PM --> HOME PAGE ITALIANA --> ARGOMENTI ED AREE --> NOVITÁ --> DISAGIO FAMILIARE


PSYCHOMEDIA
Telematic Review
Sezione: RELAZIONE GRUPPO<=>INDIVIDUO
Area: Disagio familiare,
Separazioni e Affido dei Minori


3° Rapporto Nazionale Eurispes-Telefono Azzurro sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza

SCHEDA 34

Le famiglie ricostituite: Compiti di sviluppo e specificità relazionali



Con il termine “famiglia ricostituita” si intende far riferimento a tutta quella molteplicità di situazioni in cui una coppia decide di intraprendere un percorso di vita comune, dopo che uno o entrambi i suoi membri abbiano sperimentato precedenti esperienze di separazione da altri partner. La letteratura esistente in materia offre una serie di contributi che aiutano a riflettere sul carattere di “sfida” – personale e sociale – che questo peculiare assetto familiare comporta, anche se lo stato attuale della ricerca sembra ancora aver bisogno della raccolta di molti dati osservativi, in particolare per quanto attiene il contesto italiano (Cigoli, 1998).
La specificità di questa tipologia familiare richiede definizioni specifiche e al tempo stesso complesse, proprio per la peculiarità delle caratteristiche che ne definiscono l’assetto. Diversi sono i termini utilizzati per descriverne le qualità: ricombined (ricombinate), blended (fuse), binuclear (binucleari), polinuclear (polinucleari), postnuclear (postnucleari), extended (estese) (Furstenberg jr. - Cherli, 1991), ma le caratteristiche che le accomunano in termini più generali riguardano alcuni fondamentali aspetti. In primo luogo, i minori inseriti nella famiglia ricostituita “appartengono” a più abitazioni – intese come luoghi relazionali, più che semplicemente logistici – in cui risiedono gli ex-coniugi, o i parenti degli stessi. Inoltre, ognuno di questi “spazi emozionali” coinvolge persone diverse che hanno stili comportamentali, concezioni e percezioni della vita familiare molto differenti tra loro, rappresentativi di modelli acquisiti nelle precedenti esperienze familiari (Francescano, 1994). In questo senso i nuovi nuclei si confrontano costantemente con linee di confine che uniscono la storia dei legami del passato a quella dell’esperienza attuale, dando vita a processi cognitivi ed emozionali centrati sul qui ed ora dell’interazione – a partire dalle stimolazioni continue che i processi comunicativi intrafamiliari attivano – ma al tempo stesso orientate dal legame che coinvolge i vari membri, e che rappresenta il principale nodo relazionale attorno al quale la famiglia ricostituita cresce e si sviluppa (Cigoli, 1998).(1)
Diversi fattori influenzano la strutturazione di famiglie costituite in seguito ad una o più separazioni di tipo coniugale, quali la storia emozionale e sentimentale, nonché lo stato civile dei partner che costruiscono la nuova relazione, i figli avuti nell’ambito della precedente unione e i relativi affidamenti e residenze assegnate agli stessi figli in seguito alla separazione. In relazione alla combinazione di queste variabili, la famiglia ricostituita può essere composta da partner che non abbiano avuto figli, da situazioni in cui un solo membro della nuova coppia od entrambi siano diventati genitori una o più volte in singole o molteplici precedenti storie di tipo coniugale. La famiglia ricostituita può, quindi, “ospitare” minori provenienti da entrambi i nuclei familiari precedenti, andando a costituire un contesto relazionale in cui siano presenti “fratellastri” a cui possono aggiungersi anche nuovi nati all’interno della stessa famiglia ricostituita. Indipendentemente dalla complessità della strutturazione familiare – non necessariamente così articolata – la famiglia ricostituita è caratterizzata da un ricco sistema relazionale che combina necessariamente vecchi e nuovi modi di convivere e rapportarsi reciprocamente, mutuando contenuti precedentemente appresi in nuove forme di vita comune, e trasformando molti degli aspetti che appartengono alla tradizione familiare, per come questa ci viene rappresentata sul piano culturale e sociale. Le famiglie ricostituite assumono, infatti, una struttura “allargata” che le caratterizza quale nuova forma sociale profondamente diversa dal classico nucleo parentale che ha dominato il quadro storico del XX secolo. Più che discendere verticalmente nel passaggio da una generazione all’altra, questa tipologia familiare colloca orizzontalmente diversi nuclei preesistenti intrecciati reciprocamente. Questa peculiare organizzazione fa sì che, accanto ai tradizionali ruoli e funzioni coerenti con l’appartenenza alle diverse generazioni, si creino automaticamente nuovi e diversi status interattivi tra più generazioni parallele, da cui possono scaturire problematiche che esigono la scelta di soluzioni complesse (Cigoli, 1998). La costruzione di una storia comune e condivisa impegnerà fortemente tutti i membri del sistema, che dovranno mettere in gioco competenze che facilitino la comunicazione, il sostegno e la negoziazione reciproca. In questo senso la famiglia ricostituita rappresenta un territorio di “sfida” al mondo della tradizione, anche e soprattutto per la spinta alla ricerca di nuovi modi che permettano di affrontare efficacemente le questioni man mano emergenti. Tra i “nodi” più significativi che il nucleo si trova a “contattare” vanno, dunque, inseriti il disinvestimento nella relazione affettiva con l’ex partner, il rafforzamento del legame di tipo coniugale su un piano strettamente genitoriale, nonché la costruzione del legame affettivo con il nuovo partner. Il rapporto con questa fase di transizione, che nucleo originario e nucleo acquisito stanno sperimentando, deve quindi confrontarsi con la relazione che unisce la fine di un processo all’inizio di un altro.
Il passaggio alla nuova relazione di tipo coniugale (2) si realizza attraverso un complesso percorso di sviluppo, che richiede la messa in gioco di risorse individuali e competenze relazionali mutuate dalle singole esperienze e storie di vita e combinate nel nuovo assetto di coppia (Walsh, 1993). La persona che abbia alle spalle una precedente unione a carattere coniugale può entrare nella fase di costruzione della nuova relazione in modo diverso, a seconda della misura in cui sia stata elaborata la perdita del precedente legame che – indipendentemente dagli eventuali livelli di conflittualità sperimentati – può assumere una valenza affettiva ed emozionale che va oltre la rottura agita. Di fronte alla nuova unione la persona deve, quindi, affrontare – con tutto il proprio bagaglio esperienziale – un fondamentale compito evolutivo: l’impegno nella costruzione di una famiglia diversa da quella già esperita ed il confronto con la complessità connessa tanto al nuovo assetto relazionale, quanto alla necessaria ristrutturazione del precedente.
L’entrata nella nuova relazione conduce, così, la persona ad immaginare e progettare la nuova famiglia, dovendo tener conto di tutta una serie di fattori, che hanno a che fare con la complessità di gestione di un cambiamento che coinvolge il proprio sé, il partner, i propri figli o quelli del partner stesso. Questa fase richiede la fondamentale capacità di comprendere ed accettare col tempo i nuovi ruoli in gioco, i confini che definiscono i diversi assetti familiari e le funzioni specifiche dei membri del nucleo “originario” e di quello ricostituito, ma anche tutte quelle componenti che hanno a che fare con la propria ed altrui affettività, come, ad esempio, sensi di colpa connessi alla precedente separazione, conflitti di lealtà (3) mantenimento del desiderio di reciprocità, nodi relazionali rimasti irrisolti. Il confronto emozionale con questi aspetti deve tradursi in termini di capacità di progettare la condivisione del ruolo genitoriale con l’ex partner; di offrire ai minori coinvolti un sostegno centrato sulla loro difficoltà – almeno iniziale – a rapportarsi con due ambienti familiari nuovi e diversi da quelli già conosciuti ed a gestire una doppia “appartenenza emotiva”; di organizzare e mantenere i legami tra i figli e la famiglia di origine dell’ex-partner. Tutti questi compiti di sviluppo vengono affrontati gradualmente nel percorso di costruzione e consolidamento della famiglia ricostituita, e durante la ridefinizione dei confini della precedente relazione parentale, attraverso l’accettazione di nuovi modelli interattivi e gestionali. Di fondamentale importanza i nuovi assetti educativi che il nucleo ricostituito deve affrontare, coinvolgendo nella relazione parentale anche il nuovo partner, pur se all’interno di equilibri non sempre facili da raggiungere, per la delicatezza del rapporto che sta nascendo tra il figlio ed il nuovo compagno del genitore biologico.
Quest’ultimo dovrà porre particolare attenzione nel far sì che il minore continui a mantenere il legame con il genitore non affidatario, aiutandolo a coltivare tutti quegli aspetti più funzionali alla crescita del proprio sé. Il genitore che non vive più con il minore rimane, infatti, tale a tutti gli effetti, continuando ad esercitare il proprio ruolo, e venendo riconosciuto dal minore quale figura interlocutoria di primaria rilevanza, rispetto al genitore acquisito. Questa percezione emozionale può essere tale anche qualora esistano rapporti conflittuali con il genitore non affidatario, caso in cui il minore dovrà essere facilitato dall’altro adulto di riferimento a mantenere la migliore relazione possibile nonostante le problematiche in atto. La difficoltà di rispondere a questa specifica esigenza di sviluppo del proprio figlio può combinarsi, anche, alla stessa riorganizzazione strutturale richiesta alla famiglia ricostituita, che si incontra – e spesso scontra – con la mancanza di regole sancite con precisione sia dalla legge che dalla “norma” tramandata dalle tradizioni e dal costume, ma anche con la necessità di prendere confidenza con una certa ambiguità di ruolo connessa, appunto, alla ridefinizione relazionale che adulti e minori stanno costruendo reciprocamente. Come afferma D. Francescato, «diversamente dalle famiglie nucleari, racchiuse in spazi fisici e psicologici ben delimitati, le famiglie aperte (ricostituite, ndr) sembrano avere confini variabili non soltanto obiettivamente con l’entrata e l’uscita da casa di varie persone, ma anche soggettivamente a seconda dell’evoluzione dei rapporti e del senso di appartenenza dei loro membri» (1994). La capacità di trasformare l’ambiguità dei confini in permeabilità è una delle competenze più importanti che la famiglia ricostituita acquisisce. Un modello organizzativo di questo tipo permette, infatti, ai figli di muoversi intorno e con le figure adulte di riferimento, senza per questo percepire alcuna minaccia nei confronti degli equilibri precostituiti, e spinge gli adulti ad assumere e/o mantenere le rispettive responsabilità – in primis genitoriali – senza delegare all’ex-partner compiti che sono propri.
La fragilità dei confini ancora “in costruzione” può tradursi, in particolare, nella difficoltà di gestire la relazione educativa sperimentata dal genitore acquisito, che può avere bisogno di un tempo e di uno spazio riflessivo, che gli consenta di identificare le migliori strategie di rapporto sia con il minore che con il partner, in relazione alle modalità più adeguate di condivisione della sua particolare forma di genitorialità. In queste situazioni, la persona può avvertire il rischio di mettersi in competizione con il genitore naturale assente, o di porsi come sua figura sostitutiva agli occhi del minore. La capacità di gestire il difficile equilibrio relazionale della “giusta” distanza dalla relazione che ha coinvolto in precedenza il proprio partner e la prole, richiede una specifica, particolare attenzione e l’attivazione di non poche energie psichiche ed emozionali. In particolare gli ex single che si uniscono a partner che hanno figli possono avvertire ancora di più il peso di un confronto a cui non sono abituati, data la peculiarità del mondo infantile od adolescenziale con il quale devono impattarsi. Il peculiare ruolo educativo del genitore acquisito può trovare, comunque, spazio di espressione attraverso la lenta costruzione di un solido rapporto di fiducia, procedendo per piccoli passi, evitando di interferire intrusivamente nelle questioni che coinvolgono il genitore biologico non presente nel nucleo ricostituito, e promuovendo la costruzione di un clima emotivo caratterizzato dall’affetto e dalla stima reciproca. Rapporti di questo tipo possono costituire per i figli presenti nel nucleo una seria alternativa all’ambivalenza spesso presente nei legami di sangue che uniscono genitori e figli, e possono offrire stimoli riflessivi che aiutano a ristrutturare precedenti modalità interattive adulto-minore non più funzionali all’interno del nuovo percorso intrapreso.
Θ importante sottolineare che le caratteristiche sinora descritte, pur nella loro complessità, non sembrano ostacolare i processi evolutivi dei membri di questo variegato sistema, ma anzi ne facilitano gli aspetti di creatività e ricerca di soluzioni adattive, più libere di esprimersi proprio perché prive di cornici istituzionali e sociali fortemente orientanti. Le famiglie ricostituite offrono, in questo senso, l’opportunità di sperimentarsi in ruoli e funzioni in precedenza non assunti, proprio per far fronte alla necessità di instaurare una relazione di “mutuo soccorso” funzionale alla costruzione ed allo stabilizzarsi del nuovo assetto relazionale. Esemplificativa è la situazione in cui persone che non abbiano avuto figli in una prima relazione di tipo coniugale hanno l’opportunità di sperimentare le proprie capacità di assumere funzioni genitoriali quando il nuovo partner ha, invece, in affidamento figli provenienti da una precedente relazione.
Ancora diversa è la situazione caratterizzata dalla nascita di figli all’interno del nuovo nucleo. Tendenzialmente, la possibilità di veder crescere all’interno del nucleo il nuovo arrivato, e le dimensioni cognitive ed emozionali legate alla convivenza ed allo scambio reciproco, facilitano un’accettazione che diventa sempre più incondizionata col procedere del percorso di crescita. Più difficile è, invece, per il minore che non vive all’interno della famiglia ricostituita, costruire un rapporto con un fratello acquisito, e mantenerlo nel tempo potenziandone gli aspetti di legame affettivo, senza sentirsi defraudato dello spazio di accudimento percepito da parte del genitore non affidatario. In questo caso l’ex partner convivente con il minore può svolgere un ruolo di sostegno fondamentale, qualora sia in grado di offrire al proprio figlio un appoggio ed una comprensione incondizionata, senza per questo parteggiare svalutando l’altro genitore o il suo nuovo assetto di coppia.
In un contesto di questo tipo, che pone in primo piano problematiche che richiedono soluzioni efficaci e mirate, che facilitino l’evoluzione del nuovo percorso intrapreso in comune, si creano condizioni favorenti un nuovo apprendimento, maggiormente centrato sull’altro da sé, visto nei suoi aspetti di difficoltà e fragilità emozionale, più che di interlocutore dal quale è lecito aspettarsi conferme rassicuranti. Questo processo è, ovviamente, molto complesso e non automatico, richiede tempi propri e risorse personali e sociali, ma è alla base del percorso di ristrutturazione osservabile ogni qualvolta un forte cambiamento personale si traduce in occasione di crescita ed evoluzione. Il pensiero di Giddens (1991) esplicita il carattere di crescita creativa potenzialmente insito nella famiglia ricostituita.
Secondo questo autore, i rapporti che si instaurano tra persone che non hanno legami di consanguineità hanno le caratteristiche delle così dette “relazioni pure” tipiche dell’età moderna, che ha messo fortemente in discussione i vecchi modelli relazionali orientati dalle convenienze sociali e dalla necessità di costruire rapporti corrispondenti ad esigenze normative o morali – più che ai bisogni individuali – per spostare il focus dell’attenzione sulla scelta di relazioni orientate dalla qualità affettiva del legame, e dal desiderio di sperimentare autonomamente, e al di fuori di mediazioni culturali, forme spontanee di relazionalità. La ricerca della relazione pura nasce, cioè, dal bisogno di costruire un rapporto centrato sullo scambio reciproco, sulla possibilità di criticare costruttivamente le interazioni in atto, sulla base di un legame intimo centrato sulla fiducia nella possibilità di crescere insieme. In quest’ottica, la scelta di costituire una nuova famiglia può essere letta quale possibilità di cercare una propria “nuova” identità personale e di coppia, attraverso l’attribuzione al proprio percorso di vita di significati soggettivi del tutto peculiari, e non predefiniti da criteri esterni al sé, quali i “legami di sangue” o gli obblighi sociali ed istituzionali. Un percorso di questo tipo si sviluppa a partire da processi riflessivi e di messa in discussione delle proprie scelte e stili di vita, in particolare quando le relazioni affettive vissute non sono più emotivamente soddisfacenti.
Questo implica che, nell’epoca della modernità – nel senso più evolutivo del termine – le relazioni affettive di tipo coniugale possono essere particolarmente gratificanti nella misura in cui si fondano su una condivisione di obiettivi di crescita personale, più che interferire con la loro realizzazione. Questo nuovo e più consapevole modo di percepire se stessi e le proprie relazioni affettive si è espresso attraverso un orientamento comportamentale che è andato crescendo nel tempo, producendo veri e propri mutamenti culturali e sociali che hanno coinvolto il fenomeno della separazione coniugale e le strutture ed organizzazioni della famiglia, con ripercussioni sui modelli condivisi di regolazione delle relazioni familiari. I nuovi modelli di ristrutturazione parentale trovano il loro presupposto ideologico nella consapevolezza della molteplicità dei bisogni individuali e della necessità di nuove modalità organizzative e relazionali per soddisfare tali bisogni, evidenziando l’impossibilità di far riferimento a contesti rigidi formalizzati ed obbligati, e la necessità di forme basate sulla libertà di scelta delle persone all’interno di percorsi flessibili, che tengono conto delle esigenze dei singoli (Canavelli - Lucardi, 2000). La famiglia ricostituita può rappresentare un tentativo di andare in questa direzione, attivando risorse precedentemente non utilizzate, e potenziando le capacità di interazione con interlocutori particolarmente significanti per sé, all’interno dell’accettazione di una potente sfida, quale è quella del cambiamento.

Sfide evolutive, percorsi di supporto ed interventi psicologici mirati ai membri della famiglia ricostituita

La constatazione della grande complessità ed eterogeneità che caratterizza la famiglia ricostituita porta a concettualizzare l’esigenza di strategie di intervento psicologico mirate ed individualizzate, rispetto alle difficoltà che possono manifestarsi nei diversi stadi che caratterizzano il passaggio dalla separazione alla costituzione della nuova coppia. Sembra, inoltre, utile sottolineare come, in alcuni casi, le problematiche siano strettamente connesse alla situazione di separazione e di ricomposizione della famiglia, mentre, in altre, elementi già presenti vengono acuiti dal processo di separazione stesso. La possibilità di uscire dalla crisi legata alla rottura di un precedente legame di tipo affettivo è connessa all’elaborazione cognitiva ed emozionale dell’evento sperimentato, ed all’integrazione dell’esperienza nella propria storia di vita, accettandone le dimensioni di problematicità, ma al tempo stesso superandole per accogliere nuovi percorsi di sviluppo. In questa direzione è fondamentale che gli adulti ed i minori coinvolti nel processo si confrontino con le dimensioni emotive dolorose connesse all’interruzione del legame tra i partner ed all’uscita di uno dei genitori dal nucleo originario. In questo modo sarà possibile, nel tempo, per i protagonisti di separazioni e ricostruzioni familiari, rileggere la propria storia in termini di esperienza rilevante, che ha permesso di apprendere nuove dimensioni personali e sociali, e di procedere nel proprio percorso di sviluppo. Le diverse modalità interpretative degli eventi in cui si è coinvolti influenzano, infatti, l’area dei vissuti e dei modi di percepire ed elaborare quegli stessi eventi. Sentirsi capaci di costruire una nuova storia di vita, affettiva e sociale, mette in contatto con le risorse e competenze del proprio sé, e facilita la riappropriazione di tutte quelle dimensioni che si connettono alla gestione efficace della propria esistenza. La separazione può rappresentare, in questo senso, un evento particolarmente significativo per le opportunità di crescita e sviluppo insite nel suo potenziale evolutivo. La realizzazione di questo percorso è, del resto, spesso legata a difficili processi interattivi ed emozionali, che possono esprimersi attraverso tutta una serie di problematiche di non sempre facile soluzione. In questo senso può essere opportuno e funzionale offrire alla persona ed al suo sistema relazionale significativo interventi mirati che facilitino il confronto costruttivo con quanto sta avvenendo e l’elaborazione progressiva dei vissuti connessi alle esperienze in atto.
Dalla letteratura emerge che le situazioni di alienazione, conflitto e ricerca di un nuovo equilibrio familiare possono essere affrontate con successo all’interno di percorsi di consulenza familiare; le problematiche connesse alla negoziazione del ruolo genitoriale, all’assunzione dello stesso nei confronti dei figli e dell’ex coniuge, alla progettualità per il futuro e all’ambivalenza nei confronti della separazione e dell’ex coniuge possono essere trattate all’interno di percorsi di psicoterapia individuale o familiare. Le condizioni che richiedono una ricostruzione della rete di rapporti personali possono essere affrontate positivamente all’interno di interventi di mediazione familiare (Mazzoni, 1999).
La consulenza familiare ha l’obiettivo di fornire informazioni e conoscenze volte ad aumentare i livelli di consapevolezza che consentono alla persona di mettere in atto percorsi di risoluzione dei conflitti.
In alcuni casi, è sufficiente aiutare le persone a riconoscere e potenziare le proprie risorse, del tutto funzionali ad affrontare i problemi sperimentati; in altre situazioni è, invece, necessario concludere la consulenza familiare attraverso l’invio ad altri professionisti o servizi. Il consulente familiare aiuta il cliente a focalizzare i problemi, e sostiene la coppia nella ricerca di risorse atte a fronteggiare la crisi. Questo avviene anche attraverso una riflessione condivisa sulla possibilità di rivolgersi ad un terapeuta di coppia o familiare, mantenendo sempre attivo il focus dell’attenzione sulle diverse fasi del processo di separazione, a partire dall’analisi di difficoltà e potenzialità presenti.
Nella fase del conflitto, questo tipo di intervento può essere utile per indirizzare la coppia ad un percorso di mediazione familiare e di separazione legale, aiutandola a negoziare gli accordi, prevenendo l’irrigidimento del conflitto stesso e favorendo la possibilità di impostare il ruolo genitoriale.
Nella fase di ricerca del nuovo equilibrio, la consulenza familiare può essere utilizzata per fornire informazioni relative alle differenze tra la famiglia nucleare e la famiglia ricostituita ed ai tempi di integrazione dei suoi membri, centrate sui fattori che consentono la creazione di relazioni soddisfacenti di coppia e con i figli e sulle modalità che possono aiutare il genitore acquisito a costruire un rapporto significativo con i figli del suo partner.
La mediazione familiare è un intervento psicologico che ha la funzione specifica di attenuare, o se possibile, risolvere i conflitti familiari, favorendo la riorganizzazione delle relazioni in seguito alla separazione o al divorzio.
Questo tipo di mediazione è, dunque, finalizzata a restituire agli ex-coniugi una competenza responsabile mirata allo svolgimento delle funzioni genitoriali, attraverso il recupero della possibilità di collaborare condividendo uno stesso obiettivo quale è, appunto, la crescita del proprio figlio. Anche nel caso specifico delle famiglie ricostituite, quest’intervento mira a restituire ai genitori biologici la rispettiva capacità decisionale, contestualizzandone ruoli e funzioni all’interno del nuovo assetto relazionale. La necessità è, cioè, quella di aiutare gli ex-partner, ormai coinvolti in altre esperienze di coppia, a mettere in atto un progetto di riorganizzazione delle relazioni genitoriali e di relazione reciproca dopo la separazione o il divorzio. Di fondamentale importanza è la facilitazione mirata alla gestione del rispettivo ruolo genitoriale, confrontandosi con i conflitti in modo meno distruttivo, ed identificando strategie di cooperazione che possano svolgere un ruolo di “prevenzione” rispetto alla possibilità di sperimentare nuovi o riattualizzati conflitti di coppia.
Garantire i diritti dei minori in quanto figli significa, infatti, assicurare che ciascuno dei genitori possa assolvere ai suoi impegni legati alla funzione affettivo-educativa, promuovendola e sostenendola. In relazione a ciò assume, dunque, particolare importanza la capacità di definire regole condivise per organizzare le relazioni familiari, indipendentemente dal fatto di essere o meno coppia coniugale.
L’intervento di mediazione familiare può, in alcuni casi, indirizzarsi alla tutela del minore, proteggendolo dagli abusi psicologici che i figli spesso subiscono quando la conflittualità tra i genitori non è in alcun modo contenuta, o quando uno dei coniugi tende a mantenere nel tempo un atteggiamento vessatorio e persecutorio. In queste situazioni, infatti, il figlio è triangolato all’interno della conflittualità parentale che confonde l’area coniugale con quella genitoriale. Il procedimento legale, inoltre, tende a divenire spesso cassa di risonanza dei conflitti affettivi e relazionali, in quanto le procedure giudiziarie possono colludere con la ricerca di colpe spesso agita dai coniugi in disaccordo.
La psicoterapia familiare e/o individuale, ad orientamento sistemico, può essere utilizzata come trattamento in tutte quelle situazioni in cui gli effetti del processo di separazione si organizzano e si esprimono attraverso forme sintomatiche particolarmente disfunzionali per il singolo e per il suo mondo relazionale.
I figli possono esprimere il proprio disagio attraverso sintomi quali la somatizzazione, la depressione, il comportamento aggressivo, le difficoltà scolastiche. Per questa ragione la psicoterapia familiare può essere un intervento utile volto a decodificare e a restituire significati specifici ai sintomi, connettendoli al cambiamento che sta vivendo la famiglia nel processo di separazione e di ricostituzione. Il contesto psicoterapeutico può, infatti, aiutare il figlio a riconoscere e “normalizzare” i propri sentimenti, e ad uscire dalla triangolazione, stimolando il dialogo tra i genitori e lavorando con loro affinché comprendano cosa sta succedendo. Nel caso delle famiglie ricostituite è, come già detto, fondamentale esplicitare e sostenere il ruolo da assumere in qualità di genitori biologici o acquisiti, accettando i sentimenti espressi dal sistema dei figli, e co-costruendo le regole educative del nuovo nucleo, a partire dalle indicazioni offerte dai genitori biologici, in relazione alla gestione dei minori. Ulteriore obiettivo può essere quello di valorizzare la specificità e peculiarità di questo complesso universo familiare, lavorando sulle risorse e sugli aspetti positivi, e mettendo in primo piano il contesto più ampio rappresentato dall’insieme dei nuclei che si trovano ad interagire grazie alla nuova unione di coppia.
La psicoterapia individuale può essere importante per affrontare la sofferenza sperimentata da ciascuno in seguito all’interruzione del precedente legame, e per promuovere capacità e competenze funzionali alla realizzazione di un nuovo progetto di vita.
Tale intervento può essere utile per affrontare il sentimento di ambivalenza che si manifesta nel periodo immediatamente antecedente alla separazione e i sentimenti connessi al progressivo logorio del rapporto di coppia. Possono, infatti, attivarsi difficoltà che compromettono l’equilibrio personale, congelando risorse necessarie ad affrontare efficacemente le fasi successive.
In alcuni casi possono essere particolarmente funzionali trattamenti comportamentali mirati ad affrontare i disturbi della condotta per lo pi manifestati dai figli, in particolare all’interno di famiglie ricostituite (Nicholson - Sanders, 1999), e che si esprimono attraverso aggressività, oppositività, comportamenti antisociali, difficolt di adattamento scolastico, uso di sostanze psicoattive. Nella specificit di questi contesti relazionali, sembra necessario prendere in considerazione il fattore rappresentato dalla presenza o meno di conflitti tra genitori biologici e acquisiti, che sembrano poter acuire il disturbo comportamentale dei figli incoraggiandoli a boicottare le azioni educative del genitore acquisito e rendendogli particolarmente difficile l’apprendimento in merito ai comportamenti adattivi pi appropriati In conclusione è importante sottolineare che, indipendentemente dal tipo di approccio utilizzato per intervenire nell’aiuto delle persone che si separano e ricostruiscono nuovi percorsi familiari, è la società nel suo insieme a dover assumere un ruolo aperto e disponibile al confronto, proprio per la peculiarità della nuova “sfida” sistemica che si trova a dover gestire.
La qualità della vita che le persone possono sperimentare in una fase successiva alla rottura di un legame di tipo coniugale dipende, infatti, dalla diversa considerazione che ciascuna forma societaria attribuisce all’evento separativo, e da quali e quanti tipi di sostegno sociale – formale ed informale – appaiono immediatamente disponibili per far fronte all’evento.


Note:

(1) Nel contributo Psicologia della separazione e del divorzio offerto da V. Cigoli si legge che: «Nel nostro paese solo il 4% delle spose e il 5,6% degli sposi celebrano seconde o successive nozze, mentre in Gran Bretagna, Danimarca o Germania le percentuali oscillano, per entrambi i sessi, tra il 20% e il 25%. Negli Stati Uniti, poi, la percentuale è ancora maggiore, arrivando addirittura al 40% circa dei matrimoni in cui, quasi sempre, uno o entrambi i coniugi provengono da precedenti nozze disciolte» (1998, p. 127). A questi dati va aggiunta la riflessione sulla probabile “natura” sommersa del fenomeno. Accanto alla scarsità delle ricerche realizzate sul territorio italiano si colloca, infatti, la mancata considerazione dei nuclei costituenti famiglie di fatto, o conviventi, alle quali è più difficile accedere attraverso “documenti ufficiali”. Aggiunge l’autore: «In Italia (…), dove il tasso di divorzio è inferiore a quello di separazione, non è dato conoscere quante famiglie di fatto, senza cioè il legame coniugale, provengono da un precedente matrimonio. Si ripresenta quindi anche sul piano demografico il lato sfuggente delle famiglie di seconde nozze, così come (…) per quanto riguarda il campo linguistico, culturale, psicosociale e organizzativo» (1998).

(2) Con l’accezione “relazione di tipo coniugale” si intende far riferimento a tutte quelle situazioni in cui la coppia scelga di intraprendere un percorso di vita comune, sancita dal matrimonio o dalla convivenza.

(3) Per legami di lealtà si intende quell’insieme di “regole” non scritte, che sanciscono la specificità dei singoli nuclei familiari, e che sostanziano il legame che unisce i membri sul piano generazionale ed intergenerazionale. Queste regole vanno a costituire il così detto “mandato familiare” trasmesso ai membri, e finalizzato alla sopravvivenza del nucleo, ed al soddisfacimento dei suoi bisogni di crescita e relazione (Boszormenyi - Nagy - Spark 1988).



Per richiedere l’intero Rapporto:
EURISPES
Istituto di Studi Politici Economici e Sociali
Largo Arenula, 34
00186 Roma
tel.06/68210205
fax. 06/6892898


PM --> HOME PAGE ITALIANA --> ARGOMENTI ED AREE --> NOVITÁ --> DISAGIO FAMILIARE