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PSYCHOMEDIA
Tesi

Tesi di Laurea di Giuseppe Dimitri

La ricomposizione familiare dal punto di vista dei figli del divorzio
Riorganizzazione delle relazioni familiari tra continuità e cambiamento


Conclusioni



Spesso la letteratura si è occupata delle famiglie ricostituite, preoccupandosi di osservare e studiare i cambiamenti, che la separazione e la successiva ricostituzione di uno o di entrambi gli ex-coniugi comportano, nelle relazioni e nella struttura della costellazione familiare. Nel far questo solo poche ricerche si sono interessate di rilevare il punto di vista dei figli riguardo alla loro esperienza della ricomposizione familiare. Il presente lavoro quindi, oltre a rappresentare uno studio pilota, finalizzato a sperimentare l’efficacia di una procedura multimetodo capace di rilevare informazioni relative all’esperienza dei membri della famiglia ricostituita a livello psicologico, relazionale e funzionale; mette in primo piano la prospettiva dei figli, risultata spesso differente da quella degli adulti, al fine di migliorare gli interventi di consulenza alle famiglie in via di ricomposizione, salvaguardando gli interessi dei minori. Nel far questo ci siamo resi conto dell’importanza di prendere in considerazione la complessità-ricchezza delle configurazioni relazionali in cui i figli sono coinvolti, evitando l’errore di osservare esclusivamente la “famiglia domestica” (il nucleo di convivenza dei figli) e allargando i nostri orizzonti fino ad includere l’intero sistema familiare che, in seguito alle scelte dei genitori-exconiugi, tende a diventare sempre più ampio e complesso. Infatti, come abbiamo potuto notare dallo studio del ciclo vitale delle famiglie ricomposte, gli eventi critici che interessano i vari membri della famiglia ed in particolare la prole, non sono solo quelli che accadono nel nucleo di convivenza, ma anche quelli che si verificano in altri nuclei ad esso collegati tramite i figli delle prime unioni, che rappresentano le interfacce del sistema ricomposto. Ciò ci porta ad affermare che oggi i confini della famiglia non coincidono più con la condivisione delle mura domestiche, né sono semplicemente delineati dai legami di sangue, ma si estendono fino ad inglobare i diversi nuclei familiari di cui i figli del divorzio fanno parte o si trovano a far parte direttamente o indirettamente e tutti i personaggi che con essi entrano in relazione o convivono (nuovi partner dei genitori, fratelli acquisiti, nonni acquisiti, ecc.).
La somministrazione di un’intervista clinica ai figli del divorzio ci ha consentito di considerare la ricostituzione familiare non come un evento definito nel tempo, ma come un processo storico e dinamico, con un prima ed un dopo, lungo un continuum che va dal periodo precedente alla separazione dei genitori fino a quello successivo in cui essi formano dei nuovi nuclei familiari. Concordiamo quindi con Iréne Théry nel affermare che, nello studio delle famiglie ricomposte, bisogna riconoscere gli elementi di continuità del “tempo coniugale” accanto a quelli del cambiamento e, per quanto riguarda il “tempo genitoriale”, la componente dinamica oltre a quella della perennità e della indissolubilità dei legami. Aggiungiamo tuttavia come non si può non tenere conto anche del “tempo dei figli” che è in precario equilibrio tra le loro spinte regressive, verso la ricerca di sicurezza e continuità nella stabilità dei legami e delle relazioni familiari, ed i loro bisogni di crescita ed autonomia dalla famiglia, che contrastano con le tendenze unificatrici e centripete proprie del processo di ricomposizione familiare.
Abbiamo osservato come i figli delle famiglie ricostituite devono far fronte, in un breve lasso di tempo, a numerosi eventi critici quali: la presentazione dei nuovi partner e dei loro familiari; la conoscenza e l’organizzazione dei rapporti con i fratelli acquisiti; l’inizio della convivenza con il nuovo partner del genitore; le nuove nascite all’interno della coppia ricostituita ed il rimatrimonio di uno o di entrambi i genitori. Questi eventi, che si associano ai normali accadimenti propri di qualsiasi famiglia (scolarizzazione, adolescenza, distacco familiare, ecc.) hanno bisogno, per essere affrontati, di un enorme apporto di risorse interne ed esterne che risultano molto difficili da trovare in un ambiente familiare altamente instabile e delegittimato come quello delle famiglie ricomposte.
Pensiamo che il livello di consapevolezza dei figli circa gli eventi affrontati, gli ostacoli incontrati, le risorse sfruttate, sia un importante indicatore del grado di elaborazione della perdita della famiglia originaria e del livello di accettazione-adattamento alla nuova realtà familiare. Siamo riusciti così a differenziare, all’interno del nostro pur piccolo campione, quattro gruppi di soggetti, analizzando le differenti modalità di narrazione del processo ricostitutivo. Ciò ci ha portato ad ipotizzare che coloro che producono una grande quantità di riflessioni sulle relazioni e sui cambiamenti relazionali, avvenuti tra i membri del sistema familiare durante la ricostituzione, e che riportano un numero abbastanza consistente di eventi e fatti che hanno scandito tale processo, dimostrano: una profonda empatia, una capacità di assumere e di tener conto dei differenti significati che la ricostituzione ricopre per ciascun individuo ed una “consapevolezza interazionale”, tutte caratteristiche che potrebbero essere strettamente correlate con la buona riuscita del processo di ricostituzione familiare. Naturalmente ci auguriamo che questa ipotesi possa essere verificata da altre ricerche su un campione più ampio e rappresentativo della popolazione italiana dei figli del divorzio limitandoci per il momento ad indicare la via.
Particolarmente interessante ci è sembrata la possibilità di definire una tipologia di rappresentazioni familiari che potrebbe essere l’espressione delle differenze nell’esperienza reale dei figli all’interno della famiglia ricostituita e ricomposta. In particolare abbiamo rilevato una netta prevalenza di rappresentazioni familiari di “tipo conservativo”, a testimonianza che il triangolo primario è una configurazione essenziale per definire il concetto di famiglia anche in situazioni estremamente complesse come nel caso della ricomposizione. Ciò è ancor più vero se si considera che la triade padre-madre-figlio compare nella maggioranza delle rappresentazioni che, per l’impossibilità di ricondurre i personaggi disegnati ai membri della famiglia reale, sono state da noi definite di “tipo alternativo”. Tutto questo ci ha portato a sottolineare come, anche nei casi in cui l’esperienza familiare è tutt’altro che “normale” e pur avendo sperimentato l’instabilità e la labilità dei confini familiari, i figli del divorzio, che hanno fatto l’esperienza della ricostituzione, continuino non solo a rappresentarsi la famiglia come una “famiglia nucleare tradizionale”, ma anche a vedere in essa l’ideale da realizzare nel prossimo futuro.
Ci siamo preoccupati inoltre di individuare i personaggi omessi dalle rappresentazioni e, a conferma di quanto precedentemente affermato, abbiamo trovato che la quasi totalità degli intervistati non rappresenta i nuovi partner dei genitori né i loro figli. Questo, più che indicare una difficoltà nell’accettazione della nuova realtà familiare, potrebbe significare che il senso della famiglia e la sua rappresentazione a livello concettuale, difficilmente vengono modificati dall’esperienza della famiglia reale. Ciò non è sempre negativo se pensiamo che può servire a mantenere i confini tra il nucleo originario e la famiglia allargata, indispensabili per garantire la continuità dell’identità personale e familiare dell’individuo e a distinguere la genitorialità biologica da quella sociale in una prospettiva integrativa più che sostitutiva. In base a queste osservazioni abbiamo ipotizzato che una rappresentazione familiare di tipo conservativo, accompagnata dal riconoscimento, nella fase successiva dell’intervista, della omissione del/i genitore/i acquisito/i, sia l’indicatore di un buon adattamento e del raggiunto compromesso tra i bisogni di stabilità e l’accettazione dei cambiamenti da parte dei figli.
Un altro aspetto di cui mi sono personalmente occupato e che spero possa in futuro essere argomento di ulteriori e più approfondite ricerche, è la definizione di una tipologia di rapporti tra genitori-acquisiti e figli-acquisiti, in quanto le differenze in questa variabile potrebbero essere strettamente correlate non solo con la riuscita del processo di ricostituzione familiare, ma anche con la qualità della vita dei figli. In particolare ho ipotizzato che un rapporto di tipo “simmetrico-amicale” , in cui il partner del genitore diventa l’amico, il confidente ed un modello per il figlio del coniuge, sia nella maggioranza dei casi il presupposto ad una buona e funzionale ricostituzione familiare. Poiché, oltre ad essere un rapporto alla pari, in cui le decisioni e le regole vengono prese comunemente e democraticamente, non esclude la permanenza del rapporto dei figli con il genitore biologico non convivente e non priva quest’ultimo dell’autorità e del ruolo genitoriale. Questa modalità di relazione sembrerebbe essere la più auspicabile e la più vera in quanto si costruirebbe unicamente sulla scelta reciproca e sul puro piacere dello stare insieme e del condividere le esperienze. La modalità di rapporto simmetrico-amicale, quindi, rientrerebbe tra le “relazioni pure” basate sullo scambio reciproco, sull’impegno, sull’intimità, sulla continua riflessione critica riguardo alla qualità del rapporto, sulla fiducia e sulla crescita comune, di cui parla Donata Francescato e che noi consideriamo siano la vera ricchezza delle famiglie ricostituite e ricomposte.


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