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PSYCHOMEDIA
RELAZIONE GRUPPO<=>INDIVIDUO
Società, Trauma e Solidarietà



La Riduzione del Rischio Vulcanico:
integrare le prospettive psicologiche e geologiche

Douglas Paton 1, Kevin R.Ronan 2, David M.Johnston 2, Bruce F. Houghton 3, Luca Pezzullo 4

Articolo originale: Mitigating Volcanic Hazard Effects: Integrating psychological and geological perspectives

Traduzione Italiana: Luca Pezzullo



  1. School of Psychology, Massey University, Palmerston North, New Zealand
  2. Institute of Geological and Nuclear Sciences, Wairakei Research Center, New Zealand
  3. Department of Geology, University of Hawaii, Hawaii
  4. Department of General Psychology, University of Padova, Italy

Corresponding Author:

Douglas Paton
School of Psychology, Massey University
Private Bag 11222
Palmerston North
New Zealand
64-6-350-5673 (fax)
Email:
D.Paton@massey.ac.nz



Abstract:

Questo articolo riassume la ricerca relativa ad una collaborazione multidisciplinare tra vulcanologi e psicologi, finalizzata allo studio della vulnerabilità sociale conseguente alle eruzioni del 1995-6 del vulcano Ruapehu, in Nuova Zelanda. Questo lavoro è focalizzato su come i processi naturali siano correlati con le conoscenze e le credenze personali e le caratteristiche delle comunità nell'influenzare l'impatto sociale dei rischi vulcanici. Sulla base di queste analisi, discutiamo di come i dati possano essere utilizzati per assistere la riduzione dei rischi a livello individuale, organizzativo e comunitario. L'enfasi è posta sulla diffusione delle conoscenze vulcanologiche e delle competenze nei settori della comunicazione della minaccia, della riduzione del danno, dello sviluppo di comunità, della pianificazione dell'emergenza e della gestione della risposta operativa.

Parole chiave: ricerca multidisciplinare, riduzione del danno, risposta operativa, preparazione, impegni multipli.



Introduzione

Anche se gli effetti delle eruzioni vulcaniche, quali i flussi lavici e le piogge di cenere, sono sostanzialmente immodificabili, alcune delle loro conseguenze per le comunità, le aziende e gli individui possono essere ridotte tramite programmi di prevenzione e mitigazione dei disastri, in particolare quando si tratta di eruzioni non catastrofiche. Queste strategie possono comprendere, ad esempio, la progettazione dei tetti per reggere meglio le piogge di ceneri, incoraggiare l'adozione di misure protettive (quali maschere) per minimizzare l'effetto delle ceneri sulla salute, la copertura delle risorse idriche, la protezione delle infrastrutture essenziali (quali la trasmissione di elettricità) dagli effetti della cenere, e lo sviluppare piani di continuità aziendale. La facilitazione dell'effettiva adozione di queste strategie richiede che diversi gruppi, compresi vulcanologi, esperti di scienze sociali, esperti di gestione dell'emergenza e rappresentati della comunità collaborino per identificare i bisogni e, sviluppando misure per soddisfarli, riducano la vulnerabilità sociale.

Questo articolo riassume le prime ricerche relative alla collaborazione tra vulcanologi e psicologi per monitorare la vulnerabilità sociale conseguente alle eruzioni del vulcano Ruapehu in Nuova Zelanda nel 1995-6. La necessità di questa collaborazione fu sottolineata da una comparazione delle conseguenze delle eruzioni del 1995-6 con quelle di una eruzione simile del 1945 (Johnson, Houghton, Neall, Ronan and Paton, in press). Anche se sono evidenti delle somiglianze tra questi eventi (si veda la tabella 1), l'eruzione del 1945 durò per un più lungo periodo di tempo e numerose comunità subirono una maggiore pioggia di cenere. Ciò nonostante, la vulnerabilità sociale si è accresciuta in questi 50 anni ( Johnston et al., 1999; Johnston, Ronan, 1999; Millar, Paton and Johnston, 1999). Dato che queste modificazioni nella vulnerabilità alle conseguenze delle eruzioni vulcaniche sono risultate attribuibili alla loro interazione con contesti socio-economici più complessi (ad esempio, il danneggiamento di infrastrutture economiche e di trasporto più complesse), la comprensione e la gestione delle conseguenze delle eruzioni richiederà sempre più analisi e strategie che integrino prospettive geologiche, sociali e psicologiche.

Tabella 1: comparazione delle eruzioni del Ruapehu del 1945 e del 1995/96



                                            1945                                1995/96
VEI Index                          
3                                       3

Durata Totale                    40 settimane                     20 settimane

Caratt. Principali               danneggiamento               continue esplosioni                                             di case                freatomagmatiche
                                                                                

Rischi Principali                pioggia di cenere              pioggia di cenere

Rischi Secondari            ballistic blocks,            ballistic blocks,
                                           lahar (1953)                     lahars


Adattata da Johnston et al., 1999
 

Questo articolo esamina le implicazioni del lavoro intrapreso in questo contesto collaborativo, finalizzato alla comprensione e gestione della vulnerabilità sociale ed alla promozione della resistenza psicosociale della comunità.

Discuteremo anche come la competenza vulcanologica, che fornisce informazioni sui processi e le caratteristiche fisiche, possa essere utilizzata in maniera tale da soddisfare i bisogni psicosociali dei membri della comunità, e venire utilizzata più efficacemente per mitigare le conseguenze delle eruzioni.

Preparazione della Comunità e Reazione

Valutare il rischio solo dalla prospettiva fisica non permette di comprendere le percezioni della comunità, causando problemi nella comunicazione delle informazioni relative ai pericoli ed ostacolando l'adozione di misure di mitigazione del danno (Johnston et al., 1999; Johnston & Paton, 1998; Mileti & Fitzpatrick 1993; Mileti & Sorensen 1990; Perry & Lindell 1990)

Anche se le componenti essenziali dei programmi di educazione sui rischi sono ben documentate, (Johnston & Ronan, 1999; Mileti & Darlington, 1997; Mileti & Fitzpatrick, 1992; Ronan & Johnston, 1998), la loro efficacia è una funzione di come questi comprendono le peculiarità demografiche ed attitudinali caratteristiche delle diverse Comunità (Millar et al., 1999; Paton, Johnston & Houghton, 1998; Ronan & Johnston, 1997).

Anche se diversi studi hanno valutato le percezioni delle comunità in relazione ai rischi vulcanici in Nuova Zelanda, il loro svolgimento durante periodi di quiescenza vulcanica (Ponter et al. 1993, Johnston & Houghton 1995, Taranaki Regional Council 1995) rende difficile valutare l'accuratezza di queste percezioni e l'efficacia delle strategie di riduzione del danno. Johnston et al. (1999) hanno utilizzato un'opportunità unica, e non pianificata in precedenza, per valutare gli effetti di un'eruzione vulcanica sulle percezioni di comunità dei rischi naturali e delle loro conseguenze. La ricerca originale, realizzata nel febbraio precedente l'eruzione del 1995, fu svolta nelle città di Hastings e Whakatane sull'Isola del Nord, e valutò la conoscenza dei rischi da parte degli individui, le percezioni di rischio vulcanico, le fonti delle informazioni, l'efficacia percepita delle informazioni, e la credibilità percepita delle fonti informative. Una seconda ricerca, svolta nel novembre 1995, valutò l'influenza dell'eruzione del 1995 su questi fattori.

Prima delle eruzioni, i residenti di ambedue le comunità avevano una conoscenza limitata di eventi vulcanici precedenti; pochi ricordavano informazioni specifiche relative ai pericoli vulcanici, e pochi avevano si erano interessati a questo tipo di informazioni prima dell'eruzione del 1995. Quell'eruzione spinse un certo numero di persone in entrambe le comunità a ricercare informazioni, specialmente da amici e parenti, autorità locali e agenzie scientifiche. I gruppi delle comunità differivano in relazione al tipo di agenzia a cui attribuivano maggiore credibilità come fonte di informazioni ed avvertimenti. Questa analisi ha enfatizzato l'importanza di affrontare i bisogni locali, e la necessità per le agenzie di comunicare messaggi coerenti (Johnston et al., 1999).

Inoltre, questi dati dimostrano come i gruppi delle comunità differiscono in relazione al tipo di mass-media ritenuto più saliente. Questo fatto dovrebbe essere tenuto in conto quando si forniscono informazioni ed avvertimenti sui pericoli. E' emersa anche la necessità di una pianificazione integrata, di un coordinamento nella raccolta e distribuzione dell'informazione, e di una comunicazione inter-organizzativa per migliorare la qualità dell'informazione fornita alla comunità (Paton et al., 1998; Paton et al., 1999).

Anche se i dati della ricerca suggeriscono che l'aver sperimentato l'eruzione del 1995 può rendere più salienti informazioni ed avvertimenti successivi, incoraggiando così l'adozione di misure protettive, questo è maggiormente vero per coloro che hanno sperimentato un impatto negativo. L'impatto relativamente benigno di questa eruzione può, comunque, portare alla formazione di un processo attributivo nella forma del "normalization bias" (Mileti and O'Brien, 1993). Questo consiste nel fatto che coloro che sono esposti ad un'esperienza rara ma benigna, o solo minimamente dannosa, percepiscono questo evento come la norma per questa classe di esperienze. Conseguentemente, sulla base dell'impatto normativo, essi inferiranno che futuri eventi negativi avranno poco impatto su di loro, o che comunque potranno essere gestiti con le risorse od il livello di preparazione disponibile (Paton et al., 1998).

Questo effetto può essere maggiormente marcato in coloro che hanno sperimentato livelli minimi di ceneri in conseguenza dei cambiamenti fortuiti della direzione dei venti, rinforzando l'importanza di un'accurata informazione vulcanologica alle comunità sulla probabile natura e le conseguenze di differenti scenari eruttivi. Questo non significa che l'eruzione non ha toccato alcuna parte della collettività. I bambini e coloro che svolgono attività economiche a rischio anche in presenza di bassa attività vulcanica possono essere particolarmente vulnerabili (Millar et al., 1999; Ronan, 1997a). Ronan e Johnston (1999) hanno trovato che una minoranza significativa (poco oltre il 25%) dei bambini riportava indici tra "moderato" e "grave" di stress relativo alle eruzioni (Huzzif, Ronan, 1999; Ronan, 1997a; Ronan, 1997b). Per esempio, alcune popolazioni (bambini con asma, quelli con minor supporto sociale) erano vulnerabili ad un maggiore stress, sia inizialmente sia dopo un certo tempo. Inoltre, anche i bambini che riferivano di aver ascoltato a casa conversazioni negative sulle eruzioni, o che percepivano che i loro genitori erano in ansia a causa delle eruzioni, risultarono avere alcuni problemi (Ronan, 1997a). D'altro canto, i bambini che affrontarono meglio il problema furono aiutati dalle strategie di supporto sociale, comprendendo in questo anche il fatto che i genitori che non si impegnassero in discussioni ansiogene, o che dimostrassero di saper gestire lo stress efficacemente (Huzzif, Ronan, 1999). Un fattore importante, che aiutò molti bambini turbati, fu la diffusione di accurate informazioni vulcanologiche circa tre mesi dopo l'eruzione, per dissipare miti ed incertezze riguardanti la natura delle eruzioni ed i loro effetti.

Il nostro modello di preparazione e risposta prevede l'utilizzo di una metodologia di impegno multiplo (Johnston and Ronan, 1999; Long, Ronan and Perreira-Laird, 1998; Ronan and Johnston, 1999). Questa consiste nell'utilizzo efficace delle risorse per assistere il maggior numero di persone possibile in un tempo limitato. Per esempio, un primo "impegno" esaminava l'efficacia di brevi programmi d'intervento scolastico miranti alla riduzione dello stress legato all'eruzione, ad aumentare la capacità di coping ed a fornire un'informazione accurata (Ronan and Johnston, 1999).

In generale, un intervento di un'ora, fornito tre mesi dopo il primo episodio eruttivo, ridusse lo stress e migliorò il coping. In effetti, i bambini riferirono una maggiore capacità di affrontare gli stimoli ansiogeni legati alle eruzioni (quali, ad esempio, le informazioni più preoccupanti fornite dei media) più in seguito al programma di un'ora che dopo l'intervallo di due mesi che aveva preceduto l'intervento. Quattro mesi dopo l'intervento (sette dopo l'eruzione), questi bambini continuavano a comportarsi in maniera più efficace rispetto ad un gruppo di controllo non sottoposto al programma. Coloro che lo necessitavano furono seguiti più attentamente.

Altro lavoro fu svolto in relazione al fatto che le percezioni e le risposte della comunità non necessariamente si pongono in maniera lineare rispetto all'impatto fisico. Miller et al. (1999) hanno identificato delle differenze nella salienza percepita che veniva attribuita alle conseguenze correlate alle eruzioni, per cui gli effetti economici venivano percepiti come più rilevanti rispetto alle conseguenze fisiche. L'informazione diffusa alle comunità riguardava tipicamente, per esempio, la minaccia delle ceneri. Anche se questa informazione è importante, il suo significato per la comunità, e di conseguenza la sua efficacia nel facilitare l'implementazione di misure preventive, può essere migliorata presentando l'informazione relativa ai pericoli fisici nei termini delle sue implicazioni per i bisogni e le funzioni più salienti della comunità (Paton et al., 1999).

Millar et al. (1999) hanno rilevato che l'impatto non era stato distribuito in maniera equilibrata tra tutti i gruppi della comunità. Per esempio, poiché gli effetti della cenere furono ristretti alle cime montane più elevate, coloro che si mantenevano con gli sport invernali furono più vulnerabili rispetto agli agricoltori. E' anche interessante notare che se quest'eruzione fosse avvenuta nei mesi estivi, avrebbe avuto effetti meno negativi ed avrebbe potuto rappresentare un guadagno per le comunità circostante per via dell'incremento nel turismo. Una conclusione importante, qui, è che i piani di risposta e di informazione devono essere predisposti per gestire bisogni comunitari specifici e spesso differenti (Johnston and Ronan, 1999; Millar et al., 1999). I piani generici, o quelli basati su assunti inappropriati relativi all'eterogeneità della comunità potrebbero essere meno appropriati. Dobbiamo anche accettare la "complessità" introdotta in questo processo dal fatto che le comunità hanno accesso a diverse fonti di informazioni.

L'Informazione Scientifica, i Media e l'Amplificazione Sociale

I media ed il pubblico subiranno direttamente gli effetti dei pericoli vulcanici, e riceveranno da diverse fonti le informazioni su quanto sta succedendo. Comprendere il ruolo di mediazione che i media si trovano a rivestire in questo contesto è importante, per via dell'accessibilità delle informazioni fornite da questi. Fallire nel fornire ai media informazioni accurate ed aggiornate può creare problemi per le agenzie scientifiche ed operative, se il pubblico riconosce maggior salienza alle informazioni fornite dai media.

Un tema cruciale a questo proposito è il concetto di "amplificazione sociale del rischio" (Kasperson, 1992). Durante le eruzioni del 1995-1996, le informazioni inaccurate fornite dai media sul rischio vulcanico portarono all'amplificazione sociale del pericolo percepito, ed ad un aumento dell'ansia di anticipazione nelle comunità circostanti (Johnston and Paton, 1998; Johnston and Ronan, 1999; Ronan and Johnston, 1996, 1999). Per esempio, la copertura informativa degli effetti dell'eruzione ridusse l'efficacia dei programmi scolastici di intervento, e condusse all'amplificazione sociale della minaccia percepita dai bambini. Per ridurre questo problema, fu necessaria una concertazione con i media, al fine di fornire un servizio di copertura informativa equilibrata, ed un lavoro aggiuntivo con le scuole (Ronan and Johnston, 1996, 1999).

Gestire questa amplificazione sociale fu un compito che da un lato minò il lavoro di mitigazione precedentemente svolto, e dall'altro costrinse a riallocare delle risorse, già scarse, per affrontare un problema che era già stato contenuto. E' quindi essenziale che il processo di pianificazione anticipi questo problema, e faciliti lo sviluppo di un buon sistema di gestione delle informazioni nella comunità. Dobbiamo anche valutare che noi, come scienziati, possiamo influenzare i media quando riferiamo sugli eventi. Questo porta a sottostimare la necessità di sviluppare una buona relazione con i media per aiutare ad attenuare i problemi dell'amplificazione sociale, e permettere di sfruttarne le risorse informative per assistere nella gestione della risposta.

Gestire i processi di amplificazione sociale può migliorare la pubblica percezione e la credibilità delle agenzie di risposta, scientifiche e governative, aumenta l'accessibilità dell'informazione scientifica, ed aumenta la probabilità che futuri avvertimenti od informazioni saranno recepiti in maniera corretta. Questo, a sua volta, implica anticipare i bisogni della comunità e dei media, sviluppare modalità per la loro soddisfazione, e fornire informazioni accurate, aggiornate e complete alla comunità, prima, durante e dopo un eruzione (Paton et al., 1999).

Gestione Integrata dell'Emergenza: utilizzare l'Informazione Scientifica

La risposta alle eruzioni del 1995-1996 ha fornito l'opportunità di esaminare l'interazione tra le agenzie scientifiche, in primo luogo i vulcanologi ed i sismologi dell'Istituto di Scienze Geologiche e Nucleari (GNS), e le agenzie operative, di gestione della risposta. Sono emersi alcuni problemi di comunicazione in questo contesto (Paton et al.,1999).

Quei problemi non riflettevano inadeguatezze nei dati forniti dal GNS. Piuttosto, erano attribuibili a:

1) Il processo di traduzione dai "dati" alla "comprensione";

2) Le assunzioni di principio, fatte dai responsabili delle agenzie operative di risposta, riguardo alle loro capacità di gestione delle informazioni.

I dati vulcanologici e sismologici, espressi in forma grezza, possono avere poco significato intrinseco per le agenzie di risposta. Di conseguenza, rendere i dati significativi nel contesto delle decisioni e delle attività operative per le quali ogni agenzia è responsabile, rappresenta un'attività fondamentale. Le Agenzie operative spesso presumono che le fonti scientifiche soddisferanno automaticamente i loro bisogni informativi e decisionali. Questa è l'eccezione più che la regola, per numerose ragioni.

La bassa frequenza di eruzioni distruttive, e l'urgenza e l'imprevedibilità delle "domande" che le eruzioni pongono ai vulcanologi, rendono imperativo che le agenzie scientifiche si concentrino sulla loro attività principale di monitoraggio e misurazione degli effetti delle eruzioni, e indirizzino le loro scarse risorse per migliorare la nostra comprensione dei pericolosi fenomeni che dobbiamo affrontare, più che nel trasferire dati a diverse agenzie con vaste esigenze informative. In questi casi, le risorse scientifiche rischierebbero di essere incapaci di gestire nuove o impreviste richieste di assistenza ed informazione. Di conseguenza, le agenzie di risposta devono predisporre delle reti operative ben sviluppate, sistemi per la gestione delle informazioni e capacità d'interpretazione già prima che avvengono le eruzioni (Paton et al., 1999)

Lo sviluppo di questa capacità è anche essenziale per la gestione delle necessità informative e decisionali che emergono quando si gestiscono le conseguenze dei diversi disastri, ed i cambiamenti geografici e temporali nella natura dei loro effetti. Per esempio, diverse agenzie richiedono dati sulla densità e la composizione delle polveri. Le diverse agenzie, comunque, gestiscono questi dati per scopi differenti. Per esempio, le agenzie che si occupano di protezione (effetti sulle piante, movimenti di turisti), infrastrutture (effetti sulle infrastrutture elettriche o idriche), agricoltura (effetti sul grano e sul bestiame), aviazione civile (effetti sui movimenti di aerei) e sui trasporti (effetto sulla rete di strade e ferrovie), devono interpretare i dati sulla polvere nella loro specifica ottica funzionale (Paton et al., 1999).

Fattori geografici (ad esempio, i cambiamenti nella densità delle polveri con l'aumentare della distanza dall'origine, implicazioni delle interazioni tra la cenere e le acque od il suolo), fattori temporali (l'influenza delle modificazioni nelle condizioni atmosferiche sulla potenziale minaccia delle ceneri) ed influenze metereologiche (velocità e direzione del vento, umidità) contribuiscono ad aumentare la complessità dell'ambiente decisionale.

Le agenzie scientifiche non hanno la competenza e le risorse per rispondere a tutte le possibile richieste che possono emergere nell'ambiente decisionale. Le agenzie di risposta devono riconoscere che, anche se i dati scientifici sono facilmente accessibili, la possibilità di strutturarli in un formato comprensibile che sia coerente con le loro necessità decisionali, è una funzione del dialogo che essi hanno avuto con la comunità scientifica geologica, e delle loro capacità decisionali e interpretative, in particolare in relazione all'abilità di raccogliere, unire, interpretare e utilizzare l'informazione scientifica (Paton et al., 1999).

Con un'appropriata analisi delle necessità informative e decisionali, le agenzie di risposta possono identificare le loro necessità informative e sviluppare reti operative con i fornitori di dati scientifici e specialistici. E' implicito in questo processo lo sviluppo di un'accettazione e della capacità di gestire l'incertezza inerente ai dati scientifici, e le previsioni dell'attività di fenomeni naturali complessi e dinamici.

Di conseguenza, le agenzie di risposta devono accettare che i dati scientifici non possono essere visti come "prescrittivi", devono adattare quest'incertezza alla loro gestione decisionale, sviluppare di conseguenza le loro capacità interpretative, e riconoscere che la valutazione diretta diviene necessaria per le necessità decisionali e la definizione delle azioni più appropriate. Anche se la qualità dei dati, in riferimento alla loro utilità decisionale, può migliorare tramite il dialogo tra professionisti della protezione civile e vulcanologi, la complessità e l'incertezza inerenti ai fenomeni gestiti preclude la possibilità di eliminare la necessità di capacità interpretative e valutatorie.

Gestire le Differenze: Dinamiche di Gruppo e Gestione Integrata dell'Emergenza

Il fatto che le richieste da affrontare quando si risponde ad un disastro trascendano le capacità individuali viene riconosciuto nella filosofia dell'Integrated Emergency Management (IEM), la quale definisce una gestione efficace dell'emergenza come dipendente dalle attività collettive e coordinate di diverse agenzie e gruppi di professionisti, compresi i vulcanologi. I membri di queste organizzazioni dovranno lavorare collaborativamente con agenzie con le quali normalmente non avrebbero alcun contatto.

L'utilizzazione produttiva delle diverse competenze richiede la gestione delle differenze professionali e attitudinali (Paton, Johnston, Houghton, Smith, 1998; Paton, Flinn, 1999). L'integrazione efficace, in questo contesto coinvolge, per esempio, lo sviluppo e la gestione dei team, la negoziazione relativa ai ruoli ed alle competenze di risposta, la gestione della diversità professionale e personale, e l'addestramento e la comunicazione inter-agenzie (Paton, Flinn, 1999). Tutte le agenzie dovrebbero essere coinvolte nella progettazione e nell'esecuzione delle esercitazioni e delle simulazioni.

L'adozione della filosofia IEM ha implicazioni per le procedure di decision-making applicate per utilizzare i dati, le informazioni e le competenze. Per esempio, l'analisi della dimensione e della distribuzione dei danni, e le sue implicazioni multidisciplinari ed a volte multigiurisdizionali, indica il bisogno di procedure decisionali distribuite (Paton, Flinn, 1999). L'analisi delle risposte alle eruzioni del 1995/1996 ha sottolineato la necessità di sviluppare capacità contingenti di decision-making. Quando si risponde a crisi vulcanologiche, lo stile decisionale deve necessariamente adattarsi alle circostanze emergenti. Durante i periodi di quiescenza, o tra un episodio eruttivo e l'altro, i piani di risposta possono essere valutati accuratamente e comparati tra loro, rendendo appropriato uno stile decisionale di tipo più analitico. Durante gli episodi eruttivi, devono essere prese decisioni rapide in brevi intervalli temporali, rendendo più appropriato uno stile decisionale "naturalistico" (Paton, Flinn, 1999). L'attenzione deve essere diretta alla comprensione dei dati forniti dai vulcanologi, e nella loro implementazione nelle simulazioni d'addestramento, per sviluppare una capacità decisionale contingente.

L'addestramento è fondamentale ai fini dell'efficacia di risposta, e dovrebbe utilizzare un approccio globale per sviluppare l'abilità nell'analisi delle informazioni, nella comunicazione interagenzie, nel decision-making, nella gestione dell'incertezza, e nella comunicazione con i media e con il pubblico. Poiché le opportunità per praticare queste capacità sono scarse, la pianificazione deve specificare le attività necessarie per conseguire i livelli di esperienza necessari per un'efficace implementazione dei piani. L'analisi delle necessità addestrative identificherà le richieste, le competenze ed i limiti contestuali che devono essere implementati nelle simulazioni delle emergenze (Paton, 1996; Paton, Flinn, 1999). Le simulazioni offrono opportunità ai disaster managers per rivedere e sviluppare la pianificazione, sviluppare competenze gestionali e tecniche, sperimentarne l'applicazione in circostanze realistiche, ricevere dei feedback sulla loro performance, aumentare la consapevolezza delle reazioni di stress, e facilitare il ripasso delle strategie per minimizzare le reazioni di stress. Una valutazione critica e completa dei processi, dei contenuti e della performance dovrebbe seguire tutte le simulazioni e le esercitazioni addestrative.

Prospettive Future

I risultati del nostro programma di ricerca sul Ruapehu hanno dato forma a diversi progetti multidisciplinari. Anche se diversi per i contenuti, questi progetti sono accomunati da due questioni: la collaborazione scientifica tra psicologi e geologi, e l'utilizzo di questa competenza integrata per assistere le comunità, le organizzazioni e gli individui ad essere meglio informati e preparati per le eruzioni future.

Ronan e Johnston (1998) hanno rilevato che una maggior quantità di informazioni scientifiche ricordate, combinata con altri fattori (ad esempio, il ricevere un supporto specifico), è correlata con un maggior livello di preparazione. Quindi, i nostri programmi di ricerca si focalizzeranno sull'inclusione di questi fattori per migliorarne l'efficacia.

Oltre a fornire i dati di riferimento sui livelli di consapevolezza e preparazione in base ai quali valutare l'efficacia delle future iniziative di intervento, gli studi passati sono utili per progettare modelli utili ai fini della predizione della relazione tra le caratteristiche degli individui, delle comunità e delle organizzazioni e la vulnerabilità ai rischi vulcanici. Questi modelli possono assistere la pianificazione dell'intervento, e la progettazione di programmi di preparazione per stimolare l'azione e l'impegno, per l'adozione delle raccomandazioni e per l'assistenza nelle operazioni decisionali relative all'assegnazione delle limitate risorse disponibili.

E' importante riconoscere che fornire semplicemente delle informazioni, senza considerarne la qualità, non garantisce l'adozione e l'applicazione di misure preventive. Per esempio, anche se i programmi scolastici d'informazione aumentano la consapevolezza, stimolano percezioni di rischio più realistiche, riducono le paure, aumentano la conoscenza relativa ai pericoli (ad es., comportamenti protettivi, prevenzione dei rischi), e stimolano la discussione dei rischi con i genitori, essi non si dimostrano capaci di permettere il trasferimento di queste capacità in un effettivo comportamento di gestione del rischio (Ronan and Johnston, 1997). Allo stesso modo, fornire informazioni ad una comunità può incrementare la consapevolezza, ma può non avere alcuna influenza sulla preparazione operativa (Ballantyne et al., in preparazione). Quest'ultimo studio ha anzi rilevato che l'aumento di consapevolezza può diminuire la percezione della necessità di preparazione.

Incoraggiare una prontezza di reazione sostenuta nel tempo e l'impegno ad agire richiede non solo strategie differenti, ma anche una diversa modalità di concepire questi temi (Paton, Smith, Violanti ed Erasen, 2000). Richiede una focalizzazione sulla comprensione di cosa costituisca la "resistenza" ai vari livelli di analisi, ed un paradigma di ricerca ed intervento che sia focalizzato più sulla crescita ed il benessere (salutogenesi) che sulla perdita e la patologia (Violanti, Paton, Dunning, 2000). Per esempio, Millar et al. (1999) hanno dimostrato che l'autoefficacia ed il coping orientato al problema sono fattori di "resistenza" e contribuiscono a ridurre la vulnerabilità alle conseguenze dei pericoli vulcanici.

Un tema interessante si dimostrò essere quello della relazione tra capacità di resistenza e partecipazione della comunità. I programmi che incoraggiano la partecipazione della comunità, che siano relativi alla prevenzione dei rischi o meno, possono aumentare la resistenza e, di conseguenza, costituire una strategia perseguibile per la riduzione delle conseguenze dei rischi vulcanici. Questo apre la strada a diverse possibilità d'intervento particolarmente efficienti dal punto di vista dei costi, che prevedono lo promozione del benessere comunitario attraverso forme di sviluppo della comunità stessa.

Un'altra questione riguarda il tipo di paradigma al cui interno prendono forma queste attività: ovvero se debba essere focalizzato più sui risultati patologici (azioni finalizzate a prevenire distruzioni), oppure sulla crescita e lo sviluppo (azioni mirate a promuovere la qualità della vita od ad aumentare il valore dell'ambiente e delle proprietà). L'ultimo approccio fornisce una migliore cornice d'azione ai membri della comunità, e permette loro di apprezzare meglio i benefici delle azioni di prevenzione (Paton, in preparazione).

Conclusioni

Nel contesto della crescente enfasi sulla gestione integrata dell'emergenza, della gestione dei rischi e dei pericoli, e dello sviluppo ed il mantenimento della "resistenza" psicosociale della comunità, la psicologia può contribuire all'analisi di efficacia ed allo sviluppo di prassi migliori in queste aree.

Gli psicologi possono migliorare l'uso efficace della conoscenza specialistica e scientifica ai livelli individuali, comunitari ed organizzativi, ponendosi come interfaccia tra i fornitori di informazioni scientifiche, le comunità e le agenzie di risposta, che necessitano di incrementare la loro resistenza psicosociale ed efficacia operativa. In particolare, gli psicologi delle organizzazioni possono contribuire a questo processo conducendo attività di formazione, analisi informative e decisionali, team-building multidisciplinari, gestione delle differenze, e decision-making. Gli psicologi clinici possono gestire le necessità educative e riabilitative dei bambini e delle comunità. Gli psicologi possono anche svolgere un ruolo nella valutazione dei bisogni informativi delle comunità, e nello sviluppo di efficaci programmi di mitigazione orientati alle azioni. Stiamo attualmente conducendo analisi informative e decisionali nelle agenzie scientifiche ed operative, al fine di sviluppare sistemi per riconciliare queste necessità. Ancor più rilevante, importanti agenzie di finanziamento neozelandesi hanno confermato il loro supporto a questa linea di lavoro.

Quando sarà posta una maggiore enfasi sulla resistenza psicosociale della comunità, sarà importante che questi costrutti siano operazionalizzati in una maniera tale che possa servire a guidare lo sviluppo e l'amministrazione dell'intervento. L'ottenimento di questi risultati potrà essere più rapido se sposteremo il baricentro del paradigma che contestualizza la ricerca e l'intervento, dalla sfera della patologia e della perdita verso la sfera della promozione del benessere e dello sviluppo.

Ringraziamenti

La preparazione di questo manoscritto è stata facilitata da un finanziamento agli autori da parte della New Zealand Foundation for Research, Science and Technology.

 

Bibliografia

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