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Tesi di Laurea di Laila Fantoni

Il minore sessualmente abusato: vicende processuali e trattamento terapeutico

Capitolo V - Una storia vera

1. La storia di Sara



Nel 2000-2001 ho avuto la possibilità di seguire in prima persona la storia di una minore di 16 anni, Sara (chiamata in questo ambito con tale nome per poter così proteggere la sua identità) - che aveva denunciato il padre per abusi sessuali - e la vicenda giudiziaria conseguente (1).
Il fatto è emerso in conseguenza al fatto che il padre della minore il 14/10/1999 ha tentato di togliersi la vita, ingerendo della creolina, e per questo è stata ricoverato all'ospedale. I carabinieri del paese (della Basilicata) in cui vive Sara, informati dell'accaduto, hanno effettuato tutte le verifiche del caso ed hanno sentito, nell'immediatezza dei fatti, i familiari dell'uomo al fine di accertare le motivazioni di tale gesto.
È in quel momento che una delle figlie dell'imputato, Sara, in caserma, alla presenza del fratello Pietro, confida al maresciallo dei carabinieri la terribile verità che si nasconde dietro quel tentato suicidio: da anni il padre abusa sessualmente di lei.
Tutto è cominciato circa cinque anni prima (era il 1994), quando l'uomo, solo in campagna con la figlia Sara, ha avuto un rapporto sessuale con lei. Dopo questo episodio, molti altri se ne sono verificati con una cadenza quasi periodica, fino all'ultimo, avvenuto solo alcuni giorni prima, nella notte tra il cinque ed il sei di quel mese (ottobre), all'esito del quale la ragazza, esasperata, si è confidata con il fratello maggiore, Pietro, che in quei giorni era ritornato a casa dal luogo ove abitualmente dimora per ragioni di lavoro nel Nord Italia. È proprio costui che in quella circostanza riferisce al maresciallo di aver affrontato il padre, al quale aveva rinfacciato quanto appreso dalla sorella; l'uomo piangendo aveva implorato allora perdono minacciando, in mancanza, di suicidarsi.
Tali fatti sono riferiti dai due giovani senza difficoltà e ritrosie al maresciallo che cerca di superare l'imbarazzo e la reticenza di tutti i familiari, i quali tra "sguardi bassi" e "mezze parole" si sono nascosti dietro problemi quali il numero non indifferente dei figli o una malattia della pelle da cui l'imputato è affetto al fine di fornire una spiegazione dell'accaduto.
Nel corso dell'udienza ex art. 392 c.p.p. la minore ha rievocato gli abusi di cui è stata vittima, fornendo una ricostruzione dei fatti in contestazione lineare e priva di contraddizioni. L'imputato - in base a come lo ricorda Sara - era il padre-padrone, arbitro assoluto della vita della figlia, che doveva essere sempre lì pronta ad esaudire i suoi desideri e a prestargli assistenza continua, sulla quale l'uomo sfogava i propri istinti sessuali, non senza cercare nella ragazza una risposta alle sue insicurezze sul piano affettivo.
Sara ha ricordato che il padre aveva avuto con lei il primo rapporto sessuale nell'estate del 1994, quando i due erano soli in campagna. Fin dall'età di sei anni, infatti, era solita aiutare il padre nel pascolare e nel mungere gli animali. In quell'occasione suo padre, approfittando del fatto che la figlia dormiva in un letto accanto al suo, si introdusse di notte nel letto della minore e, dopo averle sfilato il pigiama e le mutandine, compì l'atto sessuale. Sara ha ricordato la sensazione di dolore fisico, il suo smarrimento, la sua iniziale incapacità di percepire con immediatezza il significato dell'accaduto (facilmente comprensibile in ragione della sua tenera età - all'epoca aveva soltanto undici anni) e il suo sconvolgimento che le impedì di alzarsi dal letto la mattina successiva. La sua ritrosia e l'imbarazzo nel rievocare certi particolari sono stati considerati dal collegio giudicante indici rivelatori della genuinità della sua deposizione.
La minore ha aggiunto che gli abusi, una volta ritornati in paese, si ripeterono in media circa due volte al mese, spesso nei momenti in cui la ragazza accudiva il padre che soffriva di asma. Ha inoltre rievocato il legame morboso con il genitore, il quale la chiamava in continuazione anche durane la notte per ricevere da lei assistenza, salvo poi approfittare della situazione mentre la moglie ed il fratellino più piccolo (che all'epoca aveva quattro anni) dormivano nel letto matrimoniale. Sara, in quelle occasioni, si tratteneva a dormire nel letto con i genitori ed il fratellino: durante la notte il padre abusava di lei sessualmente.
La madre, portatrice di handicap ed invalida al 75%, era una figura assente nella vita della minore e neppure comprendeva quanto accadeva intorno a lei. Era facile allora per il marito eseguire meccanicamente quegli atti frettolosi in modo che la donna non si accorgesse di nulla, approfittando del suo sonno e delle sue precarie condizioni mentali.
Sara, se all'inizio di tutta la vicenda era incapace di comprendere del tutto il significato di quanto accadeva, ha acquisito col tempo la consapevolezza della gravità dei comportamenti del padre ed ha cominciato a provare un naturale sentimento di ribellione e di protesta che è sfociato, in mancanza di una soluzione al suo dramma, in un comportamento autodistruttivo.
Gli abusi sessuali sono comunque continuati fino ad arrivare all'ultimo episodio di violenza verificatosi nella notte tra il 5 ed il 6 ottobre 1999, quando l'uomo è entrato nella stanza dove dormiva la figlia, si è infilato nel suo letto, l'ha immobilizzata, le ha messo la mano sulla bocca per impedirle di gridare ed ha abusato sessualmente di lei usando la forza. È probabilmente in questo momento che in Sara è nata la determinazione di confidare il proprio dramma ad una persona fidata quale il fratello Pietro.
Infine il 9 ottobre il padre, dopo averla seguita per strada, ha aspettato che la ragazza rientrasse nell'abitazione per malmenarla accusandola, accecato da una folle gelosia, di andare in giro alla ricerca di altri uomini. Probabilmente anche questo episodio ha dato a Sara la forza di parlare: essa, esasperata, si è difesa minacciando il padre di raccontare tutto al fratello maggiore ed allora inutili sono state le parole dell'uomo che ha cercato di farla desistere da quel proposito. La ragazza era determinata, il padre lo ha compreso e per questo si è allontanato per due giorni da casa.
Sara finalmente si è confidata con Pietro, anche se all'inizio è prevalso in lei il pudore e la vergogna, che le hanno impedito di dire subito tutto al fratello ritornato a casa: si è limitata dunque ad accennare all'ultimo episodio di violenza cui è stata vittima. Egli ha avuto una reazione immediata e ha affrontato il padre da solo, mentre la ragazza si trovava al di là della porta e sentiva ogni parola: gli ha rinfacciato di aver abusato di una bambina, ha chiesto (forse più a se stesso) come ciò sia stato possibile ed è rimasto sconvolto alle parole dell'uomo, il quale dinanzi al figlio maggiore, deluso ed incredulo, non ha fatto altro che dire: "Mi dispiace".
La ricostruzione dell'episodio resa dalla minore trova riscontro nelle dichiarazioni del fratello (sentito all'udienza del 23/05/2001). Quest'ultimo però, se nell'immediatezza dei fatti, ha ricordato che il padre chiedeva perdono di fronte alle accuse mossegli dalla figlia, in dibattimento ha negato questo particolare, affermando che l'uomo, di fronte a tali accuse, aveva taciuto ed era andato via. Tale comportamento è stato considerato dal collegio giudicante come un «maldestro tentativo di difendere il padre, cercando di screditare la veridicità delle affermazioni della sorella, colpevole, secondo lui, di aver avuto rapporti sessuali con un ragazzo a lui inviso perché albanese, e per ciò solo non meritevole di fiducia e di considerazione, allorquando riferisce degli abusi subiti dal padre».
Sara è stata accusata anche dalla sorella Ilaria (sentita all'udienza del 23/05/2001) di quanto stava accadendo, perché essa riteneva che gli effetti negativi della vicenda si sarebbero riverberati sui fratelli piccoli, che ora invece dovevano essere accuditi. Ilaria ha così proposto di risolvere il problema facendo risultare che Sara si era inventata tutto e che la stessa aveva avuto in effetti rapporti sessuali solo con il proprio ragazzo. Ma questo è stato un atteggiamento secondario, in quanto nell'imminenza dei fatti anche lei (come il fratello Pietro) ha sostenuto Sara, anche se dopo ha negato il tutto.
Questo è stato anche l'atteggiamento dei suoi familiari, i quali durante le indagini preliminari hanno cercato di convincere la ragazza dell'opportunità di ritrattare le accuse ed in dibattimento hanno cercato di fornire l'immagine di una famiglia serena colpita, purtroppo, dalla "sciagura di una figlia impazzita".
Tra i vari motivi che stanno alla base di tale comportamento ci sono sicuramente lo sconvolgimento che le rivelazioni di Sara hanno determinato all'interno del suo nucleo familiare, la vergogna, la paura, lo scandalo e l'emarginazione che sicuramente avranno assalito i suoi familiari. La volontà di salvare l'onore della propria famiglia si è dunque tradotta inevitabilmente nel rifiuto di sostenere Sara in questo momento per lei difficile e nell'abbandonarla sola nella sua disperazione. È stata così proposta una figura della ragazza come una "fredda calcolatrice" che, pur di soddisfare il proprio egoistico desiderio di stare con il proprio ragazzo, si è vendicata del padre rivolgendogli accuse infamanti. Una forte difesa in questo senso dell'imputato è emersa anche dalle parole della figlia Ilaria che dichiara di non aver creduto alle parole della sorella Sara con l'unica giustificazione che il padre non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Il collegio giudicante ha però notato la sua sofferenza nel ricordare certi fatti, la sua volontà di cancellare certi ricordi, di autoconvincersi che quella realtà, così atroce ed inaccettabile, non poteva essere vera.
Va notato come di fronte alle dichiarazioni tra loro contrastanti dei familiari dell'imputato, vi sono quelle specifiche, dettagliate e coerenti della persona offesa, più volte ribadite nel corso dell'incidente probatorio. Il racconto di Sara non è apparso al collegio giudicante «l'ordito di una trama freddamente calunniosa, ma è tratteggiato da sofferenza per lei e per i suoi familiari; inoltre non è dato cogliere in esse alcuna espressione di rancore, di odio nei confronti del genitore». Tali parole hanno anche ottenuto riscontri sia dalle ulteriori risultanze probatorie, sia dalle perizie mediche e psicologiche svolte sulla minore.
In base alle consultazioni che ho svolto riguardo a questa vicenda, ho riportato cronologicamente gli atti relativi ad essa più significativi per poter comprendere il caso, e dunque:
- la perizia medico-ginecologica del 28/10/1999;
- le osservazioni sulle condizioni psicologiche della minore del 6/12/1999;
- l'interrogatorio dell'imputato (padre di Sara) del 7/12/1999;
- l'incidente probatorio della minore del 7/02/2000, che ho commentato;
- l'interrogatorio della sorella di Sara, Ilaria, del 23/05/2001;
- l'interrogatorio della psicologa della minore del 23/05/2001;
- l'interrogatorio della zia di Sara dell'11/07/2001;
- e la sentenza del procedimento penale del 14/11/2001.


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