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PSYCHOMEDIA
Tesi

Tesi di Laurea di Giuseppe Dimitri

La ricomposizione familiare dal punto di vista dei figli del divorzio
Riorganizzazione delle relazioni familiari tra continuità e cambiamento


Capitolo 9 - Una visione d’insieme

9.1. I genogrammi


I genogrammi delle famiglie ricomposte ci hanno consentito di estrapolare un consistente numero di informazioni circa i tempi, le fasi ed i principali eventi del processo ricostituivo. In particolare l’analisi dei genogrammi ci ha permesso di calcolare: la durata del matrimonio dei genitori; l’età dei soggetti intervistati al momento della separazione degli ex-coniugi, all’inizio della nuova convivenza di uno di questi, al loro eventuale rimatrimonio e alla nascita del loro primo “nuovo figlio”. Ci è sembrato importante rilevare l’età degli intervistati al presentarsi degli eventi critici, che scandiscono il ciclo vitale della famiglia ricostituita, poiché pensiamo che differenze in questa variabile possano influenzare la qualità della ricomposizione. Infine abbiamo anche misurato i tempi della ricostituzione, la durata delle famiglie ricostituite ed il periodo di vita trascorso dagli intervistati nei nuclei: originario, monogenitoriali e ricostituiti.


9.1.1. Durata del matrimonio dei genitori

Per quanto riguarda il nostro campione, nel 23,8 % delle 21 coppie originarie, l’unità matrimoniale è durata da zero a sette anni, nel 47,6 % da otto a quattordici anni e nel restante 28,6 % da quindici a ventiquattro anni.
Quello che traspare è una maggiore prevalenza, tra le famiglie ricostituite, di precedenti esperienze matrimoniali di media o lunga durata, che in un certo senso contrastano con le aspettative di molti ricercatori (Quadrio-Aristarchi, Venini, 1992; Francescato D. 1994) che individuano nella qualità del rapporto affettivo fra i coniugi (il bisogno di “relazioni pure”) il criterio fondamentale adottato per decidere di mantenere o sciogliere il vincolo matrimoniale. In un certo senso dovremmo ipotizzare che, anche laddove non vengano più soddisfatte le esigenze affettive e manchi la spontaneità dei sentimenti tra i due partner, ci sono altri impedimenti o fattori che ritardano la scelta dell’immediato scioglimento del legame coniugale.


9.1.2. Età dei soggetti intervistati al momento della separazione dei genitori

Ben 7 (pari al 33,3 %) dei 21 soggetti da noi intervistati avevano, al momento della separazione, un’età compresa tra zero e quattro anni (vedi grafico n. 5). Tra questi 4 (il 57,1 %) avevano meno di due anni, il che ci fa presupporre che non abbiano partecipato consapevolmente al processo di separazione. Altri 5, dei 21 intervistati (pari al 23,8 %), ricadevano nell’intervallo di età compreso tra i cinque e i nove anni, e 5 (un altro 23,8 %) in quello tra i dieci e i quattordici anni. In 3 casi (il 14,3 %) avevano un’età tra i quindici e i diciannove anni e, in un solo caso, il 4,8 % oltre i venti anni.


Come possiamo notare la maggioranza dei soggetti del nostro campione si concentra nelle fasce di età tra zero e quattro anni e in quelle intermedie dai cinque ai nove e dai dieci ai quattordici anni. Ciò è molto significativo considerando gli studi di Visher e Visher (1996) i quali hanno evidenziato che: mentre in età prescolare i bambini reagiscono con massicce regressioni nel comportamento, oltre che con pensieri negativi, in cui si percepiscono come la causa della separazione sviluppando una forte paura ed ansia ed un eccessivo bisogno di accudimento e cura; quelli di età compresa tra i sei e i dodici anni presentano profondi sentimenti di tristezza e dolore oltre ad irrealizzabili “fantasie di riconciliazione”.


9.1.3. Età dei soggetti intervistati all’inizio della convivenza dei genitori

Se osserviamo il grafico n. 6 senza distinguere tra materna e paterna, notiamo che la maggioranza dei soggetti (il 48,4 %), al momento dell’inizio della convivenza, aveva un’età tra i dieci e i diciannove anni (di cui un 24,4 % tra i dieci e quattordici anni e un altro 24,4 % tra i quindici e i diciannove anni).
Prendendo in esame separatamente l’età dei figli all’inizio della convivenza materna, le due classi che raccolgono più frequenze sono quella “dai zero ai quattro anni” (il 33,3 %), e quella “dai dieci ai quattordici” (un altro 33,3 %); mentre, all’inizio della convivenza paterna, i soggetti tendono a concentrarsi, principalmente, nella fascia di età “dai quindici e i diciannove anni” (il 33,3 %) e, secondariamente, in quelle “dai cinque ai nove anni” (il 24 %) e dai “dieci ai quattordici” (il 19 %).

La cosa che ci è sembrata importante da sottolineare e che richiederebbe, se i nostri dati trovassero riscontro anche in altre ricerche, un approfondimento circa le motivazioni sottostanti, è che: mentre i padri tendono ad iniziare una convivenza quando i figli della loro precedente unione sono in fase tardo adolescenziale o, meno frequentemente, in quella scolare; le madri preferiscono farlo o quando essi sono ancora piccoli (hanno meno di 4 anni) o prima della loro entrata nella fase adolescenziale del distacco.


9.1.4. Età dei soggetti intervistati al rimatrimonio dei genitori

Abbiamo voluto rilevare questo dato in quanto consideriamo il rimatrimonio un evento critico nella storia della ricomposizione familiare: «coloro che intraprendono un secondo matrimonio devono preoccuparsi di integrare loro stessi e i propri figli all’interno della struttura della nuova famiglia, integrazione che porta ogni individuo a rielaborare il proprio modello di famiglia e le proprie aspettative sul ciclo di vita familiare» ( J. K. Keshet, 1990).
Sul totale dei trenta nuclei ricostituiti da noi studiati, 19 (il 63,3 %) sono risposati, i restanti 11 conviventi (vedi tab. n. 8). Dei diciannove secondi matrimoni 11 (il 57,9 %) sono da parte dei padri e 8 (il 42,1 %) da parte delle madri. Per quanto riguarda l’età dei figli al rimatrimonio dei genitori, la maggioranza di essi (il 47,4 %) aveva tra i dodici e i diciannove anni; il 31,6 % tra i venti e i trent’anni; il 21 % tra i sette e gli undici anni, mentre nessuno meno di 6 anni.


Età

Rimatrimonio
0-6
anni
7-11
anni
12-19
anni
20-30
anni
Totale
Della madre 0 2 4 2 8
Del padre 0 2 5 4 11
Totale 0 4 9 6 19

9.1.5. Età dei soggetti intervistati alla nascita del primo “nuovo figlio”

Anche la nascita del primo “nuovo figlio” è un evento critico nel processo ricostituivo. Tale scelta non coinvolge solo il genitore ed il suo nuovo partner, ma tutti gli altri membri della rete familiare in quanto vengono rimessi in discussione sul piano emotivo i rapporti, nati dopo la separazione, tra i due ex-partner, tra ciascuno dei due e i figli e tra i figli stessi. Secondo Donata Francescato (1994) per i più piccoli, assistere al secondo matrimonio della madre o del padre, o alla nascita di un loro nuovo figlio, significa veder cadere la speranza di un’eventuale riconciliazione tra i genitori (punto di non ritorno); mentre per i più grandi vuol dire perdere lo speciale rapporto che hanno istaurato con la madre o con il padre singolarmente. Questa sensazione di perdita delle speranze di riconciliazione è stata riferita anche dai nostri intervistati:
«fino a che non c’erano stati nuovi figli… per me è stato come se avessi assistito alla chiusura della porta di casa mia da parte di mio padre, cioè nel momento in cui lui…a parte quando si è sposato, in quel caso è come se l’avesse cominciata ad accostare… poi, quando ha avuto un figlio maschio all’interno della sua nuova famiglia, mi sono sentito sostituito, ed è stato come se avesse chiuso la porta definitivamente, come a dire: «Non ci sperare più, perché ormai ho la mia famiglia, mia moglie e ho mio figlio, quindi si è ricreata la mia situazione…».

Dodici dei soggetti del nostro campione (il 57,1 %) hanno fatto l’esperienza della nascita di un “nuovo figlio” di uno dei loro genitori. Per 5 di loro (il 41,7 %) tale evento si è verificato quando avevano tra i dodici e i diciannove anni, per 3 (il 25 %) ad una età inferiore ai sei anni, mentre, dei restanti, 2 (il 16,7 %) avevano tra i sette e gli undici anni e altri 2 tra i venti e i trent’anni.


9.1.6. I tempi della ricostituzione

Partendo dall’ipotesi del recesso progressivo (J. Wallerstein e J. Kelly, 1980; E. M. Hetherington, M. Cox e R. Cox, 1978; R. Gardner 1978; cit. in Cigoli, Gullotta e Santi, 1983) secondo la quale quanto più tempo trascorre dopo la disgregazione familiare, tanto minori risulteranno gli effetti patologici manifestati dai figli, che potranno così seguire i normali processi di crescita; abbiamo voluto calcolare il tempo trascorso tra la separazione della coppia e, laddove è avvenuta, la formazione di una nuova da parte del padre e/o della madre degli intervistati.


Tabella 9: Tempi della ricostituzione: dalla separazione alla ricostituzione

NUCLEI MONOGENITORIALI MATERNI NUCLEI MONOGENITORIALI PATERNI Totale
Tra separazione e ricostituzione trascorrono da 0 a 2 anni
5
10
15
Tra separazione e ricostituzione trascorrono da 3 a 6 anni
3
5
8
Tra separazione e ricostituzione trascorrono da 7 a 9 anni
1
3
4
Tra separazione e ricostituzione trascorrono dai 10 anni in poi
3
2
5
Individui che non si sono mai ricostituiti
9
1
10

(*) In questa tabella si tiene conto delle eventuali convivenze passate anche se non più esistenti, per questo il numero totale dei nuclei monogenitoriali non coincide con quello rilevato al momento dell’intervista tramite l’analisi dei genogrammi.


Come riportato in tab. n. 9 e rappresentato nel grafico n. 7 dei 42 genitori degli intervistati, 15 (il 35,7 %) hanno ricostituito immediatamente, dopo la separazione, un nucleo familiare lasciando passare al massimo due anni; 8 (il 19 %) hanno atteso dai tre ai sei anni; 4 (il 9,5 %) dai sette ai nove anni e 5 (l’11,9 %) oltre dieci anni. Una percentuale relativamente alta di genitori (il 23,8%), invece non ha mai ricostituito una famiglia.



Se osserviamo separatamente i tempi della ricostituzione materni e quelli paterni notiamo che: nel caso delle madri (vedi grafico n. 8) il 42,9 % non ricostituisce alcun nucleo, e, tra coloro che intraprendono una nuova convivenza, la maggioranza (il 23,8 %) lo fa dopo massimo due anni dalla separazione; mentre, la quasi totalità dei padri (vedi grafico n. 9) ricostituisce una famiglia e lo fa nel 47,6 % dei casi immediatamente, lasciando trascorrere meno di due anni, nel 23,8 % impiegando un intervallo di tempo che va dai tre ai sei anni.


L’alta percentuale di non ricostituzione da parte delle madri coincide con la loro maggiore tendenza, precedentemente evidenziata, a costituire nuclei monogenitoriali dopo la separazione. Inoltre, poiché, nel nostro campione, la maggioranza di nuovi nuclei si ricostituisce nel periodo immediatamente successivo alla separazione (da zero a due anni), è ipotizzabile che gli adulti non siano sufficientemente consapevoli o non si preoccupino troppo di rispettare i tempi necessari ai figli per elaborare la perdita del nucleo originario.


9.1.7. Durata delle famiglie ricostituite

Dopo aver rilevato i tempi necessari alla ricostituzione, abbiamo ritenuto opportuno misurarne la durata in quanto possibile indicatore della riuscita di tale processo (vedi grafico n. 10). Per fare questo sono state prese in considerazione, nel caso in cui si siano verificate più ricostituzioni, solo quelle di cui maggiormente i soggetti ci hanno parlato nell’intervista.
Dei 32 nuclei ricostituiti (ricordiamo che di questi alcuni persistono tutt’ora, mentre altri sono risultati già sciolti al momento dell’intervista) il 31,2 % dura da meno di quattro anni; il 25 % dai dieci ai quattordici anni, il 18,8 % dai quindici ai diciannove anni; il 15,6 % dai cinque ai nove anni e il 9,4 % dai venti ai ventiquattro anni. Se analizziamo singolarmente la durata del sottocampione dei nuclei paterni e quella del sottocampione dei nuclei materni, osserviamo che la maggioranza dei primi (il 40 %) dura da almeno quattro anni, mentre la maggioranza dei secondi (il 33,3 %) dai dieci ai quattordici anni. Ciò tuttavia non ci permette di affermare che i nuclei ricostituiti paterni sono più instabili di quelli materni in quanto, essendo la gran parte di essi ancora integri al momento dell’intervista, non si può considerare quella da noi rilevata la durata effettiva.

9.1.8. Tempo trascorso dagli intervistati nel nucleo originario, in quello monogenitoriale e in quello ricostituito:

Infine, dopo aver rilevato il tempo trascorso da ciascun’intervistato nel nucleo originario, in quello monogenitoriale e in quello ricostituito (vedi tab. n. 11 e grafico n. 11), ne abbiamo calcolato e messo a confronto i tempi medi (vedi tab. n. 10). E’ quindi risultato che: i soggetti del nostro campione hanno trascorso in media: 9 anni nella famiglia unita; 8 anni e 7 mesi in quella monogenitoriale (nella maggioranza dei casi materna) e 12 anni nella famiglia ricostituita (dato non definitivo poiché la maggioranza dei nuovi nuclei si presenta ancora integra al momento dell’intervista).


Ciò che risulta evidente dalla tabella n. 10 è che ben 11 dei ventuno soggetti da noi intervistati non hanno mai convissuto stabilmente all’interno del nucleo ricostituito, pur prendendo parte indirettamente al processo di ricostituzione familiare del genitore non residente. Questi soggetti costituiscono un sottogruppo dei figli del divorzio molto interessante in quanto assumono una prospettiva differente e vivono diversamente l’esperienza del processo ricostitutivo, ma restano poco studiati dalla letteratura più preoccupata di indagare le condizioni dei figli conviventi stabilmente nel nucleo ricostituito. Prendendo in considerazione questi ultimi, nel nostro campione si può chiaramente notare che essi trascorrono mediamente un periodo di vita più ampio nel nucleo ricostituito rispetto a quello passato nella famiglia unita. Questo sottolinea l’influenza che la famiglia ricostituita può esercitare sullo sviluppo psico-sociale dei figli del divorzio e l’importanza che si creino le condizioni necessarie perché essa funzioni al meglio sin dal momento della sua formazione.


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