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PSYCHOMEDIA
TERAPIA NEL SETTING INDIVIDUALE
Psicoterapia Analitica



L'indirizzo neofreudiano

di Marco Bacciagaluppi

(Presidente dell'OPIFER)

lavoro presentato alla VII Annual Conference della
EUROPEAN ASSOCIATION FOR PSYCHOTHERAPY (EAP)
La formazione nella psicoterapia: fondamenti comuni e diversità negli approcci
Rome, 25 - 29 giugno 1997



L'indirizzo neofreudiano ha in comune con quello freudiano tre concetti fondamentali che Freud stesso riteneva necessari affinché una terapia si potesse definire psicoanalitica: 1) l'inconscio, 2) la resistenza, e 3) il transfert. Dando per scontati questi tre concetti, mi limiterò a sottolineare in questa relazione alcune differenze tra i due indirizzi.

1. Teoria

Greenberg e Mitchell, nel loro libro del 1983 che è diventato un classico, I rapporti oggettuali nella teoria psicoanalitica, fanno una distinzione fondamentale tra le teorie basate sulle pulsioni e quelle basate sulla relazione. Secondo quelle del primo gruppo, rappresentate essenzialmente dalla psicoanalisi freudiana, i rapporti sono un mezzo per la soddisfazione istintuale, e la relazione affettiva è un derivato secondario. Secondo quelle del secondo gruppo, il rapporto è un'esigenza primaria. Al secondo gruppo appartengono autori di diversa provenienza, per cui si possono definire diverse posizioni relazionali.

a) Il più indipendente dalla matrice freudiana è stato l'americano Harry Stack Sullivan, che ha dato inizio alla scuola interpersonale. A lui si sono uniti inizialmente Karen Horney e Erich Fromm. E' questo il gruppo al quale si è dato tradizionalmente il nome di "neofreudiano". La Horney si è poi staccata dagli altri due per fondare una propria scuola, mentre Sullivan e Fromm hanno fondato il William Alanson White Institute a New York. Negli ultimi anni la scuola interpersonale ha dato luogo alla scuola relazionale, rappresentata essenzialmente da Greenberg e Mitchell, i direttori delle due riviste più importanti del settore, rispettivamente "Contemporary Psychoanalysis" e "Psychoanalytic Dialogues".

b) Sempre negli Stati Uniti, all'interno dell'ortodossia freudiana, è stata fondata da Heinz Kohut la Psicologia del Sé, la quale, anche se formalmente rimane all'interno delle organizzazioni freudiane, rappresenta di fatto una scuola relazionale.

c) Infine, come noto, in Gran Bretagna si è formata, partendo da Melania Klein, la scuola delle relazioni oggettuali. Anche qui il primato del rapporto è stato affermato con decisione. Fairbairn dice che il bambino alla nascita è "object seeking", ossia cerca il rapporto. Il culmine di quest tendenza, a mio avviso, è rappresentato da Bowlby, che, applicando alla psicoanalisi la moderna biologia evoluzionistica, vi ha dato una solida base biologica, anche se buona parte degli psicoanalisti non se n'è ancora resa conto. Bowlby afferma che l'attaccamento del bambino alla madre è un comportamento innato, selezionato nel corso dell'evoluzione a causa del suo valore di sopravvivenza (in primo luogo, la difesa dai predatori).

2. Tecnica

Le varie scuole psicoanalitiche si possono suddividere in tre gruppi a seconda del grado di partecipazione dell'analista al rapporto:

a) Secondo gli scritti sulla tecnica di Freud, la posizione freudiana ortodossa è caratterizzata solo dall'osservazione imparziale del paziente, con due eccezioni : l'alleanza terapeutica e il controtransfert, cioè le reazioni affettive dell'analista, che in questo contesto vengono viste come un disturbo da eliminare.

b) Nel secondo gruppo la partecipazione affettiva dell'analista viene vista come una componente essenziale del processo terapeutico. Sullivan, partendo dal modello dell'antropologia culturale, parlava di "osservazione partecipe". Kohut sosteneva la necessità di una partecipazione empatica. Greenberg chiama questa posizione, alla quale appartiene anche la maggior parte degli autori inglesi, "participation with".

c) Vi è infine un terzo gruppo che, oltre all partecipazione empatica, ammette la possibilità, anzi l'inevitabilità, di "errori" dell'analista, che riproduce nel rapporto terapeutico gli atteggiamenti di figure del passato del paziente. Questa posizione viene chiamata da Greenberg "participation in ". Il primo a rendersi conto dell'inevitabilità degli "errori" e a usare questo termine è stato Ferenczi. Come noto, per vari anni Ferenczi è stato messo al bando dall'ortodossia freudiana. Ha esercitato un'influenza nascosta e indiretta tra i kleiniani, per cui la Heimann e Racker hanno valorizzato il fenomeno del controtransfert: non più un disturbo da eliminare, ma una fonte preziosa di informazioni sul paziente. In America, invece, l'influenza di Ferenczi ha potuto esercitarsi liberamente, dapprima sulla scuola interpersonale, poi su quella relazionale, grazie sia a Clara Thompson, che era stata mandata da Sullivan a Budapest a farsi analizzare da Ferenczi, sia a Erich Fromm, che ha sempre espresso la massima ammirazione per Ferenczi. Così, già nel 1972 Edgar Levenson diceva che prima o poi dobbiamo cadere nella trappola tesaci dal paziente, e poi darci da fare per uscirne. Più recentemente, Merton Gill, un freudiano che ha adottato il paradigma interpersonale, ha espresso questo concetto col suo terzo principio della tecnica, secondo il quale "l'analista, inevitabilmente, in grado maggior o minore, confermerà le aspettative del paziente". Di questo fenomeno, che negli anni più recenti viene chiamato "enactment", do degli esempi nel mio workshop. L'effetto terapeutico di questo fenomeno consiste nel fatto che, dopo avere impersonato una figura del passato del paziente, l'analista lo ammette e cerca di porvi rimedio. L'esperienza emotiva correttiva (vecchio concetto di Alexander) ha il massimo di efficacia perché basato sul massimo contrasto tra passato e presente.

3. Commenti

Dal punto di vista tecnico io mi riconosco nelle posizioni relazionali più avanzate, rappresentate dal terzo gruppo prima descritto. Tuttavia, a mio parere, i relazionali americani hanno due gravi limiti: non riconoscono l'importanza né della biologia evoluzionistica né della cultura, e ultimamente sono caduti nel relativismo del costruttivismo radicale, criticato anche da Giovanni Liotti. Ma all'interno stesso delle posizioni relazionali si trovano i correttivi a questi limiti. Per quanto riguarda la biologia evoluzionistica, ho già detto che Bowlby ha posto, potenzialmente, la psicoanalisi su solide basi biologiche. Per quanto riguarda la cultura, Erich Fromm ha messo in evidenza, attraverso il concetto di "filtri sociali", i condizionamenti inconsci che esercita la società, e ha svolto una critica serrata della società moderna. Ritengo che questi due autori si possano integrare e fornire alla psicoanalisi uno schema di riferimento alternativo, basato sulla dialettica tra evoluzione biologica ed evoluzione culturale. A mio avviso, l'evoluzione culturale, a partire dalle società agricole avanzate, ha creato un ambiente sociale che spesso non soddisfa certi nostri bisogni innati e quindi dà luogo alla psicopatologia. Questa posizione è quella della moderna psichiatria evoluzionistica, di cui un esempio è Evolutionary Psychiatry, di Stevens e Price, uscita nel settembre dell'anno scorso.

Bibliografia

Bacciagaluppi, M. (1993), Ferenczi's influence on Fromm, in Aron, L. e Harris, A. (a cura di), The Legacy of Sandor Ferenczi, The Analytic Press, Hillside, NJ e Londra. Trad. it.: L'influenza di Ferenczi su Fromm, Psicoter. Sc. Um., 26, 39-55, 1992.
Greenberg, J.R. e Mitchell, S.A. (1983), Object Relations in Psychoanalytic Theory, Harvard University Press, Cambridge, MA e Londra, Trad. it.: Le relazioni oggettuali nella teoria psicoanalitica, Bologna, Il Mulino, 1986.
Liotti, G. (1996), Motivazioni innate, relazioni oggettuali e Sé, Psicoter. Sc. Um., 30, 25-46.
Stevens, A. e Price, J. (1996), Evolutionary Psychiatry, Routledge, Londra e New York.


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