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PSYCHOMEDIA
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Magia, sciamani e guaritori



Dal gesto alla parola

di François Sacco


Preistoria e Psicoanalisi sono nate tutte e due alla fine del secolo scorso riaprendo crudelmente l’interrogazione sull’ umanità.
Ognuna di esse infligge all’uomo una grave ferita narcisistica, poiché esse rimettono in discussione un fantasma delle origini: l’infanzia dell’umanità non è cosi improvvisamente apparsa; l’infanzia dell’uomo non è cosi angelica, come si credeva. Esse ci costringono a rivisitare il nostro passato e a riconsiderare le tracce lasciate e a interrogarci di nuovo sulla nostra specificità.
Che credito possiamo attribuire loro?
E’ vero che gli studiosi della preistoria e gli psicoanalisti si riferiscono alla teoria dell’evoluzione, ma per i primi è l’ambiente, fauna, clima, flora e resti di civiltà che essi considerano, mentre per i secondi è l’ambiente umano, l’uomo d’oggi.
Comunque essi si ricongiungono per due ragioni:
- primo: hanno da fare con resti presenti e attivi.
- secondo: essi debbono essere interpretati.
Interpretati, per dar senso, poiché sia la preistoria che la psicoanalisi danno significato e direzione al materiale raccolto.
Direzione, ciò significa dare all’Io una vocazione unitaria, ascendente. Questa connotazione assiologica di verticalità , sembra che sia una tendenza acquisita con la verticalizzazione del quadrupede. Che cosa è la verticalizzazione se non la costituzione dell’Io che si costituisce nella distanza creata fra il caos delle cose e l’ordine della rappresentazione, cioè fra la materia e i processi di simbolizzazione e di conseguenza le forme del linguaggio.
Perché questa ricerca oggi? Forse perché la complessità dei sistemi organizzativi in presenza, che costituiscono la realtà, ci fa intuire un passaggio radicalmente diverso, perturbante, verso una sovraumanità, costituita dall’integrazione collettiva da cui possiamo attendere l’emergenza di nuove capacità umane; oppure il timore che le forze di dissoluzione ci travolgano in un destino funesto di sparizione della specie umana.
L’uomo non potrà continuare la propria evoluzione senza una migliore conoscenza di se stesso; ma è propria la complessità del ”se stesso” che ci induce a una interdisciplinarietà dei saperi che condividono gli stessi territori di ricerca affinché il pensiero scientifico, mitico e animista si congiungano per una migliore previsibilità.
La previsibilità è il riferimento al concetto di preadattazione del paleontologo francese Jean Piveteau che considera che l’uomo attuale utilizza soltanto il 40 per cento dei neuroni del suo cervello e il sovrapiù non utilizzato potrebbe essere l’eccedente necessario alla preadattazione. In sostanza siamo in presenza di una teoria evoluzionista, anche se il conseguirsi dei fenomeni rimane sconosciuto. Questo riferimento all’interdisciplinarietà, è un’esigenza etica per lo psicoanalista che non si distrae nel bene e nel piacere ma che opera per la ricerca del vero, che esige dall’individuo la rinuncia in parte alle illusioni ,e alle costruzioni dei sistemi.
È probabile che la natura biologica dell’uomo non sia cambiato dall’apparizione dell’uomo anatomicamente moderno (Homo Sapiens Sapiens) e che il suo avvenire sarà la sua capacità a costituire un’organizzazione collettiva pensante capace di non escludere ma di trasformare. Si potrebbe ipotizzare una seconda ominizzazione collettiva, che potrà concepire un nuovo concetto dello spazio - tempo come appare attraverso la fisica attuale relativista e quantica.
I studiosi della preistoria e gli psicanalisti sono nella stessa situazione, cioè sottoposti in permanenza al dubbio, poiché l’interpretazione dei “segni” suppone anche di essere attenti alle proiezioni di noi stessi, della nostra propria storia, della nostra ideologia: il nostro interesse per l’origine, il gusto che abbiamo per l’analisi del particolare, e il fatto stesso che cerchiamo di dare senso a dei resti, che per secoli, migliaia d’anni, sono stati ignorati anche se conosciuti, significa che c’è nella cultura attuale un nuovo bisogno che si fa luce non soltanto di conoscenza ma anche di cambiamento … di trasformazione.
Ripercorrere le tracce, interrogare i luoghi che hanno sostenuto questa pratica, è anche aprire un’altra strada per la conoscenza di se stesso,per scongiurare la paura del vuoto, e del caos difensivo..
L’inchiesta proposta nasce dalla mia curiosità infantile per il nascosto, il perturbante, i miti le origini..
Aver scelto questo soggetto, dal “Gesto alla Parola” è anche un omaggio verso André Leroi- Gourhan che fonde l’ipotesi centrale della sua ricerca sulla preistoria, sul legame essenziale che esiste fra tecnica e linguaggio. In questo senso “Jacques Lacan ha messo in evidenza il debito antropologico del soggetto umano verso il linguaggio, e ha così consacrato un’etica della psicanalisi a distanza dalla preoccupazione del bene e del male”( Roland Gori: Voce Psych.).
Evidentemente non potrò rendere conto dei diversi aspetti necessari per lo sviluppo dell’argomento, ricorderò soltanto che strada facendo avrei dovuto incontrare anche il biologico, il tecnico, il sociale , territori che non sono di mia competenza .
Mi limiterò così a riassumere con una breve sintesi del libro, “La parola e il gesto”(pag 259) di A Leroi-Gourhan,come inquadramento del mio intervento.
Per questo autore l’evoluzione psico - motrice partendo dai primi animali vertebrati si è fatta addizionando territori mentali nuovi che non hanno soppresso l’importanza funzionale dei territori precedenti , anzi conservandone il ruolo.
Con i mammiferi il modello da utilizzare potrebbe essere quello di una piramide di cui la punta rappresenterebbe l’integrazione psico - motrice corticale massima , dove possiamo situare gli Antropoidei primitivi e da cui partirebbe una piramide rovesciata costituita dalla proiezione sull’ esterno delle funzioni del corpo.
Sappiamo anche che la curva di crescita dell’encefalo si stabilizza con l’uomo di Nendertal ed è anche in volume superiore a quello dell’uomo moderno di cui lo sviluppo ulteriore sarà quello che si costituisce nella condivisione collettiva con altri gruppi favorendo così i processi di simbolizzazione, la forma evolutiva del linguaggio, lo sviluppo tecnologico, cioè la capacità di stabilire sempre nuovi rapporti con gruppi diversi e più larghi e definire l’avvenire anatomicamente moderno, il destino della civilizzazione.
Di conseguenza è da pensare il linguaggio come il previsibile di un mondo “a venire” anche se inseparabile dalla costruzione e trasmissione degli utensili ,di cui il motore è il desiderio e la realizzazione la conoscenza.
Il paleontologo Yves Coppens osserva che abbiamo con Homo Habilis uno sviluppo importante della tecnica per la fabbricazione degli utensili che necessita la capacità di riprodurlo di trasformarlo, di trasportarlo di trasmetterlo, cioè una capacità di pensare . Se risaliamo all’acheuleano (300000 anni prima della nostra era) possiamo vedere come l’interesse estetico è privilegiato: regolarità delle facce, negli strumenti fatti per soddisfare i bisogni, simmetria ,colore trasparenza; in sostanza l’uomo è una creazione del desiderio.. Se adottiamo il punto di vista evoluzionista lamarchiano, come l’ha fatto S. Freud, possiamo ipotizzare che il senso estetico sia anche anteriore all’origine dei Primati..
Possiamo concludere che la funzione del linguaggio non sia solo comunicativo, anzi possiamo ipotizzare che la parola sia la forma vocale delle tendenza a vedere il mondo su un modo simbolico.
Con l’uomo anatomicamente moderno il pensiero raggiunge un’alta capacità d’astrazione che implica uno stato corrispondente del linguaggio.
Infatti la figurazione grafica e plastica ritrovate nel paleolitico superiore appare come l’espressione della capacità simbolizzante del pensiero e l’espressione d’un linguaggio capace di verbalizzare la figurazione di un saper fare, di un saper inventare, di un sapere raccontare.
È vero che queste figurazioni avranno un contenuto significativo ormai perso, ma possiamo pensarle come modellizzazioni ancora presenti nel nostro comportamento.
Possiamo così fare l’ipotesi che l’uomo attuale quando appare, ha un lungo cammino da percorrere, che non sarà più tanto biologico ormai compiuto, ma sopratutto sociale sviluppando così un divenire impredicibile ma previsibile.
Comunque le basi su cui riposiamo è la parte zoologica, animale a sangue caldo, di cui le maniere costrittive si mantengono sempre viventi in comportamenti istintivi animalisti.
Ma dove va l’uomo anatomicamente moderno, da quando al pensiero parlato si è congiunto il pensiero fissato nei mitogrammi e poi nella scrittura?
Le tracce, le più antiche del grafismo, le incisioni, sono ritrovate nel Musteriano per diventare abbondanti al ”Chatelperronien”(-35000); nello stesso tempo troviamo l’uso dei coloranti ocra e manganese e gli oggetti di parure.
In sostanza possiamo dedurre che gli elementi ritrovati, non rispondono alla necessità di una riproduzione naif della realtà ma sono testimonianze della capacità d’astrazione,di concettualizzazione, di simbolizzazione della realtà in cui è ormai integrato l’uomo stesso.
Ormai l’uomo cambia la sua apparenza non più solo per il bisogno , ma per il piacere..
La realizzazione della forma porta con se un più di piacere e citando Freud ricordiamo che "ogni raffigurazione è la raffigurazione mascherata di processi mentali di manifestazioni corporali e questo senza altro motivo che il semplice piacere di raffigurare”.. E’ proprio questo piacere che interrogheremo,che ipotizziamo come espansione del desiderio che ritrova e costituisce l’oggetto della propria soddisfazione rinnovando la forma per non cadere nella ripetizione mortifera.

L’inchiesta
La mia inchiesta incomincerà con l’Homo Sapiens Sapiens cioè con il Paleolitico Superiore allorquando l’uomo lasciando il suo focolare familiare e tribale, il suo accampamento, scende nella profondità della grotta e inventa la grotta ornata.
È un avvenimento che fonde una cultura trasmissibile, per il presente e per il futuro.
Il tempo è ormai organizzato e la causalità si esprime con la fondazione dell’origine
La questione dell’origine ci invita a ritornare nelle grotte.
E’ un pellegrinaggio che necessita da noi lo stesso percorso per testimoniare il cammino da fare, per sormontare lo stato di perdita primitiva e la costruzione di un scenario portante il desiderio.
Lo stile di una cultura che si esprime per 25000 anni nelle grotte ornate nello spazio europeo sarà lo scopo la mia ricerca.

Lo Stile
Per un archeologo lo stile permette la classifica delle culture ,poiché egli fa l’ipotesi che ogni cultura ha il suo stile.
Per lo psicoanalista l’interrogazione non è il come di un’opera, ma attraverso il come porre il perché, cioè considerare l’opera come centrata sull’economia del desiderio che circola dall’autore allo spettatore e viceversa. Il mio progetto sarà di avvicinare il desiderio inconscio dell’opera che si diffonde sulle pareti delle grotte ornate,che rende il preistorico e l’uomo moderno contemporanei per il gusto del bello, del mito, della recita.
Fra l’ineffabile dell’arte e l’indicibile della psicoanalisi possiamo pensare che l’arte e la psicoanalisi possono illuminarsi reciprocamente ?

Il cammino
Una visita di una grotta ornata del Paleolitico Superiore da uno studioso della Preistoria, e da un psicoanalista conduce a delle osservazioni interessanti.
Per il primo lo stile dell’opera osservato sarà da estrarre con la riconoscenza delle forme, poi con la definizione degli insiemi, con la tassonomia, organizzarli in una conoscenza. Per il secondo, lo stile apre un’interrogazione partendo dall’emozione estetica, lo riconduce alla teoria del sintomo e alla sua organizzazione psichica; in sostanza alle procedure di figurazioni come investigazione dei modi di pensare.
Possiamo ipotizzare una similitudine di procedimento fra il lavoro al quale è sottomesso il pensare nel sogno e il lavoro di trasformazione del pensare dello preistorico nella grotta ornata.
Le pareti della grotta sono cosparse d’immagini che sono più vicine alle rappresentazioni, più vicine al modo di pensare utilizzato dal fantasma, dal sogno, poiché utilizzano la condensazione, lo spostamento, l’associazione dell’eterogeneo per costruire il mito necessario al pensiero animista. La carica fantasmatica dell’immagine è trasmessa tramite vie che hanno un’analogia con i processi che organizzano l’apparizione del fantasma. Non soltanto, l’insieme raffigurato costituisce scene che attraggono l’individuo e il gruppo per costituire i legami reciproci, mantenerli ,rinforzarli.
Possiamo pensare che la chiusura in uno spazio confinato, oscuro della grotta può favorire la via regressiva del pensare notturno della mente.
Una tale determinazione necessita che l’opera sia esaminata con attenzione nella sua struttura, senza che limiti la capacità associativa dello spettatore, anzi direi, che l’essenziale di questo accesso all’opera sia il godimento di sé permesso dall’esperienza sensoriale e motrice che chiameremo anche empatia.
Da molto tempo pratichiamo le grotte ornate; abbiamo notato che la struttura dello spazio comanda le forme raccolte. Abbiamo anche notato che faccia e profilo sono due figure, due procedimenti, inegualmente presenti nelle grotte ornate, che interrogheremo,poiché la presentazione di profilo appare come la norma figurativa mentre quella di faccia una eccezione; anzi, quando questa è presente, sarà indeterminata, mascherata , sfregiata con pochi elementi di riconoscimento come se il camuffamento specifico del viso umano fosse una necessità per non tradire una causa originaria.
Non dobbiamo dimenticare che Freud ci ha invitati ad abbandonare il fenomenico per pensare l’originario e non l’origine, il conflitto primordiale e non il primitivo, l’angoscia nello sviluppo e la colpa nell’ evoluzione.
Così l’inaccessibile dello sconosciuto, la ricerca d’una causalità imperniata sul principio del piacere e della realtà diventa la costituzione della realtà psichica.
E’dunque il destino delle trasformazioni pulsionali che instaura l’oggetto psichico comune. La grotta ornata non è un luogo illustrato ma un luogo capace di creare un pensare comune che forma i miti, le trasformazioni del pensare e la permanenza della capacità di sollecitare l’emozione individuale e gruppale.
Come pensare l’inconscio individuale e le formazioni gruppali?
La nostra epoca, in cui il relativismo è diventato sinonimo di valore collettivo,alla base di quello che Gianni Vattimo aveva definito pensiero debole, in cui la storia ha cessato di contenere l’idea d’un progresso, sia quello che ora definiamo idolatria del nuovo, l’espressione di un rapporto trasformativo fra il pensiero mitico e il pensiero religioso.
A questo punto domandiamoci: quale è il senso della psicoanalisi oggi?
Francis Pasche pensa che possiamo classificarla nella stessa categoria dove troveremo anche la metafisica, la mitologia,la religione, cioè in pratiche umane che cercano non soltanto la conoscenza ma anche il cambiamento. L’analogia di questi modi di produzione psichica con la psicoanalisi si approfondisce "quando si vede che il loro contenuto è l’espressione evidentemente inconscia, trasparente ma proiettata dell’inconscio il più profondo ‘’(F.Pasche)

Stile,preservazione,trasmissione del senso.
Abbandonando la tradizione scritta, abbiamo visitato le grotte del Paleolitico Superiore (LASCAUX, ALTAMIRA, NIAUX) per darci alla pratica della figurazione delle grotte ornate, alla ricerca dell’origine, che diventò presto quello dell’ originario.
L’opera ammirata sulle pareti delle grotte ornate necessita che essa sia animata dalla parola, affinché lo sguardo di ognuno, organizzi degli insiemi, delinei un senso possibile per rispondere alla domanda: “Che cosa può essere? Chi l’ha fatto?”.
L’esperienza è immediata; sappiamo anche, che quello che appare non è quello che è; in questo confronto con il non pensato, tutto è ancora presente, e i sistemi di significati si dispiegano, l’opera riprende vita.
L’uomo si riconosce come interprete e tesse nuovi legami.
Abbiamo esplorato la grotta, e lo strumento utilizzato, la psicoanalisi, ci è apparsa adatta, poiché l’abbiamo sempre pensato come strumentazione del rapporto dell’individuo nella conoscenza di se stesso.
E’ proprio in questo che definiamo il proprio dell’ uomo, cioè, il desiderio che apre alla vita e organizza i processi psichici per esplorare territori nuovi..
Ricordiamo, se tendere alla felicità è un oggettivo vitale, questa aspirazione presenta due aspetti:
- una negativa, evitare il dolore,
- l’altra positiva, accedere al piacere.
La sofferenza ci costringe a elaborare strategie e fra queste ricordo: ”L’arte è il solo
modo in cui la (totopotenza) delle idee si sia mantenuta fino ad ora... e grazie all’illusione artistica, questo gioco produce gli stessi effetti affettivi che la realtà delle cose” (Freud : Totem e Tabù, 1913).

Lo spazio della grotta
Il tempo della Preistoria del Paleolitico superiore è il tempo dell’ Homo sapiens sapiens, che si sviluppa specialmente nel sud-ovest della Francia, nel Nord-ovest della Spagna. Non dobbiamo dimenticare comunque che è una civilizzazione molto più larga che si esprime anche nell’America del sud e in Australia.
E una cultura della luce del giorno, e della notte.
La prima è molto meno conosciuta perché meno bene conservata, la seconda si presenta a noi con la forza d’una opera contenuta e strutturata dal percorso dell’uomo nello spazio della grotta. Il giorno e la notte, un succedersi necessario affinché l’oggetto della percezione non sia perso e non trascini con se la perdita della rappresentazione. La regressione dell’Io notturno e l’impulso pulsionale alla ricerca della soddisfazione allucinatoria del piacere fa ripercorrere le tracce del desiderio che spinge alla ripetizione dell’esperienza più che alla coscienza del suo oggetto.
Non è un percorso facile, lo spazio scelto per le figure rispondono a una logica strutturale alla quale noi non abbiamo ancora accesso.
Non ignoriamo il piacere nel percorrere questi spazi, neanche l’angoscia, la paura, lo sgomento d’uno spazio che sovente ci costringe a umili appiattimenti.
Quali sono i principi che governano la produzione di queste forme?
Senza troppo soffermarci sulla temporalità di queste produzioni e neanche sulle differenze strutturali di ogni regione o di ogni grotta, ci interrogheremo sullo stile figurativo dell’arte delle pareti delle grotte del Paleolitico superiore che durerà 25000 anni, isolando qualche elemento caratteristico.

La grotta ornata
Osserviamo prima di tutto che le figure preistoriche delle grotte ornate, sono cosparse su un lungo tempo e appartengono a spazi diversi, ma hanno caratteri comuni che costituiscono una cultura ben diversa di quella Neandertaliana o quella Epipaleolitica.
Questi caratteri comuni costituiscono un insieme omogeneo ma inegualmente diviso fra animali più o meno realistici, umani più o meno astratti e segni geometrici.
Una prima osservazione fatta dagli studiosi della preistoria ci insegna che le figure animali non sono proporzionalmente rappresentative delle specie viventi e neanche della loro importanza economica.
Per esempio, la renna cosi importante come risorsa di ricchezze materiali è all’origine di molti scambi intra e extra gruppali, è poco rappresentata.
Un’altra osservazione fatta, riguarda il numero ristretto dei temi con animali: “una dozzina di specie si condividono la quasi totalità delle rappresentazioni animali e soltanto due o tre fra queste sono sufficienti per descrivere la metà degli animali presenti in una grotta “. Sul piano morfologico la presentazione degli animali è d’una grande ricchezza e giustezza espressiva.
Le rappresentazioni umane sono poco frequenti, poco esplicite, povere in elementi descrittivi. Notiamo comunque che l’uomo può essere trattato come gli animali: rappresentazioni parziali, testa e organo sessuale isolati, mascherati, personaggi eterogenei e itifallici, mani positive e negative
Le rappresentazioni femminili sono dominante nello statuario mentre il maschile minoritario, sarà più presente nell’arte delle pareti.
Quali sono i legami che riuniscono tutte queste creature?
Possiamo pensare che un numero cosi piccolo delle specie rappresentate siano un’indicazione sulla loro dignità metafisica?
Questa ipotesi potrebbe essere anche un’indicazione sul proiettato come avvenimento del pulsionale nelle sue trasformazioni psichiche, accettate e idealizzate dal gruppo.
Quale unità possiamo intravedere da queste figurazioni animali, al di là dello strutturalismo de Leroi-Gourhan?
In questo insieme, diversificato nella sua composizione, ma identico nella presenza degli stessi componenti, ognuno potrà vivere emozioni simili per mantenere la propria appartenenza al gruppo.
Domandiamoci come si costituiscono i rapporti individuo-gruppo?
Il mito freudiano dell’ orda primitiva si pone come metafora di questo legame e non come un fatto avvenuto, primitivo, storico, ma mai osservato, come Freud (1913) stesso aveva sottolineato.
Tuttavia, la formulazione di questo mito permette di pensare il legame fra la psiche individuale e gruppale, fra l’ambivalenza degli affetti che il bambino manifesta verso il padre e quella degli adulti in confronto alle Istituzioni. E’ questo il proprio dell’uomo, cioè la tentazione di darsi al corpo (pulsionale) e il tentativo di emanciparsi da questo, creandosi una genealogia divina (Superio, Ideale dell’ Io), che ha la caratteristica di non essere un’immagine di se stesso,ma un’immagine metaforica, creata con la conoscenza umana del mondo animale diventato oggetto psichico latore di tutti i bisogni, di tutti i desideri di tutte le soddisfazioni, cioè rappresentante del Es e dell’Ideale dell’Io, del Superio all’origine stessa della loro separazione, dove l’ambivalenza dei sentimenti necessita procedure rituali sofisticate.
Monumentale è l’arte delle caverne ornate e la conoscenza necessita un percorso iniziatico, lungo, spesso angoscioso, segnalato da immagini da cercare come tracce; tracce che il preistorico cacciatore sapeva riconoscere.
Ricordiamoci che l’arte del Paleolitico superiore appare dopo l’organizzazione dei riti di sepoltura nella cultura, cioè dopo che il gruppo abbia considerato il suo destino nel destino di ogni individuo che ha accettato le sue regole.
E’ dunque una pratica rituale che partecipa alla costituzione della memoria come capacità di innovare rapporti di trasmissione e d’affiliazione.

Lo stile e l’affiliazione necessaria.
Lo studioso della preistoria è soprattutto un classificatore, e dal suo modo di procedere dipende l’interpretazione.
Per lo stile, il criterio scelto è fondamentale come il metodo informatico ci ha mostrato.
Lo stile è il proprio d’una cultura.
A titolo indicativo un riassunto molto schematico del lavoro, fra i più importanti della preistoria, di Andrea Leroi-Gourhan, ci farebbe vedere come costruzioni teoriche dell’ autore con modelli evoluzionista, strutturalista, statistico, senza ignorare la psicoanalisi ha permesso un primo passo importante, anche se non risolutivo di un’interpretazione costruttiva delle grotte ornate del Paleolitico Superiore. Possiamo così distinguere:

-1) quattro stili, diversi e evolutivi Musteriano, Aurignaziano, Solutreano e Maddaleoniano che vanno: dall’astrazione di segni alla figurazione di più in più plastica e precisa per poi regredire e sparire.
-2) Una strutturazione di tutta la grotta in un sistema figurativo

-3)un accoppiamento (di vicinanza) di due animali ,per esempio bisonte cavallo interpretati come maschile e femminile con la presenza di un terzo nelle vicinanze

4) La differenza sessuale condotta fino al simbolico dei segni

Pur essendo un passo importante verso una migliore conoscenza della cultura del Paleolitico Superiore questa teoria non si verifica in ogni caso.
Quale potrebbe essere un nuovo tentativo oggi?
Prima di tutto , se visitiamo Lascaux, Pech-Merle, Altamira, Niaux, potremo notare:
che le figurazioni presenti sembrano galleggiare nello spazio: l’adattamento alla forma delle caverne,per esempio, la curvatura e il rovesciamento della schiena di un animale o il raggruppamento o lo stiramento del corpo, annunciano una grande libertà di rappresentazione, e anche un limite,come per esempio: il disporre gli animali di profilo o di faccia.
E’ proprio questo rapporto di stile, faccia/profilo, e la selezione degli animali rappresentati che ho scelto per analizzare modi di pensare e testimonianza di una civilizzazione che durò almeno 25000 anni, definita, civiltà dei cacciatori e dei coglitori.
E’ dunque il tempo in cui potremo notare una iconografia naturalistica per gli animali, astratta e più rara per gli umani, dominata dall’espressione grafica di profilo, l’espressione di faccia rimanendo eccezione.
Il trattamento specifico delle mani quasi sempre riprodotte e mai disegnate, positive o negative, sono una indicazione sulla sua funzione sineddoche. Questo trattamento identico dell’animale e dell’uomo, ci conduce a un’opposizione fra figure dette determinate (Lorblanchet 1986) e indeterminate; queste ultime non possono essere considerate come dovute a un’incapacità tecnica, ma come un saper fare necessario per l’espressione d’un pensiero che si esprime per mezzo della decategorizzazione e che organizza l’oggetto psichico
Questa categoria dell’ indeterminato è molto estesa, eterogenea, poiché dipende anche dal metodo di raccoglimento dei studiosi della preistoria.
L’indeterminato è dunque un campo delle rappresentazioni che può esprimersi con differenti modi.
Potremo così ricordare lo spazio delle pareti delle grotte come l’abside di Lascaux, il santuario “des Trois-Frères”, il soffitto dei geroglifici di Pech-Merle, de Rouffignac, che limitano molto le analisi classificatrici abituali.
Lo studioso Denis Vialou, alle prese con queste difficoltà, mantiene anche lui l’opposizione fra questi insiemi che appaiono come strutturati, definiti e altri che sfuggono a ogni intendimento e che hanno comunque una realtà spaziale e grafica.
Un altro studioso Michele Lorblanchet (1986) ricorda che almeno la metà degli animali sono soltanto delineati da qualche tratto, linea, dunque animali parziali, soventi mal definiti.
L’autore si domanda, tenendo conto di queste osservazioni, se dobbiamo rinunciare alla tecnica classificatrice. Pertanto, Lorblanchet pensa che gli elementi parziali presenti possono combinarsi fra di loro, per costituire rappresentazioni di animali non naturali, definite immaginarie, mostruose; aggiungerei con questi elementi talvolta semplici ,talvolta associati su un modo complesso possiamo ipotizzare un primo tentativo di passaggio dal figurativo idealizzato a una forma concettualizzata che libera l’uomo in parte,dalla forma animista per poter tracciare una prima scrittura.
Bisogna notare che la composizione, che sia completa o incompleta, è costituita da segmenti che appartengono a animali differenti e quanto a queste, si aggiungono parti umani, queste ultime costituiscono sempre la parte inferiore del corpo.
L’uomo è raramente presente di faccia sulle pareti delle grotte ornate. Il problema della presentazione di faccia e la cancellazione del viso lo ritroviamo non soltanto sulle pareti ornate,ma anche nello statuario.
Spesso il viso si limita a una sfera, oppure a forme caricaturali, bestiali, e un gioco semantico sembra essere stato ricercato fra facce e maschere. Quando siamo in presenza di ritratti umani, come sulle lastre ritrovate nella grotta “de la Marche” (Pales) esse sono sempre di profilo, ricoperte da incisioni multiple; una soltanto è stata trovata con ritratto di faccia.
Abbiamo dunque la prova che il preistorico ha le capacità mentali e strumentali per trasmettere anche il suo ritratto.
Ci accorgiamo cosi che lo stile, una volta definito diventa una strumentazione d’appartenenza all’identità gruppale, non soltanto ma anche più generale, a una cultura.
Dunque possiamo fare l’ipotesi che le figurazioni pitturali delle pareti delle grotte, iniziano e sostengono un’attività figurativa rituale che riduce a semplice differenza una eterogeneità radicale.
Il discorso si organizza e si elabora sulla base dell’identità per procedere all’organizzazione dei significanti.
Possiamo fare l’ipotesi che l’arte delle caverne ornate, è arte di sostituzione, di travestimento nella costituzione d’una figurazione che maschera e espone l’ambivalenza dei sentimenti per costruire recite mitiche.
Il sentimento che proviamo nel percorso della grotta malgrado le diversità dei luoghi e rappresentazioni, è quello d’un tempo circolare, la ripetizione d’una liturgia d’una società che si dà a se stesso la propria rappresentazione che garantisce la sua identità.
Tuttavia, il salto nell’ oscurità della grotta lontano dal modello, ma vicino alla finzione, lontano dai rumori ma più vicino a sé, fa apparire le deformazioni figurative necessarie per poter pensare.
In sostanza le pareti delle grotte ornate possono essere pensate come riserve inesauribili d’un sapere mitico come fondo arcaico individuale e gruppale, come origine della futura scrittura
Il mito è una conoscenza gruppale che ha bisogno d’essere trasmesso. La chiusura nella grotta è una messa al riparo dalle fluttuazione e incapacità delle trasmissioni orali.
Forse dobbiamo considerare queste raffigurazioni, come un primo tentativo di costituire un campo religioso in cui i miti sono integrati e legati
La necessità d’una interpretazione dà ad ognuno la possibilità di riconoscere il proprio funzionamento mentale.
Quale sarebbe il centro di gravità che potrebbe strutturare questo universo?
Come pensare un perché originario? Il mito non esclude, ma la sua scrittura la circoscrive.
Il modo di pensare mitico necessita il rinnovo del suo contenuto poiché l’adesione del gruppo si mantiene con il suo rinnovo. Nello stesso tempo la permanenza del gruppo necessita una coerenza, un sistema, un modo di pensare interpretabile sostenuto da un potere centralizzante.
Lo stile dell’insieme raffigurato è il garante dell’identità; esso necessita la chiusura d’un spazio per evolvere mantenendo la forma e il ritmo per un universalismo organizzatore d’una logica figurativa riduttrice del potere selvaggio e disorganizzante dei miti.
La prima osservazione da fare è la presenza d’un realismo”animalistico”,che mantiene i legami con la percezione mentre la caratteristica della figura umana è proprio l’allontanamento dai legami con la percezione. L’astrazione della rappresentazione umana, l’insieme dei segni astratti, il realismo animalistico definiscono categorie intellettualmente utili, ma ci dicono poco sulla strategia dell’arte nell’influenzare gli spiriti umani. Sappiamo comunque che gli interpreti gli sciamani e altri, assicurano la conservazione, e i cambiamenti necessari per mantenere la propria cultura in vita

Procedimenti di figurazione o lo stile della trasmissione del senso.
Abbiamo già detto che la presa in considerazione dello stile è una pratica abituale degli studiosi della preistoria.
Abbiamo anche detto che l’uso del profilo è abituale per gli animali mentre per gli antropoidei, sarà l’astrazione, l’indeterminato del contorno, a caratterizzare la loro presenza.
Se prendiamo per esempio la grotta ornata di Lascaux, Denis Vialou ha notato, che esso è Magdaleniana (17000) e presenta 600 incisioni e pitture d’animali , tutti trattati
in un modo naturale. L’autore nota l’opposizione del grandioso del mondo animale con la sola, unica, povera stilisticamente, rappresentazione umana, messa in fondo a un pozzo davanti un bisonte sventrato plasticamente interessante, grandioso.
Tutte queste 600 figure sono di profilo; una di esse arriva a 5,50m di lunghezza, mentre una sola si presenta di faccia, piccolissima di qualche centimetro, nel diverticolo dei felini. Scena spettacolare,che presenta due felini pronti a affrontarsi
mentre un cavallo ridotto a pochi tratti, visto di faccia sembra assistere allo spettacolo..
In sostanza all’eccezionale presenza del cavallo di faccia unica per tutto la grotta, povera in figurazione, si oppone di fronte un combattimento di felini con segni evidenti di sofferenza.
Siamo dunque in presenza, in questa grotta, di due scene drammatiche:
L’uomo del pozzo a testa d’uccello ridotto a una forma simbolica, disteso che tiene vicino un bastone ornato con un uccello, e altri segni, simboli. Sul corpo dell’uomo notiamo un sesso eretto esibito davanti un bisonte sventrato, maestoso. La scena dei felini con il cavallo è l’unica scena che evoca per noi una triangolazione
In questi due casi possiamo ipotizzare la rappresentazione di una recita drammatica, forse la narrazione di scene simboliche dove la reciprocità della sofferenza cacciatore/animale è la manifestazione d’un sentimento di colpa universale; non soltanto ,ma anche una scena primitiva di castrazione.
Il visitatore è invitato a pensare.
Poco importa se la rappresentazione della scena del pozzo rappresenta un cacciatore, uno sciamano, un sognatore, quello che è indicato per la prima, unica volta, è la reciprocità della sofferenza, della lotta, del destino e la presenza del fantasma originario.
Quello che fa memoria è l’insieme della scena. Possiamo pensare che questa scena centralizzi la struttura dell’insieme rappresentato, che necessita una chiusura, istituendo così un mistero, un luogo da interpretare.
L’interiorizzazione collettiva della scena sarà forse l’espressione dell’appropriazione dell’ambivalenza dei sentimenti e dei desideri.
Abbiamo incominciato la ricerca sul proprio dell’uomo limitando la nostra attenzione sul dispositivo stilistico plastico faccia/profilo.
Beninteso non ignoriamo che questa problematica sia anche presente in tutta la cultura mediterranea in particolare nella cultura greca, poiché si tratta della questione del simile, dell’ identico, dell’altro e finalmente dell’ancoraggio dell’identità.
Come si organizza il trattamento dell’immagine dell’uomo e il potere di questa su se stesso?
Le maschere del quaternario.
Se l’uomo preistorico traspone, quello che sarà conservato nella trasposizione, è l‘indifferenziazione originaria, la credenza che instaura l’avvenimento dei processi di simbolizzazione.
L’ipotesi della maschere, che fa seguito alla iscrizione sul corpo, superficie fondatrice, indica la separazione e il suo diniego, poiché se la sua fabbricazione necessita un saper fare, una pratica rituale e una celebrazione gruppale che gli dà un potere e conferma il suo potere, l’accentuazione della rappresentazione degli organi dei sensi, bocca, occhi, naso, orecchie, e altre caratteristiche corporali mantengono ancora la ricerca d’una relazione fusionale e non soltanto una caricaturale come l’hanno dedotto alcuni studiosi. Farei l’ipotesi che siamo in presenza di maschere animaliste, umane, camuffamento, come risultati di associazioni d’idee per similitudine e contiguità che mantengono il contatto animistico con il mondo animale.
Possiamo considerare il gruppo dei preistorici come gruppo selvaggio secondo la definizione di Pierre Clastres, cioè composto da un numero poco numeroso di componenti, organizzato intorno a un capo a cui aggiungerei un’interprete. Doppio potere che dia due punti di vista, per mantenere coesione e identità del gruppo, e costruire nuovi legami.
Per illustrare l’argomento prenderò come esempio un insieme pitturale di una grotta ornata “I tre fratelli” (Ariège), nei Pirenei, dove dominano esseri compositi: uomini/animali.
Nella grotta ornata dei “Tre fratelli” appare la figura emblematica del “Dio con le corna” inciso e pitturato di profilo, ma a differenza dello”stregone con arco musicale” e “lo stregone bisonte”egli svela agli spettatori, il suo viso di faccia e tutto il suo corpo composto da segmenti di diversi animali: dai piedi alla cintura l’aspetto è umano e animale il resto.
La faccia è composta da felini , civette e cervo. La coda ricorda quella della volpe o del lupo.
IL sesso è un problema,poiché alcuni lo interpretano come umano, altri come quello d’un felino..
Se pensiamo allo sguardo del “Dio con le corna” che si pone sugli spettatori , lo possiamo vedere come una costrizione .
Tuttavia l’immagine nell’insieme, mantiene l’essenziale del proprio dell’uomo cacciatore; piedi, per riconoscere la tracce e distinguerle da quelle degli animali; sesso che trasmette la vita e questo non é soltanto un’indicazione anatomica, ma anche un simbolo del potere di trasformazione, un fallo. Altri elementi delle altre composizione che conducono al pannello del “Dio con le corna” confermano questo punto di vista.
In questo ultimo pannello, ci sono dettagli che non furono osservati dall’ abate Breuil.
In fatti egli aveva descritto uno stregone mezzo uomo fino alla cintura e mezzo animale ( Bisonte) dietro una renna femmina, che esponeva il suo ano e la sua vagina. Al di sopra della groppa appare un profilo indeterminato probabilmente d’una femmina, sicuramente antropomorfa nota Denis Vialou.
A un metro dal pannello, un altro insieme costituito da un groviglio di linee e di animali, presenta un’ altra figura composita mezzo uomo e mezzo bisonte, la testa girata di fianco e un sesso eretto specifico del bisonte eccitato, e la parte umana si limita al disegno dei ginocchi e delle gambe.
L’ipotesi che possiamo fare è che questi esseri compositi rappresentano il potere di trasformazione e il passaggio dall’uomo all’animale e viceversa. Possiamo anche dire che questa doppia natura del ‘Dio con le corna e altri stregoni indicono anche la trasformazione dello stato di natura in stato di cultura.
Cosi il sessuale accede a una funzione d’organizzatrice dell’universo dei segni.
In sostanza l’immagine compie un miracolo ,rende la realtà esterna omogenea alla psyche. Essa ci trascina verso il simile, l’identico, il somigliante, l’imitabile; le differenze semantiche di questo avvicinamento indicano i processi psichici, che vanno dall’ identificazione alla ripetizione e al senso-motore; dalla recita, sostegno della differenziazione soggetto/oggetto a l’indifferenziazione la più alienante. Queste trasformazioni corporali codificate come rappresentazioni di stregoni, quando si presentano particolarmente di faccia, sembrano conferire ai rappresentati sciamani, stregoni, capi, dei poteri essenziali alla coesione del gruppo, sottoposto all’angoscia degli avvenimenti imprevedibili che necessita una forte coesione sociale.
Questa coesione potrebbe essere ottenuta da una dipendenza psichica individuale e gruppale a un capo potente costituito dai fantasmi inconsci, come lo racconta il mito dell’orda primitiva, pensata psicoanaliticamente da Freud.

Queste considerazioni generali sono dedotte soltanto partendo dall’arte franco-cantabrico
Se consideriamo lo stesso fenomeno in Sicilia ,attenendoci soltando allo stile delle rappresentazioni essenzialmente incisive possiamo fare l’ipotisi che esse sono la testimonianza di un fase più tardiva,da situare nel corso del Pleniglaciale würmiano(+o-12000 anni da oggi). Infatti non abbiamo un’arte monumentale pitturale nelle profondità, ma essenzialmente un’arte incisiva; semplificata quasi descrittiva, miniaturizzata, discreti.. Almeno sono le impressioni che possiamo avere riferendoci alle grotte: Addaura(Palermo) Niscemi(Palermo), Levanzo(Trapani), Grotta dei Cavalli (Trapani) Giovanna(Siracusa)

Conclusione.
Abbiamo considerato la categorie delle figure dette indeterminate come riserva figurativa per la costruzione dei miti e della scrittura.
La categoria detta determinata, costituita dalle figurazioni animaliste, umane, e composite, danno la forma a temi mitici che differiscono in significazione da una cultura a un’altra; la permanenza dello stile è la testimonianza di un pensare comune religioso,centralizzatore che necessita un interprete
In conseguenza l’uomo, con il suo lavoro semantico e poetico, ha saputo dotarsi di mezzi rappresentativi molto elaborati, per fare fronte, allo smarrimento, alla paura all’angoscia, al vuoto, alla mancanza, costituendo cosi un oggetto mentale che lo garantisca con la sua presenza e le sue trasformazioni.
Forse il miracolo dell’arte delle caverne è stato proprio quello di dare le mediazioni figurative mitiche necessarie per le trasmissioni e trasformazioni dell’umano.

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