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Psicoterapia e Scienze Umane, 1999, XXXII, 3

Trasformazioni dello psichismo mafioso:
psicopatologia e psicoterapia

Girolamo Lo Verso

 
Questo studio si propone come un rapporto di ricerca sulla psicopatologia e la psicoterapia in ambiente mafioso.
La mafia da un punto di vista antropo-psichico è in trasformazione, avverte Girolamo Lo Verso, per nuovi problemi anche di tipo relazionale ed affettivo conseguenti a realtà recenti, quali la diffusione dei collaboranti di giustizia, conflitti interni nelle famiglie e nell'organizzazione mafiosa, arresti con confische dei beni, fine dell'immunità e dei legami istituzionali tradizionali 
Ne sono conseguite richieste di aiuto da parte membri di famiglie mafiose, sfociate anche in domanda di psicoterapia. 
Questo lavoro si fonda su incontri di studio , in cui sono stati analizzati dei casi riguardanti membri di famiglie mafiose in psicoterapia .
L'autore sottolinea il carattere di dirompente novità per il mondo mafioso costituito dall'avere un rapporto con la psicoterapia, in quanto violazione di ogni tradizionale legge interna dell'organizzazione «Cosa nostra» , conflitto con i rigidi codici comportamentali della mafia: comunicazione libera e ricerca della verità soggettiva, riflessione su di sé e sul proprio ambiente, parlare delle proprie cose ; ma soprattutto esperienza di
una relazionalità autentica, che consente una trasformazione dell'intrapsichico , quindi volta ad una autonomie e soggettività della persona, con riconoscimento dell'autonomia e del valore dell'altro, diverso da noi. 
Tutto questo, evidentemente,  mette in forse codici istituiti, segreti di famiglia, dogmi, pensiero ad una sola direzione, tutti aspetti di base deI modo di essere mafioso e della sua psicopatologia .
Il campione qui preso in esame consta di membri di famiglie inserite pienamente nell'organizzazione mafiosa, alcune decine di casi , seguiti in terapie individuali, in strutture non private, anche se coloro che recentemente si sono rivolti a psicoterapeuti sono nell'ordine delle centinaia.
Sono prevalentemente persone giovani, talora tardo adolescenti o bambini, mogli di persone arrestate, latitanti, uccise; c'è qualche persona adulta; generalmente vengono inviati da madri; più raramente si tratta di auto-invii. E' dunque la donna che decide di «salvare la famiglia», anche se fenomeno contrario altrettanto evidente è, talora, il suo emergere come capo potente della famiglia (specie dove per qualche motivo manca l'uomo) 
La patologia di questi casi appare legata a problemi di identità, vissuti all'interno di una famiglia monolitica, che sta crollando e quindi non offre più sicurezze ; spesso la madre non proviene più dal mondo della mafia , si presenta qualche «mito» familiare «trasgressivo» ; si rileva la presenza di nonne conservatrici , ed un sociale che propone modelli diversi , con messa in crisi dell'onnipotente e irragiungibile figura paterna, e quindi dell''deale di copertura.Si è creato un conflitto fra codici e culture materni e paterni, non più funzionali.
Aspettative deluse hanno messo in crisi le identificazioni dei figli. Incombe la presenza della morte, di una cultura stessa della morte che domina i vissuti dei componenti della famiglia mafiosa. Problema religioso e sessualità appaiono argomenti di difficile approccio o addirittura di scarso interesse.
Il setting è molto particolare e assai poco definito, e il controtransfert talora assume carattere fiabesco e  mitologico, dato che terapeuta e paziente hanno il vissuto di essere «osservati» dalle famiglie mafiose, temendone le possibili reazioni: sintomatico che  i pazienti in terapia e i terapeuti in supervisione parlino di cose mafiose abbassando la voce, dato che la segretezza riguarda non solo il mondo intrapsichico, ma la stessa realtà sociale, specie nel contesto della Sicilia occidentale. Inoltre la mafia è una presenza reale e condizionante con cui bisogna fare i conti e nei cui meccanismi si rischia di restare invischiati.
Quanto ai modelli di riferimento, la psicopatologia va pensata come direttamente collegata «al rapporto circolare fra mondo interno-famiglia-cultura e fra tutto questo e I'organizzazione/istituzione "Cosa nostra" (ivi, p. 94), per cui non appaiono funzionali modelli rigidamente individualistici, interattivi o sociologici . Si è fatto riferimento alla più adeguata Gruppoanalisi Soggettuale (Lo Verso, 1994) e Familiare (Pontati, 1998) , che pone come centrale la relazione intesa come multipersonale e come fatto inconscio, evitando di connotare banalmente «la mafia», interpretandola, come è stato fatto, come seno cattivo, o archetipo della "Grande madre".
Si è invece cercato un dialogo fra i dati e modelli di ricerca e di lettura, valendosi di orientamenti psicodinamici della terapia familiare e comunque interessata alla relazione e dell'etnopsicoanalisi . Alquanto diverso l'approccio, nel caso di «mandanti» diversi dal privato, quali ad esempio Prefettura o servizi sociali, o nell'ambito di contesti istituzionali, quali carceri o comunità.
In conclusione l'A si pone due interrogativi. Il primo riguarda l'uso del termine controtransfert, in questo caso più insufficiente del solito, per  la forte presenza di  «elementi di co-transfert o di campo co-transferale (Lo Verso, 1989, 1994)» ( ivi p.95), dato che nel processo entrano in gioco, oltre alle proiezioni del paziente sul terapeuta, anche cose personali del terapeuta, nato e cresciuto in Sicilia, da sempre al corrente dell'esistenza della mafia, con tutto il portato affettivo e fantasmatico che questo può comportare. 
Il secondo interrogativo riguarda la misura, sembrerebbe notevole, in cui, da questo tipo di lavoro, vengono mobilitate nel terapeuta, anche all'interno della relazione terapeutica, problematiche legate a paura e coraggio ( anche se finora la mafia non è mai intervenuta direttamente nella terapia); questo per l'indifferenza o l'attiva emarginazione dei terapeuti nelle istituzioni, per il fatto che il lavoro terapeutico si sottrae alle logiche clientelari
L'A conclude osservando come , grazie all'etnopsicoanalisi e all'epistemoIogia della compIessità e del «costruzionismo relazionale», si stia consolidando la coscienza del rischio teorico-clinico dell'importazione passiva di modelli psicoterapeutici da una cultura a un'altra, dato il loro prescindere dall'habitat dei sistemi culturali e il loro forte impatto sulla costruzione di identità, valori,  modalità di gestire le famiglie , soprattutto nella cultura mafiosa. Viene segnalata l'opportunità di un approfondimento specifico, da parte di terapeuti ed educatori, dell' antropo-psichismo mafioso, come già indicato da Giovanni Falcone, quando, dal punto di vista metodologico, sosteneva l'importanza del cogliere il fenomeno mafia anche attraverso ricerche disciplinari ad hoc.
L'autore si chiede poi in che modo l'antropo-psichismo mafioso si stia modificando: la mafia cambia, scardinata dal fenomeno dei collaboratori di giustizia, sicché «sbirro» e «pentito» non sono più insulti; e dalle crisi familiari, che distruggono l'illusione di onnipotenza. L'obiettivo storico, il denaro, è in via di integrazione
con realtà finanziarie locali; «Cosa Nostra» si vale anche di piccoli delinquenti comuni, e non più esclusivamente di affiliati col giuramento di sangue che fa trascolorare l'Io individuale nel «noi» della «famiglia» , in un lento processo di omologazione , anche se permane alto il controllo della mafia sulla società , e quindi sulla vita mentale, soprattutto in Sicilia. 

Un passaggio importante di questo studio, riguardante più strettamente la psicopatologia, può essere individuato nella messa a fuoco di due violazoni fondamentali che mettono in crisi il chiuso sistema di comunicazione mafioso, ambedue incentrate sull'introduzione di un terzo interlocutore -esterno- nel sistema  comunicativo mafioso-famiglia mafiosa: quello relativo ai collaboratori di giustizia e quello riguardante l'apertura di un dialogo col terapeuta. Si introduce cioè un tentativo di relazionalità autentica e conseguentemente la possibilità di una trasformazione intrapsichica, in contrapposizione ad un pensiero unidirezionale.
In siffatta analisi, i contributi della Daseinanalyse sono da questo punto di vista assolutamente imprescindibili, e ad essi si rimanda per un approfondimento.
Altro problema interessante che il lavoro di Lo Verso apre, stavolta sul versante della psicoterapia, è quello del controtransfert, con la possibile notevole mobilitazione sia nel terapeuta , che nella stessa relazione terapeutica con un soggetto mafioso, di problematiche legate alla palpabile presenza della mafia, di cui è tuttora permeata la cultura siciliana in cui anche i terapeuti sono cresciuti e vivono. Che hanno anche fare , dice Lo Verso, con paura e coraggio. Quale antidoto o almeno quale correttivo a questa imprescindibile realtà? 
Nel cercare una possibile risposta al quesito, ci viene in aiuto un costante avvertimento di Pier Francesco Galli , riguardo al «mantenere sempre aperto il canale conoscitivo», poiché « la nostra curiosità conoscitiva ci permette di non essere sopraffatti dalla patologia»(Galli,p 77): il fare ipotesi su qualcuno, mantiene le funzioni dell'Io fuori dal conflitto, come - ricorda sempre Galli-  già nel 1955 osservato da Racamier, quando affermava che la motivazione del conoscere permette al terapeuta di psicotici di non rimanere egli stesso invischiato nel delirio.
Traccia d'altronde da seguire non solo da parte di terapeuti alle prese con questa particolare situazione, ma di chiunque di noi entri in relazione terapeutica con un paziente, in modo da poter mantenere il più possibile integro l'Io osservante, permettendo, nel mantenimento di una relazione quanto più possibile distesa, l'attualizzazione del conflitto di traslazione e l'elaborazione delle resistenze, quindi il lavoro terapeutico stesso.

Girolamo Lo Verso, Università di Palermo, Largo Primavera 9, 90143 Palermo.

*  Rielaborazione della relazione tenuta al convegno "Lo psichismo mafioso fra tradizione e trasformazione: i servizi e la psicopatologia". Ottobre 1998, Salemi (TP).
 
Bibliografia aggiuntiva del recensore:

Binswanger L. (1963) Being in the World, Basic Books, New York
Galli P.F., (1996), La persona e la tecnica, Il Ruolo Terapeutico, Milano (2a edizione: Franco Angeli)
Nacht S. (1956), La Psychanalyse d'aujourd'hui, PUF, Paris

 

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