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JOURNAL OF PSYCHOSOMATIC RESEARCH - N. 5 / 1999
Body size perception in anorexia nervosa: A signal detection approach

M. A. M. Smeets, J. D. Ingieby, H. W. Hoek and G. E. M. Panhuysen


Gli autori di questo studio, condotto presso l’ospedale universitario di Utrecht in Olanda, hanno disegnato un’interessante procedura sperimentale per analizzare i fattori emotivi e cognitivi che stanno alla base della distorsione dell’immagine corporea nell’anoressia nervosa. Il paradigma sperimentale utilizzato è quello della ìstima della dimensione corporeaî (body size estimation) in cui i soggetti devono manipolare l’immagine di una figura femminile su uno schermo fino a farla combaciare con l’immagine che hanno del loro corpo. Le ipotesi avanzate sui meccanismi di tale manipolazione sono generalmente due. La prima indica il meccanismo in un disturbo della percezione secondo un approccio bottom-up: il corpo viene immaginato come più grasso poiché è stato percepito come tale in origine. La seconda indica il meccanismo in un disturbo della formazione dell’immagine secondo un approccio top-down: i soggetti anoressici costruiscono un’immagine di sé come grassi poiché tale è la rappresentazione mentale di sé.
Per verificare quale dei due meccanismi è responsabile della distorsione dell’immagine corporea, i ricercatori hanno adeguatamente selezionato 3 gruppi: uno composto da 30 pazienti donne (24 anni di media) con diagnosi DSM-III-R di Anoressia Nervosa, uno composto da 36 ragazze matricole universitarie (18-20 anni di media) molto magre (BMI<20) ma senza alcun disturbo psichiatrico e alimentare e un terzo composto da 28 studentesse universitarie (età media 24 anni) senza disturbo alimentare e di normale corporatura (media BMI=23). Tale metodo consente di confrontare la percezione corporea delle anoressiche con gruppi di ragazze di pari età normali, controllando anche il fattore peso. Il metodo sperimentale è stato quello usato negli studi di psicofisiologia, il metodo degli stimoli costanti. A tutti i soggetti è stata scattata una foto digitale con abito standard (tuta bianca a maniche larghe su sfondo nero). Tale foto è stata poi manipolata al computer in modo da distorcerla nella doppia direzione di ìpiù magraî e ìpiù grassaî. Dai risultati di uno studio pilota, è stato scelto il criterio del 2.5% come unità di misura della distorsione ed un range che andava da ñ15% a +25%. Ai soggetti sono state presentate 6 serie di immagini più grasse e più magre per valutare la stima della dimensione corporea. In una seconda condizione sperimentale, è stata invece valutata la percezione della dimensione corporea. Una serie di immagini distorte ñ con un’unità di misura di 1.5% ed un range da +1.5% a +7.5% (5 stimoli) in direzione ìpiù grassaî e da ñ1.5% a ñ7.5% (altri 5 stimoli) in direzione ìpiù magraî ñ è stata mostrata in ordine random accanto all’immagine fotografica attuale del soggetto. I soggetti dovevano specificare quale immagine mostrava la minima differenza percepibile e quale la massima differenza. Infine lo stimolo-target è stato dicotomizzato fra l’immagine di sé e l’immagine di un’altra donna (il primo autore del lavoro, alta 173 cm e con un peso di 62 Kg, BMI=20.7).
I gruppi di variabili da analizzare sono stati quindi tre: 1) Gruppo (appartenenza ad uno dei tre gruppi sperimentali), 2) Condizione (immagine di sé vs. immagine di un’altra persona), 3) Direzione della distorsione (verso l’immagine più grassa o più magra).
Nei confronti a coppie sulla stima della dimensione corporea, le pazienti anoressiche hanno sovrastimato l’immagine corporea di circa l’8% mentre le ragazze di controllo magre e normali del 5% (differenza statisticamente significativa: F=4.41, p=0.02).
Nella valutazione della percezione corporea, l’analisi multipla della varianza (MANOVA) ìGruppo x Condizione x Direzioneî non ha mostrato differenze significative fra i tre gruppi, indicando che le pazienti anoressiche non mostrano ipersensibilità percettiva nell’individuare le differenze di immagine corporea. Tuttavia, in un’analisi post hoc dei dati, le pazienti anoressiche risultano tendere a valutare sempre in direzione ìpiù magraî lo stimolo di confronto rispetto ad entrambi i gruppi di controllo. Ciò indica che le pazienti anoressiche hanno stabilito mentalmente un proprio criterio di preferenza di valutazione della propria immagine corporea come più magra di quella che realmente è, a differenza delle ragazze di peso normale o sottopeso senza disturbi del comportamento alimentare. Infine le correlazioni fra le misure di stima e quelle di percezione della dimensione corporea sono molto basse e non raggiungono la significatività statistica.
I risultati di questo studio suggeriscono che le pazienti con diagnosi di anoressia nervosa  hanno una soglia di sensibilità percettiva del proprio corpo nella norma ma tendono a stimare la propria immagine corporea come più magra di quella che è. Questo dato non può essere interpretato come la tendenza a percepire il proprio corpo come più grasso poiché la correlazione fra stima e percezione dell’immagine corporea è bassa, al contrario di quanto ci si dovrebbe attendere se la distorsione avesse una base percettiva e non rappresentazionale. Il significato clinico di questo studio, secondo gli autori, consiste nell’ipotesi di abbandonare l’idea di un ìdannoî delle funzioni di percezione (esame di realtà) per cui le pazienti anoressiche percepirebbero gli stimoli visivi provenienti dall’immagine del proprio corpo in modo distorto, ossia più grasse di quanto sono. Al contrario, esse percepiscono correttamente la propria immagine corporea ma la rappresentazione che hanno del proprio corpo è influenzata da fattori emotivi e cognitivi interni che dirigono l’interpretazione nella direzione di rappresentare sé stesse come sempre più magre. Il lavoro terapeutico dovrebbe quindi essere focalizzato principalmente sulle rappresentazioni interne di sé, più che sulla desensibilizzazione a categorizzare la percezione dell’immagine corporea in direzione del ìpiù grassaî.
Vi è anche un risultato collaterale interessante nello studio. I tre gruppi hanno mostrato una percezione molto più accurata della propria immagine corporea rispetto a quella di un’altra persona. Tuttavia, tutti le partecipanti (comprese le studentesse dei gruppi di controllo) sono state più accurate nell’individuare la direzione ìpiù magraî negli altri che la direzione ìpiù grassaî in sé stesse. Ciò potrebbe essere il riflesso di un fattore culturale generale per cui la preoccupazione delle ragazze nell’essere più magre delle altre risulta in un incremento dell’attenzione percettiva, con la conseguenza di elaborare le informazioni visive in modo più accurato quando vedono immagini più grasse di sé stesse e più magre di altre donne.

Momique Smeets, Ph.D.
Monell Chemical Senses Center
3500 Market Street
Philadelphia, PA 19104
USA
Phone: (215) 573 7965
Email: smeets@monell.org
 


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