità dell'Altro a chiudersi sul soggetto fino a diventare Uno, emerge la sua radicale alterità.


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Note:

1 Nicolò Terminio si è laureato in Psicologia presso l'Università di Urbino e ha conseguito un dottorato di ricerca in "Ricerche e metodologie avanzate in Psicoterapia" presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
2 J. LACAN (1957-1958), Il seminario, Libro V, Le formazioni dell'inconscio, ed. it. a cura di A. Di Ciaccia, Einaudi, Torino 2004, p. 365.
3 La prospettiva che sviluppa Lacan non intende configurarsi come una teoria filosofica, nel corso del suo insegnamento precisa più volte che «la psicoanalisi non è né una Weltanschauung né una filosofia che pretenda di dare la chiave dell'universo. Essa è diretta da un obiettivo particolare che è storicamente definito dall'elaborazione della nozione di soggetto. Essa pone questa nozione in modo nuovo, riconducendo il soggetto alla sua dipendenza significante» (LACAN 1964a, pp. 76-77).
4 Lacan ha definito Miller come «l'almeno uno capace a leggermi». Miller già nel 1966 ha curato l'indice ragionato dei concetti principali, la tavola commentata delle rappresentazioni grafiche e i riferimenti bibliografici degli Scritti di Jacques Lacan. Dal 1973, su incarico dello stesso Lacan, stabilisce i testi dei suoi Seminari.
5 Cfr. J. LACAN (1953), «Funzione e campo della parola e del linguaggio in psicoanalisi», in ID., Scritti, vol. I, a cura di G.B. Contri, Einaudi, Torino 1974, pp. 230-316.
6 «La psicoanalisi non ha che un medium: la parola del paziente» (LACAN 1953, p. 240).
7 «L'opera di Freud è un tentativo di patto tra l'essere dell'uomo e la natura. Questo patto è certamente cercato altrove da una relazione di innatismo perché l'uomo nell'opera di Freud è sempre sperimentato a partire dal fatto che si costituisce in quanto soggetto della parola, in quanto io dell'atto di parola. Come negarlo, visto che nell'analisi non è sperimentato altrimenti?» (LACAN 1957-1958, p. 415).
8 «Il sintomo in psicoanalisi è segno non di una patologia, ma di una verità» (DI CIACCIA 1992, p. 120).
9 Cfr. J.-A. MILLER (1999), «Biologia lacaniana ed eventi di corpo», La Psicoanalisi, 28 (2000), pp. 14-100. Questo articolo riprende alcune lezioni del Corso L'esperienza del reale nella cura analitica tenuto al Dipartimento di Psicoanalisi dell'Università di Parigi VIII nell'anno accademico 1998-1999 (12, 19 e 26 maggio, 2, 9 e 16 giugno).
10 J. LACAN (1957-1958), Il seminario, Libro V, Le formazioni dell'inconscio, cit., pp. 44-45.
11 Cfr. J. LACAN (1955), «La cosa freudiana. Senso del ritorno a Freud in psicoanalisi», in ID., Scritti, vol. I, a cura di G.B. Contri, Einaudi, Torino 1974, pp. 391-428.
12 «L'inconscio di Freud non è affatto l'inconscio romantico della creazione immaginante. [...] A tutti questi inconsci sempre più o meno affiliati a una volontà oscura considerata come primordiale, a qualcosa prima della coscienza, Freud oppone la rivelazione che a livello dell'inconscio c'è qualcosa del tutto omologo a quanto avviene a livello del soggetto - qualcosa parla e funziona in modo altrettanto elaborato che a livello del conscio, il quale perde così ciò che sembrava essere il suo privilegio» (LACAN 1964a, p. 25).
13 M. RECALCATI, Per Lacan. Neoilluminismo, neoesistenzialismo, neostrutturalismo, Borla, Roma 2005, p. 15. La lettura di Lacan proposta da Recalcati - psicoanalista della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi - attraversa i vertici teorici di illuminismo, esistenzialismo e strutturalismo. L'autore coglie l'originalità del pensiero di Lacan interrogando la cifra etica del suo discorso e la scelta di introdurre il prefisso «neo» sta a indicare l'apporto inedito della psicoanalisi lacaniana agli «ismi» che hanno influenzato il dibattito filosofico contemporaneo.
14 L'insegnamento di Lacan è contrassegnato da un celebre aforisma: «l'inconscio è strutturato come un linguaggio». Le fasi iniziali del suo insegnamento si concentrano infatti attorno alla struttura logica dell'inconscio, cioè come una organizzazione simbolica, un insieme di leggi che stabiliscono i vincoli e i rapporti tra i singoli elementi dell'insieme stesso. La struttura però nell'opera di Lacan rimane sempre in rapporto contingente al soggetto. «La centralità del particolare non rigetta, dunque, l'universalità della struttura ma vi si ritrova annodata in una maniera fondamentale» (RECALCATI 2005, p. 74).
15 A. DI CIACCIA, M. RECALCATI, Jacques Lacan, B. Mondadori, Milano 2000, p. 146.
16 «Sull'inconscio, bisogna andare al dunque dell'esperienza freudiana. L'inconscio è un concetto forgiato sulla traccia di ciò che opera per costituire il soggetto» (LACAN 1964b, p. 833).
17 Si riferisce a questo punto il principio di contestualità o del contesto formulato da Frege. Lacan si muove lungo queste coordinate sin dal periodo iniziale del suo insegnamento: «È nella catena significante che il senso insiste, ma nessuno degli elementi della catena consiste nella significazione di cui è capace in quello stesso momento» (LACAN 1957, p. 497); e continua a mantenere questa posizione nel corso degli anni: «Il significato sarà o no scientificamente pensabile a seconda che si sostenga o meno un campo di significante che, per il suo stesso materiale, si distingue da qualsiasi campo fisico ottenuto dalla scienza» (LACAN 1974, p. 4).
18 Lacan parla della «divisione del soggetto, come divisione fra il sapere e la verità» (LACAN 1965, p. 860).
19 S. FREUD (1899), «L'interpretazione dei sogni», Opere, vol. III, a cura di C. Musatti, Bollati Boringhieri, Torino 1967, p. 484.
20 Interviene qui l'importanza della teoria delle strutture cliniche a cui si fa riferimento: è il paradigma di osservazione di una cura che indica gli elementi da isolare e la rete di rapporti da individuare. Al di là della terminologia utilizzata nei differenti paradigmi, ciò che risulta determinante per la conduzione della cura è la strutturazione del campo fenomenico che si opera.
21 «L'essenziale di ciò che determina quello con cui si ha a che fare nell'esplorazione dell'inconscio è la ripetizione. [...] La ripetizione è la denotazione precisa di un tratto che nel testo di Freud ho circoscritto come identico al tratto unario, al bastoncino, all'elemento della scrittura - un tratto che commemora l'irruzione del godimento» (LACAN 1969-1970, p. 92).
22 Cfr. F. DE SAUSSURE (1922), Corso di linguistica generale, introd. e tr. it. di T. De Mauro, Laterza, Bari 1967.
23 Cfr. L. COLOMBO, «Saussure e Lacan: il significante», La Psicoanalisi, 26 (1999), pp. 55-83.
24 «Il desiderio viene dall'Altro, e il godimento è dal lato della Cosa» (LACAN 1964c, p. 857).
25 D. COSENZA, Jacques Lacan e il problema della tecnica in psicoanalisi, Astrolabio, Roma 2003, p. 29.
26 È questo il lato scabroso del soggetto.
27 Cfr. J.-A. MILLER (1999), «I sei paradigmi del godimento», in ID., I paradigmi del godimento, tr. it. di S. Sabbatini, Astrolabio, Roma 2001, pp. 9-41. Questo testo riprende tre lezioni del Corso L'esperienza del reale nella cura analitica tenuto al Dipartimento di Psicoanalisi dell'Università di Parigi VIII nell'anno accademico 1998-1999 (24, 31 marzo e 7 aprile).
28 Ecco perché evidenziando soltanto l'aspetto interpretabile del sintomo non possiamo cogliere l'esperienza psicoanalitica nel suo statuto di pratica terapeutica. Il sintomo in quanto interpretabile potrebbe infatti essere ricondotto al suo senso inconscio attraverso una qualsiasi «semantica dei sintomi», anche la più delirante.
29 M. RECALCATI, in J.-A. MILLER (a cura), Tu puoi sapere... come si pratica. La conversazione di Bologna, Astrolabio, Roma 2002, p. 142.
30 J. LACAN (1960b), «Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio nell'inconscio freudiano», in ID., Scritti, vol. II, a cura di G.B. Contri, Einaudi, Torino 1974, p. 822.
31 M. RECALCATI, Per Lacan. Neoilluminismo, neoesistenzialismo, neostrutturalismo, cit., p. 33.
32 Col termine «mondo» non si indica semplicemente la realtà materiale, ma si evidenzia la modalità esistenziale con cui il mondo si dischiude all'uomo.
33 Come nota anche U. Eco, Lacan manovra e deriva alcuni concetti da Heidegger: «C'è già chiaramente in Heidegger l'idea di un Essere non altrimenti attingibile se non attraverso la dimensione del linguaggio: di un linguaggio che non è in potere dell'uomo perché non l'uomo si pensa in esso ma esso si pensa nell'uomo. Ed è proprio nelle pieghe del linguaggio che deve essere colto il particolare rapporto dell'uomo con l'essere» (ECO 1968, p. 339).
34 M. HEIDEGGER (1927), Essere e Tempo, trad. it. di P. Chiodi, a cura di F. Volpi, Longanesi, Milano 1971-2005, p. 354.
35 «Se non ci fosse scelta, perché autorizzare un soggetto a rimettere in gioco nell'esperienza analitica la sua propria posizione? A mio avviso, l'analista non riceve casi clinici: siamo noi a trasformarli, per le nostre elaborazioni di sapere, in casi clinici. Lo psicoanalista, se riceve dei casi, riceve casi etici. [...] L'etica concerne l'ex-sistenza, cioè la dimensione impensabile in cui si decide la posizione soggettiva, la scelta» (MILLER 1983, p. 275).
36 «Se il soggetto è quello che io vi insegno, cioè il soggetto determinato dal linguaggio e dalla parola, questo significa che il soggetto, in initio, comincia nel luogo dell'Altro in quanto lì sorge il primo significante. [...] Il soggetto nasce in quanto nel campo dell'Altro sorge il significante» (LACAN 1964a, p. 193).
37 «Il significante, producendosi nel campo dell'Altro, fa sorgere il soggetto come sua significazione» (LACAN 1964a, p. 203).
38 J. LACAN (1964a), Il seminario, Libro XI, I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, ed. it. a cura di A. Di Ciaccia, Einaudi, Torino 2003, p. 204.
39 «Freud dice - il soggetto non è la sua intelligenza, non è sullo stesso asse, è eccentrico. [...] Il soggetto è decentrato rispetto all'individuo» (LACAN 1954-1955, p. 11).
40 Si rimanda qui alla coppia «alienazione-separazione» sviluppata da Lacan nel Seminario XI.
41 M. RECALCATI, Per Lacan. Neoilluminismo, neoesistenzialismo, neostrutturalismo, cit., p. 52.
42 Nel Seminario XVII Lacan elabora in modo più preciso il suo concetto di «discorso» e lo formalizza nella struttura dei quattro discorsi.
43 «Quello che differenzia decisamente questa struttura di Lacan da quella degli strutturalisti è il fatto che in Lacan la struttura non è una costruzione. Dato che la struttura è quella del linguaggio, preesiste a ognuno, a ogni nascita di quelli lo parleranno; preesiste in quanto tale ed è causa, cioè ha degli effetti. E mi era giustamente apparso, all'epoca in cui navigavo nello strutturalismo, che quel che differenzia Lacan, è che in lui la struttura ha un'azione (Miller 1964); cioè il soggetto correlativo a questa struttura non si trova veicolato in questa catena che nella misura in cui è inserito dentro e ne paga il prezzo» (MILLER 1985, p. 53).
44 L'oggetto a che nel Seminario XVII occupa uno dei quattro posti nella struttura dei «quattro discorsi» era già stato individuato come elemento di godimento che si fa causa di desiderio nei Seminari X e XI.
45 M. RECALCATI, Per Lacan. Neoilluminismo, neoesistenzialismo, neostrutturalismo, cit., p. 82.
46 Ivi, p. 57. Lacan situa la contingenza nel cessa di non scriversi, la necessità nel non cessa di scriversi, mentre definisce il rapporto sessuale come ciò che non cessa di non scriversi. C'è un'impossibilità che traccia l'esilio, non come soggetto ma come essere parlante, dal rapporto sessuale. Quando c'è contingenza vera c'è il vero incontro e l'amore è incontrarsi nell'esilio dal rapporto sessuale. Nelle pagine finali del Seminario XX Lacan dice: «Lo spostamento della negazione, dal cessa di non scriversi al non cessa di scriversi, dalla contingenza alla necessità, ecco il punto di sospensione cui ogni amore si attacca» (LACAN 1972-1973, p. 146).
47 M. RECALCATI, Per Lacan. Neoilluminismo, neoesistenzialismo, neostrutturalismo, cit., p. 72.
48 Ivi, pp. 60-61.
49 Questo è un tema che risulta cruciale in tutto l'arco dell'insegnamento di Lacan: «Oggi riportiamo l'attenzione sul desiderio, perché non va dimenticato che, ben più autenticamente di qualsiasi ricerca d'ideale, è lui a regolare la ripetizione significante del nevrotico e la sua metonimia. [...] Per accedere a questo punto aldilà della riduzione degli ideali della persona, è come oggetto a del desiderio, come ciò che egli è stato per l'Altro nella sua erezione di vivente, come il wanted o l'unwanted della sua venuta al mondo, che il soggetto è chiamato a rinascere per sapere se vuole ciò che desidera... Ecco la sorta di verità che con l'invenzione dell'analisi Freud portava in luce» (LACAN 1960a, pp. 678-679).
50 J. LACAN (1964a), Il seminario, Libro XI, I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, cit., p. 45
51 M. RECALCATI, Per Lacan. Neoilluminismo, neoesistenzialismo, neostrutturalismo, cit., p. 139.

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