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JOURNAL OF PSYCHOSOMATIC RESEARCH - N. 4 / 1999
Transsexualism: a review of etiology, diagnosis and treatment

P. T. Cohen-Kettenis and L. J. G. Gooren


Il termine ìtransessualismoî è stato impiegato per la prima volta da Hirschfeld agli inizi degli anni ’30 riferendosi a un’ampia gamma di condizioni cliniche per le quali oggi si ritiene indispensabile invece fare una diagnosi differenziale. Il transessualismo viene attualmente classificato nell’ICD-10 come Transexualism e nel DSM-IV come Gender Identity Disorder (GID).  In entrambi i casi, indica una marcata e persistente identificazione nel genere opposto a quello biologico, una marcata insoddisfazione del proprio sesso anatomico e del proprio ruolo di genere e quindi la volontà di mutare sesso chirurgicamente (surgical reassignement of sex, SRS). In questa review, i due autori olandesi esaminano i dati esistenti sui vari aspetti di questo misterioso fenomeno, evidenziando come negli ultimi decenni ne sappiamo molto di più sebbene gran parte di esso resti enigmatico.
Non si conosce con esattezza la prevalenza del transessualismo nei bambini. La stima nella fascia di età oltre i 15 anni si basa sulle cartelle cliniche dei centri specializzati o degli psichiatri. I dati disponibili parlano di un range che va da 1:400.000 ad 1:100.000 per gli individui ginoandroidi (female-to-male) e da 1:100.000 ad 1:24.000 per gli androginoidi (male-to-female). Ovviamente, molti fattori di tipo socioculturale possono aver influenzato questi tassi di prevalenza, soprattutto la sottostima degli individui anatomicamente donne che desiderano diventare uomini.
Da un punto di vista biologico, fin dagli inizi del secolo sappiamo che la formazione dei genitali esterni, ossia il criterio di assegnazione del sesso del neonato, non è un criterio in realtà esaustivo. La differenziazione maschile del cervello avviene in presenza di un livello sufficiente di testosterone nel periodo critico di differenziazione sessuale del cervello. Alla luce di questo assunto, le ricerche biomediche nel transessualismo si sono indirizzate in tre aree principali: 1) anormalità endocrine in fase perinatale, 2) il tipo di feedback in risposta alla stimolazione dell’ormone luteinizzante, 3) la morfologia dei nuclei cerebrali differenziati per sesso. Dopo aver rivisto i risultati in letteratura, gli autori della review concludono che ìnon esiste evidenza empirica diretta negli umani di una correlazione diretta fra ormoni sessuali e dismorfismo del nucleo in rapporto al sessoî.
La psicoanalisi si è occupata parecchio del fenomeno (si pensi alle ricerche storiche di Robert Stoller), inquadrandolo in un paradigma classico di difesa simil-allucinatoria contro l’ansia generata dall’assumere il ruolo edipico sessuale, insuccesso della separazione/individuazione dalla madre, rapporto simbiotico con la madre, ruolo marginale del padre nell’economia degli investimenti familiari. Nessuno studio empirico ha mai confermato quest’insieme di ipotesi, lasciando aperta un’altra possibilità: è molto probabile infatti che il carattere seducente e attraente di molti bambini maschi con GID (o viceversa il carattere aggressivo e competitivo nella bambine con GID) abbia indotto i genitori a riforzarne la femminilità (o la mascolinità nelle bambine), soprattutto se i genitori hanno una identità instabile. Nello stesso senso, i risultati sulla presenza di psicopatologia nei transessuali è molto controversa, stando ai risultati riportati in letteratura. E’ possibile che i dati controversi siano dovuti a differenze di metodologia e di strumenti di valutazione utilizzati nei vari studi. Gli autori olandesi propongono anche un’altra, molto credibile, spiegazione: i ricercatori hanno indagato i transessuali dando per scontato che sia un gruppo omogeneo; probabilmente sarebbe più corretto considerare gli individui con GID come un gruppo psicologicamente eterogeneo e tentare di trovare i criteri per differenziarne psicologicamente i sottogruppi.
I risultati sul follow-up dei pazienti post-SRS sono invece abbastanza univoci per due aspetti: 1) l’intervento chirurgico risolve positivamente i problemi degli individui con GID, con percentuali di soddisfazione generale in oltre il 90% dei casi; 2) l’intervento psicoterapeutico è necessario in presenza di psicopatologia, più marginale in assenza di psicopatologia e assolutamente inefficace nell’invertire la cross-gender identification. Come è noto, in molti paesi (fra cui l’Italia), il paziente candidato a SRS deve essere seguito obbligatoriamente per 2-3 anni in psicoterapia per consentire un progressivo adattamento alla vita nel genere opposto (real life test), in combinazione con la terapia ormonale. Purtroppo non vi sono dati né revisioni critiche delle esperienze psicoterapeutiche in questo senso. Sarebbe invece molto interessante capire il senso degli interventi psicoterapeutici nel real life test period (trattamento della psicopatologia associata? interventi sull’Io? esperienza emozionale correttiva? impostazione psicoterapeutica di tipo interpretativo?). La discussione soprattutto in campo psicoanalitico è sempre avvenuta attorno ai classici argomenti di tipo etiopatogenetico secondo il modello classico della psicoanalisi (relazioni oggettuali e modello pulsioni-difese). Sarebbe invece molto più interessante leggere resoconti sulla realtà clinica del trattamento e sui problemi incontrati dai terapeuti nel rapporto con una persona con la quale vi sono senza dubbio pesanti implicazioni controtransferali e difficoltà identificatorie. Secondo molti autori, inoltre, gli insuccessi post-SRS sono dovuti ad una cattiva diagnosi differenziale iniziale (omosessualità egodistonica, feticismo di travestitismo, disturbi psicotici dell’esame di realtà).
La review degli autori olandesi è molto accurata e pone con precisione sul tappeto i punti nodali nel trattamento del transessualismo, un fenomeno su cui si sa qualcosa di più nelle esperienze internazionali degli ultimi decenni ma che resta ancora fondamentalmente un mistero. Da segnalare, per gli interessati e per coloro che se ne occupano professionalmente, una ricca bibliografia di 171 riferimenti, anche se non sempre aggiornatissima ed esaustiva.

Dr. Cohen-Kettenis
Academisch Ziekenhuis Utrecht
Department of Child and Adolescent Psychiatry
P.O. Box 85550
3508 GA Utrecht, The Netherlands
Phone: 31 30 2508401
Fax: 31 30 2505444
E-mail: P.T.CohenKettenis@psych.azu.nl
 


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