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PSYCHOMEDIA
MODELLI E RICERCA IN PSICHIATRIA
Psichiatria - Documenti





Camera dei Deputati

Consulta Preliminare
per discutere ed elaborare la proposta di Legge n° 174

Norme per la prevenzione e la cura delle malattie mentali
per migliorare l’assistenza delle persone affette da malattia mentale

(Presentata il 30 maggio 2001 dall’On. Maria Burani Procaccini,
Presidente della Commissione Bicamerale per l’Infanzia)

Lunedì 8 Ottobre 2001
Sala Galileo
Palazzo S. Macuto, Roma



- Parte prima - Parte seconda - Parte terza - Parte quarta -




MICHELE RAJA
(Servizio Psichiatrico di Diagnosi e cura del S. Spirito)

Pochissime osservazioni generali su cui suggerirei di prestare una certa attenzione. Anche io avrei messo tanti “finalmente” leggendo il testo della legge. La società in 25 anni è cambiata, le esigenze culturali, i bisogni, sono cambiati, ma anche un’altra cosa : la psichiatria. C’è stata una rivoluzione scientifica in 25 anni che ha completamente capovolto i termini del problema. Allora da questo punto di vista il primo punto è :
- ci deve essere un’integrazione sempre più stretta tra psichiatria e medicina, l’aspetto dei reparti di psichiatria dell’ospedale generale, nel testo di legge, va definito un pochino meglio. Si pensa ad un problema centrale che in questi anni ha creato solo tragedie, per esempio il TSO nei pazienti psichiatrici affetti da patologie organiche per la patologia organica. Dobbiamo avere presente che è essenziale questa integrazione. Da quando è stata fatta la 180 i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura sono stati un po’ il canale in cui il mondo della psichiatria, tradizionalmente chiuso in se stesso, disabituato alla medicina da decenni, si è riavvicinato alla medicina (e questo con interesse reciproco). Occorre che a tutti i livelli : ospedale, SRA, CSM sia enfatizzato il più possibile questo aspetto di integrazione,
- secondo problema (anche questo che attraversa trasversalmente tutte le strutture previste dalla legge) quello dello specialismo. Dobbiamo stare attenti, quando proponiamo delle risposte terapeutiche ai pazienti e ai loro familiari, a tenere presente anche l’aspetto tecnico differente delle questioni. Noi assumiamo solo l’ottica della volontarietà o non volontarietà del trattamento, dei tempi del trattamento, ma non entriamo mai poi nel merito. Un disturbo bipolare, l’autismo, un ritardo mentale sono cose estremamente differenti. Se in un qualche modo non viene dato uno spazio a questo riconoscimento (anche nella proposta di legge si parla soltanto di SRA) andiamo incontro forse ad un rischio in cui questo aspetto viene scotomizzato e possono prevalere degli altri aspetti,
- un aspetto molto carente della situazione attuale, che la legge mi auguro possa prendere più in considerazione, è quello delle patologie di confine. Noi abbiamo una rete di assistenza ai pazienti psichiatrici tutto sommato, è una mia impressione, discreta, ma per i pazienti psichiatrici “puri” (scusate la parolaccia) che 25 anni fa venivano considerati “non organici” e che all’avventura di avere un disturbo psichiatrico organico (come la Còrea di Huntington) o che ha una comorbidità di alcool e droghe, oggi ha un’assistenza psichiatrica da parte dei nostri servizi tragica ! i pazienti con la Còrea di Huntington non sanno semplicemente dove andare perché i servizi psichiatrici non lo ritengono di loro competenza, i neurologi si limitano a fare un’elegantissima diagnosi di genetica molecolare, e il problema resta lì. La legge deve occuparsi di questa popolazione che non è piccola, non voglio dire che sia maggioritaria, ma la comorbidità o la presenza di patologie organiche che danno luogo a disturbi del comportamento e disturbi psichiatrici è amplissima.


ROBERTO TATARELLI
(Direttore pro-tempore del Dipartimento di Scienze Psichiatriche e Medicina Psicologica della Sapienza di Roma)

Sto nella psichiatria da più di 30 anni, conosco benissimo il manicomio, l’ospedale psichiatrico, essendoci vissuto per più di 4 anni, quindi sono assolutamente concorde con l’impostazione della legge che non vuole assolutamente tornare a concezioni custodialistiche che noi come operatori abbiamo sopportato sulla mostra pelle.
Io non ho fatto osservazioni in dettaglio mi riservo di presentarle per iscritto. Volevo solo accennare a qualche punto generale :
1) la tutela del paziente. E' prevista una tutela giuridica per quanto riguarda la primissima fase del TSO, ma io credo che questa dovrebbe essere estesa anche nelle situazioni di subacuzie, se vogliamo usare un termine medico, perché la nostra esperienza ci dice che le perdite dei pazienti avvengono nella fase di subacuzie e nella fase di inizio di cronicità. Quindi dovremmo trovare, io non so in questo momento che strumento adottare, una forma di tutela del paziente in questa fase così importante, anche dal punto di vista terapeutico,
2) il problema dell’istituzione di reparti, di posti, nell’ospedale (non è specificata bene la legge), a gestione universitaria o a gestione ospedaliera. Questo non è più l’SPDC. Ha dei grossi vantaggi perché manca la stigmatizzazione che l’SPDC porta con se, però ha anche altri svantaggi. Sono però assolutamente d’accordo che il paziente abbia la prima accoglienza in acuzie dentro l’ospedale, anche per le ragioni che diceva Raja,
3) il livello di responsabilità a cui accennava anche Mencacci. Io credo debba esserci un unico livello di responsabilità, che gestisca sia le funzioni del CSM, sia le funzioni residenziali. Al momento attuale questi livelli sono separati, credo con effetti dannosi,
4) sono d’accordo che la protezione ed il controllo del paziente dovrebbe essere messa in atto soprattutto nelle strutture residenziali e a questo proposito potrebbe essere auspicabile una riorganizzazione dell’esistente, per esempio di certe comunità, che così sarebbero messe in grado di ospitare pazienti in fase acuta e subacuta,
5) un punto che a me sta a cuore riguarda la possibilità di stilare una sorta di decalogo, di regole che fornisca una base unificante all’operato delle comunità, delle RSA anche in questo senso, e quindi qua si dovrebbe prevedere un centro coordinatore con funzioni di vigilanza che garantisca il rispetto di queste norme o regole. Questo potrebbe riuscire a sollevare il problema normativo “a macchie di leopardo”, perché “le macchie di leopardo” riguardano anche le norme, non solo la tipologia di assistenza.


INTERVENTO DI BALBI
PURTROPPO ANDATO PERDUTO PER PROBLEMI DI REGISTRAZIONE


PROF. LUIGI RAVIZZA
(Università di Torino, Dipartimento di Neuroscienze)

- Ho letto con attenzione il disegno di legge ed ho come l’impressione che gli psichiatri vengano considerati persone con “libertà vigilata” e che siano potenzialmente dei trasgressori. Perché non c’è altra specialità che abbia tutte queste commissioni che devono vigilare. Esistono già le leggi dello stato per chi sbaglia in campo della medicina, quindi anche della psichiatria, quindi io mi domando se tutte le commissioni a cui fa riferimento questa legge siano da attuare.
- La psichiatria è una specialità medica e come tale deve rimanere nel Servizio Sanitario Nazionale, quindi con assistenza sul territorio, assistenza in ospedale. Questo è fondamentale.
- Voglio far rilevare alcuni punti della legge, per esempio l’Art. 4 di cui nessuno mi pare abbia trattato “il malato ha diritto alla cura anche quando la sua alterazione mentale lo porti a rifiutare ogni aiuto”. Che lui abbia diritto alla cura è indiscusso, che lui sia malato grave o meno grave, che si rifiuti o non si rifiuti. Il problema è quando si rifiuta alla cura che cosa si deve fare ? Perché ci sono molti pazienti, ragazzi giovani, che vivono in famiglia che rifiutano le cure e le famiglie sono in grave disagio per la sua assistenza...io mi chiedo se non fosse il caso di fare un TSO per un paziente che si rifiuta alla cura, lo pongo come elemento di discussione, non che lo sostenga a spada tratta... (Art. 4., Comma 1) e poi “Deve essere comunque sempre cercato il suo consenso e le cure farmacologiche devono essere intraprese dopo una attenta valutazione del rapporto tra costi e benefìci”. Questo è un problema essenzialmente medico, io direi che era meglio dire “tra rischi e benefici” eventualmente, perché poi dopo “inconvenienti, sia fisici sia relativi alla vita di relazione, dovuti agli effetti collaterali della cura stessa”. Sui costi e benefici, è vero che sono usciti i generici, che il medico dovrebbe prescrivere invece che le specialità, però non sempre è possibile fare questo....
- poiché sono di estrazione universitaria volevo richiamare l’attenzione su alcuni problemi che riguardano l’università (Art. 9, Comma 1) “Le università nelle quali siano istituite scuole di specializzazione di psichiatria partecipano all'assistenza psichiatrica pubblica”. L’università deve, può è opportuno interessarsi dell’assistenza psichiatrica, far parte del Servizio Sanitario Nazionale. Però poi c’è (Art. 9, Comma 2) “Le università di cui al comma 1 possono, altresì, provvedere alla gestione di un DSM”.... poi “è garantito che ad ogni polo sia affidata la responsabilità di un DSM”, prima dice “possono” poi “è garantito” quindi c’è un po’ una contraddizione di termini.
- L’altra cosa che riguarda le università, al comma 6 dell’Art.9 : “Le cliniche universitarie convenzionate si impegnano ad organizzare la ricerca e la didattica in maniera compatibile con i parametri regionali” in questa legge si fa molto riferimento alla ricerca scientifica e si fa cenno anche all’autonomia delle università per quello che riguarda la ricerca, però qui a me pare di capire che la ricerca debba essere solo fatta compatibilmente con i parametri regionali. I parametri regionali non credo che vadano ad esplorare quelle che sono i fondamenti della psichiatria moderna, cioè la biologia, io credo che questo non avverrà mai se stiamo ai parametri regionali.
- Riguardo alle RSA a proposito delle ore da dedicare al lavoro, alla ricreazione, ai permessi, non è chiaro se siano 2 strutture diverse, sia pure adiacenti ....dove c’è il TSO e il ricovero volontario ....secondo me questo andrebbe chiarito.


DOTT. ANTONIO PICANO
(Servizio di Psichiatria di Consultazione, Ospedale S. Camillo di Roma)

- Mi sembra che il problema dell’impianto sia fondamentale perché definisce il presupposto antropologico all’interno del quale viene definita la legge. Sono assolutamente d’accordo con Raja quando dice che la legge 180 è figlia di un’altra psichiatria. La psichiatria di oggi è un’altra cosa, siamo in grado di offrire qualcosa di migliore al paziente. Si era andata definendo un’immagine della psichiatria come intrinsecamente cattiva o intrinsecamente pericolosa...oggi dobbiamo affermare un concetto diverso. La psichiatria è intrinsecamente buona, che quanto noi offriamo al paziente è realmente quanto di meglio lui possa aspettarsi (almeno in via teorica), e questo non deve superare il nostro senso di colpa nei confronti del paziente, non bisogna superare neanche quel concetto dello pseudogarantismo per cui il paziente malato di mente ha diritto ad essere matto ...ha il diritto di essere curato. Diritto o dovere di essere curato ? questo è un aspetto che in qualche maniera è emerso dalle nostre discussioni, direi che il punto è che la cura è un diritto, ma è anche un dovere. Un dovere che dobbiamo in qualche maniera incentivare, favorire, aiutare il paziente a convincersi della cura, ma anche ad un certo punto “costringere” perché altrimenti il nostro impianto sociale non può più funzionare. Perché quello che è successo in questi anni è che quando il meccanismo della cura non ha funzionato c’è stata una ricaduta terribile nei confronti della società, soprattutto nei confronti della famiglia che ha sofferto molto per questo.
- Si è parlato di psicosi, di schizofrenia...ma non si è parlato di depressione e non si è parlato di disturbi d’ansia, che sono due argomenti che fanno parte di 5-6 milioni di italiani che hanno questo problema e che in qualche maniera non trovano riscontro in questo impianto legislativo. Per la mia esperienza, che è di psichiatria ospedaliera, dove si fa una diagnosi medica, una presa in carico temporanea durante il ricovero, comunque una gestione ambulatoriale dei pazienti, so che questa è una richiesta grandissima che dobbiamo esaudire noi come psichiatri e non possiamo delegare ad altri, non possiamo delegare al privato la gestione di queste patologie. Questo significherebbe squalificare il nostro lavoro. Eppure questo necessita un impegno notevole, interventi numericamente molto consistenti, che oggi non sono abbastanza coperti, anche se mi rendo conto che c’è un costo sociale molto forte per quanto riguarda questo.
- Il problema delle Commissioni di valutazione probabilmente sarà complesso, ma come diceva Tatarelli bisognerà pure stabilire una verifica della qualità dell’intervento svolto che sia fatta da operatori che non siano gli stessi che hanno in cura il paziente. Che annualmente o addirittura ogni 2 anni per i pazienti cronici si verifichi il raggiungimento di determinati obiettivi di trattamento, perché questo aiuta tanto gli operatori a non cadere nella cronicità (perché c’è anche una cronicità degli operatori) quanto i pazienti stessi ad essere motivati al raggiungimento di certi obiettivi. Quindi secondo me questo criterio di doppio controllo è fisiologico ad una crescita della psichiatria.
- La formazione degli psichiatri oggi è molto carente, c’è stato questo studio recente del Prof. Pancheri sulla somministrazione dei farmaci psichiatrici e sui criteri di somministrazione da parte di specialisti ed è veramente avvilente vedere il criterio poco scientifico con il quale avviene la scelta dei farmaci (la poca scientificità è tipica dei giovani, piuttosto che degli anziani). Questo è inaccettabile, noi dobbiamo assolutamente intervenire con una formazione e una valutazione che sia strettamente legata alla scienza psichiatrica, non più ad un meccanismo di stagnazione, come c’è in molti servizi, per cui ci si affida a meccanismi di perpetuazione dell’errore veramente terribili.


PROF. PETIZIOL
(Presidente SIPS)

Ringrazio l’On. Burani per aver esteso la partecipazione agli operatori del settore e ai familiari dei pazienti, che hanno il carico del paziente.
- La 180 più che riformata va integrata tenendo conto dell’esperienza di questi 20 anni, delle incompletezze che non sono state attuale e dell’incompletezza operativa che non è stata risolta (per esempio gli SPDC che non sono a sufficienza, le comunità terapeutiche, i day-hospital ecc. ecc.).
- Tenendo conto del rapporto costo-beneficio è necessario affrontare l’esigenza dell’assistenza 24 ore su 24, discutendo la metodologia sulla crisi. L’opportunità di utilizzare il personale senza “sprecarlo” per un pronto soccorso in ogni dipartimento, per esempio.
- Le SRA, un collega precedente ha detto che sono troppi pazienti, che si farebbe un piccolo manicomio e quindi credo che 20 sia un numero sufficiente.
- Il Regolamento delle strutture residenziali va rivisto, soprattutto per quanto riguarda la mancata specificità di ogni struttura, che attualmente vede convivere assieme le varie patologie.
- anche Balbi ha parlato dell’obbligo di collaborare con le autorità scolastiche, una cosa importantissima per la prevenzione,
- SPDC, dovremmo trovare uno spazio in ogni ospedale che abbia tutte le specializzazioni, ma soprattutto nei policlinici universitari e non.
- nella proposta di legge ci si sofferma in maniera quasi ossessiva sul TSO. Sia chiaro, nel TSO devono essere tutelati i diritti dell’ammalato, come è successo fino ad ora. Non ho mai avuto sentore che un giudice sia intervenuto per abrogare un TSO, quindi non mi pare che questa figura del giudice sia così importante per valutare l’opportunità o la “sregolatezza” di un TSO. Ricordiamo che il TSO è un atto medico, che riguarda la responsabilità del medico, proprio legata alla situazione clinica del paziente. E richiamando alla responsabilità del medico anche la durata del TSO deve essere demandata al medico. Io ho letto anche altre proposte di legge e tutte queste dovrebbero tener conto che il medico normalmente (naturalmente se non lo fa ci sono le sanzioni) opera con “scienza e coscienza”. Però direi che il soffermarsi su queste analitiche situazioni e descrivere i particolari voglia quasi esplicitare la mancanza di fiducia nel medico e negli operatori. E questa è una situazione che un po’ offende il medico perché il medico ha una sua responsabilità e qualsiasi atto che fa va valutato ...mentre se fa un atto non adeguato va richiamato. Il TSO nelle strutture residenziali mi sembra che sia una situazione abbastanza “anomala” anche perché il carattere proprio delle strutture residenziali è abbastanza specifico per quelle determinate situazioni e anche perché gli operatori del CSM dovrebbero prendere in carico il paziente che non vuole prolungare la sua permanenza nelle comunità terapeutiche oppure nelle SRA. In fondo sarebbe come obbligare una persona a fare della psicoterapia, mi pare che da un punto di vista di rapporto non si abbia nessun vantaggio.
- Anche le Commissioni dei Diritti dell’ammalato di mente vanno riviste perché io credo che se c’è il giudice mi pare che egli sia già una competenza importante. Nel Galles, per esempio, lo psichiatra può iniziare un trattamento antipsicotico ad un adolescente anche contro il parere dei genitori.
- Mi pare sia superfluo dire “il medico deve tener conto degli inconvenienti dovuti agli effetti collaterali della cura stessa”. Credo che qualsiasi medico quando dà una terapia abbia presente questa situazione.
- Per quanto riguarda le strutture private direi che è indispensabile che il servizio sia pubblico che privato sia offerto in maniera ottimale. Come deve essere ottimale il servizio pubblico, non solo quello privato. Naturalmente bisognerebbe adottare delle linee-guida con indicatori e verificare, naturalmente, gli stessi.
- L’aggiornamento professionale è un dovere del medico nei confronti dell’ammalato, è un esigenza di cui è inutile che io ne sottolinei l’importanza.
- Riferendomi a quello che ha detto il Prof. Tatarelli su un centro di controllo, di assistenza, ecc. una proposta potrebbe essere questa : istituire un’Agenzia Nazionale (e poi naturalmente regionale) per la tutela della salute mentale. Questa agenzia dovrebbe comprendere tutto il Dipartimento di Salute Mentale, con tutte le varie suddivisioni del DSM ecc., il Dipartimento dell’Età Evolutiva, che manca, e questa è una lacuna ancora di tutte le leggi, un servizio per la doppia diagnosi oppure, come ha detto Raja, delle patologie di confine, le patologie psicogeriatriche ...cioè tutte quelle situazioni che possono influire negativamente sulla salute mentale.


CASAGRANDE
(Direttore di Medicina di Comunità, Responsabile di Programmazione Psichiatrica, USL 12 di Venezia)

A me piace essere critico su questo piano, quindi lascerò uno scritto altrimenti sarebbe troppo lungo il mio intervento. Perché sono critico ? perché credo non ci sia bisogno di una nuova legge, perché come ha detto l’On. Burani, che ringrazio per essere stata così aperta nella sua presentazione, se lei stessa parla di integrazione della legge, è della legge 180 che bisogna parlare, mentre a me sembra che questa legge qui stravolga un momentino la 180. Questo è il problema fondamentale. Essendo stato tra le persone costrette a difendere la 180 perché coloro che l’avevano promulgata si sono tirati indietro quindi noi che eravamo (sono un Basagliano) nei servizi l’abbiamo dovuta difendere con i denti e l’abbiamo conosciuta fino in fondo e cercato di applicarla. Nel 1983 le USL di Mestre e di Venezia si divisero, con lo stesso tipo di risorse, anzi con una gravità per quanto mi riguarda che ero a Venezia, che avevo ancora un manicomio sulle spalle. Nel 1996 ci siamo ricongiunti, il manicomio di Venezia non esisteva più, io non ero più il direttore perché sono passato al territorio ...però cosa succede oggi? che a Venezia non c’è nessuna persona che venga curata fuori dalla USL, a Mestre ci sono 55 persone che vengono curate fuori dalla USL, in, chiamiamole, altre comunità (a mio avviso piccoli manicomi) (e si cerca di fare in modo che questo gap sia colmato). Questo è un problema che è dovuto non alla legge e neppure agli interventi regionali, perché la regione Veneto ha fatto interventi insieme alla legge addirittura direi molto positivi (anche per esempio all’indomani della stessa legge 180), ma all’applicazione di esse. Venezia le ha applicate e Mestre no (Mestre ha creato tutta una psichiatria basata solo su diagnosi e cura e non sulle strutture alternative).
- Io credo che non si può prevedere una legge senza un finanziamento per cui cogente diventi il finanziamento e cogente diventa anche che tipo di intervento si fa su chi non sta nella legge, vale a dire intervenire su quelle USL che non mettono in atto quelle che sono le indicazioni della legge. Per questo io non sono tanto d’accordo su una nuova legge, ma non solamente sulla proposta dell’On. Burani, ma neanche su tutte le altre proposte perché a mio avviso diventa peggio il rimedio di quello che si vuole combattere.
- Mi è piaciuto quando l’On. Burani ha detto che mai come nella psichiatria c’è un intimo legame tra il medico, il sociale e lo psicologico. Questo è un concetto che è stata una conquista di questi ultimi anni. La malattia mentale è un fatto complesso, non può essere ridotto semplicemente ad un aspetto psicogenetico, sociogenetico. La cura del malato di mente non è solo un fatto medico, ma deve coinvolgere più latamente la società nei suoi vari aspetti ed è per questo che allora non si può essere contro il privato, ma occorre capire cosa vuol dire rapporto tra pubblico e privato. Qual è il compito del pubblico ? Qual è il compito del privato ? C’è tutto il problema dell’accreditamento.... il pubblico non può venire meno al suo dovere di controllo, perché è il pubblico che controlla, non questa o quella commissione. Perché troppe commissioni potrebbero creare il manicomio anche se non lo si vuole.
La mia critica non è stata puntuale, è solo un modo di portare un contributo e di ridiscutere, se si può.
- é importante chiarire bene a monte il problema del TSO. TSO vuol dire “restringere la libertà di un cittadino”, qualsiasi esso sia, quindi questo non è un atto medico. Può derivare da un atto medico in cui il medico deve avere la sua responsabilità, come l’ha anche oggi, però è importante tener distinti questi due momenti. Richiamerei quello che era avvenuto sulla 180 da parte dell’allora On. Orsini che si è battuto “come un leone” perché non fosse data tutta la responsabilità del TSO al medico, perché sapeva cosa voleva dir questo. Se il medico ha la responsabilità non di curare, ma di custodire, la cura diventa tout-court custodia. Questo non è più un problema che derivi dalla legge, deriva dal fatto che ad un certo punto il medico, che teme di essere ingiuriato o perseguito ...ad un certo punto sta più attento alla custodia che alla cura, e questo è stato uno dei grandi difetti della 1904. La 1904, pur partendo dalla pericolosità, poneva il problema della cura, poi la cura è diventata tout-court custodia. Quando c’era il ricovero della persona c’era un iter che era abbastanza lungo. Ma quello che prima era un ricovero acuto (il ricovero d’urgenza) era diventato il ricovero normale. Per cui il questore interveniva, l’altro veniva messo dentro, se ne stava dentro un mese, poi veniva...ecc. ecc. e questa è una prassi che per forza avviene quando si dà più peso alla custodia che alla cura.


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