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PSYCHOMEDIA
TERAPIA NEL SETTING GRUPPALE
Psicoterapia di Gruppo



Da una visita di medicina dello sport all'offerta di una psicoanalisi del gruppo familiare

di Michele Trevisanato*



(lavoro presentato il 3 Marzo 2001 nel corso di una giornata di discussione di casi clinici organizzata dall'IIPSA di Venezia )

Questo lavoro si propone di illustrare le modalità con le quali all'interno di un servizio pubblico di medicina dello sport è stato possibile proporre ad un ragazzo che si era sottoposto ad una visita medica “di routine”, ed alla sua famiglia, di accedere ad un setting analitico del gruppo familiare nello stessso servizio, e con lo stesso medico visitatore nel ruolo diverso di psicoterapeuta.
Oltre che per il contesto inusuale nel quale questa proposta era maturata (un servizio che normalmente offre esclusivamente prestazioni di tipo sanitario), il caso proposto offre spunti interessanti per una riflessione su una delle questioni cruciali nel lavoro all'interno dei servizi pubblici, vale a dire sul come avvenga il passaggio dalla richiesta formulata esplicitamente dall'utente, alla esplicitazione della domanda implicita della quale l'utente stesso è portatore; e conseguentemente sul tipo di offerta (preventiva o terapeutica) fatta dal servizio.
Tale percorso implica l'operatore e l'équipe nel lavoro di indagine, per la formulazione di una ipotesi, con valenza operativa, sul materiale latente al quale la richiesta esplicita dell'utente soggiace (1).
Vediamo adesso il racconto e le osservazioni sul caso.

Si presentò al servizio dove lavoro un ragazzo di 16 anni, di nome Domenico, per sottoporsi agli accertamenti e alla visita medica previsti per ottenere l'idoneità a praticare sport agonistico (in particolare lui praticava la disciplina di lotta greco-romana).
Quando entrò nel mio studio per la visita cominciò a farmi tutta una serie di domande
relative al fatto che aveva una statura inferiore alla norma per la sua età, una taglia corporea ed una massa muscolare a suo dire scarse, e che era sempre molto ansioso.
Mi chiese anche se non fosse opportuno che facesse gli esami del sangue per vedere se aveva qualche disfunzione endocrina, ed eventualmente che prendesse degli ormoni per aggiustare la situazione.
Mi disse anche che aveva cominciato a frequentare una palestra di body-building, e siccome mi parlava con molta dinsivoltura di ormoni ebbi la sensazione che fosse già stato, o fosse lì lì, per essere iniziato alla pratica del doping.
Ma la cosa che risaltava era costituita dalla pressochè esclusiva attenzione al corpo, a questo massiccio investimento sul corpo che lui faceva e dal quale però si sentiva in qualche modo tradito.
Tutto ciò poteva far pensare ad un problema di ansia confusionale nei confronti del pericolo di possibile dispersione e disgregazione nella propria identità, pericolo particolarmente avvertito in adolescenza quando naturalmente avviene la rottura del clivaggio tra la parte più integrata della personalità e il nucleo agglutinato (parte psicotica della personalità) (2).
Gli proposi di venire ad un successivo colloquio con me accompagnato dai suoi genitori, così, gli dissi, avremmo potuto parlare anche con loro delle questioni che lo angustiavano tanto, e pensare insieme come aiutarlo.
Infatti pensai che per comprendere al meglio la situazione e per fare una buona offerta terapeutica era opportuno fare un'osservazione del gruppo familiare, collocandomi cioè in un altro ambito di osservazione (da quello individuale a quello gruppale) (3).
Accettò questa proposta, ne parlò a casa, cosicchè venne al colloquio che avevo proposto accompagnato solamente dalla madre.
Il paragrafo che segue sarà interamente dedicato allo svolgimento del colloquio.

Chiedo come mai ci sono solo loro due, e non c'è anche il papà.
Mi dicono che in il papà li ha accompagnati in macchina e li attenderà all'uscita, ma non entrerà al colloquio.
Chiedo come mai, e la signora mi risponde che di Domenico si occupa sempre e solo lei, e che quindi è naturale che il padre non sia entrato.
Allora vado a precisare i motivi che mi avevano suggerito di invitarli a questo incontro, rappresentati dall'opportunità di approfondire l'insieme di preoccupazioni che Domenico aveva espresso nel corso della precedente visita medica, ed anche puntualizzo che la durata della nostra riunione sarebbe stata di un'ora e mezza (4).
Riferendosi alle difficoltà lamentate da Domenico per quanto concerne
l'ansietà, mi spiegano che sarebbero in relazione ad accadimenti familiari che non esitano a definire molto gravi, e che sono consistiti in un matrimonio molto travagliato contratto dalla sorella maggiore di Domenico, con nascita di un figlio che adesso ha circa tre anni, e con successivo rientro della donna con il bambino nella famiglia di provenienza.
Sarebbero quindi le vicissitudini di questa sorella, e i continui litigi tra questa e la madre, a dare molto dispiacere a Domenico e a farlo star male
Il loro nucleo familiare attuale è composto dal padre la cui età non viene precisata, dalla madre di 46 anni, dalla sorella maggiore di 26 anni, da un altra sorella di 18 anni, da Domenico, e dal nipotino.
Mi raccontano di essere originari di Enna e di essersi trasferiti ad abitare in provincia di Treviso soltanto tre anni fa, poichè il padre era rimasto senza lavoro ad Enna ed era venuto a lavorare appunto nel Veneto, dove la famiglia dopo un po' lo aveva seguito.
Non danno alcun peso a questo grave evento della loro storia familiare, anzi affermano che la loro famiglia non ha mai avuto particolari problemi, se non il matrimonio “ sbagliato ed il pessimo carattere della sorella maggiore.
Peraltro dalla cartella clinica di Domenico avevo attinto l' informazione che egli era nato in Germania, il che mi fa supporre che questa famiglia ha avuto una storia di emigrazioni molto antica con ripercussioni problematiche importanti, che Domenico e la madre negano come pure negano qualsiasi difficoltà familiare se non quella sopraddetta.
Mi colpisce molto il contrasto tra la pronuncia con accento spiccatamente siciliano della madre, e il dialetto veneto con perfetta pronuncia di Domenico.
Gli chiedo come ha fatto in soli tre anni a imparare così bene il dialertto della terra in cui è venuto a vivere.
Mi risponde che ha voluto dimenticare il più presto possibile tutto della Sicilia che gli faceva schifo, e che per qusto si è affrettato ad imparare il nuovo dialetto.
Aggiunge che, contrariamente a quanto io avevo affermato all' inizio, lui non ha nessun problema salvo quello di essere troppo basso e con poca muscolatura, e che a causa di questo non riesce a trovare ragazze che “ci stiano”, cosa che alcuni anni prima gli riusciva.
Dice anche che quando prova a “rimorchiare” qualche ragazza, questa gli risponde di andare a giocare con i bambini della sua età dal momento che non dimostra più di 12 anni, e che tutto l'aiuto di cui ha bisogno è che qualche medico gli presciva degli esami del sangue per vedere se ha qualche disfunzione e che comunque gli faccia prendere gli ormoni giusti per raddrizzare la situazione.
La madre si dice sorpresa di apprendere che Domenico ha queste preoccupazioni, riferendosi allo sconforto perchè non trova ragazze che si mettano con lui.
E d'altra parte riconosce di avere una certa preoccupazione anche lei per la mancata crescita corporea del figlio.
Cosicchè avverto a questo punto del colloquio che entrambi mi chiedono di riprendere il mio ruolo di medico e di provvedere alla prescrizione degli esami ed alla terapia farmacologica.
Ripuntualizzo che nel nostro incontro odierno ho il ruolo di coordinatore (con questo termine nella concezione operativa di gruppo si esprime la funzione svolta dallo psicoanalista nel corso del colloquio o della seduta;(5)), e che per gli approfondimenti clinici auxologici (cioè relativi ad eventuali deficit di natura endocrina) avrei parlato con un collega auxologo al quale li avrei inviati.
Tra me e me dubito fortemente che il ragazzo possa avere importanti deficit endocrini, ma l'invio a questo collega consente l'espletamento delle indagini che eventualmente risultassero effettivamente necessarie, ma soprattutto permette una discriminazione tra chi si occupa degli aspetti organici e chi si occupa degli aspetti psicologici della vita di Domenico e dei vincoli familiari che li sostengono (6).
Dopo aver comunicato l'invio al collega auxologo dico che ci resta ancora del tempo per parlare di Domenico e della loro famiglia.
Chiedo che cosa ne pensano di fare un altro colloquio anche con il padre presente, dal momento che, preciso, questo ci consentirebbe di comprendere meglio come funzionano le cose tra di loro.
Domenico si affretta a dirmi che il padre non sa parlare in italiano, che parla solo in dialetto siciliano, e che di conseguenza io non comprenderei nulla.
Ribatto: “non preoccuparti, questo eventualmente sarà un mio problema”.
E lui: “ma è un terrone di merda, non capisce niente, è rimasto con le sue idee giù in Sicilia”.
Segnalo: “come tuo papà è rimasto con le sue idee giù in Sicilia, tu sei rimasto giù di statura!”
Esclama: “è vero che in me qualcosa si è fermato!”
Ma subito dopo aggiunge: “ma non c'è problema, con gli esami del sangue e gli ormoni si rimetterà tutto a posto”.
Anche la madre si affretta a dire che in fondo quel che succede a Domenico è assolutamente normale e compatibile con l'adolescenza che sta attraversando;
a riprova di questo racconta come Domenico sia molto ambizioso nel vestire tanto che lei deve dargli dei soldi all'insaputa del padre perchè si possa comprare dei vestiti
di moda tra i ragazzi.
Come osservatore, a questo punto del colloquio, rilevo un'intesa molto intensa tra Domenico e la madre, con un sentimento dominante che a livello controtransferale percepisco come “appiccicosità” (7), che mi fa pensare ad un Edipo strutturato come organizzazione difensiva nei confronti delle angosce di base e dell'ansia confusionale,
relative al pericolo dell'irrompere nella scena di parti non discriminate nei loro vincoli familiari .
Chiedo come vanno le cose con il nipotino che vive con loro.
La madre (nonchè nonna) dice che va tutto bene, che il bambino si è molto legato a lei, e che è lei a occuparsi anche del nipotino.
Domando a Domenico se per caso non sente che questo bambino gli sta portando via un po' del suo rapporto privilegiato in particolare con la madre, dal momento che prima di questo nuovo ingresso in famiglia era lui il più piccolo.
Non mi risponde, ma interviene la madre dicendo che in realtà va tutto bene e che è naturale così dal momento che è lei in famiglia a doversi occupare di tutto e di tutti.
Le chiedo se pur essendo così brava non avverta un po' di stanchezza a dover essere sempre in prima linea.
Segue un silenzio, dopo il quale comunico che ci fermiamo col colloquio,
e che ci saremo rivisti dopo 15 giorni per continuare ad affrontare tutte queste questioni che mi pare si accompagnino ad una certa sofferenza in più membri della famiglia.
Preciso che l'invito è esteso anche alle altre due sorelle, ma che sarà fondamentale la presenza del papà il cui contributo mi pare necessario.

Veniamo ora a un breve commento finale su tale esperienza.
La mancata presenza del papà al colloquio configura una scissione nel gruppo familiare che di fatto si presenta diviso in due sottogruppi con i rispettivi leaders: madre e padre.
Questa struttura familiare dovrà essere “messa a fuoco” durante il successivo lavoro di analisi del gruppo familiare al fine di una più articolata diagnosi di situazione, cioè di una ipotesi operativa circa gli aspetti latenti gruppali in grado di produrre nel manifesto una configurazione scissa in due sottogruppi (8).
Da questo discende la sottolineatura finale sull'importanza della presenza del padre ai successivi colloqui.
Un altro aspetto ampiamente emerso nel colloquio è rappresentato dalla massiccia considerazione degli aspetti legati al corpo.
Sembrerebbe trattarsi di una modalità molto arcaica di tutto il gruppo familiare quella di esprimere tutti i conflitti e quindi tutti i significanti nell'area fenomenica del corpo.
Se si considera l'adolescenza come età di passaggio o di “emigrazione” dall'età infantile all'età adulta, non si potrà mancare di vedere nella mancata crescita corporea di Domenico l'emergente o portavoce(9)di tutto il gruppo familiare con le sue emigrazioni, le sue rotture, i suoi lutti e i suoi conflitti, situazioni alle quali è sempre mancato uno spazio di pensiero e di elaborazione.

*medico dello sport-psicoterapeuta

Bibliografia

1 - A.J.Bauleo-M.S.De Brasi--Clinica gruppale Clinica istituzionale-Ed. il poligrafo Padova 1994 Cap. La pratica psicoterapeutica nei servizi pubblici pag.57.

2 - J.Bleger - Simbiosi e ambiguità-Ed. Lauretana Loreto 1992 - Cap.III pag.121.

3 - J.Bleger - Psicoigiene e Psicologia istituzionale-Ed. Lauretana - Loreto 1989 - introduzione cap.1.2 pagg. da 51 a 57.

4 - J.Bleger - Psicoigiene e Psicologia istituzionale-Ed. Lauretana - Loreto 1989 - II parte cap.1 pag.221.

5 - A.J.Bauleo-M.S.De Brasi--Clinica gruppale Clinica istituzionale-Ed. il poligrafo Padova 1994. Cap. La nozione di gruppo pag.19.

6 - J.Bleger - Psicoigiene e Psicologia istituzionale-Ed. Lauretana Loreto 1989 Cap.1.4 pag.123.

7 - A.Bauleo - Psicoanalisi e gruppalità-Ed. Borla Roma 2000 Cap.V-Controtransfert- pag73.

8 - A.Bauleo - Psicoanalisi e gruppalità-Ed. Borla Roma 2000

9 - E.Pichon-Rivière - Il processo gruppale-Ed.Lauretana Loreto 1985Cap. Gruppi familiari.Un punto di vista operativo. Pag.101


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