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JOURNAL OF PSYCHOSOMATIC RESEARCH - VOL. 47, N. 3 / 1999
What's in a name: 
mortality and the power of symbols

N. Christenfeld, D. P. Phillips and L. M. Glynn


Portiamo il nostro destino scritto nel nome? La domanda può apparire anodina. Il peso dei nomi è sconosciuto, anche se hanno indubbiamente un grande potere simbolico, tanto che vi sono moltissimi libri che illustrano significati e segreti dei nomi propri per le coppie in attesa di un figlio. A tre ricercatori di una prestigiosa università californiana (UCSD di La Jolla) è venuto in mente di effettuare uno studio su un aspetto alquanto strano: esiste un’influenza dei nomi sulla mortalità individuale?
Diversamente che da noi, gli americani hanno quasi tutti un secondo ed anche un terzo nome: i nomi vengono spesso abbreviati per acronimi prima del cognome, per cui può capitare che un acronimo di tre lettere possa avere un qualche significato semantico e che quest’ultimo possa essere negativo o positivo. Attraverso il dizionario elettronico del sistema Unix gli autori hanno generato una lista esaustiva di acronimi inglesi di tre lettere. La lista degli acronimi positivi è stata: ACE (asso, campione), GOD (dio), HUG (abbraccio caloroso), JOY (gioia), LIF (vita), LIV (vivere), LOV, LUV (amore), VIP (very important person), WEL (bene), WIN (vincere), WOW (esclamazione di stupore e piacere). La lista degli acronimi negativa è stata: APE (scimmia), ASS (somaro, idiota, culo), BAD (cattivo), BUG (verme), BUM (chiappe), DED (morto), DIE (morire), DTH (morte), DUD (schiappa), HOG (porco, schifoso), ILL (malato), MAD (matto), PIG (porco), RAT (ratto, verme), ROT (marcio), SAD (triste), SIC, SIK (malato), UGH (puah!). Sono stati poi esaminati i certificati di morte computerizzati (indicanti anche la causa di morte) della California dal 1969 al 1995. L’ipotesi degli autori è che una persona che ha un nome simbolicamente molto suggestivo in senso negativo vive meno della media e, viceversa, una persona con un nome positivo vive più della media. Sono quindi stati esaminati i certificati di morte dei maschi (le donne spesso non conservano lo stesso nome nel corso della vita) con acronimi iniziali positivi (N=1200) e negativi (N=2287) e confrontati con i decessi di persone con iniziali “neutre” (N=1.917.771). Sono state classificate 11 cause esaustive di morte sulla base dei codici ICD-9: malattia cardiaca, neoplasia maligna, malattie cerebrovascolari, incidenti, malattie polmonari ostruttive croniche, influenza, diabete mellito, suicidio, malattie epatiche croniche e cirrosi, infezione da HIV ed infine tutte le altre cause di morte.
I soggetti appartenenti al gruppo “positivo” hanno vissuto significativamente più a lungo di una media di 4.5 anni rispetto alla popolazione generale in 26 dei 27 anni considerati (tranne che nel 1981) per 10 delle 11 cause di morte, con età al momento della morte che varia dai 70 ai 77 anni. L’effetto di maggiore longevità è risultato particolarmente maggiore nelle due cause di morte maggiormente influenzate dal comportamento (suicidio e incidenti) e, di ritorno, queste due cause di morte sono significativamente sottorappresentate nel gruppo “positivo” rispetto alla popolazione generale. I soggetti appartenenti al gruppo “negativo” hanno vissuto significativamente meno a lungo di una media di 2.8 anni rispetto alla popolazione generale in 22 dei 27 anni considerati (maggiore longevità nel triennio 1970-72 e nel 1979; pari longevità nel 1977 e 1989) per 9 delle 11 cause di morte, con età al momento della morte che va dai 58 ai 70 anni. Le cause di morte a maggiore componente comportamentale (suicidio e incidenti) sono significativamente prevalenti nel gruppo “negativo” rispetto alla popolazione generale.
Secondo gli autori, non si comprende altra causa possibile per spiegare questi risultati se non il potere simbolico del nome: è infatti da attendersi che una persona che si chiami Asso o Gioia abbia ripercussioni positive nell’immagine di sé. Molta letteratura psicoanalitica ad indirizzo soprattutto lacaniano ha prodotte pindariche speculazioni sul significato dei nomi in generale, ed esiste anche un libro di un analista lacaniano che esamina il nome dei pazienti come significati inconsci del cancro di cui si sono ammalati. E’ curioso vedere oggetto di un lavoro scientifico ciò che fino ad oggi era un argomento appannaggio dell’ermeneutica. In ogni caso, da questa ricerca, sembra che il potere simbolico dei nomi propri abbia realmente effetto sulla vita delle persone e che dobbiamo considerare questo fattore come uno fra quelli che fino ad oggi consideravamo gli unici che ci venivano tramandati dai nostri genitori: il patrimonio genetico, i comportamenti sulla salute ed il livello socio-economico.

Dr. Nicholas Christenfeld
Department of Psychology
University of California, San Diego
9500 Gilman Drive
La Jolla, CA 92039-0109

Phone: 619 5348217
Fax: 619 5347190
Email: nicko@ucsd.edu


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