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JOURNAL OF PSYCHOTHERAPY INTEGRATION - VOL.10, N. 3 / 2000

The shattering of the stimulus barrier

G.T. Eagle

(Recensione di Tullio Carere-Comes) 

L'autore descrive un metodo integrativo di terapia breve del disturbo da stress postraumatico. Benché sia evidente lo sforzo di attingere a modelli tanto di tipo psicodinamico che di tipo cognitivo-comportamentale, appare netta la prevalenza del secondo orientamento nelle vignette cliniche presentate. Il metodo "Wits" prevede cinque fasi: (1) Raccontare/riraccontare la storia. (2) Normalizzare i sintomi. (3) Affrontare il senso di colpa del sopravvissuto (restaurare il rispetto di sé). (4) Incoraggiare la padronanza. (5) Facilitare la creazione di significato (opzionale). La "normalizzazione", che caratterizza esplicitamente la seconda fase, è in effetti il filo conduttore e la filosofia di fondo di tutto il trattamento. Il trauma è considerato come un incidente che ha interrotto un'esistenza il cui corso deve essere restaurato nel modo più completo e rapido possibile. Se il trauma è un "incidente di percorso", la "normalizzazione" è il rimedio che si impone.

Nel confronto con i principali metodi di trattamento del PTSD, l'autore sorprendentemente dimentica di citare l'EMDR, che si è imposto nell'ultimo decennio come uno degli approcci più interessanti e promettenti per questo tipo di disturbi. Il confronto è invece interessante perché l'EMDR, pur essendo un metodo basilarmente comportamentale, ha in realtà una parentela con l'approccio psicoanalitico più significativa di quella che si osserva nel metodo Wits. Infatti l'EMDR parte dall'esperienza traumatica ma procede per via associativa, estendendo l'esplorazione a tutta la rete di esperienze in qualche modo connesse con il trauma. In tal modo il trauma non è più visto come un incidente di percorso, ma come un evento che esercita la sua azione patogena anche attraverso il collegamento con tutta una serie di eventi che lo hanno preceduto. In questa prospettiva il trauma può essere visto come un'occasione per bonificare un'ampia zona di esperienze rimosse o dissociate, che proprio attraverso il collegamento con l'evento traumatico possono essere rintracciate e integrate. Questa prospettiva allargata, che è propria dei trattamenti di ispirazione psicoanalitica, è invece assente nel metodo Wits.

Questo metodo rientra in modo esemplare nella categoria delle "psicoterapie" sovente opposte alla "psicoanalisi", intesa come metodo formativo e maturativo in contrapposizione all'approccio puramente sintomatico delle "psicoterapie". La distinzione è artificiosa, se si considera che in ogni terapia genuina gli aspetti tattici di correzione dei sintomi ("psicoterapeutici") devono essere coordinati con quelli strategici ("psicoanalitici") di formazione e crescita personale. Per quanto artificiosa, tuttavia, tale distinzione è tenuta in vita ed è giustificata dall'esistenza di trattamenti brevi e sintomatici come questo. Che per quanto sia presentato come "integrativo", manca di una caratteristica essenziale che un trattamento veramente integrato dovrebbe avere: la compresenza di strategia e tattica Ñ di obiettivi a breve e lungo termine Ñ e della dialettica tra i due livelli. Quando questa dialettica è presente, il trattamento del sintomo è un'occasione di autoconoscenza, e viceversa l'esplorazione dell'inconscio non è fine a sé stessa ma è collegata a una finalità terapeutica. Quando è assente, come in questo caso, la prospettiva formativa è quasi interamente perduta e la terapia scade a "normalizzazione"

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