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Tesi di Laurea di Roberta Ganzetti

GAETANO BENEDETTI: IL SIMBOLO E LA STRUTTURA
DELL'INCONTRO NELLA TERAPIA DELLE PSICOSI


IL SIMBOLO


    "Un raggio che immediatamente dal buio
    fondo dell'essere e del pensiero viene a colpire
    i nostri occhi e attraversa tutto il nostro essere"

    G. F. Creuzer (1)

Platone dice nel Simposio, a proposito del mito della divisione dei due sessi che ruppe l'originaria unità dell'androgino, che "ognuno di noi è dunque la metà (symbolon) di un umano resecato a mezzo" ed "è in cerca della propria metà".
Il simbolo è un termine di uso comune, da un punto di vista etimologico deriva dai termini greci symballò: mettere insieme, collegare, paragonare e symbolon: segno, contrassegno, tessera di riconoscimento.(2) Col tempo la parola -simbolo- viene ad indicare ogni relazione di rinvio nella quale un elemento sta in luogo dell'altro (aliquid stat pro aliquo), al punto che non risulta sempre agevole distinguere il significato del simbolo da quello del segno. In termini molto generali, si può affermare che nelle teorie dei simboli, si oscilla da alcune posizioni che identificano il simbolo con il segno, ad altre che invece sottolineano come il primo si distingua dal secondo. Il simbolo è, dunque caratterizzato dal rinvio; " evocando la sua parte corrispondente, rinvia ad una determinata realtà che non è decisa dalla convenzione, ma dalla ricomposizione di un intero".(3)
Il simbolo indica qualsiasi cosa la cui percezione susciti nella mente un'idea diversa da quello che è il suo più immediato aspetto sensibile. Il riconoscimento, che si riferisce al reperimento emotivo di oggetti o di eventi, idee, rappresentazioni, affetti che rimandano a persone e a relazioni tra persone è l'aspetto fondamentale del simbolo.
Il simbolo attiene a tutti i campi del sapere: filosofia, arte, ricerche scientifiche, psicologia e psicoanalisi.
Le prime organiche riflessioni sul simbolo presero avvio nel secolo XIX nel circolo romantico di Heidelberg con G. F. Creuzer che parla del simbolo come un'epifania del divino, come qualcosa in sé concluso ed autosufficiente, che può offrirsi a varie spiegazioni, restando tuttavia, nella sua essenza completamente autonomo da ogni spiegazione.
Hegel non pensa il simbolo come qualcosa "in sé autonomamente concluso e per sé stesso sufficiente". Distingue peraltro il simbolo dal segno: nel primo non sussisterebbe la stessa arbitrarietà e convenzionalità del rapporto tra espressione e significato che contrddistingue il segno (per esempio il leone è il simbolo di coraggio e la volpe di astuzia, ma possiedono entrambi le qualità di cui devono esprimere il significato). Nel simbolo distingue due parti: il significato e la sua espressione ed afferma che " il simbolo in generale è un'esistenza esterna immediatamente presente o data all'intuizione, ma che non deve essere presa in base a lei stessa, così come immediatamente si presenta, bensì in un senso più ampio ed universale. Quindi nel simbolo vanno subito distinti due lati: il significato e la sua espressione" (1836- 1838, p. 344)(4).
Dopo l'età romantica e idealistica, incontriamo coloro che risolvono il simbolo nel segno, essendo il primo legato all'oggetto da una convenzione sociale.
Ad una identificazione tra simbolico e semiotico giunge anche Ernst Cassirer che nel suo lavoro di approfondimento del metodo scientifico neo-kantiano, arriva ad estenderlo, tramite il concetto di simbolo, allo studio di tutte le forme di cultura. Cassirer trova nel simbolo un contenuto sensibile e singolare che rimanda ad un significato spirituale universale. Essendo però tale significato un insieme di relazioni, il simbolo non sarà altro che il mezzo con cui si mette in relazione un singolo elemento con gli altri. Il simbolo, cioè, non coglie l'oggetto per ciò che esso è sensibilmente, nella sua immediatezza, ma permette di coglierlo in un complesso di possibili relazioni, all'interno delle quali trova il suo significato. In questo processo indefinito di organizzazione del mondo non è mai possibile oltrepassare in alcun modo il simbolo per giungere ad una supposta realtà in sé delle cose. Si spiega così la definizione di animal symbolicum con cui Cassirer caratterizza l'uomo; il simbolo rappresenta, dunque, l'organo necessario ed essenziale del pensiero.
Una lettura del simbolo in correlazione con il problema ermeneutico dell'interpretazione è riscontrabile in P. Ricoeur e in G. Vattimo. Per quest'ultimo "L'ermeneutica Heideggeriana si fonda sul presupposto che ciò che rimane nascosto non costituisce il limite e lo scacco del pensiero, ma anzi il terreno fecondo su cui, solo il pensiero può fiorire e svilupparsi" (1963, p. 150).(5) In tal senso il concetto di interpretazione viene a significare un tipo di conoscenza nella quale, non soltanto si vuole decifrare in senso nascosto o non immediatamente coglibile, ma anche si richiede un esame non distaccato e neutrale dell'oggetto, in una sorta di appartenenza spirituale, di mediazione della personalità dell'interprete, senza la quale il testo rimane inaccessibile.
Paul Ricoeur riconosce di fianco al linguaggio ordinario che ha un carattere ostensivo della realtà anche un linguaggio simbolico e metaforico di carattere poetico o religioso, che non descrive il mondo in cui ci troviamo, ma lo trasforma o meglio ne indica possibili trasformazioni, dispiega un essere nuovo.
"Il simbolo è il movimento a partire dal senso primario che ci fa partecipare al senso latente e così ci assimila al simboleggiato, senza che noi possiamo dominare intellettualmente la similitudine. E' solo in questo senso che il simbolo dà. (P. Ricoeur).
Un'altra posizione interessante è quella che vede il simbolo come altro dal segno con conseguente irriducibilità dell'ordine simbolico all'ordine semantico.

Note:

1) JESI F., "Letteratura e mito", Einaudi, Torino, 1968
2) Oxford Latin Dictionary, Oxford University Press, Oxford 1982.
3) GALIMBERTI U., Dizionario di psicologia UTET, 1994.
4) HEGEL G. W. F., "Estetica" (1836-1838), Feltrinelli, Milano, 1963.
5) VATTIMO G., "Essere, storia e linguaggio in Heidegger", Edizioni di "Filosofia", Torino, 1963.


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