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Tesi di Laurea di Giuseppe Dimitri

La ricomposizione familiare dal punto di vista dei figli del divorzio
Riorganizzazione delle relazioni familiari tra continuità e cambiamento


Le “Famiglie Ricomposte”



Con il diffondersi, intorno agli anni Settanta, dei fenomeni della separazione e del divorzio, si è assistito a cambiamenti sociali e culturali che hanno portato alla nascita di nuove strutture familiari alternative (famiglie monogenitoriali, famiglie formate da un solo genitore, coppie conviventi, famiglie omosessuali).
Accanto alle famiglie nucleari classiche, composte da padre, madre e figli biologici, in Occidente, sta crescendo il numero delle famiglie in cui almeno uno dei due coniugi, se non entrambi, hanno già vissuto un’esperienza di famiglia nucleare. A causa del forte aumento delle rotture coniugali nell’ultimo trentennio, secondo le scarse informazioni disponibili, sembra che le seconde nozze in cui almeno un coniuge è divorziato stiano diventando sempre più frequenti, costituendo ormai circa il 40 % dei matrimoni negli Stati Uniti e circa un terzo in Svezia, Danimarca, Gran Bretagna e Germania. Nonostante rappresentino un importante fenomeno sia a livello demografico che sociale queste famiglie restano ancora in gran parte sconosciute e poco studiate dai ricercatori che mancano perfino di un accordo sulla loro denominazione e sulla individuazione dei membri che ne fanno parte.
Meulders-Klein M. T. e Théry I. (1995) nella loro opera «Quels repères pour les familles recomposées?» con il termine di “famiglia ricomposta” si riferiscono: «a tutte le situazioni nelle quali, dopo la separazione del padre e della madre di un bambino, uno dei genitori costituisce, sposandosi o convivendo, un nuovo nucleo familiare che prende in carico questo figlio in modo permanente, se il genitore in questione è quello che esercita da solo l’autorità genitoriale o a casa del quale è stata fissata la residenza abituale; in modo occasionale, nel caso in cui al genitore gli siano stati riconosciuti il diritto di visita e la possibilità di ospitare il figlio». Allargando la prospettiva all’intera costellazione familiare nella quale circolano i bambini, le autrici considerano parte della famiglia i figli della prima unione insieme ai loro genitori acquisiti e a quelli biologici, ai fratelli acquisiti, ai mezzi fratelli (nati dalle nuove unioni) ai nonni e ai nonni acquisiti. Questa definizione implica la coesistenza di almeno due nuclei familiari: il vecchio e il nuovo, tra i quali i figli si muovono e tra i quali la divisione delle responsabilità educative e di cura non è sempre chiaramente stabilita. Dello stesso parere sembra essere Chantal Van Cutsem (1999) che utilizza il termine famiglia ricomposta per indicare un nucleo familiare in cui almeno uno dei due membri della coppia, che siano sposati o conviventi, proviene da una precedente esperienza di famiglia nucleare e dove siano presenti figli che hanno fatto parte di uno o più nuclei familiari precedenti oltre a quelli nati, o che potranno nascere, dalla attuale unione. Inoltre, fa rientrare sotto la stessa definizione anche quelle famiglie che si costituiscono in seguito all’entrata di un partner, attraverso il matrimonio, in una famiglia dove uno dei coniugi è morto. Anche la Van Cutsem considera come facenti parte della famiglia ricomposta sia il nucleo del genitore cui sono stati affidati i figli, sia quello del genitore che non ha avuto l’affidamento.
A. Oliverio Ferrarsi (1997) preferisce il termine di “famiglia allargata” o “mista”, per riferirsi a quei nuclei in cui i figli ed il genitore, rimasto solo per un periodo più o meno lungo dopo la separazione (costituendo un nucleo monogenitoriale), devono fare i conti con l’inserimento di una nuova figura: il “terzo genitore”. Ancora diverso è il termine scelto da D. Francescato (1994) la quale parlando di “famiglia aperta” ne identifica le due principali caratteristiche:
1) il fatto che questo tipo di famiglie risultino sparse in più di una abitazione. Infatti, ci sono almeno due luoghi fisici che i figli possono percepire come una casa, l’abitazione del padre e quella della madre;
2) il fatto che in ognuna di queste case vivano persone diverse che hanno stili di vita familiare diversi, formatisi non solamente nelle famiglie di origine, in cui sono cresciuti, ma anche all’interno dei nuclei in cui hanno avuto precedenti esperienze matrimoniali o di convivenza.
Silvia Mazzoni (1999) con il termine di famiglia ricomposta fa invece riferimento all’intera costellazione familiare che racchiude l’insieme dei nuclei costituitisi successivamente alla separazione o al divorzio e che assume livelli diversi di complessità in base alle scelte degli adulti. L’autrice, inoltre, nei suoi scritti sottolinea come ci siano due sistemi da prendere in considerazione: la famiglia ricostituita formata dal nucleo familiare convivente costituito dalla nuova coppia; e la famiglia ricomposta che comprende l’insieme dei nuclei familiari che sono legati tra loro dalla condivisione dei compiti genitoriali .
Passando dal livello del metasistema familiare a quello dei singoli nuclei la Stepfamily Association of America definisce “stepfamily” o “famiglia ricostituita”: una famiglia composta da due partners che hanno vissuto una esperienza di separazione da un precedente matrimonio, da cui almeno uno ha avuto figli che attualmente vivono con loro. Le cose si complicano ancora di più se consideriamo l’ulteriore distinzione proposta da Coleman e Gagon (1994) in: “stepfamily complesse e semplici”. Nella prima categoria rientrano quei nuclei familiari in cui entrambi gli adulti portano a vivere con loro i figli delle precedenti unioni; nella seconda quelli costituiti da un solo genitore con figli nati da precedenti relazioni. Come si può chiaramente vedere manca, tra i vari autori, un accordo non solo sulla denominazione da utilizzare per riferirsi a questa nuovo tipo di famiglia, ma anche su quale sia l’oggetto da prendere in esame. Si passa, come abbiamo visto, da autori che considerano l’intero metasistema familiare formatosi dopo la separazione, a quelli che focalizzano la loro attenzione solo sul nucleo ricostituito. Dietro all’incapacità di denominare queste famiglie sembra nascondersi un rifiuto, per lo più inconscio, di accettare non tanto il divorzio in sé quanto le sue conseguenze ed il persistere del pregiudizio nei confronti di tutte quelle situazioni familiari che si diversificano dalla rappresentazione tradizionale della famiglia nucleare.


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