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PSYCHOMEDIA
RISPOSTA AL DISAGIO
Anoressia e Bulimia



Rischio culturale nei disturbi alimentari: intepretazione dei dati italiani

Giovanni Maria Ruggiero

Clinica Psichiatrica II, Ospedale Maggiore I.R.C.C.S., Università di Milano,
via Francesco Sforza 35, I-20122 MILANO.

Corrispondenza a: Giovanni Maria Ruggiero, Clinica Psichiatrica II, Ospedale Maggiore
I.R.C.C.S., Università di Milano, via Francesco Sforza 35, I-20122 MILANO.
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ANORESSIA NERVOSA E SOCIETA' OCCIDENTALE

Nel modello eziologico multifattoriale dei disturbi alimentari di Garfinkel e Garner, (1982) rientrano alcuni fattori definiti di tipo socio-culturale. Questi fattori socioculturali sono generalmente considerati come tipici delle cosiddette società occidentali ad alta industrializzazione e tenore di vita. La loro introduzione nel modello di Garner e Garfinkel si spiega considerando come, a partire dagli anni '60, i disturbi alimentari abbiano assunto una diffusione epidemica proprio nelle società occidentali. A loro volta, e circolarmente, questi fattori socioculturali "occidentali", servono a spiegare brillantemente alcune caratteristiche nuove assunte dai disturbi alimentari dopo che si sono così largamente diffusi nelle società occidentali. Queste caratteristiche sono: 1) la grande importanza assunta da alcuni aspetti fenomenologici, come la paura di ingrassare e disturbo dell'immagine corporea (Gordon, 1998); 2) l'insorgere di un nuovo ideale di bellezza femminile cosiddetto "tubulare", diventato popolare tra i media dell'occidente in sbalorditivo parallelismo con l'esplosione epidemiologica dei disturbi alimentari (Garner et al., 1980; Wisemann et al., 1992); 3) l'incremento della vulnerabilità sociale delle donne adolescenti occidentali nel gruppo dei pari, attraverso il teasing (prendere in giro) che accompagna anch'essa l'esplosione dei disturbi alimentari (Cash, Winstead e Janda, 1986; Striegel-Moore, 1993; Thompson, Coovert, Richards, Johnson e Cattarin, 1995). L'evidenza dimostra che l'aumento di prevalenza dell'anoressia nervosa si accompagna all'urbanizzazione, al progresso tecnologico, all'emancipazione sociale della donna (Hoeck et al., 1995).

ANORESSIA NERVOSA E SOCIETA' NON OCCIDENTALI

Accanto a questa corrente di pensiero, ve ne é una seconda, la quale, pur non negando la grande importanza della cultura occidentale nel favorire l'esplosione epidemica dei disturbi alimentari, si chiede se questi possano svilupparsi anche in altri ambienti socioculturali. DiNicola (1990) ipotizzò che il digiuno femminile sia una sorta di camaleonte storico, di Proteo, presente in varie epoche e culture, sia pure sotto diversi nomi. Egli chiamò anorexia multiforme la base comune di ogni manifestazione storica di questo fenomeno, dalla "santa anoressia" del medioevo alle ragazze digiunanti del XVII-XIX secolo, fino alla clorosi del XIX secolo.
E' possibile che questi precedenti culturali dei disturbi alimentari siano ancora presenti in società a bassa industrializzazione, e che queste forme, quando osservate secondo i criteri diagnostici della psichiatria, presentino alcuni tratti caratteristici. Potrebbe essere questo il caso dello studio di Lee, Ho and Hsu (1993). Si tratta di uno studio misto retrospettivo-prospettivo su 70 pazienti anoressiche cinesi. Risultò che 41 (il 58.6%) di quelle 70 pazienti non avevano mai esibito la paura di ingrassare per tutta la storia naturale del loro disturbo. Quelle pazienti piuttosto giustificavano il loro insufficiente apporto di cibo invocando il gonfiore di pancia, la perdita di appetito, l'assenza di fame, il disgusto per il cibo, o anche un semplice: non so (Lee, 1993). Secondo questi autori, è possibile pensare che la paura di ingrassare non è un sintomo universale dell'anoressia, ma un tratto legato ad un contesto culturale, l'Occidente. Allo stesso modo, la tensione verso la santità e la purezza si legherebbe al Medio Evo, le giustificazioni riportate dalle pazienti cinesi alla cultura rurale cinese, ecc. Katzman e Lee (1997) hanno ulteriormente supportato l'ipotesi aggiungendo due argomenti: la paura di ingrassare non è presente nelle prime diagnosi formulate da Gull e Laségue nel secolo scorso, e perfino nella letteratura scientifica occidentale vi sarebbero casi di anoressia senza paura di ingrassare.
Secondo Katzman e Lee (1997), in società in transizione dalla civiltà contadina a quella industriale, le adolescenti potrebbero sviluppare il disturbo alimentare non solo per imitazione degli ideali socioculturali di bellezza occidentale, ma anche come reazione a una situazione di elevata emotività intrafamiliare, tipica della famiglia in transizione dal modello patriarcale a quello moderno. Come vedremo più in dettaglio, è questo forse il caso dell'Italia meridionale.

ANORESSIA NERVOSA E SOCIETA' ITALIANA

L'Italia è un paese culturalmente occidentale, ma con tratti contraddittori. Una parte di esso, il Sud, soffre ancora di arretratezza economica e tenori vita più bassi (ISTAT, 1998). La condizione sociale della donna meridionale è in transizione (Siebert, 1991). In particolare, le adolescenti meridionali vivono in un ambiente socialmente desertificato, in cui vi é la fine della famiglia patriarcale "larga", fatta di molti fratelli e parenti di vario grado, (essa tende a restringersi ad un modello nucleare "moderno", genitori e 2-3 figli) e contemporaneamente l'assenza di una società di adolescenti "pari" in cui sviluppare una personalità autonoma al di fuori della famiglia. Queste ragazze sono così imprigionate nella famiglia nucleare "piccola". Inoltre, l'emancipazione femminile è sì diventata socialmente accettabile, ma materialmente non è sempre attuabile a causa della elevata disoccupazione giovanile (Siebert, 1991; Leccardi, 1995; 1997). La conseguenza è che la ragazza meridionale, mentre è sicuramente meno sensibile ai modelli di bellezza femminile "tubulare" (Ruggiero et al., in press), soffre di un ambiente familiare soffocante, ad elevata conflittualità interna, che potrebbe essere altrettanto culturalmente patogeno per un disturbo alimentare (Katzman e Lee, 1997). Infatti, i più rigorosi e recenti studi epidemiologici condotti in Italia dimostrano che i disturbi alimentari sono altrettanto diffusi al nord (Santonastaso, Zanetti, Sala, Favaretto, Vidotto e Favaro, 1996), nel centro (Vetrone, Cuzzolaro, e Antonozzi, 1997) e al sud (Dalle Grave, de Luca e Oliosi, 1997), con un tasso di prevalenza paragonabile a quello dei paesi anglosassoni. Questo potrebbe suggerire che i fattori socioculturali in azione sono differenti nelle varie parti d'Italia. Si tratta, naturalmente, di una ipotesi tutta da dimostrare. (Ruggiero, in press)

BIBLIOGRAFIA

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