Gli autori di questo studio, condotto presso l’ospedale universitario
di Utrecht in Olanda, hanno disegnato un’interessante procedura sperimentale
per analizzare i fattori emotivi e cognitivi che stanno alla base della
distorsione dell’immagine corporea nell’anoressia nervosa. Il paradigma
sperimentale utilizzato è quello della ìstima della dimensione corporeaî
(body size estimation) in cui i soggetti devono manipolare l’immagine
di una figura femminile su uno schermo fino a farla combaciare con l’immagine
che hanno del loro corpo. Le ipotesi avanzate sui meccanismi di tale manipolazione
sono generalmente due. La prima indica il meccanismo in un disturbo della
percezione secondo un approccio bottom-up: il corpo viene immaginato
come più grasso poiché è stato percepito come tale
in origine. La seconda indica il meccanismo in un disturbo della formazione
dell’immagine secondo un approccio top-down: i soggetti anoressici
costruiscono un’immagine di sé come grassi poiché tale è
la rappresentazione mentale di sé.
Per verificare quale dei due meccanismi è responsabile della
distorsione dell’immagine corporea, i ricercatori hanno adeguatamente selezionato
3 gruppi: uno composto da 30 pazienti donne (24 anni di media) con diagnosi
DSM-III-R di Anoressia Nervosa, uno composto da 36 ragazze matricole universitarie
(18-20 anni di media) molto magre (BMI<20) ma senza alcun disturbo psichiatrico
e alimentare e un terzo composto da 28 studentesse universitarie (età
media 24 anni) senza disturbo alimentare e di normale corporatura (media
BMI=23). Tale metodo consente di confrontare la percezione corporea delle
anoressiche con gruppi di ragazze di pari età normali, controllando
anche il fattore peso. Il metodo sperimentale è stato quello usato
negli studi di psicofisiologia, il metodo degli stimoli costanti. A tutti
i soggetti è stata scattata una foto digitale con abito standard
(tuta bianca a maniche larghe su sfondo nero). Tale foto è stata
poi manipolata al computer in modo da distorcerla nella doppia direzione
di ìpiù magraî e ìpiù grassaî. Dai risultati di uno studio
pilota, è stato scelto il criterio del 2.5% come unità di
misura della distorsione ed un range che andava da ñ15% a +25%.
Ai soggetti sono state presentate 6 serie di immagini più grasse
e più magre per valutare la stima della dimensione corporea. In
una seconda condizione sperimentale, è stata invece valutata la
percezione della dimensione corporea. Una serie di immagini distorte ñ
con un’unità di misura di 1.5% ed un range da +1.5% a +7.5%
(5 stimoli) in direzione ìpiù grassaî e da ñ1.5% a ñ7.5% (altri
5 stimoli) in direzione ìpiù magraî ñ è stata mostrata in
ordine random accanto all’immagine fotografica attuale del soggetto.
I soggetti dovevano specificare quale immagine mostrava la minima differenza
percepibile e quale la massima differenza. Infine lo stimolo-target
è stato dicotomizzato fra l’immagine di sé e l’immagine di
un’altra donna (il primo autore del lavoro, alta 173 cm e con un peso di
62 Kg, BMI=20.7).
I gruppi di variabili da analizzare sono stati quindi tre: 1) Gruppo
(appartenenza ad uno dei tre gruppi sperimentali), 2) Condizione (immagine
di sé vs. immagine di un’altra persona), 3) Direzione della distorsione
(verso l’immagine più grassa o più magra).
Nei confronti a coppie sulla stima della dimensione corporea, le pazienti
anoressiche hanno sovrastimato l’immagine corporea di circa l’8% mentre
le ragazze di controllo magre e normali del 5% (differenza statisticamente
significativa: F=4.41, p=0.02).
Nella valutazione della percezione corporea, l’analisi multipla della
varianza (MANOVA) ìGruppo x Condizione x Direzioneî non ha mostrato differenze
significative fra i tre gruppi, indicando che le pazienti anoressiche non
mostrano ipersensibilità percettiva nell’individuare le differenze
di immagine corporea. Tuttavia, in un’analisi post hoc dei dati,
le pazienti anoressiche risultano tendere a valutare sempre in direzione
ìpiù magraî lo stimolo di confronto rispetto ad entrambi i gruppi
di controllo. Ciò indica che le pazienti anoressiche hanno stabilito
mentalmente un proprio criterio di preferenza di valutazione della propria
immagine corporea come più magra di quella che realmente è,
a differenza delle ragazze di peso normale o sottopeso senza disturbi del
comportamento alimentare. Infine le correlazioni fra le misure di stima
e quelle di percezione della dimensione corporea sono molto basse e non
raggiungono la significatività statistica.
I risultati di questo studio suggeriscono che le pazienti con diagnosi
di anoressia nervosa hanno una soglia di sensibilità percettiva
del proprio corpo nella norma ma tendono a stimare la propria immagine
corporea come più magra di quella che è. Questo dato non
può essere interpretato come la tendenza a percepire il proprio
corpo come più grasso poiché la correlazione fra stima e
percezione dell’immagine corporea è bassa, al contrario di quanto
ci si dovrebbe attendere se la distorsione avesse una base percettiva e
non rappresentazionale. Il significato clinico di questo studio, secondo
gli autori, consiste nell’ipotesi di abbandonare l’idea di un ìdannoî delle
funzioni di percezione (esame di realtà) per cui le pazienti anoressiche
percepirebbero gli stimoli visivi provenienti dall’immagine del proprio
corpo in modo distorto, ossia più grasse di quanto sono. Al contrario,
esse percepiscono correttamente la propria immagine corporea ma la rappresentazione
che hanno del proprio corpo è influenzata da fattori emotivi e cognitivi
interni che dirigono l’interpretazione nella direzione di rappresentare
sé stesse come sempre più magre. Il lavoro terapeutico dovrebbe
quindi essere focalizzato principalmente sulle rappresentazioni interne
di sé, più che sulla desensibilizzazione a categorizzare
la percezione dell’immagine corporea in direzione del ìpiù grassaî.
Vi è anche un risultato collaterale interessante nello studio.
I tre gruppi hanno mostrato una percezione molto più accurata della
propria immagine corporea rispetto a quella di un’altra persona. Tuttavia,
tutti le partecipanti (comprese le studentesse dei gruppi di controllo)
sono state più accurate nell’individuare la direzione ìpiù
magraî negli altri che la direzione ìpiù grassaî in sé stesse.
Ciò potrebbe essere il riflesso di un fattore culturale generale
per cui la preoccupazione delle ragazze nell’essere più magre delle
altre risulta in un incremento dell’attenzione percettiva, con la conseguenza
di elaborare le informazioni visive in modo più accurato quando
vedono immagini più grasse di sé stesse e più magre
di altre donne.
Momique Smeets, Ph.D.
Monell Chemical Senses Center
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