Il secondo classico della Serie Speciale di questo primo numero del
1999 del Journal of Personality Assessment porta la firma di Joseph
Masling, professore al Dipartimento di Psicologia del SUNY at Buffalo,
NY e rivisita un classico della letteratura Rorschach: Body Image and
Personality di Fisher e Cleveland, pubblicato da Nostrand nel 1958.
Il volume di Fisher e Cleveland non è stato mai tradotto in Italia,
anche se proprio in Italia ha ricevuto ampia attenzione ed ulteriori sviluppi
grazie al lavoro del gruppo di G.Ruggieri dellâUniversità di Roma.
Questa recensione ha anche un sapore commemorativo poiché entrambi
gli autori sono scomparsi di recente, Fisher nel 1996 e Cleveland nel 1998.
Le tesi sostenute nel volume fanno oggi parte quasi "naturale" del
lavoro psicodiagnostico con il Rorschach ma erano del tutto originali alla
fine degli anni â50. Proprio il fatto di essere diventati patrimonio comune
della psicodiagnostica indica lâimportanza seminale di questa monografia,
entrata nel "patrimonio genetico" anche di quei rorschachisti che non hanno
mai letto direttamente il lavoro.
Il lavoro di Fisher e Cleveland parte da tre idee di base: 1) la più
importante, lâimmagine del corpo influenza la percezione del mondo e lâinterazione
con gli altri, 2) tali percezioni possono essere registrate e valutate
in modo obiettivo, 3) la teoria psicoanalitica è di aiuto fondamentale
nella comprensione delle risposte alle macchie dâinchiostro. Nessuna di
queste idee, prese singolarmente, è originale degli autori ma nessuno
le aveva prima di allora integrate in un unico sistema. Il punto di partenza
è nellâaffermazione freudiana contenuta ne LâIo e lâEs del
1922 (OSF IX, p.488) secondo cui "il corpo, e soprattutto la sua superficie,
è un luogo dove possono generarsi contemporaneamente percezioni
esterne e interne (·) LâIo è anzitutto unâentità corporea,
non è soltanto unâentità superficiale, ma anche la proiezione
di una superficie". In questo punto, nella traduzione inglese del 1927
è stata inserita una nota che pare essere stata autorizzata dallo
stesso Freud: "Cioè lâIo è in definitiva derivato da sensazioni
corporee, soprattutto dalle sensazioni provenienti dalla superficie del
corpo. Esso può dunque venir considerato come una proiezione psichica
della superficie del corpo ed il rappresentante degli elementi superficiali
dellâapparato psichico". Da questa considerazione freudiana, secondo cui
le funzioni mentali originano dalle prime e fondamentali sensazioni corporee
e si sviluppano dalla rappresentazione del proprio corpo, Fisher e Cleveland
allargano lâorizzonte teorico nella parte iniziale del libro alla letteratura
dellâepoca di psicoanalisi (Fenichel, Reich, Kubie, Rank, Federn, Bettelheim)
e psicologia sperimentale (Bartlett, Eysenck, Mowrer, Stevens, Hull, Dunlap,
Titchener) che si è occupata della rappresentazione corporea. Il
problema consisteva nella possibilità di trovare uno strumento diagnostico
che consentisse una valutazione obiettiva, e non solo qualitativa, di questa
dimensione rappresentativa. Lo strumento fu il Rorschach e gli autori si
imposero nel vivacissimo dibattito che a quellâepoca vedeva contrapposti
schieramenti differenti sulla natura non solo del Rorschach ma dellâintero
apparato testologico di assessment. Il dibattito, aperto ancora
oggi, era fra sostenitori dellâinterpretazione basata sullâintuizione clinica
della performance del singolo individuo (criticato dagli oppositori in
quanto estremamente soggettivo e quindi del tutto inaffidabile) e i sostenitori
del metodo attuariale-statistico (criticato dagli oppositori perché
meccanicistico e inappropriato). La scommessa di Fisher e Cleveland fu
di trovare uno spazio intermedio di un sistema psicodiagnostico basato
sulla individualità dellâapproccio psicodinamico ma dotato di caratteristiche
psicometriche adeguate in unâarea fino a quel momento inesplorata dallâassessment,
come appunto lâimmagine corporea.
La ricerca di Fisher e Cleveland partì dal lavoro testologico
(TAT, Rorschach e Test della Figura Umana) con pazienti affetti da artrite
reumatoide del VA Hospital di Houston. Essi trovarono unâelevata frequenza
di risposte al Rorschach che, prese singolarmente o siglate con uno dei
classici sistemi disponibili, erano molto diverse ma che era anche possibile
codificare uniformemente perché ruotavano attorno ad un tema preciso
di protezione, chiusura, blocco dei confini esterni: caverna con pareti
rocciose, solido vaso di fiori, bozzolo. Era come se questi pazienti manifestassero
un fortissimo bisogno di sentirsi chiusi da barriere protettive, esito
di un processo proiettivo di protezione. Questo risultato "casuale" condusse
a formulare unâipotesi verificabile: se queste risposte vengono codificate
con nuove sigle, sarà possibile verificare se una particolare immagine
corporea è diventata una struttura psicologica di alcune personalità.
Per questo motivo, essi compilarono un elenco di 9 categorie di punteggi
di barriera (Barrier score) ed 8 categorie di punteggi di penetrazione
(Penetration of Boundary score). La seconda parte del libro illustra
i dati sperimentali della ricerca, con i valori di interrater reliability
(elevati, da .82 a .97), dati normativi su studenti universitari (Barrier
score: media = 4.1, ds = 2.2; Penetration score: media = 2.2,
ds = 1.6) ed applicazione clinica con ricerche su arto fantasma, disturbi
psicosomatici, motivazione alla riuscita di risultato (achievement motive),
bisogno di successo, suggestionabilità (minore in soggetti con alto
Barrier score), risposta allo stress, comportamento gruppale (partecipazione
più attiva in soggetti con alto Barrier score), esiti psicoterapeutici
(aumento del Barrier score e diminuzione del Penetration score)
e psicosi (elevazione sostanziale del Penetration score).
Unâultima annotazione sulla metodologia. Oggi le ricerche hanno disegni
estremamente complessi dello studio, con un elevato numero di variabili
indipendenti che richiede una sofisticata tecnica di analisi statistica
multifattoriale. Spesso si ha il dubbio che ciò non sia dovuto soltanto
alla complessità dellâoggetto ma anche alla facile disponibilità
di programmi statistici di computer che consentono anche a profani di cimentarsi
con tecniche multivariate. Il lavoro di Fisher e Cleveland mostra come
sia possibile effettuare un disegno elegante di studio con una sola variabile
(lâimmagine del corpo) che richiede semplici test statistici univariati
come quelli usati dagli autori (chi quadrato e t di Student), anche per
lâestrema complessità di effettuare a mano calcoli più sofisticati
e complessi. Eâ la dimostrazione che un disegno semplice di studio indica
una chiara ipotesi da sottoporre a verifica sperimentale, in maniera che
ciò che si perde in complessità di metodo viene poi guadagnato
in chiarezza di risultati.
Joseph Masling
Psychology Department
State University of New York-Buffalo
Buffalo, NY 14260-4110
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