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PSYCHOMEDIA
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Tesi di Laurea di Sara Ceccucci

La luce oltre la porta
Il Day Hospital Psichiatrico tra passato presente e futuro


Capitolo 2: Il dipartimento di Salute Mentale e il Day Hospital psichiatrico



2.1 Definizione e funzione

Il dipartimento di salute mentale è una struttura assistenziale complessa che raggruppa più strutture in unità operative funzionali ed è finalizzata alla prevenzione,alla cura e alla riabilitazione delle patologie psichiatriche. Questa formula organizzata consente numerosi vantaggi, poiché attenua le conseguenze della deframmentazione dell'assistenza che è tipica dei sistemi altamente specializzati,fornisce una serie di risposte adeguate ad una pluralità di bisogni e permette l'applicazione del principio delle cure progressive rendendo fruibile una rete di servizi e strutture integrate in grado di fronteggiare la specificità e la complessità di ciascuna delle fasi dell'intervento sanitario. Ogni regione italiana ha organizzato il DSM secondo un proprio modello,ogni modello regionale è però riconducibile ad un modello concettualmente unico,costituito da strutture e modalità operative,che sostituiscono e superano radicalmente il modello assistenziale manicomiale. Il dipartimento di salute mentale è quel sistema assistenziale che ha permesso il passaggio dalla psichiatria di contenimento e custodia alla psichiatria di prevenzione cura e riabilitazione. Il primo ambito,quello della prevenzione, consiste nell' educazione alla salute mentale della popolazione del territorio di competenza. L'obiettivo è ottenere una modificazione della cultura corrente consentendo la diffusione e la comprensione di tutte le problematiche connesse alla salute mentale. Devono essere effettuati analisi e studi che riguardano il territorio sotto il profilo statistico, socio-demografico e epidemiologico che consente di capire la diffusione dei disturbi mentali e i fattori che ne influenzano l'insorgenza e la permanenza. Ciò consente di individuare specifici luoghi di rischio o specifici gruppi di rischio e di porre in atto dei sistemi di intervento a carattere preventivo.
Nel secondo ambito, quello della cura, riconosciamo:
- L'intervento ambulatoriale che è fondato sul colloquio psicologico con il paziente e i suoi familiari mira ad individuare il problema e a produrre i provvedimenti terapeutici necessari. L'intervento sulla persona è articolato a più livelli: psicologico, assistenziale e farmacologico .
- L'intervento esterno che può essere condotto direttamente al domicilio del paziente o presso la sede di un servizio sanitario territoriale che si occupa del paziente, permette al DSM interventi maggiormente articolati e completi. Si articola in più livelli: interventi di ri-socializzazione che hanno lo scopo di intrattenere i pazienti fuori il contesto familiare in attività ricreative e di aumentare le loro capacità di socializzazione;interventi sanitari a domicilio che consistono in attività quali la verifica delle condizioni cli-niche dei pazienti, la somministrazione dei farmaci, il controllo della compliance farmacologica e degli effetti collaterali; il supporto alle attività quotidiane,in cui l'operatore aiuta il paziente a lavarsi vestirsi oppure diretti a pulire, cucinare, fare la spesa ecc.;il supporto all'attività lavorativa come sostegno diretto a fianco del paziente in ambienti di lavoro non protetti; il supporto sociale con interventi di sostegno nell'espletamento di pratiche amministrative.
- il pronto soccorso psichiatrico, che è funzionante nelle 24 h ed è costituito dall'insieme degli interventi messi in atto per gestire le situazioni psichiatriche urgenti del territorio competente.
- Residenzialità e semiresidenzialità terapeutica, attività svolte in strutture specifiche dove il paziente può risiedere in maniera continuativa per un certo lasso di tempo o esclusivamente durante il giorno.
Per il funzionamento del Dipartimento di Salute Mentale le regioni
e le province autonome destinano quote adeguate del fondo
sanitario prendendo in considerazione delle specifiche esigenze
relative ai contesti metropolitani, alla presenza di soggetti extracomunitari, al tasso di dispersione della popolazione ecc. Il direttore di ogni DSM negozia annualmente il budget con il direttore dell'azienda sanitaria territoriale e redige un documento programmatico e, a medio termine, con un piano strategico articolato su 3-5 anni. Il Progetto mira alla valutazione della qualità erogata, a quella percepita e a quella degli interventi sentinella e inoltre promuove pratiche per il Miglioramento continuo della qualità.
Il Ministero della Salute, ci fornisce una serie di definizioni e caratteristiche specifiche di tutte le componenti strutturali del Dipartimento di Salute Mentale italiano:

- Il CSM che è la sede organizzativa dell'èquipe degli operatori e la sede del coordinamento degli interventi di prevenzione, cura, riabilitazione e reinserimento sociale, nel territorio di competenza, tramite anche l'integrazione funzionale con le attività dei distretti.
In particolare il CSM svolge:

  • attività di accoglienza, analisi della domanda e attività diagnostica
  • definizione e attuazione di programmi terapeutico-riabilitativi e socio-riabilitativi personalizzati, con le modalità proprie dell'approccio integrato, tramite interventi ambulatoriali, domiciliari, di "rete", ed eventualmente anche residenziali, nella strategia della continuità terapeutica
  • attività di raccordo con i medici di medicina generale, per fornire consulenza psichiatrica e per condurre, in collaborazione, progetti terapeutici ed attività formativa
  • consulenza specialistica ai servizi "di confine" (alcolismo, tossicodipendenze ecc.), alle strutture residenziali per anziani e per disabili
  • attività di filtro ai ricoveri e di controllo della degenza nelle case di cura neuropsichiatriche private, al fine di assicurare la continuità terapeutica
  • valutazione ai fini del miglioramento continuo di qualità delle pratiche e delle procedure adottate.
    Esso è attivo, per interventi ambulatoriali e/o domiciliari, almeno 12 ore al giorno, per 6 giorni alla settimana.

    - Il CENTRO DIURNO che è una struttura semiresidenziale con funzioni terapeutico-riabilitative, collocata nel contesto territoriale. E' aperto almeno otto ore al giorno per sei giorni a settimana. E' dotato di una propria équipe, eventualmente integrata da operatori di cooperative sociali e organizzazioni di volontariato. Dispone di locali idonei adeguatamente attrezzati. Nell'ambito di progetti terapeutico-riabilitativi personalizzati, consente di sperimentare e apprendere abilità nella cura di sé, nelle attività della vita quotidiana e nelle relazioni interpersonali individuali e di gruppo, anche ai fini dell'inserimento lavorativo.

    - Le STRUTTURE RESIDENZIALI sono strutture extra-ospedaliera in cui si svolge una parte del programma terapeutico-riabilitativo e socio-riabilitativo per utenti di esclusiva competenza psichiatrica, con lo scopo di offrire una rete di rapporti e di opportunità emancipative, all'interno di specifiche attività riabilitative. La struttura residenziale, pertanto, non va intesa come soluzione abitativa. . Sono quindi, differenziate in base all'intensità di assistenza sanitaria (24 ore, 12 ore, fasce orarie) e non hanno più di 20 posti. Al fine di prevenire ogni forma di isolamento delle persone che vi sono ospitate e di favorire lo scambio sociale, le SR sono collocate in località urbanizzate e facilmente accessibili. Opportuno, anche, prevedere la presenza di adeguati spazi verdi esterni. Le SR possono essere realizzate e gestite dal DSM o dal privato sociale e imprenditoriale. L'accesso e la dimissione dei pazienti avvengono in conformità ad un programma personalizzato concordato, e periodicamente verificato, fra operatori del DSM, operatori della struttura residenziale, pazienti ed eventuali persone di riferimento.

    - Il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC) è un servizio ospedaliero dove vengono attuati trattamenti psichiatrici volontari ed obbligatori in condizioni di ricovero; esso, inoltre, esplica attività di consulenza agli altri servizi ospedalieri.
    E' ubicato nel contesto di Aziende ospedaliere o di presidi ospedalieri di Aziende U.S.L. o di Policlinici Universitari.
    E' parte integrante del Dipartimento di Salute Mentale, anche quando l'ospedale in cui è ubicato non sia amministrato dall'Azienda sanitaria di cui il DSM fa parte. In tal caso, i rapporti tra le due Aziende sanitarie sono regolati da convenzioni obbligatorie, secondo le indicazioni della Regione.
    Il numero complessivo dei posti letto è individuato tendenzialmente nella misura di uno ogni 10.000 abitanti. Ciascun SPDC contiene un numero non superiore a 16 posti letto ed è dotato di adeguati spazi per le attività comuni.

    - Il day hospital psichiatrico costituisce un'area di assistenza semiresidenziale per prestazioni diagnostiche e terapeutico riabilitative a breve e medio termine. Può essere collocato all'interno dell'ospedale, con un collegamento funzionale e gestionale con il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura. Può essere, inoltre, collocato presso strutture esterne all'ospedale, collegate con il CSM, dotate di adeguati spazi, delle attrezzature e del personale necessario. E' aperto almeno otto ore al giorno per 6 giorni alla settimana. Ha la funzione di:

  • permettere l'effettuazione coordinata di accertamenti diagnostici vari e complessi
  • effettuare trattamenti farmacologici
  • ridurre il ricorso al ricovero vero e proprio o limitarne la durata.


    2.2 Il Day Hospital psichiatrico

    Storicamente le prime esperienze di DH sono avvenute nei primi anni 30 nell'Ex unione sovietica e negli Usa in ambito psichiatrico e nel 1958 in Inghilterra in ambito geriatrico. L'assistenza a ciclo diurno come modalità di ricovero ospedaliero è identificata per la prima volta, nel nostro paese nel 1985 con la legge n.595, che dispone di destinare le eccedenze di posti letto ad attività di ospedalizzazione diurna. Il tema è poi ripreso dalla legge 135/90,sul problema specifico dell' AIDS , che indica il rapporto di un posto di assistenza diurna per ogni 5 posti letto ordinari. Infine con la legge 412/91 si rende obbligatoria l'attivazione di strutture d'assistenza ospedaliera diurna e con il DPR 20.10.92 si dettano criteri tesi a regolamentare in modo uniforme tale tipologia di intervento. L'assistenza a ciclo diurno consiste in un ricovero o cicli di ricoveri programmati,ciascuno di durata inferiore alla giornata,con erogazione di prestazioni multiprofessionali e plurispecialistiche. Si accede a questa forma di assistenza su richiesta del medico specialista ospedaliero,ambulatoriale o del medico curante. La patologia psichiatrica è per l'organizzazione mondiale della sanità,una delle prime cause di disabilità , rappresentandone l'11,6% del totale e per questo gravate da un elevato costo sociale. Anche alla luce dei minori costi per il servizio sanitario, diversi lavori pubblicati in letteratura hanno valutato l'efficacia del Day Hospital in alternativa alla degenza ordinaria: il dh garantirebbe vantaggi anche in termini di flessibilità e di buona accettazione sia da parte del paziente che della sua famiglia . Una recente review del 2001** distingue tre diversi modelli di Day hospital:
    - acute day hospital, considerato una valida alternativa alla DO nella situazioni in cui la richiesta di posti letto è superiore alla disponibilità degli stessi. La revisione di 9 studi randomizzati ha infatti dimostrato che questo modello di day hospital è adeguato per il 30 % dei pazienti,offrendo vantaggi in termini di più rapido miglioramento clinico e riduzione dei costi.
    - Transitional day hospital,inteso come momento di passaggio tra il DO e il domicilio,anche nell'intento di ridurre i tempi di DO
    - Day care center e day treatment programs, per la riabilitazione e il mantenimento della relazione terapeutica con il paziente,sopratutto in caso di pazienti in cui il programma ambulatoriale risulti fallimentare. I day care center vengono utilizzati soprattutto per la riabilitazione di pazienti cronici, mentre i day treatment programs , sperimentati negli Stati Uniti, sembrano avere una destinazione specifica per gruppi di pazienti il cui trattamento è meno urgente rispetto quello dei pazienti che richiedono il trattamento in day Hospital.
    Come per ogni reparto ospedaliero,esistono dei requisiti minimi organizzativi che sono in questo caso comuni per il Day Hospital e la Day Surgery. Ogni struttura erogante prestazioni deve prevedere i seguenti requisiti organizzativi:

  • la dotazione organica del personale medico ed infermieristico deve essere rapportata al volume delle attività e delle patologie trattate; nell'arco delle ore d'attività di day hospital deve essere garantita la presenza di almeno un medico e un infermiere professionale anche non dedicati;
  • l'adozione di un regolamento proprio della struttura, sulle modalità d'erogazione e d'accesso alle prestazioni a ciclo diurno day-hospital;
  • la definizione del numero di posti letto equivalenti assegnato a ciascun DH e DS e/o raggruppamento e/o dipartimento;il numero di posti letto equivalenti è riconfermato o rideterminato ogni anno in base all'attività svolta dalle singole Unità Operative/Dipartimenti:
  • la definizione delle modalità operative di ciascun DH e DS;
  • l'esistenza di raccordi funzionali con i servizi diagnostici, al fine di garantire l'esecuzione delle indagini programmate, nel periodo d'apertura del DH e DS;
  • la qualifica del personale medico ed infermieristico, e le relative responsabilità;
  • per ciascun paziente ricoverato in DH e DS deve essere prevista una specifica cartella clinica, aggiornata ad ogni successivo ricovero, archiviata e facilmente disponibile;
  • l'individuazione di parametri d'attività in base ai quali verificare e valutare l'attività svolta nel corso dell'anno da ciascun DH e DS, anche ai fini della rideterminazione del numero dei posti letto equivalenti;
  • la determinazione di forme di controllo interno alla struttura, al fine di valutare: l'appropriatezza del ricorso al ricovero diurno, la qualità dei servizi erogati, le liste d'attesa, la destinazione di specifiche risorse per l'attività di DH e DS e per il suo sviluppo, la determinazione di forme d'incentivazione per lo sviluppo dell'attività di DH e DS. Qualunque sia il modello organizzativo adottato si deve provvedere alla formulazione di protocolli per le fasi d'ammissione, cura e dimissione del paziente e deve essere previsto un regolamento interno formalizzato che individui le figure responsabili ed i relativi compiti. I locali e gli spazi devono essere correlati alla tipologia e al volume delle attività erogate.
    Oltre a requisiti minimi organizzativi è possibile individuare dei requisiti minimi strutturali poichè le attività d'assistenza a ciclo diurno devono trovare attuazione in ambienti dedicati,
    facilmente accessibili dall'esterno, ove possibile attraverso percorsi indipendenti. I posti-letto sono definiti in funzione degli obiettivi dell'Azienda USL e dell'attività svolta da ciascuna
    delle unità operative a questo assegnate delle strutture richiedenti. La collocazione degli ambienti dedicati deve rispondere a criteri di massima possibile integrazione operativa con l'unità di degenza, al fine di ottimizzare l'utilizzazione comune del personale e delle dotazioni strumentali. In relazione alla tipologia ed al volume delle prestazioni da erogare, alle differenti modalità organizzative nonché ai possibili vincoli strutturali, sono
    possibili tre differenti localizzazioni degli ambienti destinati alle attività di ricovero diurno:
    a) spazi adiacenti agli ambienti di ricovero ordinario delle singole unità operative, ma da
    loro separati ed autonomi in quanto a locali e percorsi;
    b) spazi dedicati nell'ambito delle risorse assegnate a ciascun Dipartimento.
    c) ambienti comuni, centralizzati, da utilizzare secondo turni ed
    orari prestabiliti, da parte di differenti unità operative. Tale modello, prefigurabile soprattutto in strutture sanitarie di piccole e medie dimensioni, permette il massimo utilizzo degli ambienti a disposizione. Questi potranno, infatti, essere utilizzati, ove
    necessario e soprattutto alla presenza di specifiche apparecchiature, anche per le attività di tipo ambulatoriale e libero-professionale.
    La dotazione minima d'ambienti per il DH è la seguente:
  • spazio da dedicare alle attività di segreteria, registrazione, archivio;
  • spazio attesa;
  • locale visita;
  • ambienti dedicati alla degenza;
  • locale soggiorno;
  • locale lavoro infermieri;
  • cucinetta;
  • deposito pulito;
  • deposito attrezzature;
  • deposito sporco;
  • servizi igienici distinti per utenti e per il personale.
    Ad eccezione degli ambienti dedicati alla degenza in regime di ricovero diurno, qualora la
    funzione di DH si svolga all'interno di un'area di degenza, i servizi di supporto sopraindicati
    possono essere comuni. L'ambiente dedicato alla degenza è uno spazio organizzato che
    deve consentire il riposo del paziente e l'eventuale continuità del piano di trattamento. In casi specifici, può essere previsto un unico ambiente di degenza, soggiorno e pranzo.


    2.3. Le ricerche sull'efficacia del DH

    Le ricerche sull'efficacia dei trattamenti diurni si concentrano essenzialmente sul confronto tra ospedalizzazione diurna e ricovero ospedaliero. Pur tenendo in considerazione le problematiche relative a questo tipo di ricerche, come l'inadeguata definizione delle "risposte di cura", l'ampia variabilità delle misure utilizzate,la perdita dei pazienti al fallow-up; è possibile sostenere che il ricovero in DH abbia la medesima efficacia dei trattamenti ospedalieri nel produrre miglioramenti sintomatologici nei pazienti acuti,e maggiore efficacia rispetto agli assi di miglioramento sociale e nel prevenire le riammissioni. Diverse ricerche mostrano come dal 30% al 40% di tutti i casi acuti possono essere curati in regime di ospedalizzazione parziale.
    Ogni anno,nella nostra regione, vengono elaborate una serie di dati e informazioni che riguardano la salute mentale, e più precisamente "L'attività di ricovero ordinario e di day hospital nei reparti psichiatrici del Lazio". Per avere una visione di insieme della funzionalità del day hospital psichiatrico ,è utile riportare alcune informazioni contenute nel rapporto redatto ad Ottobre del 2006 e riguardante l'attività di ricovero dell'anno 2005. Come definito dalla DGR n. 351/2000 il Day Hospital è quella struttura finalizzata "alla definizione diagnostica, alla messa a punto della terapia farmacologia, all'avvio di un rapporto terapeutico significativo, alla verifica ed alla ri-progettazione dell'intervento". Come per i reparti di degenza ordinaria, il sistema di notifica utilizzato per i DH è il SIO (Sistema Informativo Ospedaliero), e il contenuto informativo è pertanto quello della scheda SDO (Scheda di Dimissione Ospedaliera).
    "Nel 2005 erano operanti nella regione 16 Day Hospital psichiatrici. Essi hanno effettuato complessivamente 3.277 dimissioni prodotte da 2.776 soggetti. La percentuale complessiva dei reingressi è stata pari al 13,9%. Per le caratteristiche di attività, che nel corso dell'analisi si sono rivelate sensibilmente diverse, nelle tabelle i dati relativi ai DH collocati presso Aziende Sanitarie Ospedaliere (ASO) e Presidi Ospedalieri di ASL sono stati distinti da quelli operanti presso Aziende Universitarie (AU) e presso la Casa di Cura provvisoriamente accreditata (CdC accr.). Si tenga inoltre presente che i DH collocati presso Aziende Ospedaliere sono funzionalmente dipendenti dai Dipartimenti di Salute Mentale del territorio di riferimento(ÉÉ).
    "Negli ultimi 5 anni si rileva un costante aumento delle dimissioni e degli accessi in DH psichiatrico, particolarmente rilevante per i DH Universitari (da 726 a 1.940 dimissioni, +170%; da 7.201 a 15.159 accessi, +111%).
    Nello stesso periodo l'incremento osservato per i DH ospedalieri appare più contenuto (da 789 a 1.308 dimissioni, +66%; da 6.106 a 9.023 accessi, +47,8%). Queste informazioni devono tener conto della dimensione dell'offerta e delle diverse caratteristiche di funzionamento di queste due tipologie di DH.(...)" "Rispetto all'anno precedente, si registra per i DH ospedalieri, un incremento nel n.complessivo di dimissioni del 11,6% (da 1172 a 1308); nei DH universitari l'incremento del n. di dimissioni è del 5,5%. Le tre strutture universitarie hanno complessivamente prodotto il 59,2% delle dimissioni (il 61,1% nel 2004). In particolare, sul totale delle dimissioni prodotte nell'anno, il 26,3% sono state registrate presso il Policlinico Gemelli, il 16,8% presso il Policlinico Umberto I e il 16,1% presso il Policlinico Tor Vergata.". "Relativamente al genere, si osserva una prevalenza femminile sia nei DH ospedalieri (58,0%) che, particolarmente, in ambito universitario (63,3%). Nel DH in CdC, le donne rappresentano l'82,8%. Nel confronto con le altre tipologie di DH occorre tener conto delle presenza di un solo DH in CdC che nel 2005 ha prodotto 29 dimissioni. Per quanto concerne l'età, presso i DH universitari si delinea una popolazione trattata più "giovane" rispetto ai DH ospedalieri e al DH in CdC: si rileva una maggiore proporzione di trattamenti riferiti a giovani al di sotto dei 25 anni (rispettivamente il 16,3%, 7,6% e 6,9%) mentre, rispetto ai DH universitari, gli anziani (>64 aa.) sono presenti in proporzione maggiore nei DH ospedalieri (11,4%vs 4,6%). Continua a registrarsi un incremento della percentuale di trattamenti a favore di soggetti nati all'estero, particolarmente rilevante nei DH ospedalieri (6,0% vs. 3,3% nei DH universitari).Relativamente allo stato civile, quella dei celibi/nubili è la classe più frequente nei DH universitari (53,8%) così come in quelli ospedalieri (49,0%) e nel DH in CdC (44,8%). Per quanto riguarda la scolarità, la percentuale di dimissioni riferite a soggetti con licenza elementare o privi di qualunque titolo di studio è nettamente superiore nei DH ospedalieri rispetto a quelli universitari e al DH in CdC (rispettivamente 12,6%, 4,2%, 3,4%), a tal riguardo si può ipotizzare che un'utenza più giovane sia quella più certamente dotata di un titolo di studio. Le classi di scolarità media superiore e laurea comprendono il 67,3% delle dimissioni nei DH universitari, il 48,8% nei DH ospedalieri e il 72,4% nel DH in CdC. Per la condizione professionale i dati sono stati aggregati in tre classi: occupato, non occupazione stabile, non occupazione temporanea. Rispetto ai DH ospedalieri, la percentuale di occupati è più elevata nei DH universitari e nel DH in CdC (rispettivamente 30,4% vs. 49,9% e 65,5%).
    Per ciò che riguarda i raggruppamenti diagnostici, c'è una sostanziale differenza tra DH del comparto ospedaliero, di quello universitario e del comparto privato accreditato. Nel primo è nettamente prevalente il gruppo delle psicosi (psicosi affettive, disturbi schizofrenici) che rappresentano il 63,5% delle diagnosi. Nei DH universitari il gruppo delle psicosi costituisce il 21,8% mentre non si registrano diagnosi di psicosi nel DH in CdC. I disturbi nevrotici sono prevalenti nei DH universitari dove rappresentano il 54,6% delle dimissioni mentre nei DH ospedalieri questi disturbi rappresentano il 12,9% delle dimissioni. Nel DH in CdC i disturbi nevrotici rappresentano la quasi totalità delle diagnosi (86,2%). Un'analisi dettagliata delle diagnosi in questo DH rileva la prevalenza di disturbi del comportamento alimentare. "Riabilitazione non classificata altrove" si trova al primo posto (12,6% nei DH universitari e 25,7% in quelli ospedalieri). Per le altre prestazioni erogate si delineano, invece, profili di attività molto diversi per i due settori: nei DH ospedalieri al secondo posto si rileva la "Riabilitazione da farmaci" con il 20,7% (19,8% nel 2004), e la "Terapia educazionale" con il 10,2%. Per i DH ospedalieri le prime tre prestazioni rappresentano il 56,7% del totale di prestazioni erogate. Per quanto riguarda la restante parte di prestazioni erogate si evidenzia nei DH ospedalieri una diminuzione degli accertamenti diagnostici di routine e non (comuni in regime di degenza ordinaria), valutazioni specialistiche e terapie mediche: nel 2003 queste rappresentavano complessivamente quasi un quinto di tutte le prestazioni erogate, mentre nel 2004 (11,3%), nel 2005 prestazioni quali "Altri esami non invasivi sul sistema genitourinario", "elettrocardiogramma" e "esame microscopico di campione di sangue" rappresentano l'13,8% del totale delle prestazioni. Nei DH universitari la voce "Riabilitazione non classificata altrove", "Valutazione psichiatrica dello stato mentale" e quella di "Terapia occupazionale" presentano la stessa frequenza (12,6%). Seguono la "Terapia educazionale" (10,1%) e La "Somministrazione di test psicologici" (8,1%). Per il DH in CdC occorre tener conto del numero inferiore di dimissioni prodotte nell'unico DH privato accreditato operante nella regione nel 2005.


    2.4 il DH del Policlinico Umberto I
    (Raccolto da voce narrante)

    "Il Servizio di Day Hospital Psichiatrico del Policlinico "Umberto I" di Roma, situato all'interno dell'edificio della Clinica delle malattie Nervose e Mentali, nasce dalle ceneri di un reparto di degenza psichiatrico H24 per la solita cronica carenza di personale e grazie anche all'avvento della legge 180 del 1978 che decretava la chiusura dei manicomi e quindi della deistituzionalizzazione dei pazienti psichiatrici, trasformandolo da "reparto di degenza" in "centro diurno". E' stato infatti in assoluto il primo Day Hospital, a quanto ci risulta, sorto in Italia (sicuramente il primo dell'Azienda "Umberto I") con connotazioni ovviamente diverse dal reparto di degenza nei suoi modelli organizzativi. L'attenzione prioritaria, in quel periodo, verteva su quale potesse essere la "cornice" entro cui potersi muovere per poter rispondere ai bisogni dei pazienti in un contesto clinico diverso rispetto al passato, se pur accorto e competente, che riuscisse ad utilizzare i vari strumenti terapeutici di cui disponeva per andare al di là del controllo del sintomo ed attuare interventi che avessero realmente valenze trasformative. Ma a monte "del cosa fare e delle tecniche da mettere in atto e della prassi del programmare" si comprese che "percepire e capire" diveniva una tecnica nuova ed era di per sè già terapeutica perché nello sconvolgimento di ogni ordine e prevedibilità, avevamo di fronte uomini con la loro storia e con avvenimenti emotivi sempre raffrontabili con quella degli altri. Rispondere alle richieste dei pazienti, in quella nuova realtà, significava avere la capacità di ascoltare e di comprendere quello che il paziente comunicava, ed il lavoro clinico divenne un intervento unanime, finalizzato a filtrare i vissuti emozionali, fornendo accoglimento e contenimento. "Contenimento" del paziente inteso in senso psichico e contemporaneamente il recupero e la rimessa in gioco delle relazioni sociali interrotte dalla malattia. Il momento del ricovero rappresentava ovviamente la risposta alla "crisi" del paziente ed entrava a far parte di un progetto terapeutico più vasto dove il tempo e lo spazio rappresentavano le coordinate entro cui avveniva tale gestione. Infatti i pazienti restavano in reparto con i vestiti borghesi e questo li faceva sentire "liberi" e meno problematizzati e questa nuova gestione ha permesso a tutti gli operatori di rimodulare la qualità dell'intervento terapeutico che spaziava dal paziente e delle sue relazioni, al sociale dove il paziente dopo un percorso programmato veniva reinserito. L'èquipe di operatori nel tempo, è stata capace di trasformarsi da "puro assemblaggio istituzionale" in un "gruppo di lavoro" coeso, che contiene angosce, riconosce le emozioni ed elabora riflessioni e la consapevolezza di lavorare all'interno di questa realtà sostiene lo staff nello sforzo di mantenere alto il livello di attenzione terapeutica e di restituire coerenza e senso agli interventi attuati. Sicuramente nulla è stato semplice perché la trasformazione verso una organizzazione più moderna ed attuale dell'assistenza psichiatrica, ha comportato l'abbandono di vecchi schemi e concetti ed un lungo ed intenso lavoro. Nel tempo poi, con il cambio al vertice e vista anche la rapida e globale trasformazione del mondo, dell'esplosione informatica, il mutare delle organizzazioni sociali e l'aumento dell'insicurezza che hanno determinato le nuove forme del "disagio mentale", hanno sollecitato il nuovo Direttore alla strutturazione e sviluppo, oltre le attività già esistenti, di numerose altre attività assistenziali che hanno arricchito notevolmente il Servizio..."
    Questa introduzione mi è stata raccontata dalla attuale coordinatrice che ha vissuto la trasformazione da reparto di degenza a day hospital e a mio avviso, oggi quello che sono riuscita a cogliere io nel mio tirocinio, è raffrontabile a quanto raccontatomi. Gli elementi che caratterizzano il Day Hospital possono essere suddivisi in:
    - aspetti strutturali
    Con questo termine vengono indicate le risorse disponibili da parte del Day Hospital, la loro utilizzazione da parte dell'utenza e la loro organizzazione spaziale e temporale. Come è già stato detto, il Day Hospital nasce dalla dismissione di un reparto di degenza 24 H ed è ubicato, a differenza degli altri reparti del Policlinico, in uno stabile al di fuori delle sue mura di cinta, confinante con la città universitaria. Il reparto si presenta come una struttura ben attrezzata e confortevole, luminoso, ordinato e silenzioso tanto da sembrare quasi "una clinica privata" e per la tranquillità che inizialmente trasmette sembra che all'interno non ci sia nessuno. Più avanti ci si accorge che questa sensazione è dovuta al fatto che l'organizzazione del reparto è talmente articolata ed efficiente che sia i pazienti presenti che i vari operatori che ci lavorano, sono tutti impegnati a svolgere compiti inerenti la loro funzione ognuno nella propria postazione. La stanza che accoglie i pazienti è grande, ammobiliata con 12 poltrone che al bisogno diventano allungabili, delle sedie e dei tavoli ove i pazienti durante la mattinata, coaudiuvati dai terapisti occupazionali sono impegnati in attività varie. Nel servizio lavorano quattro psichiatri compreso il Direttore che garantiscono oltre alle attività di reparto e di ambulatorio, quella di consulenza nei vari reparti del Policlinico, a cui si aggiungono la coordinatrice, una infermiera, un ausiliario, 2 psicologi ed un numero variabile di studenti in medicina e specializzandi in psichiatria. Il Servizio è aperto dal lunedì al venerdi, il sabato e la domenica è chiuso.
    - l' èquipe
    La presa in carico di un paziente nella istituzione, è di tipo comunitario e va oltre il rapporto duale. Infatti l'intervento è globale ed è gestito da tutto lo staff del Servizio.
    Al di là di modelli generali, difficilmente tracciabili, va riconosciuto proprio alla cultura psicoanalitica il merito di aver dato al gruppo istituzionale un ruolo non più di apparato repressivo e difensivo, ma di scenario dove "fantasmi fortemente carichi di affettività prendono corpoÉ un'area di espressione, che dà corpo a qualcosa che altrimenti rimarrebbe nascosto e implicito" Lo sforzo dei membri dello staff è quello di utilizzare controtrasferalmente il disagio e il caos del paziente, opponendosi alla perdita di senso con misure di contenimento mentale e le risposte fornite costituiscono uno dei principali fattori terapeutici. L'èquipe è comunque costituita da operatori di formazione diversa (psichiatri, psicologi farmacologi, terapisti della riabilitazione, terapisti occupazionali, infermieri) in cui le varie competenze rappresentano un arricchimento e non un ostacolo, risultandone un gruppo di lavoro sufficientemente coeso, motivato e con una propria coerenza interna. Non solo la somma di ruoli e di funzioni ma un gruppo dotato di affetti e rappresentazioni comuni, dotato di una sua storia, una sua memoria affettivizzata ed una sua progettualità condivisa.
    Lo staff sembra aver acquisito nel tempo la consapevolezza che è necessario non solo osservare il paziente ma anche autosservarsi, tenendo presente che se pur vi sono valori condivisi, questi possono essere temporanei e non risolutivi una volta per sempre delle diversità esistenti nel gruppo stesso. Lo strumento primario rimane comunque la comunicazione sia strutturata che informale.
    Il reparto come èquipe si pone come contenitore del paziente e della sua sofferenza, ma anche delle ansie e delle difficoltà degli operatori senza lasciarsi paralizzare da istanze distruttive interne ed esterne. E pur se con molte difficoltà tre sono le funzioni
    che il reparto come gruppo di lavoro si prefigge di riuscire a svolgere nei confronti della "follia": contenere, sostenere, integrare.
    Contenere: si intende qui il contenimento come funzione psichica volta ad accostare tra loro vari elementi mentali al fine di poterli indagare con maggior attenzione ed incisività.
    Ed è per questo che l'èquipe curante ha trovato uno spazio nel meeting clinico settimanale dove si svolge una piccola sintesi di particolari, di eventi, di notizie raccolte dai singoli membri e che riguardano i singoli pazienti. In questo senso "contenimento" rappresenta la premessa metodologica per un'osservazione più adeguata e precisa, funzione atta a ristabilire nel pz. un senso del limite ogni volta che questi viva uno stato soggettivo di mancanza di confini. Il limite può essere ristabilito con mezzi farmacologici o garantito da un contatto empatico e sintonico.
    Comunque ai membri dello staff è richiesto un lungo addestramento e l'aver chiaro, almeno in una certa misura, lo stato del paziente e la sua storia.
    Sostenere: in questo caso l'èquipe deve fornire al paziente un ambiente sufficientemente buono dove possano cessare le angosce, un luogo dove stare, dove collocarsi, dove vivere sensazioni di contatto e di vitalizzazione, che comprendono fattori sensoriali e non solo cognitivi e che deve garantire la continuità, l'attendibilità ed un adattamento ai bisogni del paziente. Nella pratica operativa questo si traduce anche in atti di accudimento che privilegiano la relazione corporea e cenestetica fornendo patterns integrativi e rinforzi ai diffusi confini dell'Io con un ruolo centrale degli infermieri i quali avendo a disposizione un ambiente terapeutico che sostiene assicurando stabilità, rende possibile un percorso dalla dipendenza totale verso l'autonomia del paziente.
    Integrare: Questo termine è riferibile a più livelli. Il primo è l'integrazione dei vari tipi di intervento usati in reparto. C'è un consenso quasi unanime tra gli operatori che la patologia mentale richiede interventi su tre livelli contemporaneamente: farmacologico, psicoterapeutico e familiare. L'utilizzo dei tre approcci all'interno del reparto non è automatico ma variamente bilanciato per ogni caso clinico nella ricerca costante di un'armonica integrazione, che salvaguardi la specificità ognuno dei tre momenti.
    Il secondo livello è l'integrazione del ricovero con i presidi ambulatoriali secondo un'ottica dipartimentale, in cui le varie risorse sono utilizzate secondo i bisogni del paziente. Per questo nel corso del ricovero si cerca di garantire un collegamento con l'ambulatorio collocato nel reparto stesso, inviare il paziente presso il CSM di appartenenza oppure presso comunità terapeutiche locate sul territorio, al fine di dare al pz. una continuità dopo la dimissione, questo nella ricerca di una pur minima coerenza d'azione e di un senso terapeutico basato su un progetto univoco.
    Integrare infine, come integrazione dell'immagine del paziente.
    Concludendo, l èquipe del reparto appare come un corpo, unico nel suo insieme, ma differenziato nelle sue funzioni, teso ad accogliere la molteplicità dei bisogni espressi dai pazienti, con serietà e competenza, dove tutti possono utilizzare i propri strumenti terapeutici per andare al di là del controllo del sintomo e attuare interventi che ne permettano il recupero in modo significativo.
    - l'atmosfera del reparto o "Clima"
    Con questo termine si intende l'area di scambio più indifferenziata all'interno del reparto, essa è comune ai pazienti ed agli operatori. L'attenzione costante riservata al "clima" permette di cogliere aspetti utili a mantenere una validità di fondo, che contribuisce alla terapeuticità del ricovero. Fin dalla mattina c'è un particolare interesse degli operatori al reparto nella sua globalità, delle sue interazioni, come ambito specifico di relazioni umane, come insieme di attività che possono apparire automatiche ai comuni eventi quotidiani che possono rappresentare lo scenario di nuove occasioni terapeutiche, o al contrario di nuove delusioni.
    E' stata sottolineata l'importanza della quotidianità come cornice il cui il paziente può intraprendere un lavoro di orientamento e di ricostruzione del suo tempo e dei suoi confini. La terapeuticità dell'agire quotidiano, può ritrovarsi negli interventi meno strutturati, quali la risposta ai bisogni concreti del paziente, i colloqui informali o la semplice conversazione, ma tale area ha un ruolo essenziale anche per gli operatori. Infatti una buona atmosfera è garantita dalla capacità di sviluppare e sfruttare ai fini terapeutici quegli aspetti sociali, relazionali e di ambiente che se abbandonati a se stessi possono generare dinamiche dannose e irrazionali. Infatti un'atmosfera o clima di reparto sufficientemente buona, non può essere riconducibile solo all'insieme di norme e di regole che pur rappresentandone la cornice non la garantiscono, non è cioè il frutto di una operatività che si serve di calcoli e di applicazioni ma è più una capacità di vedere e di sentire che appartiene alla cultura del reparto e contribuisce a definirne l'identità.
    - l' utenza
    Accedono al day hospital pazienti adulti portatori di patologie "inscritte in un trattato di psichiatria" provenienti da Roma, ma per chi ha la possibilità di soggiornarvi,trattandosi di un ospedale diurno, anche da altre regioni d'Italia. Nonostante le disomogeneità delle patologie di cui i pazienti sono portatori che partono dalle più banali sindromi "nevrotiche" per arrivare a pazienti portatori di sindromi psicotiche in pieno stato di "crisi", ho notato che non vi sono mai stati comportamenti violenti o distruttivi perché le varie "fantasie" ripetutamente verbalizzate dai pazienti e accolte dai vari operatori, sono sempre state contenute e tamponate attraverso le varie "traduzioni mentali" senza la necessità di "contenzioni" o raramente, trasferimenti in servizi protetti.
    L'organizzazione della giornata degli utenti è strutturata in modo da consentire loro una più attiva partecipazione alla vita quotidiana attraverso attività comunitarie o di animazione. Ovviamente i pazienti vengono trattati con terapia di supporto famacologico tutti i giorni, vengono seguiti con terapia di supporto psicologico con colloqui individuali due/tre volte la settimana oltre alla terapia di gruppo che si tiene due giorni a settimana. Un gruppo è dedicato alla classica terapia di gruppo a cui, oltre ai pazienti presenti possono partecipare anche quelli che sono stati precedentemente dimessi, l'altro esclusivamente dedicato ai pazienti ricoverati a cui tutti partecipano con un certo entusiasmo ed è "il gruppo dei sogni". Inoltre i pazienti possono fare colazione e pranzo presso il servizio. Ho una conoscenza parziale di altre realtà psichiatriche, se non quelle sperimentate durate i miei tirocini, ma questa realtà mi è sembrata ben strutturata e importante per gli utenti che la frequentano perché nonostante la gravità delle patologie di cui erano portatori, il Day Hospital ha contribuito a ridurre il rischio della ospedalizzazione, ai giovanissimi l'esperienza traumatica dei centri di diagnosi e cura e a tutti la possibilità di non tagliare totalmente i rapporti con la famiglia e la società.
    - la riunione clinica o "meeting"
    Si tratta di una riunione strutturata in una stanza del servizio ed è uno dei momenti fondamentali e fondanti di tutta l'attività di reparto. Infatti partecipano alla riunione tutti gli operatori ed è coordinata dal responsabile del reparto con la presenza del Direttore. Al centro della riflessione del gruppo sono tutti i pazienti presenti in reparto, la loro assegnazione, la loro situazione clinica, la terapia farmacologia, la relazione terapeutica operatori/pazienti, la partecipazione alla vita di reparto, la proposizione e la verifica del progetto terapeutico. E' un momento importante perché nel riportare le anamnesi dei pazienti messi in discussione, si incomincia a decifrare il "bisogno" veicolato dalla richiesta di ricovero,e lentamente la loro immagine comincia a farsi strada nello "spazio mentale" di ciascuno e a divenire chiara fra i vari operatori, un'immagine dinamica da ri-aggiornare via via che nuovi elementi emergono e assumono significato. Quando si tratta di pazienti già ricoverati in passato si consultano le vecchie cartelle, ma soprattutto tornano a brillare le tracce presenti nella memoria degli operatori. Emergono racconti, ricordi che vengono messi a confronto e che costituiscono la memoria orale che può fornire immagini, avvenimenti passati e comportamenti che possono divenire utili per il nuovo ricovero.
    La riunione si muove sul doppio registro della osservazione clinica e della osservazione privilegiata mirata all'ascolto, per cui alla diagnosi si dà un giusto rilievo ma non è considerata un obiettivo onnicomprensivo ed esauriente per la malattia mentale. Questa capacità dell'equipe, sembra essersi consolidata nel tempo e questo permette di mettere a disposizione dei pazienti non solo uno spazio fisico del reparto ma anche uno spazio mentale per l'ascolto e l'accoglimento dei suoi bisogni reali.
    - la riunione clinica settimanale
    E' una riunione su un solo paziente scelto o per la particolare gravità, o perché si tratta di un ricovero particolarmente problematico, o perché gli operatori referenti sentono il bisogno di un sostegno forte e la necessità di ampliare lo spazio di pensabilità. Si svolge normalmente il lunedì mattina, in una stanza dove c'è lo specchio unidirezionale, è condotto da un Professore Associato e si delinea come momento di approfondimento e di dilatazione delle capacità di ascolto di tutto il gruppo. Si possono individuare più livelli che si articolano nel corso della riunione: clinico, didattico e di autoverifica.
    Il primo momento inizia con la presentazione del paziente da parte dei referenti e con la motivazione del perché è stato scelto quel caso clinico. Si prosegue con la raccolta di frammenti clinici e di interazioni relazionali con gli altri operatori, per arrivare alla discussione del caso al fine di comprendere e definire il programma terapeutico secondo un'ottica che va oltre il modello medico oggettivante, fatto di sintomi, diagnosi e terapia per giungere ad una rappresentazione storicizzata delle vicende del paziente.
    Si riafferma la centralità operativa dei momenti di riflessione nel gruppo di lavoro, come strumento che permette di intravedere nel soggetto preso in esame, non solo la problematica che ha richiesto il ricovero, ma anche la persona nella sua storia e come modello di intervento coerente che mira ad allargare l'area della pensabilità, come spazio dove il paziente può essere ospitato come immagine integrata, frutto della raccolta e della messa in comune di dati, di comunicazioni, di impressioni ed emozioni a volte contraddittorie.
    La funzione didattica è stimolata dalla presenza degli specializzandi che sono coinvolti nella operatività del lavoro clinico con finalità formative. La loro presenza in qualche modo obbliga gli altri operatori ad un linguaggio chiaro che offra una visione d'insieme.
    -la terapia di gruppo
    L'organizzazione di gruppi per pazienti ricoverati in un Day Hospital è un compito reso arduo dal particolare "setting" rappresentato dal reparto, dall'eterogeneità dei pazienti, che comporta diversi funzionamenti mentali, dal loro più o meno rapido turn-over, dalla presenza contemporanea di pazienti in fasi diverse del ricovero e con gradi diversi di vulnerabilità psicologica, dal rischio di sovra-stimolazioni, e dal fatto di essere gruppi di tipo aperto. Un insieme di variabili di cui il conduttore, deve tener conto per il raggiungimento degli obiettivi che possono essere raggiunti. Da un punto di vista tecnico è utile che il conduttore sia direttivo, abile nel supporto e nel contenimento, focalizzati sull'hic et nuc del reparto. Nonostante la peculiarità di questi gruppi a causa del turn-over, l'eterogeneità dei pazienti ecc, non si sminuiscono le valenze trasformative in senso terapeutico perché possono offrire uno spazio deputato alla comunicazione, la possibilità per il paziente di sforzarsi di decidere di partecipare o meno, la possibilità di esprimere i suoi aspetti più malati, la possibilità di non personalizzare troppo il rapporto diretto paziente-terapeuta. In oltre, un ambiente libero ma nel contempo protetto, dà la possibilità al paziente di liberarsi di sentimenti negativi repressi. Lo scoprire l'universalità di certi problemi psicologici e relazionali fa si che il sentimento della coesione dello stare insieme diventa già terapeutico perché è attraverso le storie degli altri che possono trarre spunti importanti per sé stessi. Momenti particolari del gruppo, anche se per motivi diversi, sono i nuovi ricoveri e le dimissioni. Quando si avvicina la dimissione molto frequentemente compaiono "ansie di separazione e di perdita", paure che vanno esplicitate e trattate dal conduttore al fine di prepararne la dimissione. Il gruppo è condotto da uno psicologo, si svolge una volta a settimana, tutti gli altri operatori partecipano seguendo le sedute attraverso lo specchio unidirezionale. Ovviamente al conduttore spetta il compito della sintesi finale traducendo tutti gli interventi in un linguaggio che sia fruibile da tutti e testimoniando con la sua presenza la possibilità di accostare le tensioni che circolano nel gruppo senza rifugiarsi in facili atteggiamenti di rassicurazione. L'orario del gruppo è diventato una pietra miliare per i pazienti, alcune volte loro stessi preparano la sala con qualche minuto di anticipo a testimonianza del ruolo importante che questo momento ha assunto.
    -la terapia occupazionale
    Condotta da un gruppo di allievi tirocinanti del III anno del corso di laurea omonimo,
    è una disciplina riabilitativa che tende a coinvolgere i pazienti e consiste nel seguirli nelle varie fasi di un programma prestabilito, cercando di farli progredire con i propri tempi in quella serie di compiti assegnatogli affinché possano raggiungere gli obiettivi prestabiliti. Le origini di questa attività risalgono alla fine del 1700, quando lo psicoanalista Philippe Pinel introdusse nel manicomio di Bicètre (Francia) il trattamento basato sul lavoro. Egli sostenne infatti che il "lavoro manuale eseguito in modo rigoroso, rappresenta il metodo migliore per migliorare il morale e la disciplina" La terapia occupazionale trova le sue radici, proprio su questo presupposto: essere attivi. Il fare e il lavorare ha per sé un effetto curativo, per questo il terapista occupazionale si serve delle attività che possono essere di vita quotidiana, di svago, di gioco, d'artigianato o di lavoro. Infatti nel Day Hospital le varie proposte non sono mai scelte a caso, ma selezionate e graduate attentamente secondo i bisogni e i desideri dei pazienti al fine di fargli svolgere un'attività sensata e concreta realmente traducibile nella vita quotidiana. Si sa che le malattie mentali possono limitare l'autonomia e la qualità della vita di una persona. Incombono crisi di identità, angoscia, stati confusionali e psicotici che portano a difficoltà di ordine pratico, sociale, cognitivo ed emotivo. La pratica quotidiana di varie attività cerca di rafforzare e stabilizzare le prestazioni psichiche (come per esempio l'iniziativa, la motivazione, la flessibilità ecc.) attraverso le attività manuali e creative. Ad esempio: la lavorazione della terra cotta o la pasta di sale, non solo richiedono abilità motoria, ma anche pazienza motivazione, costanza e fiducia nelle proprie capacità. Il vedere finalizzato il proprio obiettivo, per esempio un vaso, può aiutare a ritrovare la fiducia in sé stessi. Questo piccolo "laboratorio creativo" di manipolazione, di attività artistiche, di attività ludiche funziona tutti i giorni e impegna i pazienti per circa tre ore .


    2.5 Caso Clinico

    S. è un paziente di 33 anni, di sesso maschile, celibe, disoccupato. Vive in famiglia con la madre di 70 anni casalinga, il padre di 83 ex maresciallo al Ministero della Finanza ed ha una sorella di 44 anni nubile,con un lavoro precario di insegnante. Pur abitando in una casa di 8 stanze, a S. è negato uno spazio fisico e mentale; non ha la propria camera , dorme nella sala da pranzo, condivide l'armadio della sorella e gli è consentito di accendere lo stereo ,una delle poche cose che gli appartengono, in cucina. Scolarità: scuola media inferiore. Si iscrive all'Istituto di ragioneria interrompendo dopo i primi anni "perché non gli entrava in testa niente". Svolge e completa un corso di dattilografia. Viene descritto come un bambino introverso e chiuso, con pochissime amicizie. Dall'anamnesi emerge una personalità di tipo schizoide. Espleta regolarmente il Servizio di Leva dopo il quale compaiono i primi disturbi psicopatologici caratterizzati da una progressiva chiusura e dalla esplosione di un comportamento aggressivo nei confronti dei familiari che lo inducono a permanere fuori dall'abitazione durante il giorno per rientrare soltanto ai pasti e al riposo notturno. Le crisi di violenza sono descritte come repentine ed imprevedibili, scatenate da eventi apparentemente insignificanti. Non sono sostenuti da disturbi dispercettivi ne da idee deliranti strutturate o frammentarie. L'unico contatto che S. ha è con il padre, una persona autoritaria e poco comunicativa, il quale dopo aver presentato il pasto al figlio si ritira in un altro vano. La sorella e la madre al rientro di S. sono solite a chiudersi nelle stanze a chiave per timore di una crisi di aggressività. S. dotato di una tessera per la rete urbana, trascorre tutto il giorno sugli autobus da un capo all'altro della città. Il primo ricovero in Day Hospital rimale al 1996 in seguito ad un episodio di aggressività, verificatosi allo spaccio militare dove saltuariamente volgeva lavori di pulizie. Viene dimesso, dopo 3 mesi, con diagnosi di schizofrenia disorganizzata, e seguito ambulatorialmente con terapia farmacologia e psicoterapia di orientamento analitico. Nel '98 si tenta di inserirlo in un laboratorio protetto dove svolgere corsi di pelletteria e ceramica, con fallimento, per il comportamento eteroaggressivo del paziente. Da allora si susseguono ricoveri e dimissioni fino all'ultimo ricovero in Day Hospital "settembre 2002". Lo stato psicopatologico all'ingresso può essere così descritto: il comportamento del paziente è caratterizzato da una sostanziale chiusura in sé, una discreta correttezza formale e conformismo alle regole del Dh. Lo scambio comunicativo è ridotto a frasi iterative, brevi, stereotipate, non accompagnate da variazioni mimiche ed associata ad una rigidità dell'atteggiamento corporeo. Percorre i corridoi e le stanze mantenendosi ai margini ed esplorando l'ambiente con lo sguardo in modo furtivo o svagato. Partecipa alle attività di gruppo passivamente e per pochissimo tempo. Nei colloqui l'eloquio spontaneo è ridotto, povero per struttura e contenuti. Vi è una perseverazione ideica per taluni temi introdotti stereotipamente per intonazione e costruzione della frase ,ed avvolti incongruamente rispetto lo sviluppo dell'interazione. Le risposte fornite alle sollecitazioni dell'esaminatrice sono brevi e monosillabiche. Il paziente sembra aderire a qualsiasi spiegazione gli venga data e non sembra aspettarsi risposte. Orientato rispetto al tempo, allo spazio, alle persone. Non si evidenziano dispercezioni ne disturbi di contenuto del pensiero. Presenti, invece, disturbi formali ( blocco, tangenzialità), comportamento manierato. Emerge una discordanza ideo-affettiva marcata ed un nucleo artistico di fantasticherie, pensieri, emozioni su cui inizialmente non è possibile fare luce. Molto trascurato nella cura della persona e dell'abbigliamento. In quest'ultimo ricovero è stato programmato un intervento riabilitativo personalizzato tenendo conto di 3 parametri fondamentali ( sintomatologico, neuropsicologico e del funzionamento sociale). Partendo dalla dissociazione ideo affettiva si è cominciato a lavorare sulle emozioni su come riconoscerle dentro di noi e sugli altri, su come differenziarle l'una dall'altra. I pazienti gravi possiedono un lessico limitato per verbalizzare le loro esperienze emotive. Anche nell'esternalizzazione di esse seguono la legge del tutto e del nulla, oscillando dall'apparente indifferenza all'esplosione emotiva. S. ha iniziato un training volto a riconoscere diversi stati emotivi, usando volti di figure , illustrative di sentimenti diversi ed adoperando un dizionario per differenziarle anche cognitivamente. Era incapace di diversificare gentilezza, dolcezza, bontà. Inoltre, inizialmente, per S. i sentimenti negativi, a contenuto spiacevole non esistono; tutto ciò che è vissuto come pericoloso è scisso ed espulso. Con il tempo affiora il desiderio di comunicare di aprirsi con gli altri, chiede più colloqui durante i quali emergono tematiche interessanti: la consapevolezza della propria malattia, la tristezza, la paura della parte aggressiva che è in lui, la solitudine e l'isolamento in cui vive. Sostiene di sentirsi come un bambino di 4 o 5 anni che non riesce a capire il mondo interno ed esterno. Partendo dal suo desiderio e bisogno di mettersi in relazione con gli altri è stato avviato un training per lo sviluppo delle capacità espressive verbali e non verbali, lavorando sulla capacità di utilizzare il contatto visivo, espressione del viso, intonazione della voce con tecniche di role-playng, modeling e rinforzo positivo. Per i problemi connessi alla cura della persona, all'assunzione farmacologia e alla puntualità di arrivo nel Dh è stato utilizzato il metodo del problem solving. Gradualmente il paziente è uscito dal guscio artistico, non passeggia più lungo i margini del corridoio, ma procedendo a zig zag. Mostra curiosità e interesse per le nuove attività svolte anche se comunica chiaramente che ha i suoi tempi che bisogna rallentare il ritmo perché a lui "i treni veloci non piacciono". Ovviamente il percorso da seguire è molto lungo, bisognerà lavorare tantissimo sull'integrazione della parte aggressiva che un po' riconosce in lui e un po' espelle relegandola altrove.


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