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Psicoterapia e Scienze Umane, 2002, XXXV, 1

Salomone, le due madri, il sogno

Anna Maria Guerrieri

 
"Una volta emessa la sentenza, e poi che le due donne in contesa, la madre vera e la madre falsa, furono uscite avviandosi ognuna verso il proprio giusto destino, Salomone si diresse a sua volta verso l'alto portale di bronzo che separava la sala dei giudizi dal giardino ricco di fiori e di piante che circondava la dimora privata del re" (p. 127). Ma dopo questo difficile giudizio, egli si accorse di essere estremamente stanco e triste, una sensazione nuova che lo portava stranamente a pensare ad epoche e secoli futuri. Affranto, si fermò sotto i rami di un grande albero fiorito, presto passando, quasi senza avvedersene, dalla veglia al sonno. Sognò di essere avvolto da qualcosa di chiaro e molto grande, che emanava tepore e lo nutriva, il seno di una donna che reggeva lui, piccolo infante, tra le braccia. Ma rapidamente la scena muta: il vento solleva il tessuto rosa scuro che avvolge la figura femminile, profumata come i fiori dell'albero sotto il quale il re sta riposando. Forse è una scena che si riferisce all'età adulta. C'è una dissolvenza, e si ritrova dentro un guscio dondolante: è una condizione perfetta, "nulla gli manca in questo luogo che ha lo stesso colore della veste che avvolge la donna...Ora la voce di lei lo raggiunge fin dentro il caldo guscio dondolante. Sa di acqua che scorre, ...diffonde tepore e frescura. Lui vorrebbe rispondere, ma riesce soltanto a tastare le pareti del guscio con i piccoli piedi. La forma, il corpo di colei che lo porta ha una sosta improvvisa nel suo moto tranquillo, e una voce sussurra: è lui, l'ho sentito. Salomone avverte una sorta di boato, un moto in avanti prodotto da una spinta; è la spinta del tempo e adesso sa di essere un uomo, giovane, forte, adulto" (p. 128). Ancora una dissolvenza: si trova dinanzi al padre Davide, suo re. Intuisce che il re si consiglierà con lui, riconoscendolo adulto e saggio; che gli darà una sposa,, forse la donna che, fondo alla sala, lo guarda in silenzio; anch'essa coperta di veli colorati , con tra le mani uno strumento da cui trae dolci suoni, ma non ne ode la voce. Ecco che si risveglia. Ma sente che gli manca qualcosa, forse la canzone che ascoltava dal guscio dondolante. Allora, comprende che il dolore è proprio questa mancanza, ed è iniziata nel momento in cui ha dovuto emettere il giudizio sulle due madri. Forse ha errato, la madre vera poteva essere l'altra. ma "la madre vera è solo quella che sa amare. ... Però la nostalgia, questo strano, persistente dolore, in me continua ad essere, e nel cuore di ognuno si trova, come oscura ferita. Un giorno gli uomini potranno volare... [ma] essi pure saranno infelici, non sapranno le cose che è bene ricordare e per questo, sull'altro, getteranno le frecce e le nuove parole dell'odio" (p 128).

Il breve, poetico scritto di Anna Maria Guerrieri, quasi una parabola, dunque ricco di valenza metaforica, affascina per la ricchezza delle sue suggestioni. Il testo si muove in una zona limite tra sogno e realtà, forse da questo deriva la pregnanza delle sue suggestioni, che funzionano quasi come quelle di un test proiettivo. Come tale dunque proverò a usarlo, facendo a mia volta un piccolo esercizio di fantasia sul sogno di Salomone.
Il figlio di Davide, dopo aver dovuto decidere sulla drammatica attribuzione del figlio conteso da due madri, una vera e una falsa, decide, ed attribuisce il neonato alla madre che si oppone alla truculenta, "salomonica" decisione di tagliare in due il bambino per assegnarne metà a ciascuna. Dunque, al momento del giudizio, la situazione, peraltro irrisolvibile con criteri di realtà, poiché ciascuna delle due madri si proclama la legittima, viene risolta con un atto che "taglia" per così dire con la vicenda reale quale viene presentata dalle due madri. Alla decisione del re di dividere con un colpo di spada in parti eguali l'infante per consegnarne metà a ciascuna, non può essere che la madre vera quella che si oppone,mentre l'altra, la madre falsa, tollererebbe l'infanticidio pur di non rinunciare ad un suo (presunto?) diritto. Mentre prima della proposta giudicante la situazione appare confusa, e si potrebbe quasi dire che ambo le madri soggiacciono ad istanze di impossessamento, dopo che il re dà forma al desiderio bruciante delle due donne, rendendo reale e possibile con la sua proposta verbalizzata l'atto fantasmatizzato dell'impossessamento, si opera il chiarimento altrimenti impossibile, proprio come avviene nella stanza di analisi, quando il terapeuta, bypassando il discorso reale del suo paziente, introduce il terzo, sotto forma di interpretazione: allora, bene e male, seno buono e seno cattivo, per dirla kleinianamente, appaiono chiaramente stabiliti.
E ' un esempio antico di necessaria falsificazione sperimentale, in cui la reazione viscerale di una delle due madri parla il linguaggio del vero. Tuttavia, una volta emesso il verdetto ed assegnato l'infante ad una delle due madri, il Salomone di Anna Maria Guerrieri, che evidentemente poco ha a che fare colla granitica figura biblica del figlio di Davide e Betsabea che da Dio ha ricevuto il dono di "distinguere il bene dal male", viene umanamente assalito dai dubbi. E se invece la madre vera fosse proprio l'altra, quella che era pronta al sacrificio del figlio? ragione di più per non averglielo dato, pensa Salomone. Ma il conflitto è troppo forte, ed interviene la regressione a comporlo, dapprima sotto forma di sonno, e poi di sogno.
Le delicate immagini femminili che si susseguono nella mente del re portano tutte ad un'area di fortissima nostalgia, quella del rapporto intrauterino tra figlio e madre. Mistero che madre e figlio condividono, e che resta nel fondo dei loro cuori come una fortissima, incolmabile nostalgia che si tramanda di generazione in generazione, finché l'uomo sarà. E ' la zona del paradiso perduto, della quiete beata, dell'onnipotenza, dell'onniscienza., soprattutto dell'assenza di conflitto. La sua culla, "il caldo guscio dondolante", che è tutto il mondo, non è più lì. Rientrarvi è impossibile, per sempre. Ferita insanabile, ma nello stesso tempo prerequisito per accedere alla vita, in quanto individuazione, distacco.
Da quel momento in poi, quel mondo sarà perso, perché un altro sia guadagnato. L'uomo entrerà nell'area del conflitto, da allora in poi, novello Salomone, dovrà ogni giorno, ogni momento, prendere posizione, e per ciò stesso distaccarsi, e stabilire una dicotomia tra bene e male, vero e falso, giusto e ingiusto. Anche senza dover necessariamente "gettare le frecce e le nuove parole dell'odio", dovrà porsi sullo spartiacque, ed indicare e prendere lui stesso una strada.
Questa realtà attraverso la quale nasce e si struttura l'esistenza umana, come tale fa parte dei miti universali di ogni tempo e paese relativi al destino dell'uomo (non a caso il racconto che ha a protagonista le due donne e Salomone è presente nella mitografia di paesi diversi ). Essa materializza la disperazione per il "paradiso perduto", ma è in pari tempo il tessuto della speranza in un futuro, che può essere, proprio perché è già stato, e di esso l'uomo ha fatto esperienza. L'età dell'oro della memoria collettiva diviene oggetto di speranza.

C'è un griphos iconografico, il cosiddetto Nodo di Salomone, una sorta di intreccio di due cordoni chiusi ad anello, in cui è difficile discernere dove cominciano o dove finiscono, che ben esprime questo intreccio dialettico tra logos e nodo, inteso come autorevolezza. Esso è molto antico come rappresentazione, trovandosi già tra i petroglifi della Val Camonica, testimonianza innegabile della innata, primigenia capacità di Homo di cogliere l'intreccio tra la trascendenza e l'immanenza, l'inscindibilità tra risposta e domanda. Non possiamo fare a meno di pensare come, nel nostro lavoro di analisti, per evitare di entrare in categorie, come il vero e il falso, e di operare quindi in noi stessi una scissione che non ci permetterebbe più di essere nel rapporto con la pienezza del nostro essere, in ogni momento del processo ci troviamo volontariamente ad operare una trasformazione di quanto viene dal paziente portato nella stanza di analisi, mutando il "vero" nel "come se". Siamo ben consci che la "falsificazione" è il cuore di ogni metodo scientifico. E' proprio questa possibilità di tradurre ogni cosa in un "come se", e usarla analiticamente a costituire il meccanismo fondamentale dell'analisi. Momento certo in qualche modo doloroso, perché perpetua la ferita dello stacco primigenio, toccando una nostra innegabile ambivalenza di fondo, momento che ci espone ad una tentazione-rischio di regressione, ma tuttavia vivificante e irrinunciabile per fare chiarezza. Proprio come avviene nella storia esemplare di Salomone, del bambino conteso e delle due madri.

Anna Maria Guerrieri, Via Luciano Manara 7, 20122 Milano.

 

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