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Tesi di Laurea di Federica Manieri

Il mosaico nella terapia della schizofrenia: l'esempio "Il Faro di Anzio",
mosaico murale prodotto nel contesto di un trattamento psichiatrico al D.S.M. di Aprilia


Capitolo 1 - Il progetto riabilitativo: dall'ideazione all'esecuzione del mosaico



1.1. Introduzione al progetto

Come appreso durante le interviste ai collaboratori che hanno lavorato in questo progetto, e grazie ai diari tenuti al tempo, sono venuta a conoscenza che la produzione dell'opera murale musiva "Il Faro di Anzio", del 1997, in esposizione permanente al Parco Manaresi di Aprilia, è stata sostenuta dall'Amministrazione Comunale di Aprilia che intendeva investire in interventi socio-assistenziali, ed è stata condotta dal Primario Psichiatra del D.S.M. di Aprilia Anna Maria Meoni con la collaborazione tecnica e interattiva del Maestro Mosaicista Ildebrando Casciotta.
L'obiettivo manifesto era la progettazione ed esecuzione di un mosaico; invece la finalità psichiatrica era la verifica delle capacità residue, sotto il profilo socio-relazionale, in pazienti cronici del Centro di Salute Mentale, attraverso la realizzazione di un compito complesso, con intenti socio-riabilitativi.
La creazione del mosaico si è protratta per 9 mesi, con frequenza bisettimanale ed un numero totale di 72 sessioni di 3 ore ciascuna, ed è stata supportata dalla tecnica della Gruppoanalisi applicata, che ha favorito l'assoluta libertà di ideazione ed espressione da parte di tutti i soggetti ed ha consentito lo sviscerarsi di emozioni e contenuti inconsapevoli, rimossi o repressi.
L'opera infatti è stata concepita all'interno del gruppo dalla sua nascita (dai bozzetti disegnati su carta) fino alla sua risoluzione (la produzione vera e propria del mosaico) ed è stata interamente e liberamente ideata dai soggetti attraverso l'interazione delle loro menti.
Il contributo del Maestro Mosaicista Brando è stato un supporto tecnico volto a consentire, con la tecnica del mosaico, la realizzazione plastica delle idee creative che appartengono completamente ai membri del gruppo escludendo rigorosamente qualsiasi intervento direttivo artistico.

1.2. La composizione del gruppo

Il gruppo di lavoro era costituito da 16 persone ed era composto da otto normodotati (prevalentemente personale di assistenza), e otto pazienti in trattamento psichiatrico per patologia psicotica, due dei quali con patologia ad insorgenza in età evolutiva; la partecipazione al gruppo è stata spontanea, unicamente basata sulla motivazione a partecipare e caratterizzata dalla presenza di un diverso grado d'integrazione con differenze di età, sesso, ruolo e stato sociale, cultura e integrità psicofisica.
Come documentato dalle schede compilate dagli operatori, presento di seguito l'elenco dei pazienti attivi nel progetto che per motivi di privacy vengono catalogati con nomi fittizi (nota 1):

1) Gaetano
Diagnosi: psicosi dissociativa cronica.
Sintomi prevalenti: mutacismo, indolenza, episodi confusionali.
Terapia: trattamento con psicofarmaci a dose minima efficace di aloperidolo con interventi di antipsicotico depot nei periodi di crisi.
Compliance: scarsa.

2) Enzo
Diagnosi: schizofrenia.
Sintomi prevalenti: disordine del comportamento, bizzarrie, insonnia, agitazione psicomotoria, acting out aggressivi, tendenza all'abuso di alcolici quale automedicazione, vissuti persecutori, enuresi.
Terapia: farmacologia con antipsicotici ad alte dosi.
Compliance: nessuna a livello farmacologico, più collaborante negli interventi riabilitativi. Nessuna consapevolezza di malattia se non di fronte all'evidenza dei ricoveri che si rendevano via via necessari.

3) Mara
Diagnosi: sindrome borderline.
Sintomi prevalenti: comportamenti bizzarri in situazioni di crisi con elementi dissociativi probabilmente connessi ad abuso saltuario di sostanze, nei periodi intercritici comportamenti indolenti con scarsa costanza negli impegni.
Terapia: faramcologica durante la crisi, trattamento psicoterapico individuale e sistemico- familiare.
Compliance: buona, con consapevolezza di malattia.

4) Adriano
Diagnosi: insufficienza mentale di grado medio-lieve.
Sintomi prevalenti: ostinazione comportamentale derivante da ragionamenti non adeguati alla realtà.
Terapia: farmacologica sedativa secondo necessità, inserimento in attività riabilitative.
Compliance: scarsa.

5) Saverio
Diagnosi: neuropsicosi ossessiva.
Sintomi prevalenti: ossessioni rituali, insonnia, forti limiti alla vita di relazione, farmacodipendenza.
Terapia: farmacologica, sedativa ed antidepressiva. Trattamenti psicoterapici e riabilitativi.
Compliance: apparentemente ottima.

6) Massimo
Diagnosi: sindrome post-traumatica da stress (da super lavoro), alcool e caffè dipendente.
Sintomi prevalenti: insonnia, tremori, ideazione interpretativa e disordine metabolico da abuso di eccitanti.
Terapia: farmacologica con ansiolitici e sedativi.
Compliance: scarsamente affidabile ma consapevole di malattia.

7) Salvatore
Diagnosi: disturbi dello spettro autistico.
Sintomi prevalenti: manierismi e stereotipie, perseverazione.
Terapia: farmacologica con antipsicotici.
Compliance: buona.

8) Gianni
Diagnosi: sindrome post-traumatica da stress da sradicamento, tabagismo e tendenza all'abuso di alcool quale automedicazione.
Sintomi prevalenti: mutacismo anaffettivo.
Terapia: farmacologica con antipsicotici e riabilitativa.
Compliance: scarsissima.

Presentazione del gruppo di lavoro.
COMPONENTI DEL GRUPPO
ETA'- FASCE D'ETA'
SESSO
LUOGO DI NASCITA
GRADO DI CULTURA
RUOLO SOCIALE

Gaetano (paziente)
25
M
Aprilia
Scuola dell'obbligo
Non occupato

Enzo
(paziente)
34
M
Aprilia
Scuola dell'obbligo
Non occupato

Mara
(paziente)
25
F
Losanna
Diploma superiore
Non occupata

Adriano
(paziente)
31
M
Enfield
Scuola dell'obbligo
Non occupato

Saverio
(paziente)
46
M
Terni
Scuola dell'obbligo
Non occupato

Massimo
(paziente)
54
M
Acqua Santa
Scuola dell'obbligo
Non occupato

Salvatore
(paziente)
29
M
Aprilia
Scuola dell'obbligo
Non occupato

Gianni
(paziente)
57
M
Asmara
Scuola dell'obbligo
Non occupato

Meoni
(psichiatra)
30-50
F
Siena
Post universitaria
Occupata

Brando
(mosaicista)
30-50
M
Castel Gandolfo
Diploma superiore
Occupato

Giuseppe
(psicologo)
30-50
M
Roma
Universitaria
Occupato

Giovanni
(infermiere)
30-50
M
Aprilia
Diploma superiore
Occupato

Rosaria
(infermiere)
30-50
F
Roma
Diploma superiore
Occupato

Emanuele
(tirocinante)
18-30
M
Roma
Universitaria
Studente di psicologia

Hilary
(tirocinante)
18-30
F
Vienna
Universitaria
Studentessa di psicologia

Gianna
(assistente domiciliare)
30-50
F
Aprilia
Scuola dell'obbligo
Occupata

Presentazione dei pazienti, psicopatologia e trattamento.
PAZIENTI- SESSO - ETA'
DIAGNOSI
TERAPIA
FARMACOLOGICA
ALTRE TERAPIE
ANNO DI INSORGENZA PATOLOGIA

Gaetano
M
25
Psicosi dissociativa cronica
Psicofarmaci a dose minima di aloperidolo, interventi di antipsicotico per le crisi
/
1992

Enzo
M
34
Schizofrenia
Antipsicotici ad alte dosi
/
1981

Mara
F
25
Disturbo Borderline di personalità
Farmacologica durante la crisi
Trattamento psicoterapico individuale e sistemico- familiare
1990

Adriano
M
31
Insufficienza mentale di grado medio-lieve
Sedativi secondo necessità.
Inserimento in attività riabilitative
In trattamento al materno- infantile

Saverio
M
46
Neuropsicosi ossessiva
Sedativi ed antidepressivi
Trattamenti psicoterapici e riabilitativi
1967

Massimo
M
54
Disturbo post-traumatico da stress da super lavoro
Ansiolitici e sedativi
/
1985

Salvatore
M
29
Disturbi dello spettro autistico
Antipsicotici
/
In trattamento al materno- infantile

Gianni
M
57
Disturbo post- traumatico da stress da sradicamento
Antipsicotici
Riabilitativa
1965

1.3. Nascita della Gup Art

L'opera murale musiva "Il Faro di Anzio" è stata la terza di quattro, realizzate nel contesto dell'attività socio riabilitativa al D.S.M. di Aprilia, sotto il nome di "GUP ART".
Gup Art significa Arte in Gruppo e si è evoluta in una linea di ricerca artistica volta a sperimentare le capacità creative di un gruppo, ed è stata condivisa e stimolata da associazioni ed enti di rilevanza nazionale ed internazionale come il CNR-ITEC, AIMC, l'Università "La Sapienza", IAGP), arrivando anche ad essere presentato alla mostra d'arte "Inner Eye" al Queen Elisabeth II Center di Londra nel 2000.
La Gup Art si è sviluppata nel 1993 come un gruppo creativo naives di apprendimento e ricerca con circa 30 allievi mosaicisti coordinati dalla Psichiatra Direttore del D.S.M. A.U.S.L. di Latina Anna Maria Meoni, Ildebrando Casciotta Artista Mosaicista e la Dottoressa Caterina Argondizzo Dirigente Responsabile della Biblioteca Civica di Aprilia.
L'esperimento della Gup Art è nato con scopi sociali ed ha sperimentato creazioni a mosaico guidate con tecniche psicologiche di Gruppoanalisi applicata. La storia delle diverse opere costruite nel tempo è però differente.
Infatti, il Dipartimento di Salute Mentale aveva predisposto, prima dell'inizio del progetto "Il Faro di Anzio", un'attività di risocializzazione attraverso gite dedicate ad un gruppo di circa dieci pazienti con diverse patologie tutti inviati dal servizio materno-infantile. La pratica di queste uscite era volta a dare stimolazioni o occasioni di confronto con realtà ambientali non abitualmente frequentate. Infatti la quotidianità della vita di relazione di questi pazienti era prevalentemente casalinga, senza frequentazione di scuole, corsi, lavoro, o attività in genere.
E' durante una di queste gite, che un gruppo di pazienti si è imbattuto in un incontro casuale con il Maestro Mosaicista Brando, all'opera nella piazzetta di Castel Gandolfo in un contesto esperenziale.
Uno degli operatori che accompagnava il gruppo, in seguito riportò che i pazienti si "buttarono" sui tavoli allestiti per la dimostrazione a mosaico, per quanto furono affascinati da tale attività e, oltre a ciò disse: "Finalmente abbiamo trovato qualcosa che li interessa!".
Conseguentemente a ciò, si pensò che la lavorazione con il mosaico, per tali gruppi di pazienti in trattamento, poteva essere un esercizio manuale che di riflesso organizzava il pensiero e quindi poteva essere utilizzato con valenza terapeutica.
E' così che sono nati i primi progetti con finalità terapeutiche e applicazione pratica di lavori a mosaico.
Ma mentre la prima sperimentazione è stata effettuata con il fine di occupare semplicemente il tempo dei pazienti con qualcosa che li faceva stare in tranquillità, già il secondo lavoro fu condotto con scopi e mezzi ben diversi; difatti la conduzione richiesta al personale d'assistenza era un'osservazione partecipata, che diede vita ad una parità inusuale tra i membri.
Il contesto istituzionale delle gerarchie si allentò e la coesione di gruppo aumentò, abbattendo le difese narcisistiche di ognuno, fino alla conclusione del progetto che si risolse attraverso un pianto e una frase emblematica di uno dei pazienti che disse: "Che bello essere insieme!".
Nel progetto successivo, si è mirato a lasciare molta più autonomia ai pazienti anche nelle scelte operative, ed è su questa linea di pensiero che si sviluppa il progetto "Il Faro di Anzio"; si sceglie di utilizzare la tecnica della Gruppoanalisi per la conduzione del gruppo e viene stipulato un accordo con il Comune di Aprilia, per esporre l'opera musiva a decorazione permanente del muro perimetrale di cinta del Parco Manaresi ivi situato.
E' a partire da questo momento che nasce la volontà del gruppo in trattamento di esporsi al pubblico non come pazienti, ma come persone normali. Pur se con qualche riserbo iniziale, viene loro accordato questo desiderio, e anche durante l'inaugurazione del mosaico nel Parco Manaresi, sulla targa affissa accanto all'opera non compare alcun riferimento. Dimostrazione questa di una particolare sinergia tra il Comune di Aprilia e la U.S.L. nel far convergere i loro sforzi a sostegno dell'attività riabilitativa.

1.4. Progettazione dei disegni

Come riferiscono gli operatori nelle interviste riportate in appendice, il primo passo per la costruzione del mosaico "Il Faro di Anzio" è stato l'ideazione del soggetto da rappresentare, realizzato con contributi provenienti da tutti i membri del gruppo che hanno espresso la loro creatività in estrema libertà.
Ma la produzione dei disegni non si è avvicendata in maniera regolare e fluente sin dall'inizio, infatti, come mostra anche la documentazione fotografica, molti dei pazienti hanno avuto lo shock del bianco, ossia di fronte al foglio nitido, non sono riusciti a produrre alcuna rappresentazione.
Il momento critico è stato superato grazie alla proposta del Maestro Mosaicista Brando di portare i pazienti all'aperto (si sono recati ad Anzio - nota 2) e farli disegnare in tale contesto, piuttosto che all'interno di una stanza priva di stimoli ambientali e sensoriali.
In conseguenza di ciò il gruppo ha avuto l'opportunità di uscire dalla struttura e superare in questo modo il blocco che li attanagliava: oltre a ciò, l'improvvisa libertà e la seguente caduta d'ansia progettuale del bozzetto, ha permesso ai pazienti di abbandonarsi alla loro creatività, attingendo nel loro interno, alla propria personale ricchezza, e all'esterno, a quella della natura. Notiamo a questo punto una sostanziale differenza tra i pazienti e gli operatori, i quali non hanno subito lo shock del bianco, ma hanno contribuito con disegni sin dall'inizio.

1.5. Evoluzione dei disegni

Come possiamo constatare anche dalla documentazione fotografica, i primi disegni dei pazienti erano piccolissimi e come ha riportato il Maestro Mosaicista Brando nell'intervista "erano grandi come un francobollo" (nota 3).
Di seguito ho inserito la foto di uno dei primi disegni prodotti durante questa esperienza, per sottolineare il cambiamento e il miglioramento espressivo dei pazienti nel corso dello svolgimento del lavoro.
Il seguente disegno (appartenente al paziente Enzo), che a parere della maggioranza sembra essere un rudimentale schizzo che rappresenta un simbolo fallico, a detta dell'autore invece, raffigurava una vipera.

Seguendo l'evoluzione dei disegni notiamo indubbiamente il concomitante miglioramento e perfezionamento delle capacità espressive e grafiche dei pazienti, che testimonia il loro avanzamento in un percorso evolutivo interno: una maggiore acquisizione di consapevolezza di sé e delle proprie capacità, ed esterno: una maggiore attitudine al disegno e quindi migliore qualità nelle produzioni grafiche.
A questo proposito ho scelto due fotografie di disegni di uno stesso paziente (Gianni) per dimostrarne l'evoluzione.
Mentre nella prima foto proposta, che ritrae il paziente all'opera, vediamo un disegno che rappresenta una casa con paesaggio circostante, svolto tracciando poche e semplici linee essenziali, nella seconda invece vediamo che la casa si arricchisce di dettagli e particolari, trasformandosi in faro, che bene esplicita la maturazione delle capacità grafiche, data la sua complessità.


Al termine di questa fase preliminare dopo che ogni componente del gruppo, compresi gli operatori, aveva collaborato nella produzione artistica, proponendo più di un disegno a testa, si è passati alla scelta delle raffigurazioni da inserire nel mosaico.
Come ho appreso durante l'intervista con il Maestro Mosaicista Brando, i disegni erano talmente piccoli, da rendere complessa questa nuova fase di lavoro; è così che egli ha maturato l'idea di utilizzare un proiettore che aiutasse ad ingrandire i microscopici disegni.
L'unico limite spaziale a questo punto era la dimensione del cartone (di due metri per quattro) attaccato al muro, sul quale venivano proiettati i disegni, e sul quale venivano ricalcati i disegni stessi: è per questo motivo che l'opera compiuta ha tale grandezza. Indubbiamente ci siamo domandati se la produzione di disegni così piccoli possa essere collegata a fattori di stress o alla patologia dei pazienti stessi; pensiamo sia interessante porre quest'interrogativo, anche alla luce del fatto che le rappresentazioni grafiche non sono rimaste costanti nel tempo, ma sono migliorate in qualità e in grandezza.
Riporto di seguito le parole del Mosaicista Brando mentre riferisce lo stato emotivo di base durante la suddetta fase di lavorazione:
"Questo è stato un momento di singolare tensione, perché erano talmente scioccati nel vedere i loro disegni proiettati sul cartone enormemente ingranditi, che si sono inibiti a tal punto da non voler alzarsi per andare a ricalcarli, ed uno di loro è scoppiato perfino in un gran pianto".
E' interessante sottolineare che questo particolare momento di sfogo che il Maestro Brando ricorda in maniera molto vivida, non è invece rimasto impresso alla Dottoressa Meoni; di certo la spiegazione può essere trovata nei differenti atteggiamenti e nelle diverse predisposizioni dei due nei confronti del gruppo. Nel Maestro Brando prevaleva il timore e la paura dell'emotività dei pazienti, tanto da essere più colpito da tale reazione; mentre per la Dottoressa Meoni un evento del genere, essendo alla portata di tutti i giorni, è stato superato con maggiore noncuranza, proprio perché caratteristico della sua quotidianità lavorativa.
D'altro canto, anche la Dottoressa Meoni ha riferito che durante la scelta dei disegni da includere nel mosaico, c'è stata un'iniziale difficoltà che ha portato i pazienti a rimanere più silenziosi; fino a che si è verificato un episodio che li ha sbloccati, permettendo loro di padroneggiare meglio la situazione e prendere le decisioni in libertà. La sua preoccupazione principale infatti era la dipendenza passiva dei pazienti dal leader (in questo caso ne erano presenti due: la Meoni e Brando, che per la sua qualità di artista faceva da mediatore), tendenza spontanea sempre presente all'interno dei gruppi, e che è stata risolta con una specie di psicodramma.
Come ha riportato la Dottoressa Meoni, è stato il suo l'unico disegno scartato; così, per dare l'esempio all'intero gruppo che nell'eventualità di disaccordo ci si poteva opporre, lei stessa ha inscenato una ribellione sentita nei confronti del Maestro Brando, che aveva per primo e insistentemente giudicato il suo disegno non adeguato ad essere inserito nell'opera.
La contestazione piuttosto vivace e soprattutto non progettata precedentemente, ha aperto una reale discussione tra i due, fino a quando il Maestro Brando non ha spiegato alla Dottoressa Meoni che il suo disegno era errato rispetto alla prospettiva, perché tutto il gruppo aveva immaginato l'opera vista dal mare verso la terra, mentre lei aveva disegnato una balconata, ponendo il suo punto di osservazione al contrario dell'intero gruppo, cioè dalla terra verso il mare.
Anche se l'unica voce preponderante era stata quella del Maestro Brando, si capiva che tacitamente il gruppo nella sua totalità, pur non essendosi esposto, appoggiava la sua scelta.
Solamente dopo aver ricevuto una giustificazione significativa e valida a livello artistico, davanti a tutto il gruppo, la Dottoressa Meoni ha allora accettato la decisione, mostrando però in questo modo, che ci si poteva opporre in caso di disaccordo con il leader manifesto, ruolo involontariamente svolto dal Maestro Brando, dal momento in cui ne era stato investito dai pazienti. Infatti Brando, pur non essendo un conduttore direttivo, forse agli occhi dei pazienti che lo avevano conosciuto, come mosaicista, durante una dimostrazione in piazza, poteva aver stimolato l'idea del vero leader da seguire e al quale obbedire e prestare ascolto.
Dopo questo acuto evento però, entrambi hanno riportato che i pazienti sono divenuti molto più interattivi, esprimevano maggiormente le loro opinioni, abbandonando dunque quella passività che rischiava di cristallizzare l'intero progetto.
In questo modo sono stati scelti per volontà del gruppo i disegni, fino a terminare la composizione così come noi oggi la vediamo; i pazienti hanno scelto quali disegni inserire e quali scartare, dove posizionarli e quale grandezza attribuirgli. Questo lavoro, come ho già anticipato, è stato svolto grazie all'ausilio del proiettore: i disegni venivano proiettati ingranditi sul cartone, e i pazienti con la matita li ricalcavano direttamente sul pannello che avrebbe poi costituito la base per la costruzione del mosaico.

Riporto qui di seguito una delle foto scattate durante il lavoro, mentre i pazienti ricalcavano i disegni direttamente sul cartone affisso al muro.(nota 4)

1.6. Esecuzione del mosaico

Nonostante i timori avanzati da alcuni, nell'ambito del D.S.M., in merito alla tecnica prescelta per l'esecuzione del progetto, che comportava il taglio delle lastre marmoree in listelli e poi in tessere attraverso l'uso di una macchina tagliatrice, i pazienti hanno dimostrato grande senso di responsabilità nell'uso dello strumento, che hanno adoperato da soli con l'unica supervisone degli operatori.
A questo proposito è stata sorprendente la costanza del paziente Salvatore, che ricordiamo avere un disturbo dello spettro autistico e che tra i sintomi prevalenti riportava manierismi e stereotipie; essendo affetto dalle cosiddette "mani da ostetrico", a causa della rigidità costretta delle sue mani, gli risultava difficile maneggiare le piccole tessere di mosaico o utilizzare gli utensili necessari al lavoro, ma con fare quasi indifferente nei confronti della sua stessa malattia, ha continuato ad adoperarsi in maniera attiva, anche nel lavoro del taglio con la trancia.
Preparato il materiale, l'intero gruppo si è avvicendato nella giustapposizione delle tessere andando ad operare su immagini non necessariamente di propria produzione, dimostrando capacità nell'interazione di gruppo ed abilità nel collaborare portando a termine un lavoro iniziato da un altro soggetto.
Chiaramente il materiale è stato acquistato economicamente dall'azienda sanitaria, la scelta cromatica è stata legata al tema del mosaico, ma il momento operativo di incollaggio delle tessere nella selezione delle sfumature da usare di volta in volta è stato lasciato alla libertà decisionale dei singoli pazienti, senza l'intervento del personale d'assistenza, seguendo le regole della tecnica gruppoanalitica nell'affrontare e risolvere i problemi.
Al termine della costruzione del mosaico è stato necessario ricorrere alla competenza di un fabbro che ha sigillato il telaio e lo ha saldato all'interno con una rete di ferro; successivamente è stata eseguita la gettata di cemento, atta a fornire il supporto necessario e che, dopo essersi essiccato e consolidato, ha permesso di rivoltare il mosaico secondo il metodo indiretto usato nella costruzione musiva, offrendo a chi guarda il lato opposto rispetto a quello dell'esecuzione.
In seguito, dopo esser stato girato, il mosaico è stato pulito nelle sue cavità tra una tessera e l'altra, al fine di garantirne la visibilità e il colore.
Immaginiamo che dopo tanto estro e immaginazione utilizzati per la progettazione e costruzione del mosaico, questa seconda fase del lavoro deve essere stata arida e noiosa, tanto che poteva essere svolta anche in maniera molto più grossolana; invece come riportato dagli operatori, i pazienti erano talmente entusiasti nel vedere la loro opera finalmente completa, che tutti quanti insieme, affiatati, hanno lavorato muniti di scalpellini con una precisione oltre la normale aspettativa in ambito artistico professionale o dilettantistico.
Il risultato è stato eccezionale, sopra ogni previsione.

1.7. Affissione del mosaico nel Parco Manaresi

L'affissione del mosaico sul muro di cinta del Parco Manaresi di Aprilia con intervento delle autorità, fotografi, stampa e critici d'arte, ha rappresentato per i singoli pazienti una ulteriore conferma della propria abilità, della capacità di essere individuo indipendente ed operante nel mondo, capace di ideare e progettare lasciando traccia di sé, conseguendo così lo scopo prefissato dal progetto di trattamento.
Come già accennato precedentemente, l'idea di presentarsi al pubblico non come pazienti ma come artisti dilettanti, è provenuta proprio da loro stessi: i pazienti infatti, avevano esternato apertamente il timore di poter ascoltare giudizi che li avrebbero potuti ferire, come la possibilità che qualcuno potesse complimentarsi con le autorità, che avevano partecipato al progetto, per essere riuscite a far produrre a "dei malati incapaci" un lavoro così bello.
Come riporta nell'intervista la Dottoressa Maria Rosa Franco, che aveva in cura alcuni dei pazienti che hanno partecipato al progetto, il giorno dell'esposizione dell'opera al pubblico, è emerso chiaramente l'orgoglio dei pazienti di essere stati partecipanti attivi, e la volontà di esporsi come i protagonisti dell'evento, tanto che uno dei soggetti ha chiesto con enfasi di prendere la parola al microfono, per testimoniare pubblicamente la sua presenza come autore del mosaico.


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