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Tesi di Laurea di Laila Fantoni

Il minore sessualmente abusato: vicende processuali e trattamento terapeutico

Capitolo III - Il trattamento terapeutico del minore sessualmente abusato

1. Il ruolo del clinico



Il clinico è una figura molto importante per le istituzioni giudiziarie, le quali si rivolgono ad esso, nei casi di sospetto abuso sessuale sui minori, per vari motivi:
1. per ottenere le segnalazioni che permettono di attivare il procedimento più adeguato di protezione del minore;
2. per lo svolgimento della fase della valutazione della situazione di presunta violenza.
Quest'ultima può essere attuata secondo due modalità diverse: in alcuni casi l'accertamento giudiziario si serve di una valutazione clinica o di una consulenza tecnica sulla sfera cognitiva e comportamentale del minore, in altri il percorso consiste nello svolgimento di entrambe. In quest'ultimo caso al bambino verranno fatte le stesse domande e sarà costretto a ripercorrere il trauma subìto per due volte. Infatti, nella pratica, i due operatori che compiono queste valutazioni non si passano le informazioni raccolte e ciò porta ad una grande confusione sull'accaduto e ad una minore efficacia del procedimento: colui su cui grava tutto il sistema è sicuramente il minore, che risulterà sottoposto ad una nuovo trauma (1).
Sarebbe, invece, una soluzione più adeguata per il minore quella di essere sottoposto soltanto ad una valutazione clinica, complessa e globale, che cerchi di capire se l'abuso si è verificato ed eventualmente quale tipo di conseguenze l'abuso ed il trauma hanno causato sulla sua personalità (2) (procedimento questo seguito nella realtà milanese). Bisogna ricordare che ogni caso è a sé e va valutato come tale: non ci sono "equazioni matematiche" che possono essere applicate ad ogni caso di abuso sessuale su un minore.
3. La figura del clinico può essere utilizzata dalle istituzioni giudiziarie anche per ottenere un aiuto specifico nello svolgimento dei percorsi giudiziari (è il caso dell'audizione protetta del minore);
4. e per far compiere il percorso terapeutico al bambino.
Ad un minore, vittima di abuso sessuale, devono essere infatti garantite sia la "cura", sia la protezione (che richiede il suo ingresso nel procedimento penale). Questo vuol dire che i due ambiti diversi del clinico e del giudiziario devono cooperare per poter così compiere, sul bambino, l'attività clinica di aiuto e di rielaborazione del trauma (3).
Il clinico deve chiedere, in primo luogo, alle istituzioni giudiziarie di apportare un'adeguata tutela al minore: egli deve essere protetto dagli eventi traumatici che ha subìto e che potrebbe continuare a subire. Quindi, dopo la rivelazione degli eventi, la prima importante forma di intervento è quella che interrompere l'abuso, ponendo fine, spesso attraverso l'allontanamento fisico della vittima dall'abusante, alla situazione traumatica rivelata (4).
Il contesto di protezione può così essere considerato come un intervento preclinico (5) ed è un necessario ed ineludibile passo che permette di creare quelle condizioni per poter impostare correttamente la fase diagnostica, cioè la fase di valutazione e validazione delle rivelazioni della vittima, utili per predisporre successivamente un contesto di cura. Senza protezione, infatti, ogni lavoro clinico è precluso dal "blocco" che nasce nel minore, che sa di poter essere ancora avvicinato e minacciato da colui che ha perpetrato l'abuso e da coloro che con lui si schierano. La letteratura in ambito psicologico ed una consolidata prassi sostengono che solo in una situazione protetta è, quindi, possibile capire, valutare e poi curare il danno prodotto dalla situazione abusiva (6).
Il mantenimento di una situazione protettiva permette quindi di effettuare una valutazione sulle conseguenze psicopatologiche dell'abuso e di mettere a fuoco sia gli esiti immediati dello stesso nella vittima (quali i preminenti sentimenti di disvalore, i sensi di vergogna e di colpa), sia di attivare poi un intervento curativo che mitighi il costituirsi nel bambino di difese psicologiche rigide ed invalidanti il suo futuro sviluppo personale.
Questo intervento di "riparazione" (7) deve essere iniziato il più presto possibile, ma prima è necessario compiere un'esperienza correttiva sulla visione che ha il minore del mondo che lo circonda: cioè è necessario fargli capire che ciò che ha vissuto come esperienza traumatica non coincide con le "normali" esperienze che un soggetto della sua età di solito vive. Questa fase è necessaria perché, se non viene prospettato come reale ed esistente quello che il terapeuta vuole far capire al bambino, la terapia successiva non produce alcun effetto positivo (8).


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