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PSYCHOMEDIA
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Tesi di Laurea di Giuseppe Dimitri

La ricomposizione familiare dal punto di vista dei figli del divorzio
Riorganizzazione delle relazioni familiari tra continuità e cambiamento


Relazioni che si interrompono, relazioni che continuano, relazioni che nascono in seguito alla ricomposizione familiare

6.3. Le relazioni tra il genitore acquisito e i figli delle precedenti unioni del partner



In seguito alla separazione il figlio può trovarsi a vivere in una famiglia ricomposta da uno dei genitori. In questa occasione egli deve creare tra lui e il secondo coniuge o partner del genitore, altrimenti detto "genitore acquisito", dei legami di parentela che consacrino di diritto un rapporto di fatto vissuto quotidianamente. Si devono ristabilire i rapporti interpersonali, dati per scontati tra i parenti di sangue, e si deve imparare a dividere tra più persone il ruolo di genitore, tradizionalmente svolto soltanto dalla madre e dal padre.
Prima di passare a descrivere le caratteristiche e le difficoltà che si incontrano durante la formazione di questo legame, bisogna riflettere sui molteplici fili che si intrecciano in una relazione familiare e sul fatto che, a volte, il patrimonio di sangue sia meno forte e meno determinante della trasmissione psichica che si attua attraverso la vita in comune. In molti casi più forte dell'eredità genetica è l'eredità che si trasmette attraverso le parole, i gesti, gli oggetti, i suoni, i sapori, le immagini e che trova nella memoria e nei sentimenti il suo punto di riferimento. Per questo, là dove la situazione lo permette, tra genitore acquisito e figli si può instaurare un legame di genitorialità anche in assenza dei legami di sangue e di norme e regole che istituzionalizzino questo rapporto. Nelle famiglie ricomposte il legame di genitorialità è esclusivamente affettivo e non biologico o legale. In effetti è la qualità umana dell'adulto che si prende cura del bambino ad essere determinante per la sua evoluzione. Questa convinzione è alla base del concetto di genitore affettivo o sociale: un adulto che, al di là del legame biologico, diventa il punto di riferimento principale per un bambino in fase di sviluppo. Tuttavia il fatto che non ci siano legami di diritto tra il figlio e il genitore acquisito rende difficile e lunga la formazione di questo rapporto. Il genitore acquisito non può esercitare alcuna autorità legale e non può assumere nessuna responsabilità educativa verso i figli del primo matrimonio del partner, non è tenuto a partecipare alla loro educazione. Tuttavia egli occupa una posizione importante in questa funzione, soprattutto quando i figli vivono prevalentemente con lui e uno dei loro genitori biologici è particolarmente assente o disinteressato ad essi. Se la famiglia ricomposta è unita, l'assenza di legami legali tra genitore acquisito e figli non ha conseguenze importanti sulla creazione e sull'evoluzione della loro relazione affettiva. A differenza delle famiglie nucleari tradizionali, in quelle ricostituite, si assiste ad una distribuzione delle funzioni genitoriali in quanto il ruolo di genitore biologico, quello di genitore legale e quello di genitore sociale o psicologico possono essere ricoperti da diverse persone (plurigenitorialità). La difficoltà nella formazione di questo rapporto traspare già a livello della scelta di come denominare il genitore acquisito. Tale scelta sembra sia resa difficile più che dalle questioni formali, da quelle di natura essenzialmente psicologica: dal fatto cioè di essere il "terzo" (Anna Oliverio Ferraris, 1997), ossia, uno che subentra quando la famiglia, seppure smembrata ed in crisi, esiste da prima, ha le sue regole, le sue abitudini, i suoi orari, il suo lessico, il suo non detto che gli altri membri conoscono e di cui tengono conto negli scambi e nelle loro routine, ma che l'ultimo arrivato ignora e spesso intende volutamente ignorare. Il genitore acquisito in questo contesto è, di fatto, un "sostituto impossibile" al quale si chiede di ricoprire un ruolo che, allo stesso tempo, gli si nega di poter svolgere. Per esempio, la rappresentazione sociale che, fino ad oggi, si è avuta della "matrigna" ha cristallizzato questo paradosso. Ad essa si chiede, nel quotidiano, di essere madre per i figli delle precedenti unioni del marito, ma, contemporaneamente, si pensa che non possa esserlo sia perché non avendoli generati mancherebbe dell'istinto materno, sia perché la moglie che è in lei le impedirebbe di essere una buona madre. Sembra, tuttavia, che gli stereotipi verso i genitori acquisiti siano connessi più che a reali carenze nella loro capacità educativa, ad una intolleranza culturale verso le seconde nozze che rappresenterebbero un attentato all'ideale monogamico.
Secondo Donata Francescato (1994), il modo in cui i nuovi partner dei genitori vengono chiamati, rivela spesso il tipo di rapporto che si instaura tra questi ed i ragazzi. Molto spesso i figli adottano espressioni evasive come: «lui», «lei» o «quello lì, quella là» per indicare il patrigno o la matrigna quando tra loro vi è un perenne conflitto o quando i ragazzi si sentono sleali verso la madre o il padre, nell'affezionarsi ai loro partner. Quando invece i rapporti tra i genitori acquisiti e figliastri, dopo aver superato le normali difficoltà iniziali, diventano buoni e positivi, i figli inventano nomignoli e vezzeggiativi per i padri e le madri sociali, oppure li chiamano per nome.
Sempre secondo Fracescato (1994) i rapporti tra genitori acquisiti e figli sono positivi se c'è accordo nella nuova coppia, se c'è poca rivalità con il genitore naturale e se quello acquisito non tenta di prendere il suo posto. Questo nuovo genitore deve, infatti, giocare un ruolo basato sul lento instaurarsi della fiducia, della stima e dell'affetto.
Per Irène Théry e Meulders-Klein (1995) quattro sono i principali fattori che influenzano la formazione di questo nuovo legame genitoriale: 1) l'età del bambino, se esso ha meno di cinque anni è possibile che nasca una relazione filiale; 2) la frequenza degli incontri con il genitore non affidatario; 3) la qualità della relazione tra il genitore acquisito e il genitore biologico convivente; e, infine, 4) le caratteristiche personali di ciascun figlio.
Il ruolo del genitore acquisito è un ruolo tutto da inventare, al di fuori di ogni norma sociale o legge, esso altera il confine tra due tipi di socievolezza fondamentali che sono la genitorialità e l'amicizia. Siméon (1995) afferma che: «il legame che esiste tra il genitore acquisito e i figli acquisiti, non si fonda su un rapporto di filiazione, ma di affiliazione, esso viene legittimato solo al termine del processo di socializzazione compatibile con la funzione educativa». Questo legame si colloca ai limiti del rapporto genitore-figlio, molto più vicino ad un rapporto di amicizia in cui all'adulto viene riconosciuta una funzione di consigliere. I tratti principali che caratterizzano questo tipo di rapporto sono(72):

1) la scelta: non si nasce genitori acquisiti ma lo si diventa, questo status familiare si acquista progressivamente al termine di un lungo e complesso processo non solo individuale ma anche sociale. L'estraneo, l'amico del genitore, non diventa genitore acquisito per il semplice fatto che viene ad abitare insieme ai figli, ma solo successivamente ad una scelta reciproca. Egli sceglie i figli dell'altro ed è a sua volta scelto da questi, anche se la scelta non riguarda con chi, ma, che tipo di legame costruire. Bisogna anche considerare che questo processo non interessa solamente la diade genitore acquisito-figlio acquisito, ma l'insieme della costellazione familiare che successivamente al divorzio si deve modificare per integrare il nuovo venuto e la sua parentela.
2) la libertà: un'altra caratteristica di questo rapporto che lo differenzia da quello genitore-figlio è che non può essere pensato come definitivo e immodificabile. In caso di rottura della coppia, infatti, la relazione stessa viene messa in crisi. Se da un lato ciò rappresenta un aspetto negativo in quanto aggiunge incertezza all'incertezza, l'assenza di un riconoscimento, di un ruolo attribuito per legge o per procreazione, fa si che il perdurare di questo rapporto sia frutto di una costante e libera scelta fatta in seguito alla constatazione che si sta bene insieme.
3) il riconoscimento reciproco: i punti di forza di un genitore acquisito sono la possibilità di stabilire con i figli acquisiti una relazione di confidenza e di complicità. Tale rapporto nasce solo se il nuovo adulto e i figli si riconoscono, vicendevolmente, una funzione ed un ruolo importante all'interno del sistema familiare, se entrambi credono nell'importanza della relazione.

Théry Irène e Davernas Marie-Josèphe(73), affermano che due sono le principali circostanze che possono portare alla ricomposizione familiare e, in ognuna di esse, il posto occupato dal nuovo partner assume significati differenti. Se la ricomposizione avviene in seguito alla morte di uno dei coniugi, ci si aspetta che il nuovo partner assuma il ruolo di "genitore sostitutivo". In questo caso egli si trova ad occupare un posto che è stato lasciato vuoto, senza togliere niente a nessuno, anzi, spesso la sua presenza e vissuta come una possibilità di colmare il senso di vuoto e incompletezza familiare, oltre ad essere un effettivo sostegno sia per quanto riguarda l'aspetto educativo, che quello economico, alla famiglia. Tuttavia queste aspettative non escludono che ci siano iniziali diffidenze da parte degli altri membri sulla capacità del nuovo arrivato di ricoprire un ruolo, non garantito da nessun legame di sangue, che fino a quel momento era stato svolto da un buon padre o da una buona madre che nessuno potrà completamente sostituire. Al contrario nel caso in cui la ricomposizione ha alle spalle un divorzio genitoriale, il nuovo coniuge o partner del genitore divorziato non dovrà occupare nessun posto vacante, né assumere le veci di nessuno, ma dovrà ritagliarsi uno spazio e un ruolo del tutto nuovo in una entità famigliare dissociata, nella quale il padre e la madre continuano ad esistere. Si verrebbe così a creare il problema della "doppia genitorialità" (Francescato, 1994), ossia della coesistenza di un genitore biologico non convivente e di un genitore sociale convivente. Due sarebbero, in questo caso, le resistenze alla ricomposizione familiare: da una parte l'impossibilità a vedere, secondo un modello alternativo alla genitorialità, il legame che unisce un adulto al bambino di cui si prende cura; dall'altra l'impossibilità di ammettere una similitudine tra questo legame e quello di filiazione in quanto ciò può essere visto come una usurpazione.
I genitori acquisiti, dunque, soprattutto se si inseriscono in una famiglia in cui il genitore biologico è ancora presente, devono crearsi un ruolo che non ha un riconoscimento ufficiale, che si basa su norme che il senso comune stabilisce progressivamente e che comporta delle responsabilità: prima tra tutte quella di essere un adulto con a carico un bambino. Nella conquista di questo particolare ruolo di "genitore-amico" e nel processo di formazione di un legame con i figli acquisiti, il compagno della madre e la compagna del padre devono far fronte a difficoltà differenti. Il ruolo che deve assumere il padre acquisito è più simile alla funzione paterna, che la funzione di madre acquisita al ruolo materno. Anche se il padre sociale non è il vero padre, condivide con questo il fatto di assumere nei confronti del bambino una funzione di mediatore tra lui e la madre. La madre sociale, invece, si trova nei confronti del bambino in una posizione più simile a quella dell'uomo, poiché, in confronto alla madre, la sua funzione è mediata da un parente biologico, il padre dei bambini. La posizione che il padre acquisito si trova a dover assumere è, in un certo senso, più semplice, poiché, anche se è l'uomo di casa e può entrare in competizione con il padre biologico, sul piano delle relazioni affettive, come su quello delle decisioni importanti, la sua debole presa in carico ed il suo indiretto impegno nelle attività familiari quotidiane limitano le occasioni di conflitto e di abuso. Al contrario la madre acquisita deve contemporaneamente comportarsi come una madre e non dimenticare mai che non è la vera madre. Ella prende in carico l'organizzazione della casa e, in questa situazione, il rispetto della preminenza del ruolo della madre biologica non è facile da conciliare con la pratica concreta, soprattutto quando c'è disaccordo sulle cure e sulla educazione da dare ai bambini. In sintesi possiamo affermare che il problema degli uomini è di dover esercitare la loro autorità senza sconfinare in quella paterna; quella delle donne, è di stabilire dei rapporti affettivi che non siano percepiti come una esclusione o usurpazione del ruolo materno(74).
Il fatto di dover assumere e svolgere sin da subito, contemporaneamente, due ruoli, quello di partner di una coppia e quello di terzo genitore, crea molti problemi. C'è da tenere presente che se il terzo genitore ha delle aspettative nei confronti dei figliastri, anche questi hanno un loro punto di vista su quello che deve essere il ruolo del partner del genitore in famiglia. Diversi sono i ruoli che il nuovo adulto può ricoprire una volta entrato a far parte del nucleo (A. Oliverio Ferraris, 1997):

L'amico: il padre/la madre acquisito/a che riesce a diventare amico/a dei figli del partner, in genere, è il più soddisfatto. Infatti, poiché i ragazzi hanno già un padre ed una madre, anche quando questi sono morti, è più facile che essi accettino che il nuovo adulto svolga un ruolo di amico, capace di fornire protezione e interessamento aggiuntivi. E' un'amicizia, che non implica l'andare d'accordo su tutto, un rapporto tra persone di età diversa, dove il più grande è un punto di riferimento e prova empatia verso i sentimenti complessi dei figli acquisiti. Costruendo il proprio ruolo sull'amicizia, il genitore acquisito da ai figli del partner il tempo di conoscerlo e rispettarlo; inoltre, l'offerta dell'amicizia è da questi ultimi vissuta come meno minacciosa rispetto all'assunzione di un ruolo di guida o di autorità.

Il confidente: quando l'adulto è disposto ad ascoltare. Questo ruolo risulta essere più accettato soprattutto dagli adolescenti, che si sentono lontani dai loro genitori e non riescono a chiedergli dei consigli. L'assunzione di questo ruolo consente di diventare un consigliere che indica valori e fornisce suggerimenti.

L'altro genitore: questo ruolo viene riconosciuto al nuovo adulto in particolare quando i bambini sono piccoli e hanno scarsissimi contatti con il genitore separato non affidatario. In questa situazione con il passare del tempo esso può venire considerato come un vero e proprio genitore. E' importante, tuttavia, capire che il partner non deve sostituirsi al genitore biologico, ma affiancarsi ad esso e che i figli propri e quelli del partner devono essere trattati in modo simile e si devono avere nei loro confronti le stesse aspettative.

Il mentore: in questa veste l'adulto è chiamato ad insegnare, scambiare opinioni, pareri e informazioni che possano preparare un giovane alla vita. Al di là dei genitori, i bambini, in particolare in questi momenti cosi critici, hanno bisogno di avere altre figure di riferimento che trasmettano, abilità, informazioni e saggezza.

Il modello: a differenza del mentore, il modello insegna col suo esempio al bambino che copia i suoi comportamenti. Un adulto in più, all'interno della famiglia, può rappresentare un modello importante per i figli, fornire loro modalità diverse di comportamento ed un'ottica differente nell'affrontare la vita, oltre a facilitare lo sviluppo della personalità e dell'identità sessuale.

La stessa autrice indica anche i tratti positivi che dovrebbe presentare il "terzo genitore". Questo dovrebbe essere empatico, non stare sulle difensive o non reagire in maniera difensiva quando i figli acquisiti lo mettono alla prova, paragonandolo al genitore biologico, criticandolo o incolpandolo. Dovrebbe evitare di giudicare, essere ben disposto e flessibile, aperto al cambiamento avere un'identità salda e non assumersi responsabilità che non gli competono.
Per quanto riguarda l'aspetto legale, nella gran parte dei sistemi giuridici dell'Europa Continentale, le relazioni genitori acquisiti-figli acquisiti, all'interno della famiglia ricomposta, si organizzano attorno a due poli (approccio tutto o niente): o non c'è alcun legame giuridico tra il bambino ed il genitore acquisito, in questo caso quest'ultimo è un terzo adulto che non dispone di alcun diritto e di nessun dovere nei confronti dei figli; oppure un legame di filiazione viene stabilito tra il bambino ed il genitore acquisito attraverso la scappatoia di un riconoscimento compiacente o attraverso l'adozione. Nel diritto inglese il riconoscimento dell'adozione taglia tutti i legami tra il bambino e la sua famiglia di origine per ricreare quelli con i genitori adottivi. In caso di adozione, il genitore biologico non affidatario perde ogni diritto nei confronti del figlio. E' dunque frequente che un genitore acquisito chieda congiuntamente all'altro genitore di poter adottare i suoi figli. Tuttavia la rottura dei legami tra i genitori biologici e i figli, così come le potenziali distorsioni delle relazioni con gli altri membri della famiglia a cui danno vita, sono degli importanti problemi che devono essere risolti. L'International Departmental Review of Adoption Law ha previsto una nuova regolamentazione delle adozioni, specifica per i genitori acquisiti. Essa prevede di collocare il genitore sociale nella stessa posizione giuridica del genitore biologico senza la necessità di un'adozione. Un'altra proposta prevede, in alternativa alla adozione, la creazione di un regime giuridico speciale per le famiglie ricomposte, secondo il quale la responsabilità genitoriale verrebbe automaticamente conferita al genitore acquisito in seguito al matrimonio(75).
Il diritto francese si preoccupa, in particolare, di garantire il mantenimento delle relazioni dei figli con i genitori biologici: il figlio legittimo deve poter continuare ad essere allevato dai suoi due genitori, divorziati o separati. Esso favorisce, in effetti il mantenimento dei legami in seno alla famiglia nucleare privilegiando l'autorità parentale congiunta. La legge dell'otto gennaio 1993 ha migliorato sensibilmente i rapporti personali all'interno della famiglia naturale. I genitori biologici, come i genitori legittimi, esercitano oramai in comune l'autorità genitoriale sul bambino. Un altro aspetto garantito dalla legge in Francia è il mantenimento delle relazioni tra il bambino e i membri della famiglia allargata. La legge riconosce ai nonni, legittimi e naturali, un diritto alle relazioni personali con i nipoti, che il padre e la madre non possono ostacolare se non dimostrando l'esistenza di un grave motivo di impedimento.


6.3.a. Diventare padre acquisito

Le coppie che si sposano per la prima volta hanno modo di confrontare le proprie differenze e di risolverle, unendo le due culture delle proprie famiglie di origine in una sola, prima dell'arrivo dei figli. I padri acquisiti, invece, non dispongono della stessa quantità di tempo per costruire una identità familiare che al contrario viene loro imposta e a cui si devono adattare. Un patrigno può fare due errori di segno opposto: il primo è quello di pretendere di svolgere, fin dall'inizio, il ruolo paterno; il secondo è quello di mostrarsi distaccato, poco incline a comunicare, comportandosi come un ospite.
La pretesa di essere riconosciuto come un padre a tutti gli effetti spesso suscita l'opposizione dei bambini più grandi e degli adolescenti. Il rapporto, tuttavia, può migliorare nel tempo se, soprattutto con i figli maschi, egli riesce a coinvolgerli in interessi comuni. Con le figlie, anche se quando sono bambine il genitore sociale può essere più affettuoso, il rapporto si modifica nell'adolescenza, sia perché è più difficile che condivida con esse interessi comuni, come con i figli maschi, sia perché le dimostrazioni di affetto possono essere vissute come ambigue e pericolose. Hetherington (1992) suggerisce che: «la migliore strategia per essere accettato da un figlio, sembra essere quella di non tentare di controllare subito il comportamento del bambino, ma di cercare di stabilire con lui un rapporto e di sostenere la madre nel suo ruolo parentale». Bisogna procedere per gradi, evitare di voler imporre una disciplina, pretendendo che i figli acquisiti si adeguino a determinate regole o accettino di venire a patti prima che si sia stabilito un clima di reciproca fiducia. Anche secondo J. Wallerstein e J. Kelly il processo deve essere graduale: «è necessario coltivare gradualmente una relazione con i figli acquisiti ed accettare gli inevitabili sospetti e le resistenze degli stadi iniziali». Infatti Van Cutsem (1998) afferma che: i figli, di solito, percepiscono il nuovo uomo di casa prima come il compagno della madre e poi, in qualche occasione, come una figura genitoriale. Essi lo considerano spesso come una persona che permette alla madre di vivere meglio, di ritrovare la sua femminilità ed il suo desiderio di seduzione, che l'aiuterà nei compiti di casa e che contribuirà a migliorare la situazione finanziaria della famiglia.
Uno dei problemi che devono essere affrontati dai figli quando la madre si risposa o va a convivere con un nuovo compagno è mantenere una relazione con "due figure paterne". E' possibile appartenere a due famiglie purché gli adulti siano in grado di garantire l'equilibrio tra il passato e il presente: essi non devono ignorare il passato ma devono fare in modo che questo non soffochi il presente. Uno degli errori più grossi consiste nel chiedere ad un bambino di rinunciare all'affetto per il padre. E' invece importante, se non indispensabile, che la madre ed il padre acquisito consentano e incoraggino il perdurare di questo legame.
Secondo Van Cutsem (1998) si devono realizzare diverse condizioni affinché il nuovo partner della madre, che vive insieme ai figli di questa, possa assumere una "funzione paterna parziale":

1) la nuova figura maschile deve accettare di adempiere a questa funzione, con la consapevolezza che con essa introdurrà un'insieme di regole, di leggi, che necessiteranno della ristrutturazione dell'intera famiglia. Dovrà quindi anche lui essere disposto ad investire in una relazione duratura;
2) la durata dell'investimento in questa funzione quasi genitoriale dipende anche dalla qualità della relazione tra i partner. Infatti, l'investimento nella coppia coniugale sarà tanto più solido quanto più la funzione genitoriale sarà assunta in maniera soddisfacente e, contemporaneamente, la madre che ha fiducia nella durata del legame coniugale, tenderà molto più facilmente a incoraggiare e a sostenere il partner nel compito di assolvere a questa carica genitoriale;
3) il padre dei figli deve accettare di condividere la responsabilità paterna con un altro uomo, il quale, a sua volta, deve riconoscere che il primo mantiene nei confronti dei bambini un ruolo unico. Perché si realizzi questo riconoscimento reciproco c'è bisogno che i diversi sistemi familiari stabiliscano delle relazioni centrate sull'interesse dei figli mettendo in secondo piano i conflitti e i rancori presenti tra i membri della prima coppia;
4) i figli, inoltre, devono poter investire in una relazione, con il compagno della madre come con la compagna del padre, che non sia competitiva o soggetta a incessanti paragoni. Gli adulti sono chiamati a raggiungere almeno un accordo minimo, sufficiente a consentire la condivisione delle funzioni genitoriali;
5) per ultimo, è necessario che anche le famiglie allargate, la rete sociale e le amicizie si adattino alla definizione che le nuove famiglie danno di sé.
Quindi si può dire che la condivisione della funzione paterna è un processo che non riguarda solo i singoli individui, ma richiede la collaborazione dell'insieme del sistema ricomposto.


6.3.b. Diventare madre acquisita

Spesso la madre acquisita viene rappresentata come la matrigna cattiva delle favole, che si trova a rimpiazzare la madre morta o assente, che entra in competizione diretta con lei, ma che non riesce né può uguagliarla. Il ruolo di madre acquisita non è facile, anche se molte donne si trovano a doverlo assumere. Infatti, mentre un uomo può disinteressarsi alle questioni che riguardano l'organizzazione e l'andamento della casa, per una donna è quasi impossibile non occuparsi dell'andamento domestico, per il ruolo di padrona di casa che ancora continua ad esserle attribuito. Per questo motivo, nelle famiglie ricomposte, spesso la madre acquisita si troverà in competizione con quella biologica in quanto la ripartizione della funzione materna è molto difficile soprattutto se i figli sono molto piccolo. Ripartirsi le responsabilità tra due donne che si occupano di un bambino è più difficile che suddividersi la funzione genitoriale tra due uomini. Un compito della partner del padre è quello di facilitare la relazione con i figli. Nella famiglia nucleare questo triangolo relazionale, in cui la madre fa da mediatrice nei confronti del padre, si verifica frequentemente. Nella famiglia ricomposta la partner del padre riprende questa funzione anche se la applica con più distacco. Quello che riguarda la cura del corpo del bambino, invece, continua, in generale, nella rappresentazione degli uomini, delle donne e dei figli, a rientrare nel campo delle funzioni della madre biologica. E' bene dunque, che la coppia chiarisca in anticipo i ruoli e le incombenze che la "vicemadre" deve svolgere nei primi tempi, che sono i più delicati. Secondo Anna Oliverio Ferraris (1997) varie possono essere le reazioni dei figli all'inserimento nel nucleo familiare della nuova partner del padre: alcuni si adattano facilmente senza mostrare grossi segni di disagio o sofferenza; altri, invece, vedono in essa un'intrusa che ha portato alla dissoluzione della propria famiglia, una rivale della mamma o una diretta antagonista in quanto concentra su di se tutte le attenzioni del padre. In quest'ultimo caso i figli come risposta a questi sentimenti ostili possono ignorare completamente la "matrigna" facendola sentire superflua o inesistente o negandole qualsiasi tipo di autorità e di diritto.


Note:
72 Meulders-Klein Marie-Thérèse e Théry Irène, 1993: Les recompositions familiales aujourd'hui, Nathan.
73 Théry Irène e Davernas Marie-Josèphe, La genitorialità ai confini dell'amicizia: status e ruolo del genitore acquisito all'interno delle famiglie ricomposte, cit. in: Meulders-Klein Marie-Thérèse e Théry Irène, Les recompositions familiales... op. cit.
74 Meulders-Klein Marie-Thérèse e Théry Irène, Les recompositions familiales... op. cit.
75 Meulders-Klein Marie-Thérèse e Théry Irène, 1995:Quels repères pour les familles recomposées? L.G.D.J..

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