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PSYCHOSOMATIC MEDICINE - VOL. 63, N. 1 / 2001
Alexithymia and Polysomnographic 
Measures of Sleep in Healthy Adults 

Robert Bazydlo, Mark A. Lumley, and Timothy Roehrs


 

 
Il costrutto di alexithymia è ormai diffuso ed è noto a gran parte degli addetti ai lavori. Fra le caratteristiche cliniche dellâalexithymia vi è la presenza di uno stile cognitivo concreto e orientato verso la realtà esterna e quindi caratterizzato da scarsa immaginazione e capacità di fantasticare ad occhi aperti (daydreaming). Quasi tutti gli autori hanno descritto resoconti clinici secondo cui i pazienti alessitimici non sognano o, se lo fanno, i loro sogni sono caratterizzati da scarsa bizzarria, pochi dettagli, scene stereotipate che riproducono la vita quotidiana e lavorativa del soggetto. Tuttavia, ci sono pochi studi empirici che hanno indagato la relazione fra alexithymia e attività onirica.
Unâindagine scientifica rigorosa sul sogno deve oggi necessariamente essere effettuata in un laboratorio del sonno, utilizzando sia il resoconto verbale dei sogni da parte dei soggetti che misurazioni standard del tracciato polisomnografico. Questa impostazione della ricerca viene seguita oggi dai (pochi) studi sul rapporto fra alexithymia e sogno, e si differenzia fondamentalmente dal primo periodo storico di sviluppo del costrutto di alexithymia (anni Î70-Î80) in cui tale rapporto veniva inferito solo clinicamente sulla base dei resoconti soggettivi dei soggetti. Lâevoluzione del metodo di indagine segue ovviamente il cambiamento di paradigma nella considerazione dellâattività onirica, da unâenfasi puramente psicologica (soprattutto in ambito psicodinamico) ad unâottica psiconeurobiologica integrata.
Questo lavoro del gruppo di ricerca di Mark Lumley (Wayne State University di Detroit) ha lo scopo di indagare il rapporto fra alexithymia, attività onirica e parametri elettrografici del sonno. Sono stati studiati 50 soggetti volontari adulti sani (escludendo coloro che presentavano potenziali fattori di confusione (disturbi psichiatrici, malattie croniche, assunzione di farmaci, consumo di alcool, ecc) con caratteristiche omogenee delle abitudini di sonno (orario serale di addormentamento fra le 23 e la 1, orario di sveglia mattutina fra le 7 e le 9, variazioni delle abitudini di sonno di max 2 ore nel corso della settimana compresi i festivi, durata media di 6-9 ore di sonno per notte, latenza di addormentamento entro i 30 minuti). Dopo aver completato la TAS-20 e la CES-D Scale per la valutazione di alexithymia e depressione, i soggetti hanno dormito per una notte nel laboratorio del sonno del centro universitario mentre veniva registrato il tracciato polisomnografico. 
I risultati dello studio hanno indicato che lâalexithymia è associata a differenze oggettive negli stadi del sonno e nelle caratteristiche REM, indipendentemente dai fattori confondenti di sesso, età e depressione. 
Lâalexithymia è risultata associata alla diminuzione del tempo trascorso nelle fasi di sonno profondo (stadi 3-4) ed al parallelo aumento del tempo trascorso nella fase leggera del sonno (stadi 1). Il pattern di riduzione degli stadi profondi 3-4 ed aumento dello stadio leggero 1 del sonno viene trovata tipicamente in soggetti che riferiscono di dormire male, svegliarsi in continuazione durante la notte, provare stanchezza e sonnolenza il giorno dopo, fare sonni non ristoratori ed anche di non dormire affatto (mentre trascorrono gran parte della notte nello stadio 1 del sonno). 
Relativamente al sonno REM, lâalexithymia non ha mostrato alcuna correlazione con il tempo totale trascorso in sonno REM. Se però si mettono in relazione le fasi del sonno con quelle REM, è emerso che lâalexithymia è associata ad un minor numero di episodi REM e ad un aumento di sonno leggero di stadio 1 durante ed immediatamente dopo gli episodi REM ma non con il numero di risvegli che si verificano durante il sonno REM. Ciò pertanto suggerisce che gli episodi REM dei soggetti più alessitimici siano più brevi a causa dellâinsorgenza del sonno leggero (stadio 1). I brevi episodi REM potrebbero generare sogni di minore durata, limitando quindi i dettagli onirici ricordati successivamente. In poche parole, lâipotesi dei ricercatori americani è che lâarchitettura neurofisiologica del sonno nei soggetti alessitimici sia responsabile del mancato ricordo dei sogni.
Questo studio ha notevoli limitazioni che non consentono una piena generalizzazione dei risultati. Anzitutto il tracciato è stato registrato durante una sola notte ed i soggetti non avevano mai dormito nel laboratorio del sonno. Il fatto che i soggetti non si fossero assuefatti alle condizioni ambientali sperimentali può aver ragionevolmente alterato il tracciato stesso. Inoltre i soggetti erano persone sane che non avevano alcun problema di sonno, oltre ad avere punteggi bassi di alexithymia (un limite dello studio è che non vi vengono riportati i punteggi ottenuti alla TAS-20). Ciò che quindi si può più conservativamente concludere è che in persone sane collocate nella fascia bassa della distribuzione dei punteggi della TAS-20, lâalexithymia non è correlata con lâattività onirica in quanto tale ma con lâarchitettura del sonno. Come sempre, lâestrapolazione di questi risultati ad una popolazione clinica è molto problematica. Lo studio, pertanto, merita di essere ripetuto su soggetti clinici e soprattutto con elevati livelli di alexithymia. 

Mark A. Lumley
Department of Psychology
Wayne State University
71 West Warren Avenue
Detroit, MI 48202 (USA)

Email: mlumley@sun.science.wayne.edu
 


 
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