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Tesi di Laurea di Laura Rugnone

Internet: rischi e risorse per la comunità

Capitolo 4 - Reti telematiche tra emarginazione ed empowerment

4.2 Comunità Virtuali


"Libertà è partecipazione"
G. Gaber

L’essere umano è un animale sociale, la capacità di comunicare, il bisogno di appartenenza e protezione, le emozioni, i piaceri, gli interessi sono stati da sempre catalizzatori di gruppalità e dell’organizzarsi in comunità.
Così come nella vita quotidiana, anche nelle trame telematiche l’uomo segue e asseconda la sua sete di socialità, di comunità.
La comunità è un concetto ponte tra individuale e sociale. Etimologicamente deriva da cum moenia (mura comuni) e cum munia (doveri comuni). Nel primo riferimento si coglie l’importanza di un confine geografico nella definizione di un senso di appartenenza, un confine oltre il quale sta l’estraneo, l’outgroup; nel secondo l’appartenenza è basata sul comune sentire dato dalle relazioni intessute all’interno delle mura (Lavanco, 2002).
La comunità può essere individuata da un particolare luogo geografico oppure da una rete di relazioni fonte di stima, amicizia e sostegno tangibile (Heller et coll, 1984). Diversi autori si trovano concordi nel considerare l’elemento spaziale un requisito specifico della comunità. Nel contemporaneo assetto sociale segnato da un progressivo allentamento dei rapporti familiari e di vicinato e di contro un ampliarsi di nuovi legami deboli, possiamo affermare che la comunità è un fenomeno relazionale prima che territoriale (Amerio, 2000). Da ciò possiamo dedurre che sebbene l’elemento spaziale costituisca uno dei segni più significativi di una comunità non è di per sé la comunità.
Grande importanza, nella definizione di una comunità, è rivestito dall’aspetto psicologico: i sentimenti, i vissuti.
Lo spazio contemporaneo è vissuto prevalentemente a livello cognitivo, sul registro del simbolico, si astrattizza, si generalizza, si virtualizza, da luogo così al proliferare di “comunità senza prossimità” le quali permettono di sperimentare appartenenze multiple a singoli soggetti in funzione di tipi di affiliazione diversi per genere finalità, modi e tempi.
La peculiare incompletezza terminologica del sostantivo “comunità”, rende necessario associargli un aggettivo che qualifichi la sua tipologia: comunità terapeutica, politica, etica, religiosa ecc.
Le comunità virtuali individuano già un particolare tipo di comunità, quelle online e mancando di uno spazio geografico condiviso rientrano nella categoria “comunità senza prossimità”. Il cyberspazio, come abbiamo spesso avuto occasione di dire in precedenza, è una trasposizione della vita reale, in rete, e così la tipologia “comunità virtuale” andrebbe ulteriormente classificata in sottocategorie tante quanto riusciamo ad individuarne in un raffronto simmetrico con la realtà.
Il collante di tali comunità, libere da recinti spaziali sta nell’emozione condivisa, per questo si parla di “comunità emozionali” e di sentimento comunitario emozionale (Mazzoli; Boccia Artieri, 1995).
Anche in Italia si sta verificando una graduale esplosione delle comunità virtuali. La Digital PR, in occasione dell’istituzione del primo osservatorio sulle comunità web nazionali, ha analizzato, nel 2003, ben 3778 diverse comunità, numero che nell’arco di un solo anno, nel 2004, è lievitato fino a 5453. I messaggi inseriti in tali comunità, dai navigatori italiani, nel corso del 2004 superano gli 80 milioni.
Questi dati ci danno una percezione dell’enorme portata del fenomeno “comunità Virtuali” e sulla varietà del panorama di esperienze in esso racchiuso.
Secondo la studiosa americana, Ann Beamish (1995) , la comunità virtuale è un gruppo di persone caratterizzato da un mezzo di comunicazione mediato elettronicamente, condiviso da tutti gli attori, che condivide un’informazione comunitaria, discussioni su alcuni temi che interessano tutti i partecipanti e che non viene influenzato dalla località geografica in cui ogni persona si trova.
La definizione che ci fornisce Rheingold (1994) mette in maggiore risalto il feeling belonging (sentimento di appartenenza) costituente lo spartiacque tra la concezione tradizionale e quella telematica. Egli definisce le comunità virtuali come nuclei sociale che nascono nella Rete quando alcune persone partecipano costantemente a dibattiti pubblici e intessono relazioni interpersonali. Secondo lo studioso, sono tre i beni collettivi costituenti il cemento sociale di tali comunità: il capitale sociale di rete, inteso come la capacità di essere accolti anche in spazi virtuali nuovi, mai conosciuti; il capitale di conoscenze, cioè il patrimonio di competenze, abilità e saperi che gli appartenenti di questi gruppi posseggono e mettono in comune; la comunione sociale e quindi il senso di vicinanza e di condivisione che si prova in questi luoghi telematici e che come lo stesso autore ricorda ha condotto gli appartenenti ad un forum telematico a sostenere, quando necessario, membri in difficoltà.
La visione che ne scaturisce è quella di uno spazio pubblico telematico in cui l’antica società civile viene rivitalizzata nella costituzione di una nuova “agorà elettronica”.
È necessario però, fare dei distinguo, non tutti i gruppi che si formano in rete possono essere sociologicamente considerati comunità (Dell’Aquila, 1998).
Inoltre non tutte le comunità virtuali svolgono le stesse funzioni. Serena Vicari (1996) ne individua tre. La prima è quella strumentale: come nel caso della comunità scientifica o delle teleorganizzazioni in cui le relazioni in rete sono dirette all’assolvimento di compiti specifici.
Il secondo tipo è diretto alla creazione di relazioni sociali; la sua finalità è soprattutto espressiva ed è rivolta allo svolgimento di giochi di ruolo o di chat line. Gli usi più ludici della rete generano gruppi che potremmo definire di tecnosocialità fluttuante, temporanea e contingente e per questo lontana dalla tradizionale nozione di comunità.
In fine le tribù virtuali possono strutturarsi dandosi obiettivi comuni e generando realtà più simili alle comunità tradizionali.
L’ultimo esempio citato costituito da gruppi auto-organizzati in base a fini da loro liberamente scelti, prevedono un numero variabile di ruoli dirigenziali e presentano regole rigide ed avvolgenti.
L’associazione normalmente decide la propria struttura interna, divenendo collettivo sociale. Mentre le forme di tecnosocialità si mantengono entità fluttuanti e perennemente instabili, le associazioni riducono la complessità dell’ambiente telematico, adottando norme proprie e fissando obiettivi comuni.
Il darsi una struttura organizzata e degli scopi comuni testimonia la necessità di integrare i legami virtuali con la solidarietà interpersonale, l’elaborazione di una cultura propria e di un progetto da realizzare.
Come per i gruppi reali, si parte da un nucleo ristretto ed omogeneo di persone da cui si sviluppano delle piccole istituzioni che facilitano, in seguito, l’aggregazione di altri soggetti. Per garantire la democrazia interna si può far uso di assemblee sincrone a cui tutti partecipano contemporaneamente o asincrone in cui i messaggi vengono recepito solo tempo dopo il loro invio.
Ad esempio “La Città Invisibile” (sito web: http://www.citinv.it) si avvale di assemblee asincrone, organizzate in mailing list o liste di discussione permanentemente aperte così da raccogliere partecipanti da ogni parte del mondo. L’ordine e la gerarchia presenti in queste liste testimonia che questa associazione ha saputo ben regolare le relazioni strutturali fra gli aderenti, limitando i flussi comunicativi, sapendo intervenire quando scoppiavano discussioni troppo violente, arrivando anche ad espellere degli aderenti ed ha inoltre creato legami di solidarietà e di amicizia esistenti anche off-line.
La Città Invisibile offre visibilità su Internet a quelle organizzazioni che ne condividono i fini di promuovere il libero accesso alle informazioni e l’utilizzo democratico delle tecnologie informatiche; di promuovere la realizzazione di una democrazia partecipativa e i valori della pari dignità, dell’uguaglianza, della giustizia e della libertà degli individui; di promuovere un modello di convivenza tra persone basato sul rispetto reciproco e sull’accettazione delle differenze, sulla socialità e sulla convivialità.
Altre associazioni di simile impostazioni sono le “Isole della Rete” (sito web: http:www.ecn.org/inr/) che fanno parte dell’ECN (European Counter Network), una rete di Bbs che connette l’intera Europa. L’obiettivo che si prefigge è di sfruttare le possibilità della rete per attuare la “controinformazione”. Come si legge nel suo statuto, si profila come associazione sia virtuale che reale e si propone di dare la possibilità a tutte le realtà di base, dell’autorganizzazione, dell’autogestione, della cooperazione, del volontariato, di sviluppare strumenti di comunicazione; di rendere visibili sulla rete Internet i propri scopi, azioni ed iniziative senza alcuna forma di censura, limitazione o controllo, purché non in antitesi o contrasto con gli scopi dell’Associazione (statuto dell’associazione: www.ecn.org/inr/statuto.htm).
Un altro valido esempio di associazione online è PeaceLink (sito web: http:www.peacelink.it), un network informatico i cui valori fondamentali sono: il volontariato, la solidarietà e la difesa dei diritti civili. Il sito presenta 28 liste di discussione attive, operanti su temi che vanno dall’ecologia alla lotta alla mafia, al razzismo e alla droga, sino alla difesa dei consumatori. Ogni lista ha il suo moderatore ed è spesso in contatto con realtà territoriali, soprattutto di volontariato. C’è quindi una forte radicazione nelle organizzazioni locali che costituiscono i punti di ingresso dei vari soci fisici. Si potrebbe leggere in questa politica organizzativa una sorta di riterritorializzazione dei vari gruppi, che operano contemporaneamente in virtuale ed in reale.
Il radicamento locale, garantisce all’associazione una maggiore coesione interna e senso di appartenenza duraturo (Dell’Aquila, 1999).
Tale associazione è una testimonianza di come, di fronte allo sviluppo di comunicazioni globali nasce spesso la necessità di riappropriarsi di uno spazio ristretto, familiare, in cui sia possibile costruire un vissuto non labile ma concretamente gestibile (Tagliagambe, 1997). I contenuti transazionali e tradizionali vengono integrati, dando luogo ad una “infoglocalizzaione” (Robertson, 1992; Featherstone, 1995; Boccia Artieri, 1998).
Certo possono esistere associazioni virtuali di persone completamente separate in termini di spazi fisici; ma l’optimum è probabilmente l’essere radicati in un territorio, per poter comunque avere interscambi anche nella vita reale. Il collegamento con reti civiche quindi può essere importante. I community network sono infatti delle reti telematiche che si prefiggono di fornire agli utenti (enti, cittadini, associazioni, aziende, pubblica amministrazione) una gamma di servizi che coinvolgono diversi settori dell’area urbana.
La partecipazione attiva dei cittadini, ridà una dimensione etico-locale alla molteplicità di Sé diffusi che si rielaborano su scala locale e virtuale.
Perché i soggetti telematici abbiano potere sulla realtà sociale è necessario che sappiano integrare la loro presenza sulla rete con una corrispondente organizzazione offline. Bisogna che tessano dei rapporti informali dotati di un’articolazione differenziata in grado di rispondere alla pluralità di stimoli che provengono dal loro ambiente. Va promossa la nascita di gruppi che operino in modo “glocale”, costruendo un ponte fra le strutture sistemiche e quelle intersoggettive, fra istituzioni e cittadini (Ardigò, 1988).
Un esempio esplicativo ci viene fornito da “Iperbole” (Internet per Bologna e l’Emilia Romagna, sito web: http://www.comune.bologna.it/bologna/).
Questa iniziativa offre ai cittadini una serie di informazioni sulle manifestazioni culturali in corso nella loro città e registrandosi, versando, un piccolo contributo, si può accedere a vari servizi come: la distribuzione di certificati, il pagamento di tributi, contravvenzioni e atti amministrativi, prenotazione di alberghi, informazioni sui servizi pubblici e inserimento di pagine web di interesse collettivo.
L’ente locale promuove inoltre azioni di alfabetizzazione gratuita all’uso degli strumenti telematici e concede gratuitamente spazi web a scuole e gruppi senza fini di lucro.
La vivacità di questa rete poggia sulle sinergie fra pubblico, privato e terzo settore, promuovendo la presenza soprattutto di quest’ultimo in rete. Per questo Iperbole può essere definita una holistic digital city, in grado di attivare un circolo virtuoso tra tutti gli attori coinvolti.
L’auspicio per far si che si utilizzino al meglio le grandi potenzialità che una risorsa come Internet offre, è che le organizzazioni sociali diano l’avvio allo sviluppo di percorsi “glocali” che conducano ad un empowerment di comunità, in un produttivo dialogo di sinergie tra mondo online e offline (Featherstone, 1996).


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