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JOURNAL OF PERSONALITY ASSESSMENT - VOL.77, N.2 / 2001

Toward More Clinically Relevant Assessment Research

Robert E. McGrath


 
In questo lavoro, l’autore discute un problema estremamente importante dell’assessment psicologico.
La maggior parte delle ricerche in letteratura si concentra generalmente sui problemi di validità, ossia su quanto un test misura ciò che suppone di misurare. Scarsa importanza invece viene riservata alla utilità, ossia al valore pratico di uno strumento di assessment, alla sua capacità incrementale di aggiungere informazioni in un particolare contesto clinico.
Questo problema, che viene posto in modo relativamente nuovo nella letteratura sull’assessment, appartiene ormai da anni alla letteratura sulla psicoterapia. Gli studi di psicoterapia fanno generalmente riferimento a due concetti apparentemente simili ma in realtà molto diversi, difficilmente traducibili in italiano: efficacy ed effectiveness.
Le ricerche sulla efficacy mirano a dimostrare che uno specifico trattamento psicoterapeutico per uno specifico disturbo funziona grazie a quell’intervento e non ad altri fattori.
Ciò pone una serie di problemi metodologici che riguardano la selezione dei pazienti, la formazione di gruppi di controllo, il controllo rigido delle variabili di mediazione, la valutazione in cieco dei risultati, la necessità del placebo, ecc. In una parola, le ricerche sulla efficacy si basano su studi randomizzati controllati (randomized controlled trials). Al contrario, le ricerche sulla effectiveness mirano a valutare l’outcome di uno o più metodi psicoterapeutici così come vengono usualmente praticati nei vari contesti clinici. In questo caso, i controlli metodologici vengono posti in secondo piano per far risaltare le caratteristiche naturali del processo psicoterapeutico.
Ad esempio, i pazienti non vengono assegnati in modo random ai bracci terapeutici ma scelgono terapeuta e tipo di trattamento, le misure di outcome sono globali (ad es. benessere in generale) e non specifiche (aspetti parziali dei singoli sintomi), il trattamento ha durata variabile e viene individualizzato invece che essere di durata rigidamente fissata e manualizzato, i criteri di partecipazione sono sovrainclusivi invece che sovraesclusivi (ad es. includono la comorbilità invece che escluderla), ecc. Nessuno dei due tipi di ricerca è migliore in assoluto: hanno semplicemente scopi diversi. Le ricerche sulla efficacy hanno elevata validità metodologica ed interessano maggiormente i ricercatori mentre quelle sulla effectiveness elevata validità ecologica ed interessano maggiormente i clinici.
McGrath applica questi stessi concetti alla letteratura sull’assessment e nota come le ricerche sulla validità (assimilabile alla efficacy in psicoterapia) degli strumenti psicologici siano sproporzionatamente maggiori rispetto a quelle sulla utilità (assimilabile alla effectiveness). Ciò significa, ad esempio, che uno strumento (test, scala, questionario, ecc) deve servire a valutare soggetti con specifici problemi e non essere indipendente dalla popolazione valutata, i criteri di valutazione dell’outcome devono essere categoriali e non su scala continua (cioè predire il rischio suicidario, ad esempio, e non la probabilità di un punteggio), la probabilità di successo predittivo deve essere basata sull’outcome (negative predictive power e positive predictive power) e non sul soggetto (sensibilità e specificità), il rapporto costo-beneficio nell’utilizzare un test deve essere uno dei principali criteri di valutazione di qualità poiché un test estremamente valido ma che richiede 6 ore di assessment diventa pochissimo utile sul piano clinico.
Sulla base di questi concetti, l’autore ha esaminato i lavori pubblicati su tre riviste internazionali specializzate (Journal of Personality Assessment, Assessment e Psychological Assessment) da settembre 1998 ad agosto 1999 sulla base di alcuni indicatori di utilità: tipo di popolazione esaminata, tipologia dei predittori, criteri di outcome, base rate, criteri di potere predittivo, tipo di intervista, formazione dei valutatori, percezione dell’utilità dei risultati dell’assessment da parte del commissionante il test, rapporto costo-benefici.
La conclusione che ne trae è che gran parte della letteratura ha trascurato aspetti centrali della valutazione di utilità, come ad esempio la percezione da parte di chi commissiona il test o il rapporto costo-beneficio. Questa carenza di studi sulla utilità ha effetti particolarmente deleteri sulla credibilità generale dell’assessment psicologico, secondo McGrath. Infatti, chi commissiona il test (ad esempio una equipe medica o nell’ambito di una perizia legale) può valutare l’utilità di un assessment di personalità solo se può discutere con lo psicologo clinico i risultati invece che avere semplicemente un report.

Robert McGrath
School of Psychology
Fairleigh Dickinson University
Teaneck, NJ 07666

Email: mcgrath@alpha.fdu.edu
 

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