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PSYCHOMEDIA
SETTING INDIVIDUALE
Psicoanalisi



Mario Magrini

Commento al “Introduzione alla metapsicologia” di A. A. Semi
Una riflessione nella lettura del testo intrecciata di ricordi




Innanzi tutto mi è venuto in mente mentre leggevo questo libro perché il lavoro di Freud vada letto e riletto, ovvero non vada letto una volta sola.
La psicoanalisi è continua ricerca di comprensione, non un sapere cristallizzato.
Semi, proprio parlando della rimozione, affronta il fatto che questo evento di cui si occupa lo psicoanalista nell’analisi si presenta sempre anche quando lo psicoanalista lavora a livello teorico: "Come dire che, a rigore, è inevitabile che all’atto di affrontare la questione della rimozione dal punto di vista teorico, si ripresentino in ciascuno di noi e ogni volta le medesime difficoltà. Perché “sollevare" (Aufheben) la rimozione, sollevarla come si fa con un coperchio per vedere cosa bolle in pentola o sollevarla come si fa con le coperte, per vedere cosa o chi c’è sotto (riporto queste metafore per far vedere che il sollevare la rimozione ha implicazioni che rimandano ai fantasmi tipici di ciascuna fase dello sviluppo psicosessuale) non è affatto un processo innocuo, e comunque è un processo che si può fare solo momentaneamente, perché la rimozione è mobile e tende a ripristinarsi rapidamente” (pag.102).

Semi in tutto il libro ci pone davanti alla esperienza metodologica freudiana dello psicoanalista al lavoro, dove ciò sta a significare / evidenziare lo stretto legame, dentro l’analista, tra attività clinica (vedremo il rapporto Inc-Inc come comunicazione che consente l’opera dell’analista; il ruolo della percezione interna) e l’attività legata alla ricerca teorica e teoretica (v. il ruolo della ritrascrizione continua dell’esperienza, ivi compresa l’elaborazione teorica; le relazioni significative tra teorizzazione e dati dell’esperienza), cioè Semi fa emergere (Aufheben) il legame tra immagine dell’apparato psichico con le sue dinamiche e quella della psicoanalisi (v. pag.161.)
Ecco che allora il ritornare alla fonte originaria, su Freud al lavoro, questo gioco tra presente passato che apre al futuro rappresenta ciò che permette allo psicoanalista di cimentarsi con il riconoscimento che il sollevare la rimozione implica un coraggioso e onesto lavoro continuo.

Su questa linea di esperienza si può capire quando Semi dice “ ..ad esempio, è duro dover sopportare di ritornare sempre a testi che sono sempre più vecchi, sicché si può avere simbolicamente l’impressione di dover non solo sottostare alla legge del padre , ma anche a quella del nonno e magari del bis-nonno o del trisavolo. Possibile che non si possa far da sé ? Ovvio che questo interrogativo ha molti significati simbolici che qui posso solo richiamare . Il più pericoloso, secondo me, è quello che consiste nel cercare di privilegiare il proprio pensiero non tanto per poterlo poi confrontare - come sarebbe sano- con quello dei predecessori, quanto proprio nell’illusione di poterne fare a meno. Si ha in questo caso un incitamento del pensiero in una nicchia narcisistica che è necessaria al suo nascere ma che diviene esiziale alla sua crescita e che rivela il desiderio di negare la catena delle generazioni, magari esponendosi così al compito gravoso di dover ogni volta riscoprire tutto quel che era stato già scoperto e al rischio di non poter scoprire tutto quello che gli altri prima di noi hanno scoperto, impoverendo così progressivamente la propria conoscenza . D’altro canto, è vero che, senza un adeguato investimento narcisistico del pensiero (che implica dunque anche un certo grado di isolamento e di disconoscimento di quel che stanno facendo gli altri) è ben difficile che si sia in grado di elaborare un pensiero nuovo. Ci vuole insomma un equilibrio che dev’essere quanto più possibile mobile, dinamico. Sia la posizione “ i vecchi avevano ragione” sia quella “ i vecchi non avevano capito nulla” sono, com’è noto, fallimentari” (pagg.104-105).

Nel lavoro di Semi possiamo osservare quanto vi sia rappresentato questo movimento tra catene di generazioni.
Infatti si può osservare il forte legame con una tradizione di pensiero psicoanalitico legato al metodo di ricerca di Freud e contemporaneamente a una libertà interiore, che ebbe in Musatti la sua pionieristica italiana espressione e che oggi troviamo in Semi nella sua progressione.

Circa il lavoro sul metodo di Freud Musatti ricordava che “per oltrepassare Freud bisogna passare attraverso Freud”; e circa la angolatura di pensiero e di riflessione “non mi ero infatti proposto di esporre semplicemente metodi e teorie, dando rilievo agli elementi più caratteristici, ma di esaminare - con la massima chiarezza possibile e con la maggior cautela - COME i nuovi punti di vista eran sorti e come si giustificavano, sia teoricamente che sulla base dei fatti : soprattutto sulla base dei fatti “ (trattato pag. XI).
Qui si sente il richiamo alle “ relazioni significative” che Semi mette in risalto all’interno del metodo freudiano di ricerca.

Per tornare al riconoscimento delle catene generazionali e alla capacità di elaborare un pensiero nuovo che viene a confrontarsi con quello precedente si può osservare come in tutto il libro ci sia una continuità (e una innovazione - come vedremo) con la linea di ricerca di Freud e di Musatti: “Debbo quindi qualche spiegazione al lettore, perché egli sappia con chi esattamente ha a che fare : e se cioè con uno studioso che non rinuncia ad esercitare la propria critica, ed è perciò sempre pronto ad accogliere idee nuove ed a vagliarle in base ai dati dell’esperienza, o con un fanatico che si mantien ligio ad una sua conquistata ortodossia.

Si rassicuri il lettore. Alla mia indipendenza di giudizio non ho mai rinunciato; e con tutta la ammirazione che ho per Freud e per l’opera sua, di tale indipendenza faccio uso anche in questo libro, segnalando quei punti delle dottrine freudiane che mi lascian dubbioso e perplesso, o che mi sembran bisognosi di chiarimenti , di integrazioni o di revisioni” (tratt. pag. XIX).

La questione della libertà interiore, legata al riconoscimento di un investimento, è l’espressione di un lavoro strettamente legato al Aufheben la rimozione.
Musatti scriveva: “Vi è in questa raccolta (Psicoanalisi e vita contemporanea,1960) una certa unità. E mi sembra che tale unità derivi dal senso vivo del problema della libertà interiore, che in me accompagna sia l’esercizio pratico sia il ripensamento teoretico della psicoanalisi”.

Il libro di Semi si colloca su questa scia di ricerca dove l’indagine non si pone di fronte ad una “interpretazione” del fenomeno psichico in quanto tale, bensì al compito di decostruirne e coglierne il processo secondo cui si origina e si manifesta, non solo nel paziente ma anche nell’analista.

E’ l’attività psichica del soggetto (analista e paziente) ed il senso ad essa connesso che vengono messi in primo piano come interesse di ricerca, cioè vi è l’attenzione al modo in cui si costruiscono i processi psichici, intesi come attività del soggetto.
A questo riguardo Pontalis ricorda che “l’oggetto del metodo psicoanalitico non è il ricordo deformato ma il lavoro effettuato dalla deformazione; non è tanto la traccia in sé ma il tracciato, il passaggio che non segue mai una linea diritta ma muta percorso, diverge” (pag. 85).

Dunque, tornando alle catene generazionali, l’evidenziazione della dimensione della ricerca, una ricerca costante di una dimostrazione che si avvicini quanto più è possibile al modo della dimostrazione scientifica ci porta a un pensare psicoanalitico rappresentato dal concetto di Laboratorio, che mette al centro il modo in cui si costruiscono i processi psichici , intesi come attività del soggetto, e questo fa sì che compaiano fenomeni che rappresentano la conseguenza di quando vengono messi in primo piano, come interesse di ricerca, l’attività psichica del soggetto ed il senso ad essa connesso.
Semi commenta al riguardo (v. Trattato vol. II pag. XXX): “ la dimensione del laboratorio. E’ la dimensione della ricerca, che va dalla capacità non solo di porci degli interrogativi - e di riconoscere le domande che, implicite, risiedono costantemente nel discorso dell’analizzando - e di costruirci delle risposte e poi di intravedere gli ulteriori interrogativi che queste risposte pongono a noi stessi e alle nostre precedenti teorie, ma di vivere, per così dire, in una dimensione interrogativa, che costituisce una buona base per le nostre certezze. Ci si può poi interrogare a lungo sul significato e sul senso di questa attività - e anche questo fa parte della nostra ricerca -, ma si tratta comunque di una dimensione inalienabile del nostro lavoro, teso com’è in un campo triangolare ai cui vertici stanno il metodo, la terapia e la teoria. Ogni rinuncia a uno di questi vertici fa collassate il triangolo psicoanalitico trasformandolo in qualcosa d’altro. Si può pensare che la dimensione del laboratorio rischi di isterilire l’aspetto “umano” - in particolare quello affettivo - che contraddistingue la psicoanalisi, ma non è così. Gli affetti che ravvivono quotidianamente l’esperienza analitica chiedono di essere provati, detti, elaborati. Ma sarebbe una sintomatica rinuncia quella di chi pretendesse di non passarli al vaglio duro e faticoso del processo secondario, e a quello della critica. Inoltre, la dimensione della teoria non è solo un fondamentale esercizio rielaborativo per lo psicoanalista, ma anche il campo della costruzione della conoscenza.”

L’elemento innovativo presente nel lavoro di Semi, che si aggancia in questa linea di ricerca alla dimensione interrogativa, riguarda gli elementi che entrano in gioco nell’attività del pensare teorico psicoanalitico.

Nell’affrontare , all’interno della questione del modello teorico dell’apparato psichico, il problema di come si possa raffigurare un apparato psichico che funzioni secondo le modalità di quel modello teorico, Semi sviluppa un metodo di ricerca nel libro che si aggancia con un’altra Sua riflessione (Trattato) in cui espone alcune caratteristiche costanti del modello psicoanalitico dell’apparato psichico : “Nella pratica clinica e nell’elaborazione teorica abbiamo a che fare con la ricostruzione o con la costruzione di modelli di diverso livello di astrazione. Di ciascun paziente ci costruiamo una immagine dinamica che ne ripete l’insieme, prima ancora che le singole caratteristiche. Questo è un primo tratto distintivo del modello di apparato psichico, che mi consente di introdurre un’analogia basata, appunto, sull’idea di “globalità” e di “globo” : secondo me, un modello teorico sta alla realtà come un mappamondo sta alla Terra” .

Però i mappamondi psichici “a differenza infatti di qualsiasi altro mappamondo, i nostri sono costituiti, fabbricati con gli stessi elementi che costituiscono la realtà studiata. Un mappamondo vero e proprio è costituito di legno e cartapesta, di colori e disegni, cioè di materiali assai diversi da quelli che compongono l’oggetto rappresentato; un mappamondo psichico, viceversa, è composto esattamente degli stessi elementi : parole, immagini, affetti, emozioni, sensazioni e così via.” (vol. I pag. XIX-XXX).
Allora qui si apre la questione centrale e l’apporto innovativo di Semi, lungo la linea di ricerca del modello teorico dell’apparato psichico, restando agganciati alla metafora del mappamondo psichico composto degli stessi elementi dell’oggetto rappresentato , nel domandarsi quale funzione abbia - all’interno dell’apparato psichico - una teoria dell’apparato psichico!

“La specificità della teoria psicoanalitica è legata al grado di investimento emotivo della teoria nell’apparato psichico dell’analista nonché al fatto che la teoria riguarda la vita psichica stessa” (pag.482 vol. I).
Semi ci mostra, nell’analizzare il metodo di lavoro che Freud usa nel costruire una teoria che abbia relazioni significative con l’esperienza, il ruolo centrale che tiene - per l’attività dello psicoanalista- elaborare una (propria) teoria.
“Questa espressione presuppone : (a) il concetto di elaborazione come elemento fondante della attività psichica dello psicoanalista; (b) la necessità della personalizzazione della teoria; (c) la necessità dell’ulteriore elaborazione della teoria fino a costituirla come oggetto emotivamente significativo e socialmente condivisibile.
Come si vede, con ciò siamo tornati al punto di vista topico: l’elaborazione infatti implica che una rappresentazione (o un insieme di rappresentazioni) venga vista e sentita nelle sue implicazioni inconsce , preconosce e consce, che la permeabilità delle barriere tra questi sistemi sia tale da consentire al soggetto l’apprezzamento dello spessore di significato di tali rappresentazioni, che il tutto infine ritorni alla coscienza accompagnato da quella sensazione di convinzione (e qualche volta di autoironia) che consente di sentire un determinato concetto finalmente libero da pastoie determinate da resistenze inconsce : la risoluzione di queste consente anzi di attribuire al concetto teorico un grado di investimento affettivo moderatamente eccitante, cioè di restituire alla disponibilità psichica un importo d’affetto (Freud,1915) prima represso.
Chiunque conosca le difficoltà e i tempi necessari per questo processo può apprezzare quanto questa descrizione sia ideale.
La funzione intrapsichica della teoria si qualifica dunque così: (a) dal punto di vista della prima topica, come la (ri)scoperta di una rete di significanti che attraversa i tre sistemi (Inc,Prec e C); (b) dal punto di vista strutturale, come un ampliamento dell’Io, da intendersi verosimilmente come una maggiore possibilità di mobilità all’interno dell’Io e come un maggiore grado di osservabilità dell’Es da parte dell’Io; (c) dal punto di vista dinamico, come risoluzione di pastoie conflittuali che giustificano (d) una ridisponibilità di affetti (punto di vista economico).

La specificità sta nel fatto che la teoria diventa, per così dire, uno speciale specchio di sé stessi e dei propri analizzandi.
.dal punto di vista delle funzioni intrapsichiche della teoria, ritengo che la funzione fondamentale sia ancor oggi indicabile come quella della “ ritrascrizione continua” (Freud, 1887-1904, pag.236), attraverso parole, dell’esperienza che lo psicoanalista fa di sé e della sua pratica psicoanalitica. L’elaborazione teorica, in questo senso, è il corrispettivo per l’analista della rielaborazione(Freud,1914a ) , cioè di quel “compito gravoso per l’analizzato “ e di quella “prova di pazienza per il medico” che differenziano specificamente la psicoanalisi da qualunque altra psicoterapia. Ciò fonda la necessità della teoria per lo psicoanalista”(vol. I, pagg.483-485-486).

Qui si apre la questione del rapporto dinamico tra l’attività di “ritrascrizione continua” e l’inconscio, non solo nella propria analisi o nell’analisi degli altri ma pure nello studio del metodo e della teoria psicoanalitica (v. rapporto con il problema delle relazioni significative tra costrutto teorico e dati provenienti dall’esperienza).
Semi fa osservare: “se una teoria è un insieme di concetti fondamentali ai quali si è cercato di attribuire determinati contenuti e un certo grado di organizzazione coerente, e se questa teoria serve anche a rappresentare a livello del sistema conscio i moti pulsionali e i loro destini, possiamo immaginarci che la coscienza abbia più di qualche motivo e occasione per aver di che dolersi della presenza di un tale corpus teorico: esso introduce proprio con le forme che il sistema conscio non può non accettare delle rappresentazioni che testimoniano l’esistenza del conflitto. L’inevitabilità del dispiacere e la transitorietà del piacere. C’è poco da stupirsi che, in una situazione del genere, si attivino i meccanismi di rimozione, sia nella forma “isterica” di repressione degli affetti collegati- e allora ci potrà essere una belle indifférence alla teoria- sia nella forma angosciosa di rimozione dei contenuti rappresentativi più direttamente (e per ciascuno diversi) collegati alle rappresentazioni pulsionali.

In tutto questo libro alcune distinzioni fondamentali fatte da Freud verranno proposte e riproposte con insistenza proprio per questo motivo. Se, in altri termini, la metapsicologia è una teoria che si propone di rappresentare a livello della coscienza l’intera attività psichica, dev’essere ben chiaro che essa è perciostesso una teoria per così dire contro natura , poiché l’apparato psichico, per quel che ne sappiamo, ha elaborato delle barriere e delle separazioni che servono alla coscienza proprio per essere protetta dalla percezione dell’attività psichica nel suo insieme. Non c’è affatto da stupirsi, dunque, che la coscienza - e tanto più quanto più ha sentito le capacità euristiche della metapsicologia - tenda ad eliminarla o ad eliminarne gli effetti conseguenti o gli affetti collegati” (v. pagg.124,126).
Quindi a proposito dell’inconscio e del rimosso che ne fa parte le relazioni significative sono da stabilire con l’esperienza del proprio inconscio a partire dal proprio rimosso.(pag.130).

Qui si collega il “passo de La rimozione in cui Freud scrive che essa “agisce comunque in guise altamente individuali (pag.40, la sottolineatura è di Freud) per comprendere come qui, all’inizio del saggio sull’inconscio, Freud stabilisca su questa base una condizione di conoscibilità che garantisce dal costruire una teoria che non possa poi stabilire una relazione con l’esperienza” (pag.130).
Lungo questo percorso, che parte dall’Aufheben la rimozione - dal riconoscere le catene (legami) generazionali - dall’interesse per la ricerca, al modo in cui si costruiscono i processi psichici - dalla dimensione interrogativa del laboratorio per poi collegarsi con il rapporto dinamico tra ritrascrizione continua dell’esperienza che lo psicoanalista fa di sé e della sua pratica psicoanalitica e l’inconscio, il proprio inconscio a partire dal proprio rimosso, si arriva alla questione dell’importanza che Freud dà alla “percezione interna” che fa da contrappeso alla funzione della coscienza come organo di senso( tenendo presente quanto dice Freud che “non è lecito porre la percezione della coscienza al posto del processo psichico inconscio che ne è l’oggetto”).

“Freud qui sostiene con grande chiarezza che la sola cosa di cui siamo immediatamente certi coscientemente è la percezione di noi stessi .si vedrà come qui stia il fondamento sia dell’errore scientifico del sovrapporre alla realtà del paziente - che dice quel che percepisce di sé e dunque afferma una cosa certa - una qualsiasi “teoria”, sia della necessità di una teoria che sia “ psicoanalitica”, che tenga cioè conto di questo dato, sia infine come qui sia dato- da un punto di vista squisitamente teorico - un fondamento della pratica analitica. E non un fondamento qualsiasi : un fondamento dell’analisi del transfert
Infatti , se l’illazione in base alla quale noi supponiamo che gli altri abbiano una “coscienza” come la nostra è appunto una illazione e se la percezione del mondo esterno è soggetta alla rettifica kantiana [1], lasciando la realtà degli altri in uno statuto di inconoscibilità difficile da risolvere, ciò che è immediatamente certo è il dato della nostra coscienza personale e della sua percezione. Se non confondiamo la percezione interna e i suoi dati con la realtà psichica cui si riferiscono, possiamo delimitare un campo di osservabilità che riguarda specificatamente quel che noi percepiamo di noi stessi. E’ su questo campo di osservabilità che si può esercitare il metodo delle libere associazioni, su questo campo cioè si può, in ambito clinico, studiare gli effetti della regola dell’attenzione fluttuante. Sarà essa che ci consentirà di rilevare quel che manca al discorso associativo del paziente e di indovinare ciò che provoca questa mancanza
Per far ciò, naturalmente, è necessario che la linea non sia disturbata e che il ricevitore funzioni, ossia che l’analista abbia superato le resistenze proprie al riconoscimento dell’inconscio.” (pagg.134-5). Qui Freud indica chiaramente l’importanza della percezione interna dell’analista come base fondamentale per la comprensione dell’inconscio del paziente (v. Musatti: esame del candidato).
Da questo ne deriva che “ la teoria psicoanalitica non può essere - per essere psicoanalitica- che una teoria basata sull’esperienza vissuta perché con essa il pensiero astratto intrattiene una relazione significativa. Come si vede, questo problema della relazione “significativa” tra parole e dati della percezione interna è un problema centrale.” (Pag.139) [2].

Ora “la percezione interna insegna una differenza di base rispetto a tutti gli altri individui : solo nei riguardi di sé stessi è possibile avere la certezza di ciò che si sente” (pag.146).

Allora il delimitare un campo di osservabilità che riguarda specificatamente quel che noi percepiamo di noi stessi e su questo campo esercitare il metodo delle associazioni libere e dell’attenzione fluttuante fa cogliere l’importanza dell’affermazione di Freud quando va a sottolineare che la comunicazione che consente l’opera dell’analista è quella tra Inc-Inc .
Qui Semi (pag.159-160) ricorda il passo di Freud: “Come il ricevitore (del telefono) ritrasforma in onde sonore le oscillazioni elettriche della linea telefonica che erano state prodotte da onde sonore, così l’inconscio del medico è capace di ristabilire a partire dai derivati dell’inconscio che gli sono comunicati, questo stesso inconscio che ha determinato le associazioni del malato”.
Eccola qui - continua Semi- la comunicazione Inc-Inc. Ed ecco qui l’importanza della osservazione freudiana. La percezione dell’analista ha una via aperta verso l’inconscio e dal suo inconscio - se l’analista ha dimestichezza, ossia ha vie sufficientemente libere con il proprio inconscio - può arrivargli la comunicazione del paziente. Il percorso successivo è quello che dal sistema C dell’analista porta al sistema C, a quello Prec e a quello Inc del paziente. Percorso più accidentato, tuttavia la terapia analitica è fondata sull’influenza del C sull’Inc, e mostra comunque che tale influenza, per faticosa che sia, non è impossibile ( Freud, 1912,pag.78)

In conclusione non è da poco la questione del che cosa significa affrontare il metodo psicoanalitico di Freud applicato al compito teoretico e di quello del metodo psicoanalitico applicato al compito teorico, a sua volta finalizzato da una parte ad una costruzione necessaria, dall’altro alla scoperta di fenomeni e processi psichici (pag.209).
“La questione relativa alla teoresi è stata vista in lungo e in largo, ma val la pena di riassumerla (e, per la verità, penso che varrebbe anche la pena di ri-assumerla, cioè di rifarla nostra, di costituirla come un punto forte del metodo psicoanalitico).
Oltre alle preoccupazioni di metodo che sono conseguenti alla posizione scientifica generale di Freud, quella ricordata più sopra, esistono problemi specifici alla psicoanalisi.
Noi (noi psicoanalisti, intendo dire) possiamo costruire una teoria psicoanalitica solo se la nostra è una teoria psicoanalitica, una teoria dunque che riconosce sì la necessità di far propri i modi di pensare del sistema attraverso il quale intende rappresentare la totalità dell’attività psichica, ma appunto per cercare di rappresentare la totalità dell’attività psichica .

Dev’essere dunque una teoria sessuale, attraversata dal desiderio che collega il presente al passato per ritrovare un oggetto soddisfacente nel futuro, perché essa deve rappresentare, nel senso politico del termine, a livello del sistema C un qualcosa, la pulsione, che dona la forza propulsiva perché l’attività psichica sia tale. E poi questa teoria dev’essere anche una teoria espressa in modi che raffigurino la complessità dell’apparato , la contraddittorietà, la pluralità e la conflittualità che gli è propria e che costituisce la base per l’effetto cosciente che chiamiamo “scelta”. E, se vuole essere una teoria rigorosa, deve cercare di essere costruita prescindendo dall’usare un sintomo (la consapevolezza) come punto di riferimento.

Dev’essere poi una teoria incompleta, non nel senso di incoerente o di “rivolta solo ad una parte delle attività psichiche” ma in quello più drammatico della rappresentazione di una condizione umana che è tale solo perché tollera il fallimento del progetto narcisistico , solo perché considera fondamentale il passaggio per la sperimentazione dell’angoscia di castrazione . In questo senso, la teoria psicoanalitica deve poter riflettere la tensione narcisistica verso il ritorno alla completezza usandola per ottenere effetti di coerenza che sono necessari al sistema C ma deve anche poter riflettere la dimensione vitale dell’imperfezione.
Dev’essere oggigiorno una teoria riconoscente, infine, nel senso di contemplare al proprio interno gli apporti delle generazioni precedenti, trasformandoli alla luce della costruibilità di nuove impalcature.
Infine, dev’essere una teoria consapevole di essere tale e dunque di segnare con la sua stessa presenza la distanza radicale che corre tra essa e l’esperienza e, ancor più, tra essa e la realtà. La realtà è di per sé impensabile.
Proprio per questo, dev’essere una teoria che stabilisca relazioni significative con l’esperienza” (pag. 209-210).

Semi, in un altro contesto, ricorda come la teoria sia una nostra necessità, non solo una propensione individuale.
E viene a ricordare che ciò che veniva a ripristinare Freud in quanto essere umano, dopo l’usura provocata dal contatto prolungato con l’inconscio dei pazienti, era la possibilità di compiere quell’esperienza reintegrativa che è costituita dal pensiero teorico.

Note :

[1] E’ la famosa analogia che Freud compie tra la psicoanalisi e la “rettifica” di Kant: questi ha dimostrato che non si può trascurare la soggettività della percezione e non si può confondere il percetto con l’oggetto, che è di per sé inconoscibile , la psicoanalisi insegna che non si può confondere ciò che la coscienza percepisce del proprio mondo interno con la realtà di questo mondo, il quale ultimo è però meno inconoscibile di quello esterno ma resta pur sempre inconscio (pag.133).

[2] “ In un certo senso tutti gli scritti della Metapsicologia altro non sono che una ricerca del quando si possa dire che una relazione tra un costrutto e un’esperienza sia significativa “ (pag.144).


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