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PSYCHOMEDIA
TERAPIA NEL SETTING INDIVIDUALE
Psicoanalisi in America Latina



Trasformazioni in allucinosi /trasformazioni in O. Considerazioni sull'esperienza clinica e descrizioni nel cinema e nella letteratura

di Claudio Castelo Filho
Traduzione di Livia R. Greco


I

Nel film Ludwig di Luchino Visconti, c'è un passaggio molto interessante che ha a che vedere con gli eventi che cercherò di affrontare in questo lavoro. In questo passaggio, Ludwig, re della Baviera, assiste ad una rappresentazione teatrale, non visto dal palchetto reale. Egli è l'unica persona nella platea, in una rappresentazione esclusiva per la sua persona. Alla fine della rappesentazione, il re ordina di invitare l'attore principale della compagnia che aveva interpretato un personaggio eroico come Guglielmo Tell, per un incontro privato. L'attore s'incontrerà con il re nella Grotta di Venere, fastosa costruzione artificiale (opera del re) ispirata alle opere di Wagner (del quale Ludwig fu il grande mecenate) e alla mitologia nordica, che si trova nei giardini del castello di Lindenhof.
All'interno di questa grotta, dove c'è un lago artificiale con cigni bianchi, una piccola orchestra sta suonando musica di Brahms. L'attore si spaventa vedendo una barca a forma di cigno arrivare dal lago, a bordo c'è il re vestito con abbigliamenti scuri, avvolto in pelli, portando sul suo cappello nero, una scintillante e preziosa spilla di diamanti. L'attore comincia a fare innumerevoli riverenze man mano che il re si avvicina. Il re, nel frattempo, con sua sorpresa, lo guarda con indifferenza e non gli rivolge parola. La barca si accosta ad uno dei margine del lago, il re scende senza accennare nemmeno un gesto di avvicinamento verso l'attore, che rimane sempre di più perplesso, pensando che forse venisse trattato in quel modo perché non era stato sufficientemente rispettoso e servizievole, passa ad eccedere sempre di più nelle riverenze. Il re tuttavia sembra reagire con ancora più disprezzo. Butta ai cigni dei pezzi di pane e si ritira senza dire una sola parola, manifestando intanto chiaramente, un profondo sdegno. Il giovane attore resta stupefatto, senza niente comprendere. Nel vederlo perplesso, uno dei valletti del re, si avvicina all'attore e gli dice che se lui volesse avere un'opportunità di stabilire "qualcosa" con il re, dovrebbe riconsiderare il suo modo di agire. Il re non era interessato all'uomo, ma all'attore. Lui voleva incontrarsi con Guglielmo Otello, Didier, Romeo, o qualsiasi altro personaggio eroico e romantico. Gli suggeriscono che nell'incontrare il re, che lo stava aspettando per una cena in privato, che si presentasse con uno di questi personaggi. In seguito vediamo nel film, la cena con il re, dove l'attore, racconta e recita costantemente al re estasiato, passaggi eroici del suo repertorio. Il re approva con una favolosa ricompensa, un prezioso orologio d'oro e diamanti.
C'è un nuovo piano e vediamo un attore esaurito, senza più forze, in mezzo ad un lago della Svizzera dove lui e il re stanno viaggiando (da alcune settimane attraverso l'Europa, visitando tutti i posti dove hanno vissuto i personaggi prima nominati).
Il re insiste che l'attore continui la sua interpretazione " Sia Didier ! Solo un'altra volta".
Al che l'attore risponde che non potrebbe più, che era completamente esaurito, che impazzirebbe se continuasse così. La relazione dei due, se questa situazione si potesse chiamare "relazione" dal vertice della verità psichica, termina qui.
Il suntuosissimo e bel film di Luchino Visconti, con Helmut Berger, Romy Schneider e Silvana Mangano, racconta la storia di Ludwig II di Baviera, durante la Seconda metà del secolo XIX. Ludwig fu una specie di re visionario eccentrico e impazzito. Fu pochissimo legato agli affari dello Stato e del Governo. Aveva orrore dei suoi obblighi come sovrano (e legato ai vantaggi di esserlo). Avrebbe voluto essere il sovrano di una specie di regno di racconti di fate, dove l'arte, la gratificazione, la fantasia e la sensualità avrebbero predominato su tutte le cose.
Fu Ludwig che patrocinò in maniera decisiva la carriera di Richard Wagner e finanziò la costruzione del famoso teatro di Bayereuth.
Ludwig, si è dedicato anche a costruire castelli che dessero consistenza al suo stato allucinogeno di vivere in un regno mitologico. Egli costruì i suntuosissimi palazzi di Heremchiemsee e Lindenhof in pieno stile neobarocco ultra esagerato, e inoltre letteralmente il fantastico e famoso castello de Neuschwanstein ( che ha ispirato in seguito, nei films di Disney, la concezione del castello della "Bella Addormentata " e di "Cenerentola"). Il re non voleva sapere della realtà e della responsabilità quotidiana di un sovrano e della politica dell'epoca. Voleva vivere nel mondo che lui desiderava che esistesse. Siccome lui era re e ricco, può dare sostanza a questa fantasia. Il problema è che la realtà finisce sempre con l'imporsi e non ci sono risorse umane che siano sufficienti per affrontarla, lottare con essa, anche se questi sono le risorse dei re (Maria Antonietta e le sue dame di corte sono un altro tipico esempio).
Durante il regno di Ludwig scoppiò la guerra franco-prussiana, che terminò con l'egemonia della Prussia su tutti gli stati tedeschi, con la formazione dell' impero tedesco.
Di fronte a tutte le complicazioni del governo, il sovrano si allontana ogni volta di più dalla realtà e si rifugia nel mondo che lui aveva "costruito". Finisce deposto e internato come malato mentale nel piccolo castello di Berg. Poco tempo dopo, in una uscita per passeggiare con il suo medico, sparisce. Fu trovato morto insieme al medico, nelle acque del lago dove si trova il Castello, "annegato" in mezzo metro d'acqua, una morte che è rimasta misteriosa, poiché non si è mai saputo se si fosse trattato di un crimine politico approfittando della situazione d'interdizione giudiziaria del re o se fu assassinato seguito da suicidio.
Si può dire che questo film tratta in gran parte il tema dell'allucinosi, delle trasformazioni in allucinosi (Bion in Trasformations e in Attention and Interpretation) e della pazzia. Tema di interesse di questo lavoro.
Ho iniziato questo lavoro raccontando direttamente la situazione del film, poiché penso che sarebbe più utile per il lettore entrare direttamente in contatto con l'evento e poter accorgersi dalla esperienza descritta esteticamente da Visconti (trasformata, tuttavia, dalla mia versione e lettura del film) anziché riferirmi alla terminologia psicoanalitica e cercare allora di descrivere cosa significa per me. Non introducendo in maniera molto diretta quello che pretendo affrontare, ho la speranza di poter compromettere meno la mia comunicazione con le idee che già esistono su questa terminologia. Pur evitando in quello che mi è possibile, definizioni e spiegazioni che potessi cercare di dare (ci sono abbondantemente nella letteratura psicoanalitica), usando la descrizione estetica ad hoc [no lugar] che può eventualmente diventare più chiaro di quale eventi si tratta, nel mio modo di intendere.
Un altro passaggio della stessa qualità è nel romanzo "Guerra e Pace" di Tolstoi. La Russia viene invasa da Napoleone. Lo zar, persona di bella presenza, ma di debole condizione mentale, venne ritirato strategicamente dal fronte dai suoi generali e portato a Mosca con il pretesto che la sua presenza fisica nella antica capitale dell'oriente, avrebbe elevato il morale della popolazione e avrebbe potuto raccogliere risorse per la campagna. Il popolo di Mosca si scompiglia per la venuta dello zar. Ci fu un delirio di una moltitudine davanti al palazzo. Lottano con pugni e schiaffi, per briciole cadute da un biscotto che lo zar stava mangiando quando esce sul balcone per vedere la moltitudine. I nobili riuniti in un salone erano in un stato di grazia, praticamente in trans, per avere incontrato il sovrano. Quando il sovrano si presenta nella sala, tutti sono confusi dalla emozione, addirittura iniziano a piangere solo per il fatto di vedere una figura così maestosa e favolosa. Gli promettono cielo e terra. Centinaia di servi da arruolare nell'esercito, migliaia e migliaia di rubli, divise ecc.. Compromettendosi con tutto questo. Lo zar va via e il giorno dopo quei nobili signori si svegliano domandandosi perché hanno fatto tutto quello e molto angosciati, nel pensare al modo in cui si dovevano impegnare e con i debiti che avevano fatto, come si farà la raccolta, ecc.., dato che, in quel momento successivo non riuscirono più a capire come sono arrivati a fare tutto quello che hanno fatto e per chi, il giorno precedente.
Queste, sono utile descrizioni di stati allucinogeni che non corrispondono a quello che si chiama allucinazioni per gli psichiatri. Sono descrizioni , di quello che sono, a mio parere, trasformazioni in allucinosi come ha proposto W. R. Bion in Transformations e Attention and Interpretation.

Mi propongo qui di commentare un poco della mia esperienza clinica su quello che si riferisce alla necessità dell'analista di lavorare, come propone Bion nelle sue conferenze a San Paolo, sulla necessità di considerarsi non quello che l'analizzando non sarebbe in quel momento capace di vedere quando sarebbe "allucinato", ma quello che egli è capace di vedere e che l'analista non sarebbe in quel momento capace. Nelle pagine 46 e 47 egli fa la seguente narrazione:" Supponiamo che stiamo osservando una partita di tennis, guardandola [mentre la guardo] sotto un oscurità che aumenta. Diminuiamo l'intensità [Attutiamo] della illuminazione e della luce intelectuais [intellettuali], scordando l'immaginazione o la fantasia o qualsiasi attività coscienti: primo, perdiamo di vista i giocatori e, così, aumentiamo gradualmente [aumenta] l'oscurità fino a che [al punto] solamente sia visibile [si vide] la rete. Se riuscissimo a fare questo, sarebbe per noi possibile vedere l'unica cosa importante visibile per [ a] noi, è una quantità di buchi riuniti insieme, in una rete. Allo stesso modo [momento] avremmo potuto vedere un insieme di buchi lavorati con i ferri uniti [lavorati a ferro]. Freud descrisse qualcosa di questo genere, ma riferì che il paziente aveva una fobia che lo impossibilitava di utilizzare le calze. Suggerisco che il paziente non aveva una fobia per le calze, ma poteva vedere che quello che Freud pensava fossero calze in realtà erano un insieme di buchi lavorati con i ferri ed uniti. Se questo è giusto, il termine "fobia", in analisi classica, non fa giustizia all' estrema capacità di osservazione, naturale in certi pazienti."
In questo brano, oltre che mettere in guardia gli analisti dalla loro superbia e disprezzo per i pazienti, Bion toglie la psicoanalisi definitivamente dal campo medico e dalla ricerca della cura. Ma l'aspetto che realmente è importante lì, è la necessità dell'analista di poter lavorare e esperire il campo delle trasformazioni in allucinosi. Di vivere quello che si potrebbe chiamare allucinazione per uno psichiatra, o più propriamente, di potere sperimentare trasformazioni in O, che sarebbero l'equivalente delle trasformazioni in allucinosi fatta per i "cosiddetti " pazienti. Solo così l'analista potrebbe essere in com-un-ione ( la mia traduzione per at-one-ment che Bion utilizza in Attention and Interpretation) con la situazione che si sviluppa nella sala e con la "mente" del paziente come egli ben sviluppa nel libro che ho appena citato nella parentesi.
Il vantaggio da parte dell'analizzando, avverrebbe quando anche questo, a sua volta
potesse pensare quello che l'analista riesce a "vedere"( corrispondendo a una esperienza di allucinosi, ma usata per fare un pensiero/sogno, non un'allucinazione) e che egli (l'analizzando) non stesse potendo avere accesso.
Usando come modello - senza intanto voler dare nessuna connotazione religiosa - l'analista avrebbe un esperienza di vita equivalente ad un medium, che sarebbe capace di visualizzare ( principalmente visualizzare ) e eventualmente udire, presenze che stanno in sala, ma che sono o stanno, a non essere quando "visualizzate", captate, per l'analista, invisibili, inodore, intoccabili e inudibili, come spiriti che aspettano qualcuno che gli dia voce ( l'analista userebbe la sua parola, per parlare per lo "spirito", ossia, lo "spirito" userebbe l'analista per parlare al posto suo), o che chiamasse l'attenzione del suo paziente per accorgersi di loro. E qui, sarebbe di utilità soltanto quando l'analizzando anche li "vedesse", o li esperienziasse ( trasformazioni in essere - "O" ), non che rimanesse solo nell'averlo saputo o nell' averlo sentito dire riferito a loro, quando questo fosse possibile. Si può anche dire, che l'analista dovrebbe vedere, lo "spirito" che starebbe "attaccato" al paziente e che quest'ultimo non si rende conto ( come penso che il paziente di Freud, riferito da Bion, non sapeva che vedeva quello che stava vedendo, cioè i buchi sferruzzati uniti). Mi ricordo qui di un documentario in video che vidi con la scrittrice/poetessa Adélia Prado, dove lei commenta, che ogni autore è più grande che la sua opera, l'opera non vale un granché, è un inganno. Che Carlos Drummond de Andrade, la sua persona, era una cosa insignificante paragonato alla sua opera. L'opera di Drummond era molto più grande di lui. Che il poeta e o lo scrittore, sarebbe appena il veicolo dell'opera, il veicolo dell' espressione di qualcosa che lui capta e esprime - ma che è lì e prescinde dal proprio poeta, che parlerebbe la Verità e che capterebbe e intuirebbe, a mio parere non corrisponde a quello che Bion chiamò trasformazioni in O, o quando egli dice che i pensieri hanno bisogno del pensatore, le bugie no.

Passo a raccontare una situazione clinica, per esporre come utilizzo queste idee nella mia pratica

Uomo di affari nella industria, con quattro sedute settimanali, da alcuni mesi in analisi.

Entra, si lascia cadere e dice che "oggi" era una di quelle giornate in cui sarebbe molto più facile se avesse qualcosa da dire, che cominciassi io a parlare di qualcosa, dato che lui non ha niente di valido da volere parlare. Dice che gli passano per la testa una serie di eventi che sono successi ma che non ritiene suo interesse riferire o occuparsi di nessuno di essi. Intanto, nel dire che non si interessa di questi assunti, cominciò ad enumerare e riferire quali essi fossero....
Parla, annoiatamente, che stava conversando con un collega di lavoro dove è socio. - In verità, qualcuno della famiglia della ex-moglie è che aveva comprato delle azioni di questa impresa e collocati a suo nome. Con la sua separazione, rimase in una situazione confusa. L'incarico che occupa nell'impresa si deve non solamente alla sua riconosciuta capacità nel servizio, ma anche in modo considerevole alle azioni che "sarebbero" sue. Egli rappresentava i suoi interessi e dei suoi ex-familiari che a loro volta non lavorano nella industria. Siccome le azioni non sono più "sue", egli si trova in un dilemma: se potrà o non ricomprare queste azioni, se avrà capitale per tanto, se potrà o non continuare in questa organizzazione - pertanto, egli è, in questo momento, un socio "falso" in una situazione sui-generis. - Questo collega gli avrebbe detto che il maggiore azionista della industria, che il paziente mai trovò di suo gradimento e con il quale ha sempre avuto una pessima relazione, stava tentando di approfittarsi della sua situazione complicata con le azioni della impresa per eliminarlo.
Dice che in altri tempi sarebbe rimasto angosciato e che avrebbe passato ore e ore a dire parolacce e pianificare vendette ( allo stesso modo che un bambino pianifica vendetta quando è frustrato da un adulto), ma che, intanto, è rimasto un poco indifferente quanto a questa cosa e non volle nemmeno sapere quale fosse stata la canagliata che l'azionista maggioritario avrebbe potuto fargli. Dice che anche stava pensando alla telefonata che la "moglie" ( che già era ex. da qualche tempo) gli fece, per andare alla festa di compleanno di uno dei tre figli che ebbe con lei, poiché i bambini vorrebbero tanto che lui ci fosse. Dice che questo non ha alterato molto il suo umore. Sembrava essere rilassato e tranquillo, non alterandosi per queste cose. Stava pensando, uscendo dal lavoro, che era una bel fine di pomeriggio, e pensò a chi egli inviterebbe per andare ad un bar per bere una birra, per fare una chiacchierata, dove potrebbe andare all'uscita dal lavoro, e che pertanto non aveva molto da dire qui ... (avendo parlato egli di tutto questo). Gli dico che quello che non sembrava che lui o io potessimo renderci conto, è che lui aveva scelto di venire qui e stare con me. Che egli stabiliva tutte queste opzioni di che cosa fare per non renderci conto che egli già aveva optato e scelto quello che realmente era di suo interesse e che egli non arrivava a vedere.
Egli si irrita un poco e dice che io vedo questo e lui rimane intrigato perché non riesce a vedere questo. Che non era la prima volta che io richiamavo la attenzione su questo e che lui non riusciva a vedere. Secondo lui, egli era lì perché aveva un impegno di trovarsi lì in quel giorno della settimana, e quindi veniva per l'impegno. Gli dico che non ha nessun impegno, che lì egli veniva per libera scelta, l'analisi era sua e quella sua intonazione blasé, era per non dare importanza. Egli ribatte che, io, a ogni momento, richiamavo l'attenzione su questo fatto affinché egli desse importanza sia all'analista che all'analisi .... Gli dico che io richiamavo l'attenzione su questo non per dare importanza alla mia persona o alla analisi, ma affinché egli potesse percepire questo aspetto di se stesso che lo ha portato fin lì, che dà importanza alla analisi, che ha un legame affettivo con l'analista, ma che lui non riconosce come un vissuto proprio, di se stesso. Silenzio. Sospira profondamente (alle mie orecchie in modo angosciato). Indago se il suo sospiro potesse essere tradotto. Egli ribatte in modo blasé e con disprezzo verso i possibili significati "psicoanalitici" per il suo sospiro, che era solamente un sospiro di stanchezza , poiché aveva fatto un'importante e complicata attività nel suo lavoro e stava sospirando per questo motivo e non per altro. Gli dico che quello che io sentivo parlare, era il grande signore che è come egli dovrebbe essere, non colui che voleva venire in analisi, per la quale egli non dà voce e orecchie. Chi stava parlando era il tale azionista maggioritario che non ascolta nessuno e che tratta tutti gli altri come cosa insignificante. Non era a me o alla psicoanalisi che egli stava trattando in questo modo, ma egli stesso, "egli" che volle venire in analisi, che egli considera di scarso valore e non vuole ascoltare, che egli stava trattando così. Ha in sé il gran signore come egli deve essere, blasé e arrogante che parlava così. Penso e gli dico che, questa volta, egli non alimentò [gonfiato] la polemica in riferimento all'azionista maggioritario della sua impresa, perché in qualche modo stava intuendo, senza rendersi conto, che l'azionista maggioritario con cui egli si scontra, è lui l'azionista maggioritario (dico il suo nome con il cognome del capo) che disprezza e tratta male (dico il suo nome con il cognome reale). Ha quello che egli dovrebbe essere, che disprezza quello che lui pensa che possa essere, sia quello che sia, non sia il "gran-signore", blasè e arrogante e insensibile, che lui dovrebbe essere. Considero che l'attitudine che lui ha con se stesso è la stessa che lui ha con il figlio illegittimo che egli sa che ha, sa che è suo, ma che resiste a riconoscerlo, vederlo e molto meno riconoscerlo come suo. E' un'attitudine sua con se stesso, che è espressa in questo modo concreto, sparpagliata per le persone e per gli eventi che lo circondano. Considero anche, che questo "FIGLIO" fu una specie di rivolta ( un atto mancato) suo verso se stesso, per come " deve essere", che ha attuato in questo modo di dire: Io nascerò, io sarò me stesso, io vado a rompere con questo cerchio di bugie e con questo teatro in cui mi sono messo - Voglio vivere, devo vivere l'unica vita che ho per vivere. Il paziente dice che sembra essere tutto questo, intanto, lui non arriva a sapere quello che sarebbe egli stesso. Anche se si spaventa di tutte le cose che io gli sto dicendo, ma non sa da dove ho preso tutte queste cose e, anche se sembra vero quello che gli sto dicendo, lui non riesce ad accorgersi che quello che ha è solo una sensazione del vero, ma non conosce ne percepisce più niente oltre questo. ( come il figlio non conosciuto e riconosciuto, ma che sa che è suo - fece un test di DNA privato, che gli confermò la probabilità del 99,99% che sia suo figlio).
Gli dico che quello che io facevo, era dare voce a qualcosa di suo che era lì nella sala, presente e che si manifestava, che io percepivo. Qualcosa che lui non udiva, non voleva udire e né riconoscere, che era " egli stesso" che fece uno sgambetto a quello che "doveva essere", producendo questo figlio, e che questo "egli stesso" lo porta fin qui perché così io gli dia voce - a " egli stesso" che egli non vuole ascoltare- allo stesso modo in cui egli si lamenta di non essere ascoltato dal tale big boss che " incarnerebbe" o " come egli dovrebbe essere".

Considero qui, che l'analista funziona come una medium, dando parola agli aspetti scissi e proiettati dell'analizzando, che a sua volta sembrano prendere possesso, perché non hanno riconoscimento psichico, né manifestazione psichica, in questi eventi e persone che circondano l'analizzando formando un vero "teatro" dove il paziente si relaziona con altre persone, che in verità incarnano i suoi aspetti negati, rinnegati e "splitados" [ESPULSADOS ?] (identificazioni proiettive e trasformazioni in allucinosi)
L'esperienza che qui sto considerando, è praticamente "vedere" gli aspetti dissociati, l'ANIMA del paziente che egli avrebbe perduto o mai incontrato, come un fantasma nella sala, a chiedere che una mente potesse percepirli e dargli riconoscimento e voce.
Non è qualcosa che si arriva per montaggi intellettuali o ragionamenti, ma è qualcosa che si esperisce, che si "vive", in contatto con l'allucinosi. Questa come ha segnalato Bion, solo si rende accessibile con la disciplina di allontanare memorie e desideri di comprensione, intendimento, cura, teorie di tutti i generi, lasciando i sensi disostruiti per potere captare quello che si evolve nell' esperienza in corso nella sala. Rimanendo nell'oscurità per poter percepire qualche lampeggiamento di luce che si possa presentare.
Pensando al film Piccolo Buddha di Bertolucci, considero che si potrebbe usare come modello, la situazione espressa nel film dove tre differenti bambini sarebbero manifestazioni di reincarnazione di un defunto Dalai Lama del Tibet. L'anima del Lama essendo reincarnato in tre differenti persone, usando questa situazione per esemplificare quello che io avrei "visto": il paziente descrive la sua "anima" o gli aspetti di se stesso che sono "incarnati" nelle situazioni, oggetti e persone che lo circondano, senza riconoscere che la maggior parte dei conflitti che lui sta vivendo in profondità sono "personificazioni" e messinscene dei suoi conflitti interni, di lui con se stesso, che hanno bisogno di essere personificati, sceneggiati, agiti - per non incontrare uno spazio intimo per essere sperimentati e vissuti come esperienza soggettiva.


Claudio Castelo Filho

Membro Effettivo della Società Brasiliana di Psicoanalisi di San Paolo
Alameda dos Guainumbis, 920
04067-002 San Paolo, S.P.
Telefono (011) 533-5315
e-mail claudio.castelo@uol.com.br


RIASSUNTO

In questo lavoro l'autore utilizza episodi di due film (Ludwig di Luchino Visconti e Il piccolo Buddha di Bernardo Bertolucci) e del libro Guerra e Pace di Tolstoi per esplicitare attraverso le esperienze estetiche, le sue realizzazioni sulle idee di Bion su Trasfoemazioni in Alucinosi e Trasformzioni in "O". Confronta l'esperienza di osservazione e captazione dei fenomeni in corso nella sala di analisi [terapia] a quella di un medium spiritico, senza, intanto, voler dare connotazione
religiosa metafisica, a questa esperienza. Riferisce [Narra] una situazione clinica dove cerca di esplicitare l'uso delle sue realizzazioni nella pratica del consultorio.


Bibliografia
1. BION, Francesca, ed. (1992). Cogitations: Wilfred R. Bion. London: Karnac Books
2. BION, W.R. (1956). On Hallucination. Int. J. Psychoanal., 39: 341-9, 1958.
3. ________(1967). Estudos psicanalíticos revisados (Second Thoughts). Rio de Janeiro: Imago, 1988.
4._________(1967). Notes on memory and desire. In: LANGS, Robert, ed. Classics in psycho-analytic technique. New York: Jason Aronson, 1981. pp 259-60.
5.______(1975) Conferências Brasileiras 1 - São Paulo, 1973. Rio de Janeiro, Imago Editora Ltda.
6.______ (1977). Seven servants, four works by Wilfred R. Bion: Learning from experience; Elements of psychoanalysis; Transformations; Attention and interpretation. New York: Jason Aronson.


P. S.
Paziente di circa 40 anni, da molti anni in analisi, va prendendo coscienza che ha vissuto una specie di situazione con suo marito che si configura più come un'imitazione di quello che sarebbe un matrimonio piuttosto di quello che è di fatto. Percepisce il marito come un perfetto estraneo, egli non è quello che lei vorrebbe che fosse e che, in un certo modo ha sempre saputo che non era (ore prima di sposarsi, molti anni fa, ebbe una crisi di angoscia, chiese al padre che la tirasse fuori da quella situazione, il padre l'ha appoggiò completamente nel caso che lei avesse voluto desistere, ma lei proprio sente che si affrettò e investì in quello doveva essere, che le cose sarebbero quelle che dovevano essere.
La relazione è stata molto sofferta. Lei descrive una continua divergenza tra sé e il suo compagno, poiché mai corrispondono a quello che uno si aspetta dall'altro. Nella seduta alla quale mi sto riferendo, la paziente è molto angosciata per le conseguenze di tutto questo, ha paura su che cosa fare, nel caso in cui si separasse. Il marito ha completamente trascurato il dovere di onorare i suoi impegni ( incluso il pagamento della scuola dei figli, le bollette in banca, ecc.). Descrive la relazione con il "marito" in un modo sempre pieno di sofferenze, frustrazioni e reciproche accuse. Il marito, secondo la sua descrizione, ha vissuto come se fosse un principe, credendo che il nome della sua famiglia e i titoli accademici che ha conseguito lo dispenserebbero dal lavorare. Che attualmente la sua fama lavorerà per lui. Che si disponeva a lavorare molto e a guadagnare molto denaro, quando era per comprare automobili di lusso, appartamenti suntuosi e viaggi stravaganti. Considera, intanto, un assurdo, dover lavorare per pagare i conti del supermercato, della scuola, le cure mediche ...- Dico alla paziente, che uno dei fattori che a mio parere la lasciano così legata a una situazione che lei descrive come piena di angoscia e tormenti, è la soddisfazione erotica di natura sado-masochista che lei trarrebbe da questa situazione. Soddisfazione che non riuscirebbe ad ottenere in un altro modo. La paziente dice che l'unica volta che riuscì ad affrontare il marito ( rischiando di rompere il "compromesso" che avevano stabilito) ed esigere da lui qualcosa in modo diretto, fu dopo un mese di luna di miele, quando lui pensava che era imbattibile a letto, ma in verità lei non sentiva niente, nessun piacere. Gli disse che lei poteva sopportare tutto, meno di non avere piacere, che lei doveva aver piacere e, allora lei gli disse a chiare lettere, che lui doveva cambiare alcune cose, poiché in quel modo, senza piacere, lei non sopporterebbe. Sembra che lui si sentì costretto, ma cambiò il suo modo di funzionare, visto che in questa area, sembra che lui arrivò dove lei voleva. Fino a che lei iniziò a sentirsi molto angosciata quando si rese conto che solo questo, di fatto non le bastava. Tuttavia, ha paura di rompere il rapporto e restare senza questo ( allo stesso tempo, non è riuscita a mantenere la relazione basata solo sulla soddisfazione erotica - resta molto angosciata nel sentirsi un oggetto di uso sessuale. Si sente umiliata e disgustata tutte le volte che fanno sesso.
Fino a poco tempo fa, nutriva la fantasia che se facesse sesso, tutto il resto poteva essere perdonato. Per loro i litigi, le discordie e le offese potevano essere ignorati se facevano sesso- adesso, non riesce più a fare sesso senza sentire che si fa una violenza). Le dico che in tutta questa situazione, non c'è un uomo e una donna. Che la relazione, se si può chiamare relazione, era tra un pene e una vagina, se non di un pene, con un clitoride, bastone con vulva, bastone con bocca, bocca con vulva, bastone con ano, ossia bastone con culo, bastone con fica, non di uomo con una donna, non di persone adulte. Le persone, l'uomo e la donna, sarebbero appena ciondoli, specie di accessori inopportuni al bastone e alla fica, cose che disturberebbero la relazione soddisfacente tra questi organi. Che lei e il "marito" si sarebbero identificati così: un bastone, con un uomo, un appendice, il resto della persona, disprezzata e che disturba. E lei, una vulva, una fica, una bocca, un ano, con una donna accoppiata, dalla quale lei non riesce a liberarsi e che vive disturbando i primi.
La paziente dice che per quanto questo le sembra pazzia, che lei sente che sarebbe proprio così come io starei descrivendo.

Traduzione dal portoghese di Livia R. Greco



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