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Sport e Psiche



La dimensione extravisiva nell’immersione subacquea

di Marina Luisa Gargiulo


Relazione presentata al Convegno "Psiche e immersioni" S. Vito Lo Capo 17-19 ottobre 2002



Premessa 

Queste riflessioni sono un prodotto indiretto dei miei studi e del mio lavoro come formatore nel settore delle tecniche di gestione dell’immersione non basata sulla vista, in quanto ho studiato e lavorato nel settore della didattica della subacquea con persone non vedenti e con istruttori che volevano apprendere come accompagnare sott’acqua una persona che non vede o come insegnargli a diventare un sommozzatore.
In questi anni ho avuto molti riscontri, soprattutto da parte di allievi istruttori vedenti, nei quali mi si diceva che gli esercizi di percezione non visiva, in maggioranza svolti con l'ausilio della benda o della maschera oscurata, e quelli di assistenza ed accompagnamento subacqueo svolti senza benda ma in coppia con un sommozzatore cieco od ipovedente, avevano un potere di “risvegliare” oppure “svelare” una dimensione fenomenologica e un particolare stato d’animo che normalmente in condizione di normovisione non viene percepito.
Così ho pensato di approfondire questo aspetto, in primo luogo meramente casuale, di formazione e riscoperta delle percezioni extravisive nell’immersione subacquea, per analizzare da un punto di vista della psicologia della percezione, la situazione dell’immersione, del perché questa attività sia così potente nello scatenare e risvegliare alcune dinamiche interpersonali, ma soprattutto intrapsichiche. Essendovi già una buona letteratura sulla deprivazione sensoriale in ambiente terrestre e sui suoi effetti, ho pensato che valesse la pena di soffermarmi un po’ a riflettere sulla condizione percettiva del sommozzatore e su alcune reazioni che sono state intraviste da più parti nell’odierno dibattito psicologico.
In occasione di questo lavoro di formazione e didattica legata all’handicap visivo, ho avuto modo di approfondire quanti e quali aspetti non visivi vi siano anche nelle immersioni del normale sommozzatore vedente ed ho approfondito la fenomenologia di questi aspetti percettivi extravisivi.

Un’ipotesi di partenza

Tra gli psicologi e gli psichiatri in questo periodo sta nascendo una piccola comunità di persone che tentano di riflettere sui significati sociali e interiori dell’attività subacquea, su cosa significhi immergersi e su cosa questo possa scatenare nelle persone che lo fanno.
Sembra proprio, leggendo e riascoltando ciò che i miei colleghi ed io andiamo dicendo e scrivendo, che la condizione dell’immersione possa condurre a una dimensione psichica che facilita l’isolamento e così potenzialmente anche l’introspezione e l’autopercezione. Gli psicanalisti sanno bene quanti significati simbolici e quanti e quali miti nella nostra storia, nei nostri sogni ed incubi, nelle nostre forze profonde siano legati direttamente od indirettamente al fondo del mare ed ai suoi simboli.
Altri meglio di me possono descrivere quei meandri e occuparsi dell’immersione da un vertice psicodinamico.
Io qui invece cerco di analizzare la situazione da un punto di vista percettivo e di dare una lettura basata non tanto sui contenuti e sui significati, quanto sulla condizione fenomenologica e percettiva del sommozzatore, analizzando quali tipi di informazioni egli ha a disposizione durante un’immersione e cercando di sottolineare la differenza con il tipo di informazioni a noi disponibili sulla terraferma.
Infatti, quando si allude alla particolare condizione soggettiva del sommozzatore non si può prescindere dall’analizzare ciò che i suoi sensi catturano ed in che proporzione le afferenze sensoriali durante un’immersione sono sostanzialmente differenti da quelle della vita sulla terra.
Come indicavo nella premessa di questo articolo, per caso, inducendo un azzeramento delle afferenze visive per motivi di training formativo, ho potuto studiare meglio le altre afferenze sensoriali che esistono durante un’immersione.
Ritengo che la particolare condizione di chi va sott’acqua lo porti ad accentuare le altre percezioni e che questa condizione sia il motivo della particolare valenza psicologica dell’immersione subacquea.

La dominanza percettiva visiva e la deprivazione sensoriale.

In psicologia della percezione si è giunti alla determinazione di un principio noto come “dominanza visiva” che si può descrivere in questo modo - Le afferenze sensoriali uditive, tattili, cinestetiche, olfattive, termiche, propriocettive, termoigrometriche sono in gran parte escluse dall’elaborazione cosciente dell’informazione tranne quando ci si trova in situazioni di deprivazione sensoriale visiva forzata o determinata da cause naturali.
In tutti gli istanti della nostra vita i nostri organi e recettori sensoriali sono bombardati da una quantità incommensurabile di informazioni che provengono da più parti; per quanto riguarda i classici cinque sensi (vista, udito, olfatto, tatto e gusto) le informazioni afferenti sono riguardanti modificazioni di vario genere che attengono al mondo esterno al nostro corpo.
Sempre parlando di esterocezione (percezione di eventi collocati all’esterno di noi) possiamo aggiungere ai classici cinque sensi di buona memoria scolastica anche le informazioni termiche ed igrometriche, cioè derivanti da spostamenti dell’aria e della sua pressione sulla nostra persona.
Una galassia percettiva ulteriore è rappresentata dalla propiocezione ossia dalla percezione delle nostre modificazioni interne rispetto all’esterno; informazioni posturali, di equilibrio, di bilanciamento del baricentro, di rotazione del corpo rispetto ad uno dei suoi assi o rispetto alla gravità terrestre, di contatto o di peso o pressione di parti del corpo contro altri elementi esterni, o di questi ultimi verso di noi, informazioni tutte che si basano su una serie di sensazioni a volte di tipo misto che derivano dal comparto vestibolare, da quello cerebellare, da quello muscolare tendineo ecc.
Abbiamo poi, per completare il quadro delle percezioni, la dimensione interocettiva (interocezione) che riguarda modificazioni ed eventi interni al nostro corpo, derivanti dalla muscolatura liscia interna, e da recettori dislocati in particolari punti dei vari organi ed apparati.
Pur essendo bombardati continuamente da tutto questo complesso e multiforme insieme di dati, noi possiamo essere consapevoli coscientemente solo di una minima parte di essi e ciò sia a causa delle limitazioni quantitative della nostra attenzione (la quale come una torcia per illuminare la notte, può colpire con il suo fascio solo una piccola porzione e se cambia soggetto deve spostarsi lasciando al buio quello precedente).
In secondo luogo noi facciamo una selezione a monte rispetto alla percezione di una parte di questi stimoli perché alcuni di essi rivestono un valore adattivo e pertanto l’organismo li considera più “convenienti” di altri.
Alcune aree percettive sono perciò pressoché continuamente presidiate e tenute sotto controllo in modo vigile. Altre invece sono quasi sempre ignorate e, attraverso un sistema di controllo non cosciente, sono sottoposte alla nostra attenzione solo quando accadono modificazioni molto grosse o considerate pericolose per l’incolumità psicofisica.
Ad esempio, noi non notiamo il contatto dei nostri capelli sul collo o sulle orecchie fino a che un bel giorno non decidiamo di tagliarli, per qualche minuto subito dopo averlo fatto, possiamo notare, per differenza, la sensazione di fresco, di vuoto e di mancanza dei capelli appena tagliati.
Gli studi di psicologia della percezione ci dicono che le informazioni le quali non vengono elaborate coscientemente e che pertanto non sono oggetto della nostra attenzione, non vanno perse o per lo meno non tutte e non subito, esse a volte si fermano solo per pochi secondi in una anticamera chiamata Registro Sensoriale (RS) che ne conserva una traccia fedelissima per pochi millesimi di secondo e che corrisponde più o meno al tempo di permanenza nel nostro sistema nervoso centrale, della modificazione biochimica derivante dalla stimolazione di quel recettore
Altre informazioni non vengono affatto cancellate, soprattutto se sono piuttosto durature ma concorrono inconsapevolmente alla creazione dei significati soggettivi delle situazioni.
Ad esempio, potremmo non accorgerci che l’aria in un certo ambiente sia un po’ viziata ma, in ogni caso, quel posto potrebbe non piacerci o ci potremmo sentire genericamente a disagio.
Nell’individuo normovedente circa l'80% delle informazioni percettive che vengono elaborate sono derivanti dal canale visivo. La modalità visiva ha un ruolo dominante e spesso giunge ad assorbire l'attenzione distraendola da altri canali sensoriali. Ciò ha un valore filogeneticamente adattivo, in quanto la vista si è rivelata più efficace di altri sensi nel controllo dell'ambiente e pertanto, essendo fondamentale per la sopravvivenza, è divenuta quella predominante su tutte le altre.
Gli studi condotti in condizione di deprivazione sensoriale visiva hanno però portato alcune importanti informazioni sulla percezione normale in quanto hanno consentito di valutare quanto i vissuti extravisivi siano quantitativamente e qualitativamente pregnanti, anche quando non sono consapevolmente elaborati dalla persona (subcezione).
é abbastanza conosciuto il fenomeno per il quale, se si benda una persona e la si mette in condizione di porre attenzione a ciò che percepisce, essa riuscirà a notare alcuni stimoli percettivi extravisivi che sebbene fossero presenti nel suo campo fenomenico anche in precedenza, venivano per così dire “offuscati” e coperti dalle percezioni visive alle quali precedentemente prestava la sua attenzione.
Così può notare e analizzare suoni, temperature, pressioni, vibrazioni varie che prima soggettivamente non notava. In alcune discipline si usa addirittura bendare le persone per educarle ad affinare la propria capacità percettiva extravisiva, quando ciò è funzionale al raggiungimento di uno scopo ben preciso.

Percezioni extravisive ed ambiente subacqueo

Anche sott’acqua, oltre che sulla terraferma, noi siamo portati ad analizzare e prendere in considerazione elementi di tipo visivo in modo predominante rispetto alle altre percezioni, ma ciò non significa che queste ultime non ci siano.
Gli studi sulla psicologia e sui vissuti delle immersioni, offrono numerosi spunti di approfondimento in questo settore in quanto, pur essendo questa una attività basata sul controllo e sulla conoscenza visiva, l’immersione è una esperienza nella quale le afferenze extravisive sono molte e molto forti anche se a volte queste non sono vissute consapevolmente.
Anche sott’acqua, le percezioni extravisive concorrono a costituire gli aspetti “non razionali” dell’esperienza e del suo vissuto.
La valenza introspettiva dell’esperienza subacquea, deriva dal fatto che questa ultima è ricca di stimoli percettivi di tipo non visivo, che pur non essendo riconosciuti immediatamente dal sommozzatore, incidono profondamente su di lui, dandogli la possibilità di vivere in una dimensione psicologica particolarmente adatta per l’attuarsi di alcuni processi mentali. Questi sono facilitati perché la persona durante le immersioni vive esperienze alcune delle quali sono la amplificazione di qualcosa che si può trovare anche sulla terra, ma che nell’acqua è più accentuato, altre invece sono possibili soltanto nella dimensione subacquea concorrendo così alla creazione di un’opportunità davvero unica per l’estrinsecarsi di certi fenomeni.

Tridimensionalità dello spazio vissuto:
- la necessità di scaricare il nostro peso corporeo su di una superficie orizzontale che noi abbiamo in ambiente aereo, ci costringe a passare la nostra vita attaccati al suolo e a vivere la dimensione spaziale solo dal punto di vista bidimensionale. In altre parole tutti i momenti della nostra vita noi ci localizziamo e ci collochiamo nello spazio attraverso un criterio basato su due dimensioni. Anche se sappiamo che lo spazio ne ha tre ne occupiamo la terza solo limitatamente alla nostra altezza. La terza dimensione che si estende al di sopra del nostro capo può essere conosciuta attraverso i sensi distali della vista e dell’udito, non può però essere dominata né occupata fisicamente o vissuta realmente da noi in nessun caso. Ciò limita sia il nostro modo di percepire lo spazio che la quantità e qualità delle posture che possiamo assumere. In ambiente subacqueo questa limitazione non esiste perché ci è consentito di viverla concretamente, occupando tutta la terza dimensione. Anche la nostra collocazione ed il nostro orientamento all’interno di uno spazio viene ad essere completamente modificato in virtù del fatto che siamo costretti a tenere in considerazione contemporaneamente tre dimensioni alla volta per poterci collocare.

Individuazione costante del confine fisico tra il corpo ed il suo esterno:
- in ambiente aereo la densità e la pressione dell’aria che ci circonda non sono sufficienti per consentirci di percepirne la presenza. Ci muoviamo, infatti, come se fossimo nel vuoto, anche se in realtà siamo immersi nell’aria. Anche la resistenza ai nostri movimenti che viene esercitata da questo elemento gassoso, non è sufficiente per poterci consentire la percezione del confine tra la nostra pelle e l’aria stessa, ossia tra l’interno e l’esterno di noi. In ambiente subacqueo invece è possibile, anzi è molto comune riferire l’esperienza della consapevolezza costante del confine dello spazio entro il quale siamo contenuti, in quanto possiamo facilmente percepire la presenza dell’acqua che ci circonda e che ci avvolge, riempiendo tutto lo spazio esterno a noi. Così soggettivamente non solo scopriamo che non siamo nel vuoto, ma percepiamo in modo contenitivo e presente il limite fisico dello spazio tridimensionale occupato da noi stessi, e costantemente il confine tra il sé e l’altro da sé.

Riscontro uditivo del ritmo respiratorio:
- la percezione dei ritmi biologici e dei parametri fisiologici è ormai usato in molte situazioni terapeutiche per aiutare le persone ad acquisire o ristabilire stati psicofisici positivi (biofeedback). Abbiamo sulla terraferma la necessità di sonorizzare o visualizzare alcuni di questi parametri direttamente legati al nostro sistema nervoso autonomo. La necessità di questa sonorizzazione o visualizzazione nasce dal fatto che questi parametri non sono direttamente accessibili al livello della coscienza (pressione arteriosa, conduttanza palmare ecc.) oppure perché essi sebbene direttamente percepibili, vengono come al solito sommersi da altri stimoli. In ambiente subacqueo si ha la possibilità di percepire direttamente una serie di parametri di cui il più importante è quello del ritmo respiratorio il quale finalmente emerge dal rumore di fondo degli altri rumori finalmente silenziati. Esso è uditivamente e propriocettivamente addirittura amplificato dall’attrezzatura necessaria a respirare (il secondo stadio) e così finalmente nel nostro campo percettivo si staglia il nostro respiro nitido, forte e chiaro, sempre costante. Nella massima parte dei casi il rumore procurato dalle bolle della nostra aria espirata, è assolutamente l’unico rumore per tutta l’immersione.

Consapevolezza propiocettiva dei passaggi posturali:
- come ho accennato parlando della riconquista della tridimensionalità spaziale, la maggiore densità del mezzo in cui il sommozzatore è immerso, rende necessaria una maggiore lentezza dei movimenti la quale è determinata per lo più dalla maggiore pressione e resistenza dell’acqua rispetto all’aria. Questa condizione rende più costante l’attenzione non tanto alle posizioni (il che si spiega con una maggiore consapevolezza del confine fisico tra l’interno e l’esterno) quanto ai passaggi posturali, anche perché il più delle volte si tratta di passaggi inconsueti in quanto la mancanza della gravità rende possibili movimenti e cambiamenti di posizione che in ambiente aereo non sarebbero possibili. I movimenti oltre che più lenti sono più consapevoli o per essere precisi sono più facilmente oggetto della nostra consapevolezza.


Consapevolezza propiocettiva della pressione differenziata e della resistenza tra il corpo e il suo esterno a partire da un punto di riferimento:
- quando il sommozzatore “trova l’assetto” in effetti svolge una complessa operazione di bilanciamento tra forze contrapposte. Fin qui niente di strano, tutti quelli che vanno sott’acqua hanno appreso nei loro corsi le leggi della fisica ed il perché di certe necessità tecniche. Il fatto è che per poter ottenere una galleggiabilità neutra occorre considerare informazioni che in alcuni casi non sono di tipo visivo bensì sono percezioni via via più raffinate che hanno a che vedere con la valutazione della spinta o della resistenza verso l’alto o verso il basso a partire da un punto di riferimento stabile fisso e solido. Molti esercizi di assetto si svolgono con un controllo totale visivo e perciò questo punto di riferimento viene osservato e tenuto d’occhio come punto 0. Ma esiste tutta una dimensione extravisiva di questo fenomeno che chi si immerge nel blu , di notte o in condizioni di scarsa visibilità conosce molto bene intuitivamente o, se non lo conosce, lo prende in considerazione subconsciamente. Tali aspetti attengono alla percezione relativa ed assoluta dell’attrezzatura lungo l’asse verticale (gli spallacci del GAV, la pressione sui timpani, la stabilità o fattorialità dei nostri movimenti ed i loro effetti sugli spostamenti sul piano verticale. Queste percezioni che sono talmente delicate e impalpabili da essere difficilmente descrivibili, divengono comunque elementi importanti che concorrono alla sensazione soggettiva di stare nell’acqua e gestire il proprio assetto. La capacità del sommozzatore di percepire e gestire attraverso queste informazioni la propria immersione è graduale e migliora con l’esperienza, ma si tratta pur sempre di una competenza e di un addestramento percettivo che in ambiente aereo egli non avrebbe avuto modo di acquisire.

Come si può vedere , i sensi “distali” , che cioè servono a percepire elementi posti distanti da chi osserva, come l’udito sono annullati oppure sono messi in condizione di non funzionare al massimo delle loro potenzialità, nell’acqua
I sensi “prossimali”, che riguardano la conoscenza dell’ambiente a contatto con la persona o di quello che si trova al suo interno (propiocezione) sono esaltati.
Così nell’immersione per quanto attiene l’esterocezione sono più agevolate le percezioni prossimali, e sono poi esaltate tutte le informazioni di tipo propiocettivo ed interocettivo.
Questa condizione percettiva conduce ad una maggiore concentrazione sul mondo interno rispetto a quello esterno.
Ritengo pertanto che la particolare condizione di chi va sott’acqua conduca il sommozzatore ad accentuare queste percezioni e che questa condizione sia la causa della particolare valenza introspettiva dell’immersione subacquea.


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