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Tesi di Laurea di Laila Fantoni

Il minore sessualmente abusato: vicende processuali e trattamento terapeutico

Appendice



Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 1989 (1)

ART. 12
1. Gli Stati Parti alla presente Convenzione devono assicurare al bambino/a, capace di formarsi una propria opinione, il diritto di esprimerla liberamente e in qualsiasi materia, dovendosi dare alle opinioni del bambino/a il giusto peso relativamente alla sua età e maturità.
2. A tale scopo, in tutti i procedimenti giuridici o amministrativi che coinvolgono un bambino/a, deve essere offerta l'occasione affinchè il/la bambino/a venga udito o direttamente o indirettamente per mezzo di un rappresentante o di un'apposita istituzione, in accordo con le procedure della legislazione nazionale.

ART. 19
1. Gli Stati Parti alla presente Convenzione prenderanno ogni appropriata misura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per proteggere i bambini da qualsiasi forma di violenza, danno o abuso fisico o mentale, trascuratezza o trattamento negligente, maltrattamento o sfruttamento incluso l'abuso sessuale, mentre sono sotto la tutela dei genitori, del tutore legale o di chiunque altro si prenda cura del bambino/a.
2. Tali misure protettive per essere appropriate devono comprendere procedure efficaci per l'allestimento di programmi sociali che forniscano il sostegno necessario al bambino/a e a coloro che hanno la responsabilità, così come per altre forme di prevenzione, identificazione, rapporti, ricorsi, investigazioni, cure, esami, a seguito di istanze per maltrattamenti al bambino/a e, se il caso, per implicazioni di carattere giudiziario.

ART. 39
Gli Stati Parti alla presente Convenzione adotteranno ogni appropriata misura al fine di assicurare il recupero fisico e psicologico e il reinserimento sociale di un bambino/a vittima di qualsiasi forma di negligenza, sfruttamento o abuso, tortura o qualsiasi altra forma di trattamento o punizione crudele, inumana o degradante, o conflitti armati. Tale recupero e reinserimento avrà luogo in un ambiente che favorisca la salute, il rispetto di sé e la dignità del bambino/a.

Dichiarazione di Consenso in tema di abuso all'infanzia (2) del 1998
(a cura del Coordinamento nazionale dei Centri e dei Servizi di prevenzione e trattamento dell'abuso in danno di minori)
Nella riunione che si è svolta a Roma il 21 marzo 1998 il Coordinamento nazionale dei Centri e dei Servizi di prevenzione e trattamento dell'abuso in danno di minori ha discusso e approvato la Dichiarazione di consenso in tema di abuso sessuale all'infanzia, che intende costituire il documento di orientamento che indica le linee-guida comuni per gli interventi degli operatori psico-socio-sanitari in relazione ai casi incontrati di abuso sessuale ai minori.
Tale documento è stato redatto da specialisti della protezione e della cura del bambino come punto di riferimento culturale e professionale specificamente rivolto a chi deve affrontare i casi di abuso sessuale ai danni di minori a livello clinico.
Riguardo a tali casi affronta i tre livelli della protezione, dell'accertamento e della cura: dunque non è diretto ad offrire degli strumenti per gli accertamenti giudiziari, ma contiene delle indicazioni per gli interventi nella fase sociale precedente o coeva al processo. Tuttavia, poiché la cura del bambino danneggiato e la validazione di quanto accaduto sono sempre connessi con gli interventi giudiziari di tutela da parte del tribunale per i minorenni e di accertamento del reato da parte del tribunale penale, è interessante e importante anche per i giudici, in quanto permette di fare degli incroci fra diverse competenze.

Premessa
Gli enunciati di questa Dichiarazione di consenso costituiscono linee-guida per gli operatori dei professionisti psico-socio-sanitari in tema di abuso sessuale all'infanzia.

1. Definizione

1.1. Che cos'è l'abuso sessuale?
a. È il coinvolgimento di un minore, da parte di un partner preminente in attività sessuali anche non caratterizzate da violenza esplicita;
b. è un fenomeno diffuso;
c. esso si configura sempre e comunque come un attacco confusivo e destabilizzante alla personalità del minore e al suo percorso evolutivo;
d. l'intensità e la qualità degli esiti dannosi derivano dal bilancio tra le caratteristiche dell'evento (precocità, frequenza, durata, gravità degli atti sessuali) e gli interventi protettivi e riparativi esterni, che si attivano in relazione all'abuso.
1.2. Il danno è tanto maggiore quanto più:
a. il fenomeno resta nascosto o non viene riconosciuto;
b. non viene attivata protezione nel contesto primario e nel contesto sociale;
c. l'esperienza resta non verbalizzata e non elaborata;
d. è forte il legame di dipendenza fisica ed affettiva della vittima dell'abusante .

2. Validazione

2.1 È necessario sviluppare sistemi validi ed affidabili per far emergere il fenomeno. Infatti:
a. il perpetratore quasi sempre nega;
b. spesso mancano evidenze fisiche e testimonianze esterne;
c. spesso il bambino rappresenta l'unica fonte validabile.
2.2 In ogni caso la validazione va portata avanti analizzando almeno tre aree:
a. indicatori e segni sul piano fisico;
b. indicatori e segni sul piano psicologico;
c. racconti e affermazioni della presunta vittima.
2.3.1 Per quanto riguarda gli indicatori e i segni fisici:
a. l'ipotesi di abuso sessuale va sempre presa in esame in presenza di lesioni, pur di carattere aspecifico, dell'area ano-genitale, e di altri segni rilevabili con esame obiettivo compatibili con l'ipotesi di abuso;
b. i segni specifici (gravidanza, presenza di spermatozoi, malattie sessualmente trasmesse) sono rarissimi;
c. l'assenza di lesioni non può mai portare il medico ad escludere l'ipotesi di abuso, in quanto numerosi atti di abuso non lasciano segni fisici.

2.3.2 Conseguentemente:
la visita medica va effettuata esclusivamente da medici specificamente competenti, in grado di valutare correttamente e completamente le lesioni e di evitare la ripetizione delle indagini.
2.4.1 Per quanto riguarda gli indicatori e i segni psicologici dell'abuso:
a. l'ipotesi di abuso sessuale va tenuta presente di fronte a una vasta gamma di sintomi cognitivi, emotivi e comportamentali anche se aspecifici e anche in assenza di rivelazioni;
b. le conoscenze sessuali improprie e i comportamenti sessualizzati sono riconosciuti come indicatori con maggior grado di specificità ed esigono approfondimento.
2.4.2 Conseguentemente è opportuno:
a. approfondire la conoscenza del mondo interno del bambino per dare significato alle espressioni sintomatiche;
b. approfondire la conoscenza del contesto relazionale, per completare la comprensione del quadro individuale situandolo sia rispetto alla storia familiare del minore sia rispetto ai più ampi parametri di riferimento socio-culturali in cui il minore è inserito;
c. adottare la procedura di ampliare il più possibile le raccolta anamnestica sul piano individuale e relazionale, anche ricorrendo alle informazioni pregresse e alla rete dei servizi;
d. che durante il percorso valutativo sia in ogni momento salvaguardata la protezione fisica e psicologica del minore garantendo, se necessario, percorsi paralleli di intervento per lui e per i suoi familiari.
3. Testimonianza del minore
3.1 Per quanto riguarda l'eventuale testimonianza del minore durante l'iter giudiziario è utile considerare che:
a. il minore somma interiormente tutte le occasioni in cui ha effettuato delle dichiarazioni circa l'esperienza traumatica, ravvisando nelle richieste di ripetizione di esse un basso indice di credito ottenuto;
b. la sua capacità di rendere testimonianza dipende dal grado di elaborazione del trauma.

3.2 Conseguentemente:
a. è opportuno non moltiplicare tali occasioni;
b. è imprescindibile garantire al minore effettive condizioni di protezione nel momento in cui viene richiesto di rendere dichiarazioni circa l'abuso;
c. è auspicabile che tale richiesta venga subordinata, nella scelta delle dichiarazioni, della loro contestualizzazione (tempi, modi, luoghi, interlocutori, aspetti emotivi).
4. False denunce
4.1 Non si conosce l'incidenza reale di false denunce. È utile considerare che:
a. le difficoltà validative in campo clinico e giudiziario e l'esistenza frequente di ritrattazioni si sommano e ampliano probabilmente l'area delle denunce non comprovabili;
b. ritenere autentica una denuncia non vera espone il bambino, i suoi familiari e chi è falsamente accusato a gravi conseguenze altrettanto dannose;
c. è stato individuato un numero limitato di dinamiche personali e relazionali che possono dare origine ad una falsa denuncia;
d. le separazioni coniugali altamente conflittuali sono indicate come una condizione di particolare rischio per le false denunce, ma possono essere anche occasioni che favoriscono rivelazioni autentiche.

4.2 Conseguentemente:
a. i professionisti dovranno incrementare le competenze diagnostiche, per evitare che i bambini vadano incontro ad un'esperienza doppiamente traumatica (essere abusati e non trovare protezione) oppure a strumentalizzazione fortemente pregiudizievole;
b. il rischio di trovarsi di fronte ad una falsa denuncia deve essere sempre preso in considerazione da chi si occupa di questa materia;
c. di fronte al rischio di falsa denuncia sarà necessario evitare un generico atteggiamento di dubbio, ma vagliare precise alternative diagnostiche;
d. è auspicabile un confronto puntuale e permanente tra esperti circa le eventualità più frequenti di falsa denuncia.
5. Orientamenti del professionista
5.1 Quanto ai criteri di acquisizione e di esercizio delle competenze professionali di chi opera nell'area dell'abuso sessuale di minori, è utile considerare che:
a. è auspicabile che tutti i professionisti di area medica o psicosociale, che operano o nel campo della tutela del minore o come consulenti giudiziari, abbiano acquisito competenze culturali e tecniche specifiche nel campo dell'età evolutiva, delle dinamiche individuali e familiari e delle peculiarità dell'abuso sessuale;
b. per tutte le professioni sanitarie o equiparate, l'obiettivo della protezione e della cura del minore, o comunque della salvaguardia delle esigenze cliniche dello stesso, è prioritario rispetto a qualsiasi altro obiettivo richiesto dalle circostanze, in accordo con le norme deontologiche;
c. va tuttavia tenuto conto del frequente incrocio tra esigenze cliniche ed esigenze giudiziarie.
5.2 Conseguentemente:
a. anche se l'intervento sul minore nasce in un quadro giudiziario, esso dovrà rispettare i criteri comunemente riconosciuti in ambito clinico;
b. in particolare, poiché la cura è il naturale sbocco della diagnosi, non può esistere controindicazione intrinseca a che lo stesso professionista svolga ambedue gli interventi, in qualsiasi quadro istituzionale siano stati richiesti;
c. è altresì necessario che il professionista, oltre ad osservare con rigorosa consapevolezza le disposizioni giuridiche e deontologiche, si renda disponibile a portare il proprio contributo in ambito giudiziario, così come è opportuno apprendere regole e linguaggio di tale ambito;
d. il professionista che opera con obiettivi clinici sceglierà responsabilmente gli strumenti e la documentazione del proprio operato che ritiene più opportuni, dando ovviamente conto dei criteri che utilizza a tal fine;
e. quando l'obiettivo è di natura giudiziaria, strumenti e documentazione verranno concordati con l'autorità competente, purchè non in contrasto con le esigenze cliniche del minore;
f. va presa in considerazione l'eventualità che, in casi particolarmente complessi sul piano delle prova giudiziaria, sia opportuno ricorrere ad una pluralità di professionisti che si dividano gli interventi di tipo probatorio e di tipo clinico; è in ogni caso necessario che l'integrazione tra i professionisti renda minimo il disagio che tale organizzazione degli interventi può arrecare al minore.

La Carta di Noto del 1996 (3)
Tale documento è stato elaborato da un gruppo interdisciplinare (composto da avvocati, magistrati, psicologi, psichiatri, criminologi e medici legali) riunitosi nel giugno del 1996 in Sicilia, a Noto, presso l'I.S.C.S. (Istituto Superiore Internazionale di Scienze Criminali).
Tale Carta contiene tredici linee-guida da utilizzare per l'esame del minore, in modo che l'approccio iniziale all'indagine risulti il più possibile determinato dalla capacità ed esperienza dei singoli operatori, cosicchè possano essere ovviati gli errori diagnostici circa l'attendibilità della vittima.
Tali principi, dunque, costituiscono una proposta operativa concreta rivolta, in primo luogo, a tutti gli operatori che dovranno occuparsi di abusi sessuali, in modo da consentire loro di dotarsi di un mirato metodo d'indagine.

I principi elaborati a Noto sono:
1. Nell'espletamento delle sue funzioni l'esperto deve utilizzare metodologie scientificamente affidabili e rendere espliciti i modelli teorici di riferimento utilizzati.
2. All'esperto non deve essere sottoposto un quesito volto all'accertamento della verità sotto il profilo giudiziario.
3. In caso di abuso sessuale intrafamiliare gli accertamenti dell'esperto devono essere estesi a tutti i membri del contesto familiare (compreso il presunto abusante) e, ove possibile, anche al contesto sociale del minore. Ove l'indagine non potesse essere espletata con l'ampiezza sopra indicata, l'esperto deve dare atto dei motivi di tale incompletezza. È deontologicamente scorretto esprimere un parere senza aver esaminato il minore.
4. L'esperto deve in ogni caso ricorrere alla videoregistrazione o, quanto meno, all'audioregistrazione delle attività svolte, consistenti nell'acquisizione delle dichiarazioni o delle manifestazioni di comportamenti. Tale materiale deve essere posto a disposizione delle parti e del magistrato.
5. Al fine di garantire nel modo migliore l'obiettività dell'indagine, l'esperto avrà cura di individuare ed esplicitare le varie alternative ipotesi prospettabili in base all'esame del caso.
6. Nella comunicazione con il minore l'esperto deve:
a. garantire che l'incontro avvenga in tempi, modi e luoghi tali da assicurare la serenità del minore e la spontaneità della comunicazione;
b. evitare, in particolare il ricorso a domande suggestive o implicative che diano per scontata la sussistenza del fatto che è oggetto dell'indagine.
7. Nel caso di pluralità di esperti, è opportuno favorire la concentrazione dei colloqui con il minore in modo da minimizzare lo stress che la ripetizione dei colloqui può causare al bambino.
8. L'esperto deve rendere espliciti al minore gli scopi del colloquio, tenuto conto della sua età e della capacità di comprensione, evitando, in quanto possibile, di caricarlo di responsabilità per quello che riguarda gli eventuali sviluppi del procedimento.
9. Deve tenersi conto che la sintomatologia da stress riscontrabile in bambini abusati è in genere rivelata da indicatori psico-comportamentali aspecifici, che, in quanto tali, possono rappresentare risposte a stress diversi dall'abuso quali, ad esempio, quelli dovuti a conflitti o disagi intrafamiliari.
10. Nel procedimento penale i ruoli dell'esperto, dello psicoterapeuta o psico-riabilitatore sono incompatibili.
11. L'assistenza psicologica in giudizio al minore sarà affidata ad operatore specializzato e si svolgerà in tutte le fasi e presso tutte le sedi giudiziarie in cui il caso di abuso è trattato.
12. L'assistenza psicologica prevista dall'articolo 609 decies c.p. deve essere svolta da persona diversa dal consulente e non deve interferire in alcun modo con l'attività dell'esperto. L'assistente psicologico non potrà esprimere valutazioni sull'attendibilità del minore assistito.
13. Gli esperti consigliano vivamente che, ove possibile, le dichiarazioni del minore vengano, fin dal primo momento, raccolte e opportunamente documentate (mediante fono videoregistrazione) dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero, con l'ausilio di esperti e comunque tenendo presenti i principi contenuti in questa carta. Auspicano inoltre che, in analogia con quanto avviene per i componenti delle sezioni di Polizia Giudiziaria presso le Procure della Repubblica per i Minorenni, vengano istituiti, dalle Forze di Polizia, organismi in aggiornamento professionale permanente per l'intervento nei casi di abuso sessuale sui minori

Aggiornamento della Carta di Noto del 2002 (4)
A conclusione di un incontro di esperti tenuto dall'I.S.I.S.C. a Noto nel luglio 2002 (ed organizzato dall'avvocato e psicologa Luisella de Cataldo Neuburger) è stata aggiornata la "Carta di Noto" con l'apporto interdisciplinare di magistrati, avvocati, psicologi, psichiatri, neuropsichiatri infantili, criminologi e responsabili dei servizi.
Tale aggiornamento è stato reso necessario dalle innovazioni legislative intervenute nel tempo e dall'evoluzione della ricerca scientifica in materia. Le linee guida elaborate devono essere considerate quali suggerimenti diretti a garantire l'attendibilità dei risultati degli accertamenti tecnici e la genuinità delle dichiarazioni, assicurando nel contempo al minore la protezione psicologica, nel rispetto dei principi costituzionali del giusto processo e degli strumenti del diritto internazionale. Quando non fanno riferimento a specifiche figure professionali tali principi valgono per qualunque soggetto che nell'ambito del procedimento instauri un rapporto con il minore.

I principi elaborati a Noto sono:
1. La consulenza tecnica e la perizia in materia di abuso sessuale devono essere affidate a professionisti specificamente formati, tanto se scelti in ambito pubblico quanto se scelti in ambito privato. Essi sono tenuti a garantire il loro costante aggiornamento professionale. Nel raccogliere e valutare le informazioni del minore gli esperti devono:
a. utilizzare metodologie e criteri conosciuti come affidabili dalla comunità scientifica di riferimento;
b. esplicitare i modelli teorici utilizzati, così da permettere la valutazione critica dei risultati.
2. La valutazione psicologica non può avere ad oggetto l'accertamento dei fatti per cui si procede che spetta esclusivamente all'Autorità giudiziaria. L'esperto deve esprimere giudizi di natura psicologica avuto anche riguardo alla peculiarità della fase evolutiva del minore.
3. In caso di abuso sessuale intrafamiliare gli accertamenti dell'esperto devono essere estesi a tutti i membri della famiglia, compresa la persona cui è attribuito il fatto, e ove necessario, al contesto sociale del minore. È metodologicamente scorretto esprimere un parere senza aver esaminato il minore e gli adulti cui si fa riferimento, sempre che se ne sia avuta la rituale e materiale possibilità. Qualora l'indagine non possa essere svolta con tale ampiezza, va dato conto delle ragioni dell'incompletezza.
4. Si deve ricorrere in ogni caso possibile alla videoregistrazione o, quanto meno, all'audioregistrazione delle attività di acquisizione delle dichiarazioni e dei comportamenti del minore. Tale materiale, per essere utilizzato ai fini del giudizio, va messo a disposizione delle parti e del magistrato. Qualora il minore sia stato sottoposto a test psicologici, i protocolli e gli esiti della somministrazione devono essere prodotti integralmente ed in originale.
5. Al fine di garantire nel modo migliore l'obiettività dell'indagine, l'esperto avrà cura di individuare, esplicitare e valutare le varie ipotesi alternative, siano esse emerse o meno nel corso dei colloqui.
6. Nel colloqui con il minore occorre:
a. garantire che l'incontro avvenga in orari, tempi, modi e luoghi tali da assicurare, per quanto possibile, la serenità del minore;
b. informarlo dei suoi diritti e del suo ruolo in relazione alla procedura in corso;
c. consentirgli di esprimere opinioni, esigenze e preoccupazioni;
d. evitare domande e comportamenti che possano compromettere la spontaneità, la sincerità e la genuinità delle risposte, senza impegnare il minore in responsabilità per ogni eventuale sviluppo procedimentale.
7. L'incidete probatorio è la sede privilegiata di acquisizione delle dichiarazioni del minore nel corso del procedimento.
8. I sintomi di disagio che il minore manifesta non possono essere considerati di per sé indicatori specifici di abuso sessuale potendo derivare da conflittualità familiare o da altre cause, mentre la loro assenza non esclude di per sé l'abuso.
9. Quando sia formulato un quesito o prospettata una questione relativa alla compatibilità tra quadro psicologico del minore e ipotesi di reato di violenza sessuale è necessario che l'esperto rappresenti, a chi gli conferisca l'incarico, che le attuali conoscenze in materia non consentono di individuare dei nessi di compatibilità od incompatibilità tra sintomi di disagio e supposti eventi traumatici. L'esperto, anche se non richiesto, non deve esprimere sul punto della compatibilità né pareri, né formulare alcuna conclusione.
10. La funzione dell'esperto incaricato di effettuare una valutazione sul minore a fini giudiziari deve restare distinta da quella finalizzata al sostegno e trattamento e va pertanto affidata a soggetti diversi.
La distinzione dei ruoli e dei soggetti deve essere rispettata anche nel caso in cui tali compiti siano attribuiti ai servizi socio-sanitari pubblici. In ogni caso i dati ottenuti nel corso delle attività di sostegno e di terapia del minore non sono influenti, per loro natura, ai fini dell'accertamento dei fatti che è riservato esclusivamente all'Autorità giudiziaria.
11. L'assistenza psicologica al minore va affidata ad un operatore specializzato che manterrà l'incarico in ogni stato e grado di procedimento penale. Tale persona dovrà essere diversa dall'esperto e non potrà comunque interferire nelle attività d'indagine e di formazione della prova.
12. Alla luce dei principi espressi da questa Carta si segnala l'urgenza che le istituzioni competenti diano concreta attuazione alle seguenti prescrizioni contenute nell'articolo 8 del

Protocollo alla Convenzione dei Diritti del Fanciullo sulla vendita di bambini, la prostituzione di bambini e la pornografia rappresentante bambini (stipulato il 06/09/2000 a New York, ratificato con legge dello stato 11/03/2002 n. 46) con le quali:

1. gli Stati Parte adottano ad ogni stadio della procedura penale le misure necessarie per proteggere i diritti e gli interessi dei bambini che sono vittime delle pratiche prescritte dal presente Protocollo, in particolare:
a. riconoscendo la vulnerabilità delle vittime ed adottando le procedure in modo da tenere debitamente conto dei loro particolari bisogni, in particolare in quanto testimoni;
b. informando le vittime riguardo ai loro diritti, al loro ruolo ed alla portata della procedura, nonché alla programmazione e allo svolgimento della stessa, e circa la decisione pronunciata per il loro caso;
c. permettendo che, quando gli interessi personali delle vittime sono stati coinvolti, le loro opinioni, i loro bisogni o le loro preoccupazioni siano presentate ed esaminate durante la procedura in modo conforme alle regole di procedura del diritto interno;
d. fornendo alle vittime servizi di assistenza appropriati, ad ogni stadio della procedura giudiziaria;
e. proteggendo, se del caso, la vita privata e l'identità delle vittime ed adottando misure conformi al diritto interno per prevenire la divulgazione di qualsiasi informazione atta ad identificarlo.
2. Gli Stati Parte si accertano che nel modo di trattare le vittime dei reati descritti nel presente Protocollo da parte dell'ordinamento giudiziario penale, l'interesse superiore del bambino sia sempre il criterio fondamentale.
3. Gli Stati Parte adottano misure per impartire una formazione appropriata, in particolare in ambito giuridico e psicologico, alle persone che si occupano delle vittime dei reati di cui al presente Protocollo.
4. Se del caso, gli Stati Parte si adopereranno come necessario per garantire la sicurezza e l'integrità delle persone e/o degli organismi di prevenzione e/o di tutela e riabilitazione delle vittime di tali reati.
Nessuna disposizione del presente articolo pregiudica il diritto dell'accusato ad un processo equo o imparziale o è incompatibile con tale diritto.

Note all'appendice
(1) La Convenzione sui diritti del fanciullo, in M. Cesa-Bianchi, E. Scabini, La violenza sui bambini, Angeli F., Milano, 1991, pp. 377-391.
(2) Coordinamento nazionale dei centri e dei servizi di prevenzione e trattamento dell'abuso in danno dei minori, Dichiarazione di consenso in tema di abuso sessuale all'infanzia, in Minori Giustizia, 4, 1998, pp. 154-158.
(3) F. Sportelli, La Carta di Noto (9 giugno 1996). Linee-guida per l'esame del minore da parte degli esperti, in Rivista di psicologia giuridica, 1, 1997, pp. 33-38.
(4) Aggiornamento svoltosi nel corso di un incontro di esperti organizzato dall'I.S.I.S.C. (Istituto Superiore Internazionale di Scienze Criminali), tenuto a Noto dal 4 al 7 luglio 2002.


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