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PSYCHOMEDIA
MODELLI E RICERCA IN PSICHIATRIA
Psichiatria - Documenti



Relazione introduttiva alla presentazione del progetto di Legge Burani
alla Commissione Affari Sociali della Camera

On. Maria Burani Procaccini



1. Il superamento del paradigma psico-sociogenetico della malattia mentale

Solo recentemente, con il venire meno di alcune contrapposizioni ideologiche e grazie alla disponibilità di dati relativi alla valutazione dell’efficienza e dell’efficacia dei servizi psichiatrici, abbiamo potuto osservare gli esiti della riforma dell’assistenza psichiatrica del 1978 con modalità pragmatiche e con quella oggettività scientifica, impedita da rigide teorie sociogenetiche delle malattie mentali. I dati a nostra disposizione hanno evidenziato i limiti del “paradigma psicologistico” e quelli, ancor più netti, del “paradigma sociologistico”.
Cosicchè la maggioranza degli psichiatri condivide oggi l’affermazione che, senza sottovalutare gli aspetti psicologici e sociali, è necessario recuperare una dimensione biologica e medica della malattia mentale.
Non c’è dubbio che il superamento dell’istituzione manicomiale a favore di un modello di intervento prevalentemente extramoenia abbia costituito una tappa necessaria di un processo evolutivo e destigmatizzante nell’ambito dell’assistenza psichiatrica. Tuttavia la configurazione che l’assistenza psichiatrica ha assunto in Italia non è adeguata ai bisogni di una società moderna.
Per restituire autenticamente la dignità ai malati mentali è necessario riconoscerli come tali, cioè malati, e, conseguentemente, provvedere a curarli. Il rispetto per la sofferenza psichica consiste nel riconoscimento della dignità della malattia mentale, una malattia uguale a qualsiasi altra e che, però, necessita di solidarietà ed attenzione per le sue tragiche peculiarità. E’ necessario dunque che si spengano del tutto gli echi delle vuote dispute ideologiche sulla malattia mentale e sull’uso politico che di essa si è fatto.


2. I dati sull’assistenza psichiatrica in Italia: una carta a macchie di leopardo

In questa cornice, è ancora attuale elaborare strumenti di programmazione a maglie larghe, nei quali si diano ampi spazi all’elaborazione ed all’interpretazione tecnica in fase locale (vedi il recente Progetto Obiettivo)? Lo squilibrio tra l’inerzia legislativa ed organizzativa di alcune Regioni e l’attività di altre ha determinato una attuale configurazione dell’assistenza psichiatrica in Italia che molti osservatori hanno definito a macchia di leopardo. E’ dunque preferibile indicare strade politicamente e tecnicamente più cogenti e conseguenti modelli organizzativi più funzionali. D’altro canto abbiamo assistito alla sottovalutazione ideologica del problema degli esiti dei trattamenti e delle cure. L’abolizione del manicomio, avvenuta sotto una formidabile spinta ideale, ha determinato però ciò che è stato definito come una forma di iconoclastia dottrinale di tutto ciò che anche lontanamente potesse assomigliare al manicomio o semplicemente ricordarlo. Così, per esempio, si è abolita la parola cronicità (che fu attribuita ideologicamente al manicomio e solo oggi i dati scientifici la correlano alla malattia): non era consentito riflettere sul fatto che la cronicità fosse imputabile all’evoluzione nosodromica, propria della malattia.. Così, ancora, gli esiti negativi delle cure sono stati ideologicamente attribuiti alle “cattive famiglie” o alla “cattiva società”. Solo recentemente la dimensione biologica e medica delle malattie mentali è stata rivalutata e con essa anche il corretto uso degli psicofarmaci, perniciosamente demonizzati nel passato.
Gli esiti costituiscono da sempre l’unico riferimento possibile per giudicare la qualità di un trattamento medico. In realtà ciò che è avvenuto ha determinato la crisi del ruolo e dell’identità dello psichiatra (in bilico fra una professionalità di tipo sociologico ed una professionalità di tipo medico posta sotto accusa), con il prevalere di frange culturali cristallizzate ed autoreferenziali, poco permeabili alle innovazioni scientifiche e poco inclini al confronto sul piano della verifica e della riproducibilità dei risultati. Il tentativo di “esorcizzare” la malattia mentale indebolendo l’area medica ha giocato negli anni Settanta un ruolo nella delegittimazione del manicomio e nel pur condivisibile sviluppo di una psichiatria di comunità. Ma il progresso culturale e scientifico ha poi messo in crisi visioni anacronistiche e ascientifiche, che spingerebbero la psichiatria nella una zona grigia delle helping profession. Pianificazione, controllo di gestione e valutazione dei risultati rappresentano i principi irrinunciabili su cui si fonda la sanità moderna. Il “farsi navigatori per mari sconosciuti”, come sostenevano i fautori di una psichiatria basata su un approccio spontaneistico ai disturbi mentali, frustrato dalla realtà della cronicità e della sua difficile gestione, deve oggi lasciare il posto ad un approccio che ricorra a linee guida precodificate secondo il modello medico-scientifico.


3. L’evoluzione dell’assistenza psichiatrica in Italia

Il punto di partenza, come è universalmente noto, fu la prima legge organica in materia approvata nel 1904, che istituiva il manicomio quale struttura cardine dell’assistenza ai malati mentali. Le esigenze di controllo e di custodia lasciano il malato in balia di una intrusività istituzionale spersonalizzante e scarsamente terapeutica.
La seconda fase si apre con la promulgazione della Legge Mariotti nel 1968, che introduceva il ricovero volontario in Ospedale Psichiatrico e istituiva i Centri di Salute Mentale (CIM).
La terza fase si apre con la Legge 180 del luglio 1978. La legge viene approvata in fretta sotto la spinta minacciosa di un referendum abrogativo, nella convinzione che il referendum sarebbe stato sconfitto e che il “manicomio” avrebbe riportato una maggioranza schiacciante. La legge ha il merito di aver determinato il passaggio dal prevalente interesse custodialistico ad un approccio terapeutico.
Le lacune normative e attuative, nonché l’impatto dei progressi clinici e terapeutici ed il modificarsi del panorama culturale e scientifico, consentono oggi l’inizio di una quarta fase.


4. Quarta fase: la Legge Burani

Le gravi lacune nella attuale configurazione dell’assistenza psichiatrica in Italia concernono in modo particolare la mancanza di “gradi di obbligatorietà” delle cure e di “strutture residenziali terapeutiche” che affrontino il grave problema dei pazienti che necessitano di cure prolungate anche in assenza di consapevolezza di malattia. Inoltre il sistema normativo attuale non riesce a conciliare le esigenze di tutela del malato mentale con le esigenze dei suoi familiari. Gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari svolgono, come anche le Carceri, la funzione di contenitori di patologia psichiatrica, peraltro in assenza di una vera articolazione con le strutture territoriali. Gli attuali Servizi di Diagnosi e Cura (destinati al trattamento dei pazienti acuti) sono inadeguati alle necessità e ripropongono gli aspetti peggiori dei vecchi Ospedali Psichiatrici.
Non c’è dubbio che l’anello debole dell’organizzazione attuale è costituito dalla mancanza di strutture intermedie per i pazienti cronici.
Il dibattito sulle strutture residenziali, sulla loro natura ed organizzazione, sulla loro tipologia e sul loro utilizzo è stato reso difficile da precomprensioni e pregiudizi di natura ideologica. Oggi tuttavia il ricordo del manicomio è lontano, le polemiche ideologiche attengono a sparuti gruppi autoreferenziali e sono infine disponibili ampi riferimenti a linee guida precodificate secondo il modello medico-scientifico. La Legge Burani con l’istituzione di strutture residenziali comunitarie e l’introduzione di gradi di obbligatorietà più flessibili, sino ad un periodo di due mesi, risponde alle esigenze attuali. In questa Legge vengono fissati adeguati interventi a favore delle famiglie dei pazienti, che non possono essere obbligate alla convivenza in situazioni spesso drammatiche come oggi.
Altro punto problematico nell’assistenza attuale è dato dalla gestione dell’emergenza-urgenza, che nella Legge Burani è garantita da una obbligatoria azione dei CSM.
La Legge Burani consente il superamento di due contrapposizioni incistate nell’attuale sistema.
La prima contrapposizione è tra pubblico e privato. Il sistema attuale, pur criminalizzando in modo ideologico il privato, non ha potuto, per evidente necessità, eliminarlo. In questa Legge l’integrazione fra gli ambiti pubblici e privati è compresa e prevista.
L’altra contrapposizione è tra servizi e università. Anche in questo caso è prevista una efficace integrazione.
La Legge Burani esplicita un bisogno negato dei cittadini: quello della libera scelta della struttura erogante le cure. Un incredibile rigido sistema, attualmente in atto in molte parti, impedisce al cittadino affetto da patologie psichiatriche di scegliere il servizio in funzione della qualità dello stesso. Questa palese violazione dei diritti, che ha ricostruito manicomi senza mura, viene finalmente superata.


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