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EUROPEAN EATING DISORDERS REVIEW: - N. 2 / 1999

RECENSIONE DEGLI ARTICOLI


Treatment of Bulimia Nervosa: The Next Decade 
G. T. Wilson

Come è noto, dopo i lavori di Fairburn pubblicati su Archives (1993; 1995) la terapia cognitivo-comportamentale manualizzata da Wilson e Fairburn (1988) ha conquistato lo status di golden standard, come trattamento psicoterapeutico della bulimia. Questo stato di cose ha generato alcune insoddisfazioni, e talvola l'accusa di oscurantismo: la CBT (cognitive-behavioural therapy) impedirebbe lo sviluppo di approcci alternativi (in verità, lo stesso Fairburn ha provveduto a cercare strade alternative. Egli confrontò la CBT con la IPT -interpersonal psychotherapy-, trovando che quest'ultima era, alla lunga, altrettanto efficace).
Qui è Wilson, autore con Fairburn del manuale imputato, a farsi carico della questione. In primo luogo, egli chiarisce che non esistono evidenze osservative che: 1) approcci ìcombinatiî od ìintegratiî siano superiori alla semplice CBT; 2) è prematuro identificare indicatori specifici di ìaccoppiamento idealeî tra determinati pazienti e determinate psicoterapie; 3) anche la sequenziazione (in termini più semplici, fallita la CBT se ne prova un'altra) da risultati deludenti. La IPT, per esempio, non ha dato risultati efficaci sui non responder alla CBT (Agras et al., 1995), o ne ha dati di trascurabili (Mitchell et al., 1999); 4) l'uso di farmaci in combinazione con la CBT non da risultati significativamente migliori che la sola CBT. Anche in questo caso la sequenziazione (farmaci dopo fallimento della CBT) ha dato risultati modesti. 
Così stando le cose, Wilson -spietato- conclude che l'unica strada è migliorare la CBT, attraverso l'introduzione ad hoc di strategie mutuate da altri approcci, atte ad affrontare i fattori di cronicizzazione. 
1. In primo luogo, Wilson osserva che il rischio di ricadute è legato alle preoccupazioni cognitive su peso ed aspetto corporei, e che la CBT ñ molto efficace nell'eliminare i sintomi comportamentali - lo è molto meno nell'affrontare questi aspetti cognitivi. Il suo primo suggerimento è quindi quello di introdurre tecniche di ristrutturazione cognitiva ed emozionale esponendo la paziente allo specchio, come descritte da Rosen (1996). Questa tecnica sarebbe meno fredda e più efficace della ristrutturazione cognitiva semplice attrvaerso il colloquio con il terapeuta.
2. In secondo luogo, Wilson affronta il problema della bassa autostima e della autovalutazione negativa delle pazienti più resistenti al trattamento. Questo è un forte fattore predittivo di fallimento della CBT. Da un punto di vista teorico, dice Wilson, questo suggerirebbe forme di combinazione tra CBT e IPT. Tuttavia, ripete Wilson, le due terapie sono immiscibili. Wilson ammette soltanto sotto-moduli interpersonali per pazienti con gravi problemi di bassa autostima, umore depresso e autovalutazione negativa in una struttura generale di lavoro che rimane CBT.
Che dire? L'articolo è molto duro nella pars destruens, eliminando molti miti di integrazione e combinazione delle psicoterapie. Inoltre, ci dice di non farci molte illusione sulla efficacia della psicoterapie più ìprofondeî nei paienti non responder. Questa è la parte più istruttiva dell'articolo. D'altro canto, le soluzioni proposte da Wilson non sono altre che integrazioni e combinazioni a loro volta, disgraziatamente anche un po' vaghe. La pars construens è, quindi, deludente. Non a caso Wilson conclude auspicando una migliore comprensione dei meccanismi di azione delle psicoterapie e dei farmaci.

Understanding the Genetic Predisposition to Anorexia Nervosa 
L.F. Pieri and D.A. Campbell

L'articolo passa in rassegna lo stato dell'arte degli studi genetici, riuscendo efficacemente a riassumere in breve quel che si sa sulla genetica dei disturbi alimentari. Gli studi passati in rassegna sono di vario tipo, dal punto di vista metodologico. Quelli che davvero ci dicono qualcosa appartengono alle categorie degli studi familiari e sui gemelli, e gli studi caso-controllo.
Gli studi familiari e sui gemelli stabiliscono che una componente genetica nei disturbi alimentari è plausibilmente innegabile. Le percentuali di monozigoti concordanti per l'anoressia nervosa vanno dal 35% al 55%. La vecchia obiezione della condivisione dei fattori ambientali può essere in parte controbattuta osservando come una recente review (Kndler e Gardner, 1998) sugli studi genetici su altre patologie psichiatriche (inclusa la bulimia) abbia potuto escludere come significativo l'effetto dell'ambiente condiviso sugli studi genetici sui gemelli.
Gli studi sui gemelli, però, non ci dicono chi sono i geni responsabili. Questo è compito degli studi caso-controllo. 5 recenti studi si sono concentrati sul ruolo del gene 5-HT2a. Il polimorfismoñ1438G/A sulla regione promoter del gene umano per la serotonina sarebbe un marker genetico per l'anoressia. La varietà genotipica potrebbe collegarsi alla espressione aberrante di serotonina (con conseguenti effetti sul senso di sazietà) osservata in alcune anoressiche (Brewerton, 1995). Inoltre, Kaye et al. (1991) hanno osservato l'efficacia di antagonisti della serotonina nel trattamento dell'anoressia.
A questo punto, dicono Pieri e Campbell, una meta-analisi dei 5 studi si impone. Questa, però, fallisce subito per gravi difetti metodologici degli studi. La chi-square analisi delle frequenze genotipiche mostra che i gruppi di controllo sono troppo differenti tra loro per essere raccolti in una unica coorte, e così anche i gruppi di casi delle anoressiche. I conclusione, 3 studi confermano l'associazione mentre 2 la negano. Ma questa risicata maggioranza non è sufficiente come conferma definitiva. Solo la meta-analisi potrebbe esserlo. Inoltre, dal punto di vista clinico è una osservazione quasi banale che le anoressiche non abbiano una soglia della sazietà più bassa. Per lo più, esse digiunano anche tra i più terribili morsi della fame. In conclusione, gli autori raccomadano piuttosto la investigazione delle interazione tra geni, che la ricerca di un singolo locus responsabile.

ëUnderstanding the Genetic Predisposition to Anorexia Nervosa'
D.A. Collier, P.C. Sham, M.J. Arranz, X. Hu and J. Treasure

Risposta all'articolo precedente, a sua volta forte e convincente. Secondo Collier ed i suoi colleghi, la meta-analisi dei 5 studi è invece possibile, e porta ad una conferma dell'ipotesi sul polimorfismoñ1438G/A. Chi ha ragione? Forse il contrasto è in parte spiegabile con un errore di stampa di un dato su una tabella su Lancet (incredibile a dirsi!) dove apparve uno dei 5 articoli.
La discussione è molto interesante. Inannzitutto, il risultato positivo del polimorfismoñ1438G/A depone per una robusta differenziazione genetica tra anoressia restrittiva pura, che non passa mai per fasi bulimiche, e le altre forme di disturbo alimentare. In secondo luogo, Collier fa notare come sia difficile distinguere questo sottogruppo di pazienti. I criteri DSM sono cambiati troppo frequentemente negli anni. Inoltre, fasi di anoressia restricter sono frequenti all'esordio della bulimia (e questo potrebbe spiegare perché le anoressiche non mangino pur attanagliate dalla fame). Questo spiegherebbe anche come i dati migliori siano quelli provenienti da unità di disturbi alimentari per pazienti adulte. Nelle unità per adolescenti, invece, c'è il rischio di selezionare anoressiche destinate a bulimicizzarsi.

Eating Disorders ñ A Dentist's Perspective 
A. Milosevic

Il denstista ed i disturbi aliemntari. Una interessante review dei disturbi odontoiatrici di anoressiche e bulimiche: erosione dentale da denutrizione, da vomito (ma il vomito è stato messa in dubbio come fattore erosivo), e da neutralizzazione della funzione salivare, carie, malattie periodontali e lesioni ai tessuti orali molli (questi ultimi molto rari). Per concludere, il buon Milosevic (niente paura, è di Liverpool) raccomanda alle pazienti molto latte, acqua e tè, evitare succhi di frutta, lavare i denti due volte al giorno, saliva artificiale, e visite frequenti dal dentista.

Anorexia Nervosa: Changes in the Perspection of Feminity, Figure, Diet and Clothing Concepts with Inpatients Treatment 
F. Mehran, T. Léonard and B. Samuel-Lajeunesse

18 anoressiche-bulimiche e 7 anoressiche restrittive hanno compilato 5 questionari costruiti sul modello della differenziaizione semantica di Osgood che trattavano quattro concetti significativi (Femminilità, Vestiario, Dieta e Figura) ed uno neutro (Paese). Le anoressiche-bulimiche percepivano i quattro concetti significativi più negativamente rispetto alle restrittive. E' interessante notare come, in qualche modo, questo dato si accordi con l'ipotesi genetica di Collier dell'anoressia restrittiva. 

Body Image Assessed by a Video Distortion Technique: The Relationship Between Ideal and Perceived Body Image and Body Dissatisfaction
G.P. Guaraldi, E. Orladni, P Boselli and K. O'Donnell

La percezione del proprio aspetto di 78 donne di età 15-65 anni, investigata con tecnica di video-distrosione, e paragonata al loro ìcorpo idealeî e alla loro insoddisfazione verso il proprio aspetto corporeo. Le insoddisfatte avevano un corpo ideale significativamente più magro ed alto, e anche una percezione del proprio corpo come più magro ed alto.

Eating Disorders Inventory Scores in Russia and Britain: A Preliminary Comparison 
P. O'Keefe and D.M. Lovell

Punteggi medi dell'EDI di 251 donne russe e 66 britanniche. Le russe mostravano medie significativamente più elevate alle seguenti scale: drive for thinness, perfectionism, maturity fears, asceticism e impulsivity. Inoltre. Le russe avevano un BMI reale e desiderato più bassi.

Controlled Motivation and the Persistence of Weight-loss Dieting
K.G. Strong and G.F. Huon

L'obiettivo di questo studio era di determinare la correlazione tra motivazione controllata e mantenimento di dieta rigida. Per motivazione controllata le autrici intendono la dipendenza della motivazione in alcuni individui dal giudizio degli altri e la dipendenza del senso di auto-stima dal successo ottenuto nel controllo del comportamento. Nel caso dell'anoressia, il comportamento controllato è, naturalmente, quello alimentare. Il comportamento dietetico è un comportamento diffcile da mantenere nel tempo e di scarsa gratificazione. L'ipotesi è che la motivazione controllata riesce ad essere efficace nel rendere duratura la dieta.
Le autrici, investigando 870 ragazze due volte, a un intervallo di cinque mesi, riescono a trovare una correlazione positiva tra motivazione controllata, pressione sociale percepita a mettersi a dieta, incoraggiamento genitoriale a un comportamento autonomo, da un parte, come variabili predittive, e comportamento dietetico efficace, dall'altra parte, come variabile dipendente. La tendenza di personalità a comportarsi in maniera controllata invece non mostrò questa correlazione.

Disgust Discussed 
N. Troop

Power e Dalgleish (1997), nel loro splendido libro sulle emozioni, ritengono che il disgusto possa essere l'emozione del secolo a venire. Troop si limita a dare qualche arguto accenno alla importanza del disgusto per lo studio dei disturbi alimentari. Il disgusto è fortemente legato alla scelta e al rifiuto del cibo. La sua espressione facciale è legata primariamente alla valutazione del cibo. Secondo Phillips (1998), il disgusto è l'emozione dimenticata della psichiatria. Studiamola, quindi.

Fear and the big Question 
B. Palmer

Saluto dell'editor, che auspica una maggiore vicinanza e interscambio tra gli studi sull'obesità e quelli sull'anoressia e la bulimia.
 


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